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Marky Ramone + Tarakany + Peawees
13 gennaio 2005 – Transilvania Live (MI)
Francamente l’idea
di vedere Marky Ramone ravanare nel passato di una
band grandiosa come i RAMONES non
mi faceva esattamente piroettare di gioia, ma vista
la presenza dei mirabolanti
PEAWEES non ho esitato ad attraversare
la nebbia della TO – MI in compagnia di impavidi
compagni di viaggio. Macchina stipata, the Bones
a nastro e la presenza rassicurante di Ceres ghiacciate.
Arriviamo che i Peawees
stanno già suonando – porca minchia!
La band spezzina inanella i pezzi ormai classici
di “Dead End City”, con brevi incursioni
su “This is Rock N Roll” e una puntata
su pezzi nuovi che sono troppo rincoglionito per
ricordare. I Peawees sono micidiali, un pezzo dietro
l’altro senza troppe stronzate, il pubblico
beota rimane piuttosto tiepido, il sottoscritto
si ritrova ad agitare il piedino a ogni canzone
e a sentire ogni tanto una bella scarica di brividi,
roba che mi succede solo quando apprezzo veramente
un live! Il concerto dei Peawees dura poco, veramente
troppo poco, e mentre ancora mi risuona “Road
to Rock N Roll” nella capoccia, salgono sul
palco i russi Tarakany,
tutti griffati da magliette raffiguranti i Ramones.
Una visione agghiacciante, essì, e sento
chiaramente i defunti Ramones rotolarsi
nelle tombe… a questo proposito la location
del Transilvania sembra proprio azzeccata…
I russi attaccano a
suonare il proprio repertorio, e lì per lì
mi prendo anche bene, vuoi per le imitazioni di
Gibson e Fender con marca rigorosamente moscovita
(che segretamente incomincio a desiderare), vuoi
per l’impressionante somiglianza del bassista
con Max Pezzali! Ripenso con un
pizzico di perversione allo speciale sugli 883
che ho visto con malcelato gusto del trash qualche
giorno prima in TV. Dopo tre pezzi mi sono già
rotto i coglioni, così mi dirigo mesto a
farmi derubare al bancone del bar, e nel frattempo
scruto la folla (invero di gente ce n’era,
non male per un giovedì) in cerca di Mauro
Repetto. Al posto del Repetto trovo il
Basetta, che confida a sua volta
di aver visto il succitato speciale, e così,
incuranti dell’etica, ci lanciamo ardentemente
in apologie dell’Uomo Ragno e altre amenità.
Dopo un rapido cambio
di batteria, Marky
Ramone si unisce ai russi e inizia
il tributo (?) ai Ramones. “Do
you remeber Rock N Roll Radio?” Ehm sì…
ma sul palco di rock n roll ne vedo proprio poco…
il cantante dai capelli bicolore (avete presente
le tipe di “The Decline of Western Civilazation”?
Beh, è più brutto!) copia ogni cazzo
di mossa di Joey Ramone, mentre il bassista Pezzali
per l’occasione ha voltato il cappellino da
baseball all’indietro, proprio come faceva
Dee Dee. Tristezza. Il culmine viene raggiunto quando
il cantante scimmiotta paro paro una scena di “Rock
N Roll Highschool”… avete presente quando
Joey scende verso il pubblico in direzione di Riff
Randall? I pezzi si susseguono senza pietà,
e così io vorrei essere sedato, vorrei sniffare
colla, vorrei aver qualcosa (altro) da fare…
tutto tranne che assistere a questo scempio! Il
pubblico, scimmiesco, invece è esaltato:
urla, gode, da persino inizio al pogo (brrr). A
fianco a me ho una ragazza che ancheggia estasiata,
mi rassegno e rantolo sconfitto. Dall’altra
parte, una ragazza con gli occhi lucidi. Non posso
neanche concederle l’attenuante degli occhi
irritati dal fumo causa legge Sirchia,
ma scoprirò più tardi che pensando
ai Ramones, quelli VERI, si è
rattristata e commossa. In questo frangente emo
osservo che ogni volta che Marky Ramone annuncia
un pezzo nuovo interviene un roadie che gli porge
un foglio enorme sotto al naso con scritto cosa
dire. “Teenage Lobotomy”, essì.
Chissà come chissà
dove il concerto ha termine, e accolgo la calata
del sipario con sollievo. Non ha più senso
domandarsi quanto sia lecito un concerto del genere,
non ha nemmeno senso accanirsi sul Parrucchino Ramone
e ricordare una precedente figura impietosa con
i rottami Jerry Only e Dez Cadena, così riprendiamo
a parlare di Mauro Repetto e dei
suoi balli tarantolati nel video di “Nord
Sud Ovest Est” O era “Sei un Mito”???
