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Thee S.T.P. - BLACK HALOS
Venerdì 7 Aprile 2006 - La Gabbia - Bassano del Grappa

Non so sinceramente perchè sto scrivendo questo report, nessuno me lo ha chiesto eppure ho una gran voglia di farlo, forse perchè ci sono sere come queste in cui penso che, in fondo, la vita non è altro che un lasso di tempo determinato a nostra disposizione fatto per raccogliere gli aneddoti più succosi e più succulenti che ci capitano a tiro.

In agitazione ormai da un paio di settimane per la calata degli Halos si parte alla volta di Bassano. Alla guida del nostro nuovo furgone, barattato in cambio della mia intera collezione di intimo in pvc zebrato da un corriere crucco noto sull'Adriatica come Marlena "Regina di frusta e di Catena", troviamo la mia assistente personale nonchè proprietaria di "Mollettine.it", multimilionario business che fornisce i preziosissimi cadeux per la inusitata schiera di amanti del Lissoni,la batterista precedentemente conosciuta come "La Dittatrice in Orsetto landia".
Tra un pezzo dei Within Temptation e un up-tempo dei Gang War, tra un'azzardata collocazione della figura di Billy Rowe nell'economia della nuvelle vague del pop punk statunitense e impietose osservazioni sul diradamento dei dreads di Jeff Walker arriviamo in anticipo sulla tabella di marcia al locale, complice il piccolo Tom Tom che ha notevolmente diminuito le interazioni di "Vainelliana" memoria tra me e la succitata business woman, che tanto facevano spisciare chiunque avesse avuto l' occasione di condividere una delle nostre trasferte.

La gente arriva alla spicciolata e sembra pochina, me ne dispiaccio, ma non ho proprio voglia di addentrarmi in dissertazioni che tanto non capireste, diciamo pure il classico caso di perle ai porci.
In ordine cronologico ciaccolo con Alessio e Pietro di NoRespect, la Madame Bilò (questa sera veramente gran figa!! Mi piacciono le frangette!), una rappresentanza nutrita della Bologna che rockeggia (Paolo il bello del compianto Psyco Circus, Damiano il biondo mozzafiato delle 2 torri e l'Argentino).

Al banco merchandise intercetto Adam Becvare, chitarrista solista degli Halos, amico di penna, vera iniezione di stile e pasta d'uomo; lo scoccio aggiornandolo sulla situazione del tributo a Bators, mi racconta della cena assieme alle Dolls 2 settimane prima a Vancouver, snocciola un paio di Hollywood gossips belli ciunti, parliamo come al solito un po' di musica di fronte ad una birra gelata sgranocchiando un paio di strisce di liquerizia rossa.

Adam mi presenta il mitico Billy Hopeless, cantante della band, carismatico e marcione come solo chi il rock and roll lo ha vissuto veramente sa essere. Dopo il baciamano di rito, ci intratteniamo a parlare della brutta storia di Nikki Sudden e mi spiega come si erano conosciuti, quando gli era capitato di suonare assieme e di quanto sinceramente fosse dispiaciuto visto che erano più che semplici conoscenti.

Arriva il mio moroso Kelly, nume tutelare del RnR made in Veneto, birrette, cazzate, gossips, oramai da rockers di nobile schiatta ci stiamo trasformando in 2 suocere DOC, ancora pochi minuti un bacetto all' emozionatissima Ugly Doll, una strizzata alla sorellina Roby e comincia il concerto, è tempo di andare sotto il palco.

Gli Halos sono schierati, nero vestiti, moderni punk gangsters pronti a crivellare il pubblico in sala con raffiche di RnR che non perdona. Ho volutamente glissato sulla tenuta di Billy perchè certe cose meritano il giusto risalto: bombetta stile City, capello nero corvino, trucco pesante, collarone di cuoio da mastino, chiodo risalente al precambriano trafitto da pins arrugginite e toppe ormai completamente nere (stupendo!), canotta stracciata e illeggibile di formazione punk che non sono riuscito ad identificare, pantalone leopardato stretto quasi fosse un laccio emostatico, all star logore e brandelli di quelli che una volta dovevano essere guantini neri di stoffa... Signori classe!

Immediatamente ci rendiamo conto che non si scherza, l'attitudine si taglia a fette: niente pose quello che vedi è quello che c'è, sudore, catarro, latrati di batorsiana memoria. Billy a petto nudo sfoggia innumerevoli cicatrici,probabilmente ricordo di qualche esibizione Iggy style, smoccia, sputa, accennapassettini in bilico tra danza classica e lo spasmo epilettico. Prima plasticopoi scomposto si lega, si impicca prende la mano della Billo e la tira al pettocome fosse il suo primo vero amore, si commuove mentre dedica un pezzo a Nikki Sudden, benedice l'uditorio mentre la band affonda l'acceleratore.

