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PeaweesTarakany

 

Marky Ramone + Tarakany + Peawees
13 gennaio 2005 – Transilvania Live (MI)

Francamente l’idea di vedere Marky Ramone ravanare nel passato di una band grandiosa come i RAMONES non mi faceva esattamente piroettare di gioia, ma vista la presenza dei mirabolanti PEAWEES non ho esitato ad attraversare la nebbia della TO – MI in compagnia di impavidi compagni di viaggio. Macchina stipata, the Bones a nastro e la presenza rassicurante di Ceres ghiacciate.

Arriviamo che i Peawees stanno già suonando – porca minchia! La band spezzina inanella i pezzi ormai classici di “Dead End City”, con brevi incursioni su “This is Rock N Roll” e una puntata su pezzi nuovi che sono troppo rincoglionito per ricordare. I Peawees sono micidiali, un pezzo dietro l’altro senza troppe stronzate, il pubblico beota rimane piuttosto tiepido, il sottoscritto si ritrova ad agitare il piedino a ogni canzone e a sentire ogni tanto una bella scarica di brividi, roba che mi succede solo quando apprezzo veramente un live! Il concerto dei Peawees dura poco, veramente troppo poco, e mentre ancora mi risuona “Road to Rock N Roll” nella capoccia, salgono sul palco i russi Tarakany, tutti griffati da magliette raffiguranti i Ramones.
Una visione agghiacciante, essì, e sento chiaramente i defunti Ramones rotolarsi nelle tombe… a questo proposito la location del Transilvania sembra proprio azzeccata…

I russi attaccano a suonare il proprio repertorio, e lì per lì mi prendo anche bene, vuoi per le imitazioni di Gibson e Fender con marca rigorosamente moscovita (che segretamente incomincio a desiderare), vuoi per l’impressionante somiglianza del bassista con Max Pezzali! Ripenso con un pizzico di perversione allo speciale sugli 883 che ho visto con malcelato gusto del trash qualche giorno prima in TV. Dopo tre pezzi mi sono già rotto i coglioni, così mi dirigo mesto a farmi derubare al bancone del bar, e nel frattempo scruto la folla (invero di gente ce n’era, non male per un giovedì) in cerca di Mauro Repetto. Al posto del Repetto trovo il Basetta, che confida a sua volta di aver visto il succitato speciale, e così, incuranti dell’etica, ci lanciamo ardentemente in apologie dell’Uomo Ragno e altre amenità.

Dopo un rapido cambio di batteria, Marky Ramone si unisce ai russi e inizia il tributo (?) ai Ramones. “Do you remeber Rock N Roll Radio?” Ehm sì… ma sul palco di rock n roll ne vedo proprio poco… il cantante dai capelli bicolore (avete presente le tipe di “The Decline of Western Civilazation”? Beh, è più brutto!) copia ogni cazzo di mossa di Joey Ramone, mentre il bassista Pezzali per l’occasione ha voltato il cappellino da baseball all’indietro, proprio come faceva Dee Dee. Tristezza. Il culmine viene raggiunto quando il cantante scimmiotta paro paro una scena di “Rock N Roll Highschool”… avete presente quando Joey scende verso il pubblico in direzione di Riff Randall? I pezzi si susseguono senza pietà, e così io vorrei essere sedato, vorrei sniffare colla, vorrei aver qualcosa (altro) da fare… tutto tranne che assistere a questo scempio! Il pubblico, scimmiesco, invece è esaltato: urla, gode, da persino inizio al pogo (brrr). A fianco a me ho una ragazza che ancheggia estasiata, mi rassegno e rantolo sconfitto. Dall’altra parte, una ragazza con gli occhi lucidi. Non posso neanche concederle l’attenuante degli occhi irritati dal fumo causa legge Sirchia, ma scoprirò più tardi che pensando ai Ramones, quelli VERI, si è rattristata e commossa. In questo frangente emo osservo che ogni volta che Marky Ramone annuncia un pezzo nuovo interviene un roadie che gli porge un foglio enorme sotto al naso con scritto cosa dire. “Teenage Lobotomy”, essì.

Chissà come chissà dove il concerto ha termine, e accolgo la calata del sipario con sollievo. Non ha più senso domandarsi quanto sia lecito un concerto del genere, non ha nemmeno senso accanirsi sul Parrucchino Ramone e ricordare una precedente figura impietosa con i rottami Jerry Only e Dez Cadena, così riprendiamo a parlare di Mauro Repetto e dei suoi balli tarantolati nel video di “Nord Sud Ovest Est” O era “Sei un Mito”??? Scusate, ma io non ho nessun roadie che viene in aiuto delle mie cellule cerebrali sbriciolate con un foglio di istruzioni…

Apeman Hop!!
Simone Parato

 

VELVET REVOLVER
16 gennaio 2005 - M.E.N. Arena Manchester

Ora, io so che molti di voi considerano la band come un rifugio economico per ex grandi rocker (Slash, Duff, Matt) e altri come unico modo per un tentativo Weiland di tornare on stage… ma dopo lo spettacolo che i Velvet Revolver sono stati in grado di trasmettere nella MEN Arena di Manchester, devo assolutamente smentire tutti i criticoni e consigliare di non perdervi questa band.