Scusate, ma io non ho nessun roadie che viene in
aiuto delle mie cellule cerebrali sbriciolate con
un foglio di istruzioni…
Apeman Hop!!
Simone Parato
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VELVET REVOLVER
16 gennaio 2005 - M.E.N. Arena Manchester
Ora, io so che molti
di voi considerano la band come un rifugio economico
per ex grandi rocker (Slash, Duff, Matt) e altri
come unico modo per un tentativo Weiland di tornare
on stage… ma dopo lo spettacolo che i Velvet
Revolver sono stati in grado di trasmettere nella
MEN Arena di Manchester, devo assolutamente smentire
tutti i criticoni e consigliare di non perdervi
questa band.
Avevo già avuto
l’onore di vedere la band la scorsa estate,
come tanti altri slammisti, durante l’Indipendente,
ma lo spettacolo di stasera ha superato dieci, venti,
cento volte quella lontana notte d’estate!
I Velvet Revolver sono risultati molto più
compatti, convinti e con un’irrefrenabile
volontà di fare capire chi sono i veri king
of “R’n’ F***ing R”; e lo
hanno persino scritto sul palco, sul primo banner
che la band ha scelto come scenografia. La band
di supporto sono stati i Datsuns.
Niente di speciale a dire la verità, ma apprezzabile
livello di preparazione di tutti i musicisti e qualche
canzone veramente catchy come le più famose
“Harmonic Generator" e “Motherfucker
From Hell”.
A ricordarci il significato
di rock’n’roll vecchio stile e pronti
per dare una tosta lezione a tutti i wanna-be presenti
in Arena, sono tornati (per la seconda volta in
quattro mesi!) i Velvet Revolver per portare un
energico show presentato da cinque meravigliosi
musicisti. Dopo un’ora di attesa dalla sparizione
dei Datsuns, alle 21.45 circa, appaiono sul palco
i tre ex-Guns N’Roses - Slash,
Duff McKagan e Matt Sorum - raggiunti dall’ex-Stone
Temple Pilots Scott Weiland. A completare
la formazione Dave Kushner (Wasted Youth).
La classe del migliore rock and roll e’ palpabile
persino nell’aria e tra l’audience si
potevano scorgere cotonature, bandane leopardate,
PVC e pantaloni in pelle per tutta l’Arena
e magliette raffiguranti G’N’R e altri
eroi del rock praticamente ovunque.
Sul palco invece, a
far da padrone, erano esclusivamente giacche in
pelle, pantaloni in pelle, stivali in pelle, cinture
in pelle… e chi ne ha più ne metta!
Weiland si e’ presentato nel suo nuovo e tipico
look. Un elegante completo con gilet abbinato, immancabili
occhiali da sole e distintivi cappello da poliziotto
e megafono stretto in pugno.
Duff, instancabile, ha intrattenuto il pubblico
in modo commovente ed esagerato: per qualche minuto,
mentre deliziava l’ala destra dell’arena
con i suoi riff, si e’ sporto verso l’ansiosa
audience delle prime file cercando si accontentare
assetati fan e ragazzine (sulla soglia della pazzia)
con la grazia di un sorriso, un tocco, e perché
no… un po’ del suo sudore!
La sezione musicale
decisamente di ottimi livelli, sostenuta da un Matt
Sorum in formissima e visibilmente compiaciuto del
proprio show! Ed e’ stato proprio il pazzo
batterista a saltare giù dal palco e buttarsi
tra le prime file dell’arena, lasciando l’intera
ala destra senza fiato per qualche secondo.
Il set buonissimo. Hanno aperto con “Sucker
Train Blues” e a seguire sono state alcune
hits dal debut album “Controband”
come il nuovo singolo “Dirty Little Thing”,
“Superhuman” e “Set Me Free”.
Punti forti del concerto la trascinante “Big
Machine”, la power ballad “Fall To Pieces”
, “ You Got No Right” e una chisura
in puro stile r’n’r con “Slither”.
Ma a dominare il ricordo
dell’esibizione, probabilmente per la forte
nota nostalgica (e la mia rabbia per non aver mai
avuto la possibilità di vedere i Guns dal
vivo!), sono state sicuramente le versioni delle
tre super hit dei Guns N’Roses:
una meravigliosa versione acustica di "Used
to Love Her" che ha visto Slash, Duff e Matt
in solitaria dominazione del palco! Una trascinante
e indemoniata “Mr Brownstone” e “It's
So Easy”. Weiland ha superato se stesso e,
dopo aver visto il buon vecchio Axl un paio di anni
fa, devo ammettere che Scott e’ fantastico
e molto, mooolto meglio dell’ex Gunner, offrendo
con un’esibizione e versione pelle-d’oca
delle canzoni stesse.