Adam e Denyss scorettano alla grande shakerando le capoccie, Jan si spara un paio dipose ultra Sylvain Sylvain e Mr. Zgalic pompa un bel beat solido sfoggiandogigione la sua bellissima T-shirt di Bowie era Aladdin Insane.Se su disco nonmi avevano sconvolto dal vivo è tutto un altro paio di maniche i corettonitanto Oi! sono 100% pronta presa ti si appiccicano al cervello. Sotto il palcobacino a Nervous Nick, palpeggio Casey ed il Metius, brindo con Nasty Nikki e Mav pochi cazzi gran serata. Gli Halos finiscono lasciandoci un sorrisino ebetepost coito, una siga e capisco che le birre in corpo cominciano ad esseretroppe perchè domani possa essere a vedere lo Zio Teo, "so many things to doand so little time... zio can!"

Ecco i Thee S.T.P. parafrasando Nick "Il Metius è il Gianni Morandi del punkrock Italiano sempre giovine e bello" cazzo proprio incredibile non invecchiamai! Un uomo sempre fornito di una capientissima sporta di carisma, carisma chenon improvvisi, carisma che ogni cosa che blateri nel microfono diventa figa, carisma che muovete le chiappe per Dio è venerdì sera, carisma che mi fa venirvoglia tutte le volte di tornare a vederli. Tutto per dire che "a questiragazzi li vogliamo un sacco bene" perchè ci fanno sempre divertire. Gli S.T.P 2006 un po' meno zozzi e un po' più melodici, ma assolutamente con la solitatonnellata di mordente, fanno la felicità della glitter punk checcasottoscritta.

Un po' di pezzi nuovi, un po' di pezzi vecchi, la gente poga, ilMetius salta, Casey fa la sua danza propiziatoria, Stivo spinge e fa la facciacattiva, Billy Hopeless è in prima fila e grida "Cool As Fuck" ed io sono acasa finalmente. I nuovi pezzi rendono da Dio dal vivo sarà, ma per me con gliStp è sempre così: il loro ultimo lavoro diventa all'istante il mio preferito. Il concerto è il solito a cui ci hanno abituato gli STP coinvolgente,energetico, sentito da loro e dal pubblico, finalone con "Lazy Liza" e "Gimme GimmeS.t.p." "A ME questi ragazzi MI sfagiolano mucho!"

Il concerto termina e sono sudato, cazzo se son sudato! Ancora 2 chiacchierecon Adam impegnato in un tenerissimo tètè a tètè con l'uomo più RnR del 2005 ilbuon Basetta (mi ha dato 200 Euro per scriverlo) che con i suoi The Directorsmi ha fulminato sulla via di Damasco (e sono altri 200) ( messaggio subliminaleper 50 Euro extra: "Accatate subitaneamente l'ultimo numero di OrientalBeat"). Parte lo sprint finale dei saluti che impiegherà un buona ora e mezzaper la gioia della mia autista... E voi dove eravate??? Cosa facevate??? Presentatevi domani accompagnati dai genitori.
Le$ster

 
GLAM FEST '06
Vains of Jenna, Loud N'Nasty, Zan Clan e Tigertailz
11 febbraio - Klubben - Stoccolma

Ecco un'altra invidiabile manifestazione nella capitale svedese. Già ad ore dal concerto la massa di teste cotonate aspettava al freddo fiduciosa di poter finalmente vedere l'inizio dello show che prevedeva: Vains of Jenna, Loud N'Nasty, Zan Clan e Tigertailz.
Dopo aver passato il pomeriggio nel backstage tra le cibarie e alchol gentilmente offerte dall'organizzazione ho fatto un giro nel locale e la sopresa mai visti tanti glamster tutti assieme, molti con maglie in riferimento a Lepard e membri di gruppi sparsi in giro tra cui parte di Swedish Erotica, ex Crashdiet, Crazy Lixx, Crucified Barbara, Gemini 5 e tanti altri.

Lo show ha avuto inizio puntuale ma purtroppo le band non hanno potuto fare il soundcheck...
I primi a salire sul palco verso le 18 sono stati i Vains of Jenna. I quattro giovani svedesi reduci dalla pubblicazione di una nuova demo che presenzieranno al Cruefest a L.A. hanno pienamente soddisfatto le mie
aspettative. Il loro show è stato un concentrato di grinta e grande bravura scenica. Il pubblico ha dimostrato in piu modi di apprezzarli moltissimo cantando le canzoni e urlando, giustamente, perchè i VoJ hanno tutte le carte in regola per diventare grandi. Il sound non si può dire innovativo ma sono ancora agli esordi e certamente devono ancora collaudarsi del tutto ma hanno veramente tutte le potenzialità per sfondare.