Lo stesso frontman era in pieno possesso del pubblico
e ancora una volta abbiamo potuto testimoniare il
suo gioco di up-and-down: tutta l’audience
si muoveva con lui seguendo con gesti e tono di
voce le indicazione dell’irresistibile Scott.
Un piacevole tuffo nel passato anche con la riproposta
di due super canzoni degli Stone Temple
Pilots, due classici quali “Illegal
I" e “Sex Type Thing".
Laura Delnevo
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RAZZLE DAZZLE + HOLLYWOOD VAMPIRES
8 gennaio - Diapason Club Varese
Il 2005 è partito
con un gran bel botto rock n roll…non solo
l’8 gennaio è stata una bella data
d’inizio per il popolo di Slam! in quel de
“La Gabbia” ma lo è stato anche
per i pochi rimasti nelle zone lombarde, che hanno
potuto ammirare uno show davvero fuori da ogni cliché.
Invitato dalla mia amica Olivia a passare una serata
in compagnia dei gruppi sopra citati, mi sono dato
una mossa per riuscire a vedermi lo spettacolo che
si presumeva interessante… beh, le aspettative
non sono state tradite se non dall’acustica
del luogo, molto scrausa vista l’eccessiva
mancanza di spazio che ha limitato i nostri rockers
a rockettare in uno spazio angusto e mal disposto.
Nonostante questo, lo show ha avuto inizio alle
23.15: i RAZZLE
DAZZLE entrano in scena.
Il loro repertorio ruota
essenzialmente sulle songs dei loro Ep, cercando
di pubblicizzare un nuovo disco in uscita, pare,
in questi giorni. Le canzoni, per chi non le avesse
mai ascoltate, sono molto energiche e si rifanno
al sound imperante a cavallo tra la fine degli eighties
e l’inizio dei novanta.
L’energia irrompe nel club varesotto lasciando
tutti di stucco per la buona disposizione della
band. Il loro repertorio viene spezzato in quattro
occasioni da cover di tutto rispetto, dando tributo
a band quali BACKYARD BABIES, BEAUTIFUL
CREATURES, ALICE COOPER
e, solo in chiusura, anche ai mitici KISS.
Il frastuono causato dalla cattiva acustica del
locale, mi fa ordinare un’altra birra per
evitare di dar troppo peso ai timpani che si stanno
sfasciando ma, mentre cado in preda a un’ansia
che mi riporta indietro negli anni (merito della
frenesia del singer Mr. Piggy) la vista di tre donzelle
che si strusciano e si baciano davanti alla band,
mi fanno ringalluzzire e mi fanno ricaricare le
pile… il chitarrista, che mi ricorda un giovanissimo
SLASH, è esaltato all’ennesima
potenza e dà una certa dose di spettacolo
che mi ricorda l’entusiasmo dei primi live
dei TRIXTER mentre il bassista,
una copia sbiadita di Val Kilmer,
passa da fasi di trance (legato alle sue quattro
corde) a fasi in cui sembra spaccare il mondo.
Il batterista non si
ferma un attimo e, lasciando perdere due o tre gaffe
sui tempi persi, non lo si può non lodare
per la sua grande abilità e voglia di fare.
Tra sonorità legate ai vecchi SKID
ROW e ai primi LILLIAN AXE,
questi RZD mi esaltano in particolar modo e non
li vedrei affatto male in qualche catalogo di un’etichetta
indipendente!
Lo show finisce col delirio del pubblico ma la notizia
che i Midnight Dinamite han bidonato l’evento,
fanno fare qualche smorfia al piccolo pubblico presente.
Piccola pausa per lasciar spazio agli HOLLYWOOD
VAMPIRES ma la stanchezza cala e
a dover tornare verso casa incontrando un’ora
e mezza di autostrada, mi fa levar le tende ma prego
la mia carissima amica Olivia di tener duro e darmi
man forte in questa recensione… le parole
che seguono sono sue… a te Olivia!
Il gruppo che segue
sono gli Hollywood Vampires, direttamente da Reggio
Emilia. Non nascondo che a questo punto sono veramente
devastata.
Mentre il nostro Mac è arrivato in macchina
all’ora giusta, io sono arrivata in treno
verso le nove, mi sono persa nei meandri di Varese,
cercando questo Diapason che sembrava inghiottito
nella notte e ho bivaccato con questi pazzi scatenati
fino a che non è incominciata la serata.
Non sembra ma sono esperienze che provano. Comunque
è la prima volta che vedo suonare live i
Vampires e devo dire che non deludono le aspettative.
Nell’atmosfera euforica, alcoolica e divertente
i Vampiri emiliani ci danno una scarica di rock’n’roll
per tutti i gusti.
Pezzi tratti dal loro
ep “Luv Criminals” si intrecciano con
qualche pezzo in anteprima dal loro nuovo disco
in uscita “4 Jack and 1 coke”. Come
si è già detto prima il locale è
piccolo, ma accoglie abbastanza bene i glamsters
presenti colorati ed entusiasti che si accendono
subito a sentitre le note di “Kickstart my
heart”, una delle cover proposte dalla band.
Tra pezzi loro, moderni e classici allo stesso tempo
e, a cover di tutto rispetto come “Lay it
down” dei RATT, “Treat
me like a Dog” dei CRUE e
“High Voltage” degli AC/DC
il tempo vola via e sembra che si arrivi alla conclusione.
Ma niente paura! L’assenza dei Midnite Dynamite
non ferma il delirio che si sta creando. Infatti
una gradita sorpresa coglie impreparato il pubblico:
i NAUGHTY WHISPER salgono sul palco
per una jam session coi Vampires e Mr. Piggy dei
RZD chiudendo in bellezza una delle serate più
interessanti di questo inizio d’anno.
Marco Paracchini e Olivia Balzar
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CATHOUSE
18 Dicembre 2004 Keller Club - Bergamo
L’ evento si
prospetta gustoso, i Cathouse presentano il loro
EP “In pussy we trust” al Keller club,
praticamente a casa loro. L’ atmosfera che
respiriamo appena entrati nel club ci fa pensare
al “Bob’s country bunker” dove
Jake ed Elwood, i Blues Brothers
avevano preso il posto dei Good ole boys. Il clima
è molto redneck, tanti sono venuti dalla
campagna e le grida che registriamo passano da “vai
Gene Joint facci vedere un po’ di f**a”
a “rock ‘n’ roll e forza Atalanta”.
Un ubriachissimo, sceso da chissà quale valle,
oltre a chiedere reiteratamente “Live wire”
specificando che è “dei Motley Crue”,
proferisce una regola che ci si imprime nella mente:
“Vai col rock… che non sbagli mai”.
Manca solo la rete metallica contro il lancio di
bottiglie. Il locale è stipatissimo e la
temperatura infernale.
Acclamati dal loro pubblico
fanno la loro entrata i Cathouse. Gene Joint tirato
a lucido, altro più di quattro metri fa paura,
DD Cat armato di megafono annuncia l’inizio
del party. “Fight to stay alive” “Look
what the cat dragged in” e “Nightrain”
aprono la strada a “From my heart” primo
pezzo dal nuvo disco.
I Cathouse sono cambiati, non sono più quei
cinque scalzi ignudi che mettevano insieme uno show
discutibilissimo qualche anno fa, hanno lavorato
sodo ed i risultati si vedono. Un paio di pezzi
dei Poison ed è la volta
di “Rock is all you need” altro brano
originale niente male.
DD Cat non sarà
Glenn Hughes ma ha un immagine
perfetta e sul palco si dimostra ottimo frontman.
Gli altri seguono a ruota, fumano centinaia di sigarette
e scolano bottiglie di Jack Daniel’s a tutta
manetta. A metà concerto Mark Bluesman si
lancia in un assolo ben calibrato, pochi virtuosismi
ma un ottimo gusto. C’anche spazio per un
paio di ospti: Daniele Valvassori dei Liberty
Express duetta con DD in “your mama
won’t know” e Mc Nizzy degli Axe
dà vita una versione insanguinata di "Animal
(I fuck like a beast)". Lo spettacolo continua
in perfetto stile Cathouse, ad una presentazione
formale i ragazzi hanno preferito la formula del
party e cosi’ tra cover e pezzi originali
il tasso alcolico sale e si ha la sensazione che
Curno per una strana deformazione spazio temporale
si avvicini ad un Sunset Strip che ormai non esiste
più. Sensazione che è allo stesso
tempo merito e limite di questa band. “In
pussy we trust”, come dargli torto?
Matteo Pinton
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Foto
by Laura Delnevo |
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Sebastian Bach + Lord Bishop
16-12-04 Mean Fiddler, London
Arrivo al Mean Fiddler
di corsa e ad accogliermi una lunga fila nella fredda
stradina oscura che affiance il locale che questa
sera ospitera’ un indimenticabile icona rock:
l’ex Skid Row Sebastian Bach.