Il secondo show era dei grandissimi Loud N' Nasty. Il terzetto svedese ha sicuramente fatto il miglior show della serata. Recentemente tornati da L.A. dopo aver vinto l'award come migliore glam bandhanno veramente superato ogni aspettativa.
Non hanno potuto fare il soundcheck ma questo non ha cambiato la resa scenica e del sound che è stata eccellente. I cori del pubblico quasi coprivano gli amplificatori. Il loro è un vero spettacolo tra ballerine e stelle filanti, la loro particolarità. Non c'è nulla da dire su questa band, semplicemente eccezionali.

Il terzo show è stato dei veterani Zan Clan. Sicuramente dimostrano di avere moltissima esperienza alle spalle sia scenica che musicale e di essere oramai collaudati nella scena glam ma purtroppo lo show non è stato
all'altezza delle aspettative. Le canzoni erano solo il sottofondo di un inzio show un po' piatto che si è attivato solo al momento dell'entrata dei restanti crashdiet. Essì... nonostante tutto alla fine gli Zan Clan hanno fatto la più grande sorpresa ai fan svedesi. Le 2 canzoni che Chris, Martin e London han suonato assieme a loro hanno
letteralmente scatenato il pubblico... chi si buttava sul palco, chi urlava e si tirava i capelli specialmente su "breakin' the chainz". Una cosa è certa, Dave Lepard ha lasciato un gran vuoto nel cuore dei rocker svedesi e l'unica cosa che ci possiamo augurare è che i restanti 3 membri continuino a far musica in qualche modo, per Lepard e per i fan.

Infine è stato il momento dei... TIGERTAILZ! Premetto che in tutto il tempo in cui sono stata nel backstage l'ho passato a prendere in giro Stevie Jaimz, ma questi sono particolari. Del resto non è colpa mia se li ho incontrati il
pomeriggio in albergo e lui stava seduto con un ingombrante cappello (idea rubata dal cantante degli Enuff Z Nuff) e le scarpe col tacco mentre i suoi soci risolvevano la burocrazia.
Per non parlare poi del fatto che ho detto al chitarrista: "Ma voi siete i Tigertailz?" (non vedevo stevie in quel momento) e lui mi ha risposto: "beh capita di esserlo" della serie: sono proprio felice...
Comunque che dire... non credo che ci sia molto da raccontare sullo show dei Tigertailz: solito sound un po' moscio e il solito Stevie che si crede sempre figo e quindi la conclusione è che il momento più bello è stato
quando per l'ultima canzone tutti si sono ammassati sul palco per cantare assieme...

Comunque è stato veramente un grande avvenimento e so che presto se ne ripeterà un altro con band altrettanto di spicco. Spero sia altrettanto bello e rock n' roll come questo.
Birdie

 
BELLADONNA
Faith & Reason + Asomo

O!Bar, Camden, Londra - 12 Dicembre 2005

Ce ne vuole per smuovermi, in un merdoso lunedi invernale in quel di Londra. Quel merdosissimo giorno della settimana in cui la stanchezza del weekend si unisce all'incazzatura dell'inizio settimana, e il freddo del primo mattino risveglia la parte peggiore del tuo essere, mentre sognando i tropici e piangendo ti dirigi in ufficio. Ma sono cose che si fanno per un amico, perche' gli amici sono importanti, specie quando grazie a loro ti ritrovi ad assistere ad un evento come questo, che altrimenti avresti sicuramente e ignobilmente perso.

E sono finalmente all O!Bar di Camden, locale intimo ma in verita' molto carino, dove stasera Faith & Reason e Asomo faranno da cornice a quello che per me, e non solo scopriro' presto, e' l'evento chiave della serata: il primo showcase inglese dei romani Belladonna.
La formazione "rock-noir", capitanata dalla diminutiva ma potente vocalist Luana e dall'ex Last of the Teenage Idol Dani alla chitarra, ha di recente finito il suo primo prodotto in lingua inglese, dopo che la versione italiana aveva incuriosito e conquistato l'attuale manager Honey Bianchi (Robert Plant tra gli altri). E ora inizia il lavoro duro, ora arriva quel momento bellissimo o bruttissimo in cui devi sottoporre il prodotto del sudore della tua fronte al giudizio del pubblico, e affrontare il trionfo o la gogna che ne verranno.