Il piccolo locale nel cuore della capitale inglese
e’ gremito di fan e ad assordarli con I primi
potenti suoni rock’n’roll e’ un
trio del tutto eccezionale: I Lord Bishop. L’eccentrico
frontman si autodefinisce il re del ‘sex rock’
e I testi delle sue canzoni non smentiscono di certo
questa affermazione.
Dopo le prime canzoni
scioccanti, riesco a riprendermi finendo per apprezzare
gli sforzi del trio new yorkese di sfornare hard
music at high volumes come tutte le rispettabili
rock band. A colpirmi positivamente e’ sicuramente
il batterista Rodney Voodoo, che ha attaccato la
batteria con una precisione incredibile e un ritmo
incazzosissimo e potente. I pezzi da non dimenticare
sono stati “War Stop The War” in cui
il coinvolgimento del pubblico e’ stato d’obbligo
e “Great Ass”, giusto per non smentire
i punti di riferimento dello stesso Lord
Bishop.
Laura Delnevo
“Youth gone wild?”
…cosi Sebastian apostrofa il pubblico impaziente
sulla base strumentale del medesimo pezzo. Appena
la sagoma del front-man si staglia sul palco, un
boato feroce lo accoglie in risposta. I suoi vocals
eccezionali dominano il clamore e dopo la intro
attaccano le note potenti di ‘Slave to
the grind’. L’atmosfera e’
gia’ incandescente!
Il Mean Fiddler e’ al limite della capienza,
molti sono venuti dal resto del Paese per assistere
all’evento; fans che indossano t-shirts dello
scorso tour degli Skid Row stasera salutano Bach
come il corpo e l’anima degli Skid
Row, una lezione di cui ogni band dovrebbe
tenere conto: no front man? No band’s name!
Seguono ‘Piece
of me’ e ‘Here I am’ accolte da
un entusiasmo febbrile. L’energia e la presenza
scenica di Sebastian e’ intaccata dal tempo.
La sua capacita’ di interazione con il pubblico
e’ genuina e accattivante. In uno di questi
momenti ci ricorda che 10 anni di lontananza dalle
scene in U.K. sono stati troppi… Ride di se’
stesso e della sua apparizione a Brodway nelle vesti
di Jesus Christ! E la felicita’ che dice di
provare per questo rientro sembra vera al 100%!
Lui chiede, il pubblico gli risponde: ’18
and life’ e tutti cantano. L’atmosfera
e’ altamente emotiva e corre elettrica dal
palco al pubblico e vice versa.
A sostenere questo incredibile
performer c’e una line-up di tutto rispetto:
la chitarra di Ralph Santolla (Iced Earth)
graffia e geme e appare evidente che Sebastian confida
in questa collaborazione; tra I due l’intesa
e’ perfetta. Dall’altro lato del palco
gli accordi di Johnny Chromatic seguono ed accompagnano
duri gli assoli di Santolla che predominano comunque
incontrastati. Il suono e’ piu’ metal
rispetto alla combinazione Snake-Scotti, ma niente
stasera fa rimpiangere il passato, semmai lo riporta
prepotentemente alla ribalta.
I pezzi mantengono una vitalita’ difficilmente
uguagliata da altre bands in questi anni e l’esecuzione
ha la compattezza che altri gruppi non hanno saputo
raggiungere in una carriera… Nulla e’
datato o sorpassato! Energia allo stato puro…
Dopo ‘Frozen’
un Sebastian incazzato e sconvolto ci riporta alla
realta’ ricordando Dimebag, parole rabbiose
e potenti, attacca ‘Walk’ dei Pantera,
una versione che non e’ solo un tributo ma
un’esecuzione stilisticamente riuscitissima,
pesante quanto basta, elettrica come un brivido.
Si ripete la scena delle date precedenti del tour,
da Madrid in poi… una sola voce acclama –
"Darrell! Darrell!" - per minuti che sembrano
interminabili. E ancora per D. Abbot, viene dedicata
‘I remember you’.
Non ci sono I momenti
morbidi dell’esecuzione stile Skid
Row, e’ chiaro che le rullate di
Mark Prator (Iced Earth) e il basso
di Steave Di Giorgio (Testament,
Iced Earth) induriscono I passaggi, il
risultato e’ piu’ metal e appare anche
piu’ consono all’occasione. L’emozione
corre a fiume, e’ il momento piu’ alto
di tutto il concerto e le parole e la palese commozione
di Sebastian e il resto della band sono toccanti.
Riparte a raffica con ‘Monkey businnes’
e tra le nuove ‘Always and never the same’
sembra la piu’ riuscita, carica e potente,
accolta con clamore, per finire. Ma non ci lasciano
aspettare a lungo, la folla si fa sentire prepotentemente,
e al tuono di – "we want more!"
- ritmato dai mille presenti, ritornano con ‘In
a darkened room’ e gli acuti di questo singer
d’eccezione ci fanno correre ancora una volta
i brividi lungo la schiena. Ce lo chiede di nuovo,
per concludere, sul ritmo martellante di batteria
“Youth gone wild?” e per un minuto la
sala in tumulto glielo urla in ritorno “Youth
gone wild! Youth gone Wild!” un mantra in
crescendo, finche’ attacca accompagnato da
tutti I presenti, che saltano e cantano all’unisono
per il granfinale.
La promessa e’ di tornare in U.K. per un festival
in marzo, credo che nessuno di chi si trova qui
stasera manchera’ all’appuntamento!
ScruffyNightmare
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Foto
by Laura Delnevo
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DOGS D'AMOUR
11 Dicembre 2004, The Peel, Kingston – Inghilterra
E’ con trepidazione
che aspettiamo di vedere Tyla & co. all’opera
stasera. Questi Dogs non saranno nessuna delle formazioni
tradizionali e le voci e speculazioni su chi sara’
sul palco continuano ad alternarsi… L’unica
cosa che sappiamo sulla via di Kingston e’
che Alex Kane, precedentemente
considerato l’ultimo nome papabile alla chitarra
(prove con la band nei giorni precenti), non salira’
sul palco. E’uno dei passeggeri della mia
auto e stiamo correndo a destinazione con forte
ritardo! Il tour bus occupa interamente il posteggio
del piccolo pub con sala concerti attigua, quindi
ricerca frenetica di un posteggio impossibile nei
dintorni.
Ormai e’ la nostra e’ una corsa contro
il tempo, tacchi che risuonano come una diligenza
nella suburbia deserta. Quando avvistiamo un’uscita
laterale ci fiondiamo all’interno, in avanguardia
io e Gorockit, calata nella capitale dalla tranquilla
Preston per una notte di r’n’r’.
Ci troviamo in un club con avventori attempati che
dimostrano un certo entusiasmo al nostro -realiziamo
subito- inaspettato arrivo! Alla nostra destra un
palchetto con
stripper ormai nuda che ancheggia annoiata. Retromarcia,
giro dell’isolato e finalmente la porta giusta!
Questo incidente divertira’ Tyla…
Apre ‘What’s
happenin’ here?’, appena cominciata
quando entriamo nella sala gremita. Il pubblico,
un muro compatto, e gia’ carico. Una vera
impresa aprirsi un varco e riuscire ad arrivare
front stage. La temperatura e’ rovente, e
non solo per il numero sproporzionato di presenti
rispetto alla capienza. Sono I fedelissimi che seguirebbero
Tyla sulla luna se necessario. Riconosco la maggioranza
di loro. La line-up e’ quella annunciata ufficilmente
tempo fa e quindi: Tom Spencer (ex Yo’s
Yo’s, chitarra), Danny McCormack
(ex Wildhearts, basso), Billy Jo
(batteria), Marc Stanway (Magnum,
tastiere), Yella (backing vocals). Tyla appare nella
forma migliore, e infila un cavallo di battaglia
dietro l’altro, da ‘I don’t want
you to go’ a ‘A drunk like me’
mantenendo l’almosfera vibrante, i suoi vocals
inalterati dal tempo, lo stile inconfondibile, la
freschezza dei Dogs prima maniera, l’esperienza
di vecchia volpe, la maestria della sua chitarra
che riesce a supplire gli angoli bui di questa formazione.
Il piu’ doloroso, la performance niente piu’
che dignitosa di Tom Spencer, che non sa aggiungere
nulla stilisticamente o artisticamente, ed e’
solo un’accompagnamento in sordina. Ma Tyla
dopotutto “e’” i Dogs e domina
istrionico e incontrastabile. A ‘Satellite
kid’ riesce gia’ a fare cantare tutti,
e l’energia corre inarrestabile. Il pubblico
e’ una cosa sola, un’onda in crescita,
un fiume in piena, una valanga. ‘Sometimes’,
‘Johnny Silver’, ed e’ delirio.