Per la prima band, che credo siano tali Asomo, e' un caso di gogna, non voglio essere cattiva che magari sono alla prima esperienza in pubblico, ma mi accorgo che sono in scena "grazie" ad uno sgradevole e improvviso perforamento di timpano, provocato dall'ugola disgraziata cantante del gruppo.
E finalmente arriva l'ora dei Belladonna, che diciamolo, come genere non sono la prima scelta sul mio IPod giudicando dal cd in italiano, ma sto morendo dalla curiosita'... Curiosita' di scoprire finalmente con le mie orecchie se la voce di Luana e' "per davvero" o un miracolo della tecnologia d'incisione. E appena scoccano le prime note di "Eat Me Alive", ho la risposta al mio dilemma: signori, il detto "e' piccola ma tiene 'na voce..." dev'essere stato creato per Luana! Sono immediatamente catturata, ipnotizzata dal carisma che questa giovane capitolina emana; in parte e' la voce, in parte la presenza scenica, in parte qualcosa che ha dentro e che riesce a tirar fuori e a rovesciarti addosso a ogni nota. Alla fine "Be My Star" e "Mrs Hyde" sono diventata un'apprezzatrice del "rock-noir"... Arrivata a "Resurrect My Soul" distolgo faticosamente gli occhi da Luana e cerco di catturare Dani con il mio fedele obiettivo: impresa drammatica, crede di essere ancora al Marquee con Shuff, e salta ovunque sprigionando la sua inconfondibile e inesauribile energia, e nel frattempo riesce anche impeccabilmente a suonare la chitarra, un fenomeno er Macchi!!

L'intera formazione e' totalmente concentrata e sincronizzata, i musicisti sono tutti impeccabili, la voce di Luana conduce il tutto e la chitarra di Daniele da' al tutto quell'"edge" che rende questa band attraente anche per una punkrocchettara come me. Un po' mi ricordano gli Evanescence, ma il paragone e' tutto sommato riduttivo, perche' la voce di Amy Lee e' monocorde confrontata a quella che sto sentendo questa sera, cosi come il repertorio degli Evanescence e' alla fin fine alquanto monocolore, sentita una sentite tutte, che non e' davvero il caso qui. E' c'e' quella chitarra che puzza tanto di Marquee e tempi a noi cari...
"Beyond the Realm of Reason", "Mystical Elysian Love" (dedicata al sesso, bella li!), "Killer" e "Black Swan" completano questo promettentissimo showcase, e come favorite eleggo abbastanza ovviamente "Mystical Elysian Love" e la conclusiva hit "Black Swan". Tutti, e dico tutti i presenti del locale si sono raggruppati intorno al palco, e dubito che tutti fossero qui per loro, stranieri alla prima apparizione pubblica sull'isola delle piogge. Davvero dovrebbero avere uno slot migliore del lunedi; ma loro sono contenti come avessero suonato di venerdi sera all'Astoria, abbracci e soddisfatte strette di mano, colorite espressioni di gioia per aver conquistato i presenti. Uno spirito di gruppo che specie in Italia si vede raramente, e questo nella ricetta del successo e' quasi importante quanto la voce di Luana. Forse di piu'. Anzi, sicuramente.

I Faith & Reason non fanno solo cagare: sono fastidiosi e dolorosi come emorroidi. Il pubblico si allontana sensibilmente e gradualmente lascia il locale, anche noi, e anche le bands, evitateli se capitano in giro per la vostra salute, e ci dispiace enormemente per lo staff del locale.
Vi capitera' certamente l'occasione di vedere i Belladonna, sono in piena fase promozionale, e per una volta siete fortunati, sono anche vostri compaesani. Non perdeteli Porco Giuda. Viva il rock-noir... con la chitarra giusta!
Cristina Massei

 
ANTIPRODUCT
with special guest Danny McCormack
+Any Given Day + Die So Fluid

The Garage, London - 8 Dicembre 2005

E’ di questa mattina la notizia, postata sul forum del sito degli Yo-Yo’s, dove Rich Jones informa che la band non suonera’ nel bill di questa sera ma che Antiproduct continueranno il resto del tour…(Nel medesimo forum le domande dei fans rimarranno senza risposta finche’ il sito svanira’ misteriosamente nel nulla nel pomeriggio!) E’ quello che non vorresti mai sentirti dire quando aspetti di vedere in azione una band (da 4 anni!) e non vedi l’ora di sentire dal vivo la carica dei pezzi che ti hanno detonato gli speakers e puoi solo consolarti pensando che almeno c’eri allo show acustico e all’estemporaneita’ del tutto…

Aprono Die So Fluid, band londinese con all’attivo un nutrito tour nazionale e la recente uscita di un album. Del trio spiccano i vocals della bassista/cantante Grog, mentre il genere di discendenza goth/industrial si appiattisce di toni nu metal e I pezzi appaiono tutti sulla stessa linea, arrabbiati e pesanti. (www.diesofluid.co.uk)

Seguono Any Given Day attaccando pesante con ‘Shut up & drive’ continuando energetici e compatti su una scaletta tirata di pezzi punkeggianti. Il trio viene accolto dal favore dei presenti che gia’ si riscaldano sotto il palco. Danno dimostrazione della propria’ capacita’ senza strafare e senza l’ausilio di effetti speciali. I backing vocals di Donna (batteria) ammorbidiscono con quache melodia l’effetto graffiante delle chitarre (Barrie chitarra/ backing vocals e Simon voce solista/basso) ed il risultato e’ un tocco indie/rock, qualche coretto, miscelato ad un suono genuino, ruvido no-nonsense punk di vecchia scuola di fattura Ramones. Le migliori: ‘You get me’, e l’accelerata in finale di ‘ Wild one’ e ‘This is my rock’n’roll’. Godibilissimi. (www.anygivenday.co.uk).