Si alternano classici
come ‘Billy two rivers’ a pezzi piu’
recenti come ‘Get by’, ed escono piu’
riusciti, miracolosamente, ora che nel tour precedente
con Jo Dog. La scaletta prosegue in crescendo, moshin’
di buona parte dei presenti a ‘Mr. Barfly’
che contina per il resto della gig. Tyla e’
il nostro eroe, e a sostenerlo c’e il suo
pubblico osannante e dal palco una sezione ritmica
riuscitissima nei panni di Danny McCormack in smagliante
forma fisica e musicale, il meglio di se’,
e come mai visto prima! Billy Jo e’ un completamento
adeguato. Senza tregua e con un’ energia in
crescendo, la musica incalza. A onor del vero bisogna
dire che questa e’ solo la seconda data del
tour, iniziato ieri. Per una formazione in rodaggio,
tanto di cappello!
Sono questi I nuovi Dogs D’Amour?
L’impressione e’ che Tyla stia pagando
un tributo ai “suoi” Dogs e quindi a
se’ stesso e che “the show must go on”…
Ed e’ uno show accolto dai presenti come una
vincita alla lotteria. Termina in crescendo con
‘What you do’ e il silenzio sembra irreale.
Ma dura poco, Li rivogliono
fragorosamente, stupisce che I muri possano contenere
questo tumulto e non esplodano.. Rieccoli! E ci
regalano ‘Errol Flynn’, ‘How come
it never rains’ e ‘Singin’ per
salutare davvero questa volta un’ audience,
che e’ piu’ che altro una comunita’,
una folla di fedeli, adepti al culto dei Dogs, un
coro ubriaco e felice conscio di aver vissuto un’altra
ora e mezza memorabile.
Esteticamente molto
sobri, freschi come al rientro da una vacanza in
beauty farm, abbandonati gli eccessi, Tyla e Danny
rigorosamente in black. Sorge spontanea la domanda:
perche’ si sono portati di nuovo Yella sul
palco? Forse per adornarsi di una presenza kitsch
e dissonante che raffigurasse i momenti neri del
passato? I suoi vocals irrilevanti non sono riusciti
comunque ad aggiungere o togliere nulla allo spettacolo,
e chiudendo gli occhi scompare, come un brutto sogno,
aprendoli. Una punta di nostalgia al passato e’
inevitabile, la magia dei momenti d’oro per
ricrearsi necessita in questa formazione del tocco
di un chitarrista non facile da reperire se la presenza
di Jo Dog o Darrell Bath
e’ impossibile... Il groove di una chitarra
pazzita, non “alla” Dogs D’Amour,
ma di un “Cane” di razza. C’e’
nel cassetto la possibilita’ di un tour europeo
alla fine di gennaio. Vediamo, se questo accadra’
che sorprese ci saranno sulla formazione: www.dogsdamour.com.
ScruffyNightmare
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Foto
by DEPLA
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MARYSLIM + STP
2 Dicembre 2004 Milonga – Lipomo (Co)
Il “Milonga”
di Lipomo, alle porte di Como, visto da fuori, sembra
una balera/ristorante degli anni 70. Varcata la
porta sovrastata da una insegnona al neon, scopriamo
che non è affatto male, se si è disposti
ad ignorare la colonna portante proprio al centro
del fronte palco e la birra nei bicchieri di plastica.
L’atomosfera è piacevole, il pubblico
eterogeneo ma con la giusta attitudine. Scorgiamo
subito una tavolata con Maryslim e Stp intenti a
riempire la pancia. Fra i commensali svetta la capigliatura
bicolore cotonata di Urrke T. il glammissimo bassista
dei Maryslim.
Ci si fa incontro un
sorridente Metius (frontman degli Stp n.d.a.) che,
birra alla mano, ci racconta di quanti Cuba libre
si sia scolato la sera precedente al party di “Rolling
stone”. Indossa una tshirt dei torinesi Hollywood
killerz ed è compiaciuto dalla simpatia
degli svedesi Maryslim che hanno anche dimostrato
una ammirevole cultura in campo rock ‘n’
roll.
Viene il momento di suonare, gli STP
attaccano brutali con quattro pezzi da “troublemakers
#1”: ”James Cagney” “Kick
you out” “Lessons” e “Pyromaniac
Mary”. I ragazzi sono nati come cover band
dei Ramones e si vede: Punk rock energico e cazzuto.
Casey Cooper sputa come un lama e il Metius ancora
sotto gli effetti del rum ingollato la sera prima
dice “cazzo come siete belli stasera, cosa
avete mangiato?”. Delirio o allucinazioni
punk rock ?
Viene proposto qualche pezzo nuovo tra cui mi sento
di segnalare “Hallo L.A.". Chiusura corale
con pogo per due classici della band “Lazy
Liza” e “(Gimme Gimme) STP”.