E arriva il momento di Antiproduct. In questo tour dove erano co-headliners degli Yo-Yo’s avevano chiuso per ultimi ieri lo show di Southampton. I fans delle bands che li avevano seguiti anche in quella data parlano con entusiasmo della serata e delle esibizioni delle due bands principali. Lo sconcerto e’ quindi generale per l’nspiegabile assenza degli Yo-Yo’s. Per la precisione la latitanza di 3 membri del gruppo, in quanto Danny McCormack e’ qua presente all’appello e un cartello all’entrata annuncia la sua apparizione personale sul palco con gli Antiproduct. Chiuderanno loro la serata ma un certo disappunto aleggia per il gruppo mancante, anche se e’ subito chiaro che che Alex & Co. non faranno prigionieri. The show must go on...

Scendono in campo (M.Metallina, basso, esibisce una versione glamour dello stemma della Triestina) e partono carichi con ‘Rules’. Puoi averli visti 20 volte, ogniuna e’ come se fosse la prima e l’ultima, il pubblico li assorbe da ogni poro e non puo’ stare fermo di fronte alla contagiosa energia che emanano. Lo show e’ curato in ogni particolare, dal look di scena alla precisione degli attacchi. L’esperienza da palco amalgama e rende carismatica e allo stesso tempo spontanea la performance di questi 5 musicisti. Gli accordi schizzano dalla chitarra di Lady Claire come sparati da un mitra, sterminerebbe tranquillamente Laura Croft con un paio di assoli! ‘Psychedelic’, ‘I will not go quietly anymore’ I vocals di Alex Kane forti e precisi anche durante le sue immancabili scalate di amplificatori o I tuffi sul pubblico, a ‘Bungee’ la passeggiata tra il pubblico e tutti cantano per poi sollevarlo e ributtarlo a mani sul palco dal quale li incita al grido di :-Lets celebrate stupidity!-.

Fans che si lanciano sul palco e ai quali lui offre il microfono per duettare. Dopo ‘Better then this’ assolo di batteria per introdurre il nuovo acquisto, niente meno che Greg D’Angelo (Anthrax, White Lion, Pride & Glory, session player per Madonna e Michael Jackson) in ottima simbiosi di ritmi con il basso eclettico di Marina. ‘Party’s all over the world’ e la festa continua, una festa di accordi metal e ritmi martellanti, di chitarre maltrattate e melodie intonate dalle tastiere di Milena Yum e dai suoi backing vocals modulati, insomma la ricetta e marchio artigianale di casa Pproduct. Quando pare che l’atmosfera non potrebbe essere piu’ elettrica e’ il momento per Danny McCormack di unirsi per il gran finale. Acclamato dai presenti, ignaro di dove sia finito il resto della propria band fa l’unica cosa che che una rock star possa fare: rock’n’roll! Ma prima di tutto dal palco, una telefonata: a Ginger! Cosi puo’ darci subito in diretta la notizia del suo rientro nei Wildhearts per una reunion nel nuovo anno. Esultazione generale. Esplode una versione pirotecnica di ‘Drug, Sex, Food & Booze’ e’ chiaro che Danny e’ intenzionato a restarci su un palco e da il meglio di se’, e per ultima ‘Blitzkrieg bop’ (Ramones) nella bolgia generale con lanci di palloni sul palco, pioggia di glitter, e fans sul palco, mentre la sala intera balla.
ScruffyNightmare

E a questo punto, prepotente, maleducata e odiosa come sempre Penny si appropria del microfono per i saluti e i pettegolezzi finali...

Grazie innanzitutto agli Antiproduct, straordinari, sempre eccellenti, mai uno sbadiglio, e in questo particolare frangente amici leali e coraggiosi, che vanno avanti compatti senza batter ciglio in una situazione d'emergenza come quella odierna.
Grazie a tutti quelli che hanno reso possibile questa serata, dalle bands di supporto agli headliners agli addetti ai lavori, per averci regalato uno show coi controc***ioni ed averci pure rimborsato mezzo biglietto.

Un grazie speciale a Danny McCormack. La cover di Blitzkrieg Bop mi porta le lacrime agli occhi, l'abbraccio ideale dei presenti a Danny e' fisicamente tangibile, cosi come la passione per la musica e per i suoi fans che lo ha fatto salire sul palco stasera anche da solo.
Un grazie infine, a tutti quelli che si uniranno al leader degli Yo-Yo's nei prossimi giorni per portare a termine le date previste, tra cui Chris May (Sisters of Mercy), Trashlight Vision, Plan A, e ovviamente Any Given Day e Antiproduct.

Ho modo di scambiare due (anche quattro) chiacchiere con Danny alla fine, e vi diro', non tutto il male viene per nuocere. Il 2006 ci portera' i Wildhearts e un nuovo progetto che utilizzera' il materiale scritto per gli Yo-Yo's, e su cui vi aggiornero' in tempi e luoghi piu' appropriati. Abbiamo veramente perso qualcosa stasera? Mah. Qualunque cosa sia successa, lui e' ferito ma ancora in piedi, li sul palco, e come diceva Scruffy ha intenzione di restarci per un pezzo, per cui sapete che c'e'? Chiudo alla romana: Chi si estranea dalla lotta... Sapete il resto!
Cristina Massei

 
UNION
4 Dicembre 2005 - La Gabbia - Bassano del Grappa

Certo che per farsi da Milano a Bassano del Grappa andata e ritorno in 12 ore, col il rischio di trovarsi bloccati tra i monti causa neve, di domenica, la voglia di vedere gli Union (o meglio, mr Corabi) dal vivo deve essere proprio tanta... questa è infatti la prima volta, escludendo volutamente quei 10 minuti in veste di front man di tali Motley Crue per la presentazione dell'omonimo disco, che il 46enne cantante/chitarrista di Philadelphia si fa vedere dalle nostre parti, e la prima in assoluto su un palco.

La location per l'unico concerto italiano degli Union è la sempre accogliente Gabbia di Bassano, oasi felice abbarbicata sopra un centro commerciale (mistero del ricco nord est), e la line up per l'occasione è quella da giorno di festa: oltre ad, appunto, Corabi, ed il cofondatore degli Union Bruce Kulick, troviamo infatti al basso Chuck Garrick (ex ESP e bassista di turno di niente poco di meno che zia Alice Cooper) e alla batteria Fred Coury, esule dei Cinderella e forse nostalgico di un caro buon concerto da club.

Riusciamo a placcare Corabi dopo il sound-check per un'intervista e subito si dimostra disponibilissimo e pronto a scambiare quattro chiacchere nel back-stage, raccontandoci aneddoti simpatici e a tratti sconosciuti sul suo passato musicale; dopo una ventina di minuti però il tour manager fa il suo -sporco- dovere e ci strappa Corabi dall'intervista, il quale però si raccomanda di fermarci per lo show...e che cazzo, siamo qui apposta !!!

Ad aprire il concerto sono gli svizzeri Crystal Dusk, back line band per buona parte del mini tour europeo (e, scopro poi, per quelli passati), che per 45 minuti provano a fare i finlandesi oscillando tra 69 Eyes vecchio stampo e Negative, con una discreta presenza scenica, un entusiasmo "tipicamente" elvetico, e canzoni che dal vivo non lasciano alcun segno, ma che mi permetto di riascoltare con comodo e valutare in fase di recensione ... peccato comunque perchè avremmo visto bene una band italiana, ma tant'è, in fondo ci siamo fatti 'sta vasca per gli Union.

Ed ecco che infatti alle 11.30 inizia il concerto per cui siamo venuti: signori, il pranzo è servito.
L'attacco, per dirla tutta meno tamarro di quanto ci saremmo aspettati, è con "Do your own thing", ma da subito la band sembra a proprio agio: suoni quasi perfetti sin dall'inizio (e con volumi decisamente all'altezza), la voce di Corabi non perde sul palco il calore che si sente su disco e la sua chitarra... la sua chitarra è una vera mazzata! Netto è il contrasto con Kulick, che sembra invece prediligere un profilo molto più basso, ma che forse serve nell'economia della band a tenere imbrigliata la violenza del frontman. Sotto altri 2 pezzi degli Union, "Everything's Allright" e la bellissima "Love (I don't need it anymore)" prima di lasciare spazio alla prima delle band dal cui riflesso gli Union traggono buona parte della propria fama: viene infatti presentato l'ex chitarrista dei Kiss e via con "The Jungle", per poi cedere il microfono a Chuck Garrick per una bella versione di "Domino". Non è solo la sua timbrica molto simile a Gene Simmons ad attirare l'attenzione: il ragazzo è una potenza della natura, una via di mezzo tra Mike Ness e Conan il Barbaro, e quando non deve cantare se ne va in giro per il palco come a cercar rissa!
Corabi, come già notato in fase di intervista, è di ottimo umore, scherza col pubblico e con la band, chiede se ci sono richieste e, dopo averci promesso che gli Scream saranno in scaletta, riattacca con "Who do you think you are", "Old Man Wise", "Around Again" e una versione semi acustica di "Hypnotized", intervallati ancora dal tarantolato Chuck per una ruvida versione di "War Machine" (da Creatures of the Night). A parte qualche scambio di battute con i suoi band mates, Bruce Kulick continua a farsi abbastanza i fatti suoi, nonostante la sua prova su "Jump" (traccia strumentale la cui origine mi è sconosciuta, ma credo si tratti di “Jump The Shark” dal suo repertorio solista) e l'insolita veste di singer su "I walk alone" gli concedano qualche minuto di protagonismo.