Pochi minuti e sono
sul palco i Maryslim.
One, two, three, four e.. bum, salta l’ impianto.
I Maryslim se la ridono, vanno al bar mentre i tecnici
disperati corrono tra il palco e il mixer.
Il Metius con l’ennesima birra in mano mi
si avvicina: “hai visto? Siamo stati noi,
gli abbiamo tagliato i cavi...” scoppia a
ridere e si allontana. Mi viene un dubbio…
e se fosse vero ?
Ripristinato il suono i ragazzi svedesi salgono
sul palco. Sorridono, imbracciano le chitarre e
partono con due pezzi dall’ ultimo “split/vision”:
“walk alone” e “all I want”
poi, per par condicio, ecco due pezzi da “Maryslim”:
“quite intoxicated” e “red room
lover”.
Il suono dei Maryslim
è 100% rock ‘n’ roll, nessuna
contaminazione punk. Suonano pulito, il cantante
Mats Olsson ha una voce potente e quando Urrle T.
e Kent Axèn raddoppiano sui cori l’effetto
è garantito.
La gig scorre via liscia, tra “B.t.l.”,
“My time”, la lenta “We’re
everything you” ed il finale di “Wanna
be”.
Cosa dire ? Gli Stp ci sono parsi in gran spolvero,
i Maryslim bravi anche se non ci hanno impressionati
ed il Milonga, dopo averci fatto pagare due concerti,
una pizza ed una birra 10 euro si è fatto
perdonare la colonna proprio davanti al palco.
Zioteo
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HOLLYWOOD KILLERZ
Infinity - Londra 14 Novembre 2004
Sono a Londra, sarà
l'esterofilia da tipico italiano medio, ma tutto
mi sembra sempre fighissimo: i negozi, i locali,
la gente, la musica. Ok touchè, non proprio
tutto, il cibo fa cagare, ma per il resto la capitale
della terra di Albione mi sfagiola assai. Il tempo
è bello, freddo ma moderatamente, la mia
scricciolina sotto braccio e sto andando a vedere
un concerto degli "Azzazzini di Hollywood".
Il mio senso dell'orientamento
modello talpa ubriaca non mi impedisce di trovare
l'Infinity, localino in quel di Soho. Fumoso, losco
ed oscuro quanto basta, per questa sera, l'Infinity,
ospita la trasferta Inglese dei Killerz. Il locale
risulta pienotto, le facce di questi inglesozzi
sono un po' smortine... Non sanno cosa li aspetta.
Ecco che le luci si abbassano ed entrano in scena
loro: i duri delle Vallette, la lunga ombra della
"Mole" Antonelliana, i padrini della Motor
City. Gli Hollywood Killerz!
Non sono qui per riportarvi
la scaletta o farvi un resoconto di questo stupendo
week end, non penso ne sarei capace lo giuro; non
riuscirei a farvi una semplice cronaca poichè
Kill Kill, Traxy e Snakey sono una fetta dei miei
teen years. Storiche le mie bigiate a scuola il
sabato mattina, 17-18 anni, perché sfatto
da una nottata in trasferta a Milano per vederli
in postacci tipo il Binario Zero.
Da quei giorni alcune
cose son cambiate altre per niente. Una su tutte
il carisma, un aggettivo che è sempre andato
a braccetto con i Killerz: l'impossibilità
di staccare lo sguardo da questi ragazzi mentre
suonano; chiaramente anche i nuovi innesti Deadend
e Simon (nuovi si fa per dire) continuano nella
tradizione della band torinese.
Questi cinque sicari del rock'n'roll non si smentiscono
ed anche questa volta suonano il loro set con quell'attitudine
di chi si sta esibendo come se fosse la prima e
l'ultima volta assieme. Sudati e furiosi si contorcono
sul palco tra pose plastiche ed intrecci di cavi,
lasciando poco spazio alle parole e tanto spazio
alla musica. I pezzi girano che è un piacere
e gli inglesozzi di fronte ai torinesi si risvegliano,
sembrano piuttosto impressionati alla vista di un
gruppo rock'n'roll che più che farci ci è!
Una serata rock'n'roll:
per tanti forse non è molto, ma per me è
tutto quello che serve per farmi sentire a casa,
anche in un paese dove non esiste il bidet. Sono
convinto che anche questa sera sul palco dell'Infinity
è stato dimostrato che l'Italia non è
solo spaghetti e mandolino.
PS: un ringraziamento
speciale alla nostra Scraffy che ci ha condotti
sani e salvi nel nostro peregrinare londinese.
Le$ter
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