Ok che ogni membro degli Union e' contemporaneamente impegnato in altre 2 o 3 band almeno, e forse il tempo di rinnovare la scaletta non è molto, ma ecco che, come ci si aspettava, la "scelta" di quello che è un doveroso pezzo dei Motley cade su "Power to the music" .. ed ecco che di botto torniamo indietro agli anni più cattivi dei Motley, quelli che ci hanno fato sperare ad un proseguo mai arrivato per colpa di un mercato spietato che non ha mai accettato l'alter-ego di Vince Neil... il potente riff che nasce dalla chitarra di Corabi ti spacca, ti apre in due e viene naturale guardarci, mormorare un "sigh" per poi urlare sul ritornello insieme al frontman in ottima forma fisica e con un attitudine che poco di più si può dire se non "cazzo che figata". Peccato che sia l'unico estratto da un album tanto amato (o odiato, punti di vista, comunque non passato indifferente) per privilegiare invece dei pezzi non tra i più riusciti dei Kiss era Kulick.

Che il concerto finisca così non ci crede nessuno, abbiamo creduto alla sua promessa e vogliamo gli Scream, e Scream siano! "Man on the moon" è per me (che a 14 anni tornavo a casa a mezzanotte per vederne il video su "Rock a mezzanotte") quasi commuovente, ed è bello vedere come tra il pubblico (che, dimenticavo, per essere una domenica sera è discretamente numeroso) tanta gente ricordi e apprezzi questa band. E' solo in fase di ringraziamenti e presentazioni che ci sovviene che alla batteria c'e' Fred Coury... saremo anche legati a vecchi clichè, ma il batterista dei Cinderella non dovrebbe almeno far girare le bacchette?!? Niente cover dei Cinderella però, ancora la band del bacio con "Unholy" e per finire "Love it loud", sempre cantate da Chuck Garrick ed il pubblico a squarciagola.
E' ora della fine e noi abbiamo imparato a fidarci di Corabi, e quando ci dice che questa data è stata per loro la più bella del tour continuiamo a volerci credere, perchè effettivamente c'e' un bel clima, la gente da l'impressione di essersi davvero goduta il concerto, scommettiamo che gli intermezzi tra un pezzo e l'altro sono genuini ... e se ci sbagliamo, non fatecelo sapere. Ora delle 2, la vasca che ci tocca per tornare a casa ci impedisce di aspettare che la band esca per baci e abbracci, ma non dubito che si siano fermati al banco per qualche spritz e lanciarsi le olive...

Un ringraziamento particolare a Debbie @ Get Smart Agency e allo staff della Gabbia ...un doveroso saluto va ad Alex Ruffini, compagni di backstage in questa trasferta vicentina, presente come sempre a tutti gli appuntamenti rock che si rispettino (e questo eccome se si rispettava).
Simone Piva/Holly

 
FIREFEST II
26/11/05 Notthingham Rock City

Città fredda quella di Notthingham, principalmente a livello climatico. Culture ed etnie differenti si incontrano per strada nell’indifferenza comune.
Quello che è riuscito a scaldare sicuramente l’ambiente in generale è la seconda edizione del concerto Melodic Rock per eccellenza: il Firefest.
Rispetto alla prima edizione cambia il luogo (Leeds per la prima, posto forse più azzeccato e locale meglio organizzato), ma il contenuto rimane sempre ad altissimi livelli. Si susseguono sul palco rispettivamente Balance of Power, Shy, Blue Tears, Vaughn, Danger Danger, Harem Scarem e House of Lords.
Abbiamo saltato il pre-party del venerdi notte per motivi organizzativi, ma puntuali come orologi svizzeri, non ci siamo persi neppure una esibizione delle bands sopracitate.

Balance of Power: melodic metal energico suonato con tecnica e gusto, con il nuovo cantante Corey Brown che riesce a dare quella marcia in più e quelle ottave necessarie per rendere le canzoni più graffianti ma allo stesso tempo più “classiche”. Anche il guitar work di Pete Southern è eccellente e tecnicamente ineccepibile. Il basso di Tony Ritchie piuttosto basilare accompagna con incalzare preciso e regolare la batteria di Lionel Hicks molto potente. Un preambolo che riesce a dare una giusta scossa a tutti gli spettatori finora presenti.

Shy: un rock melodico suonato con passione, gusto e una buona dose di tecnica che non guasta mai. Tony Mills in ottima forma fa il padrone di casa e gestisce il palco da grande mattatore. Ottima scelta di songs, tra le quali ricordiamo "Breakaway" e "Break down the Walls". Performance molto buona che riesce a coinvolgere il pubblico in attesa dei gruppi successivi.

Blue Tears: Dal Tennessee ecco un’altra grande band che alla fine degli anno 80 faceva veramente faville. Greg Fulkerson ora è un uomo maturo, non più longilineo ma con una voce che col passare del tempo ha cercato di curare e sviluppare. Oggi è anche il lead guitarist della band. A dire il vero non ci è sembrato proprio a suo agio cantando e suonando, ma lo spettacolo offerto è stato comunque dignitoso e appagante. Ottima intesa tra Micheale Spears (basso) e Charlie Lauderdale (batteria), questo ultimo eccezionale anche come backing vocalist.

Vaughn: Danny Vaughn si è dimostrato un cantante, un frontman e un musicista dal carisma e dalla carica unici. È lui il vero mattatore dell’intera giornata, scatenato, tonico: coinvolge il pubblico e gioca insieme a questo. Brani che ripercorrono la discografia dei Vaughn, dei Tyketto, degli Waysted per un’ora di show intenso e accattivante. La band lo segue, ma non sembra essere all’altezza della situazione: seguire Danny però richiede doti da autentici fuoriclasse.

Danger Danger: che dire, la mia formazione preferita della giornata, e, se posso permettermi, una dei miei punti di rifermiento musicali in assoluto. Formazione con Steve West dietro le pelli, Bruno Ravel al basso e cori, il nuovo acquisto Rob Marcello alla chitarra e il grande Ted Poley alla voce. Lo spettacolo parte con Rock America, e una volta superati alcuni inconvenienti tecnici, come microfoni che non vanno e suoni mal regolati, ecco la potenza del rock spensierato e un po’ “minchione” del quartetto. Tastiere sovraincise e gestite tramite un lettore cd da Bruno non hanno in alcun modo reso meno diretto il suono. Brani da Screw it ("I still Think About You", "Monkey Business", per dirne alcuni), dal primo omonimo (dicevamo Rock America, Bang Bang, il finale con "Naughty Naughty"), da Coackroch . Ted non è stato mai fermo un secondo, scatenato cosi come le songs cantate. Un vero frontman che non ha perso la voce lungo tutti questi anni. Bruno e Steve sono riusciti a dare in ogni brano un tiro e un mordente da fuori classe, cosi come il supertecnico Rob Marcello (a perere del mio amico Thomas:”è troppo tecnico forse anche per i miei gusti….”) che ha stupito tutti con soli al limite delle capacità umane.

Harem Scarem: la band canadese ha portato gusto, tecnica e melodia uniche lungo tutta la giornata del festival. Eccezionale Pete Lesperance dietro le sue trame chitarristiche di alto spessore e di alta tecnica suonate con una padronanza e una facilità che ci ha stupito. Harold Hess riesce in ogni brano a creare emozioni, la voce migliore in assoluto dell’intero festival. Anche il lavoro ritmico di Barry Donaghy insieme a Creighton Doane è stato ineccepibile e prorompente. Brani nuovi e vecchi come le classiche Honestly, Slowly Slipping Away, Hard to love, How long… per poco più di un’ora vissuta intensamente e che ha catturato l’attenzione del pubblico dal primo secondo. Immensi.

House of Lords: che dire dell’emozione, dell’attesa di poter vedere la band di James Christian e soci in formazione originale dopo più di quindi anni? Chiudendo gli occhi ed ascoltando lo show l’emozione è stata veramente molto grande. Aprendoli devo dire che l’impressione generale è stata del tempo che impietoso è passato e le fotografie della band dietro agli albums e ai booklets dei cd sono proprio un lontano ricordo: James non ha perso per nulla la voce, anzi rimane uno dei migliori cantanti per il genere, ma ha preso anche una trentina di chili che a dire il vero lo rendono molto statico sul palco e meno incisivo. Così come Lanny Cordola che con la sua chitarra continua a stupire; un po’ meno per la scelta del suono veramente poco adeguato e molto “slabbrato”.
Chuck Wright e Ken Mary sono le persone che si sono mantenute meglio dal punto di vista “estetico”. A livello musicale sono riusciti a creare ritmiche tipiche dei fasti di fine anni 80, con una tecnica e uno stile che ci eravamo dimenticati potessero essere ancora rappresentati.
A parte il mero senso estetico che puo’ lasciare il tempo che trova, la band ha suonato realmente ad alto livello, un giusto merito averli fatti suonare come headliner, un onore averli potuto ascoltare.

L’impressione generale è che questa seconda edizione del Firefest fosse meglio organizzata della prima, per lo meno come dicevo non a livello logistico ma sicuramente a livello gestionale e a livello organizzativo. Un pensiero scambiando due chiacchiere con Bruno Ravel e Steve West però mi sorge spontaneo: in Italia difficilmente potremo vedere un festival come questo, per un problema di cultura, di tradizione e di ottusità.
La vera Musica è qualche cosa che crea emozioni al di là della durata di un brano.
Ringrazio Andrea e Thomas per avere condiviso con me questa esperienza e queste emozioni.
Mauro Guarnieri

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