Avevo già avuto l’onore di vedere la band la scorsa estate, come tanti altri slammisti, durante l’Indipendente, ma lo spettacolo di stasera ha superato dieci, venti, cento volte quella lontana notte d’estate!
I Velvet Revolver sono risultati molto più compatti, convinti e con un’irrefrenabile volontà di fare capire chi sono i veri king of “R’n’ F***ing R”; e lo hanno persino scritto sul palco, sul primo banner che la band ha scelto come scenografia. La band di supporto sono stati i Datsuns. Niente di speciale a dire la verità, ma apprezzabile livello di preparazione di tutti i musicisti e qualche canzone veramente catchy come le più famose “Harmonic Generator" e “Motherfucker From Hell”.

A ricordarci il significato di rock’n’roll vecchio stile e pronti per dare una tosta lezione a tutti i wanna-be presenti in Arena, sono tornati (per la seconda volta in quattro mesi!) i Velvet Revolver per portare un energico show presentato da cinque meravigliosi musicisti. Dopo un’ora di attesa dalla sparizione dei Datsuns, alle 21.45 circa, appaiono sul palco i tre ex-Guns N’Roses - Slash, Duff McKagan e Matt Sorum - raggiunti dall’ex-Stone Temple Pilots Scott Weiland. A completare la formazione Dave Kushner (Wasted Youth).
La classe del migliore rock and roll e’ palpabile persino nell’aria e tra l’audience si potevano scorgere cotonature, bandane leopardate, PVC e pantaloni in pelle per tutta l’Arena e magliette raffiguranti G’N’R e altri eroi del rock praticamente ovunque.

Sul palco invece, a far da padrone, erano esclusivamente giacche in pelle, pantaloni in pelle, stivali in pelle, cinture in pelle… e chi ne ha più ne metta! Weiland si e’ presentato nel suo nuovo e tipico look. Un elegante completo con gilet abbinato, immancabili occhiali da sole e distintivi cappello da poliziotto e megafono stretto in pugno.
Duff, instancabile, ha intrattenuto il pubblico in modo commovente ed esagerato: per qualche minuto, mentre deliziava l’ala destra dell’arena con i suoi riff, si e’ sporto verso l’ansiosa audience delle prime file cercando si accontentare assetati fan e ragazzine (sulla soglia della pazzia) con la grazia di un sorriso, un tocco, e perché no… un po’ del suo sudore!

La sezione musicale decisamente di ottimi livelli, sostenuta da un Matt Sorum in formissima e visibilmente compiaciuto del proprio show! Ed e’ stato proprio il pazzo batterista a saltare giù dal palco e buttarsi tra le prime file dell’arena, lasciando l’intera ala destra senza fiato per qualche secondo.
Il set buonissimo. Hanno aperto con “Sucker Train Blues” e a seguire sono state alcune hits dal debut album “Controband” come il nuovo singolo “Dirty Little Thing”, “Superhuman” e “Set Me Free”. Punti forti del concerto la trascinante “Big Machine”, la power ballad “Fall To Pieces” , “ You Got No Right” e una chisura in puro stile r’n’r con “Slither”.

Ma a dominare il ricordo dell’esibizione, probabilmente per la forte nota nostalgica (e la mia rabbia per non aver mai avuto la possibilità di vedere i Guns dal vivo!), sono state sicuramente le versioni delle tre super hit dei Guns N’Roses: una meravigliosa versione acustica di "Used to Love Her" che ha visto Slash, Duff e Matt in solitaria dominazione del palco! Una trascinante e indemoniata “Mr Brownstone” e “It's So Easy”. Weiland ha superato se stesso e, dopo aver visto il buon vecchio Axl un paio di anni fa, devo ammettere che Scott e’ fantastico e molto, mooolto meglio dell’ex Gunner, offrendo con un’esibizione e versione pelle-d’oca delle canzoni stesse.
Lo stesso frontman era in pieno possesso del pubblico e ancora una volta abbiamo potuto testimoniare il suo gioco di up-and-down: tutta l’audience si muoveva con lui seguendo con gesti e tono di voce le indicazione dell’irresistibile Scott.
Un piacevole tuffo nel passato anche con la riproposta di due super canzoni degli Stone Temple Pilots, due classici quali “Illegal I" e “Sex Type Thing".
Laura Delnevo

 

RAZZLE DAZZLE + HOLLYWOOD VAMPIRES
8 gennaio - Diapason Club Varese

Il 2005 è partito con un gran bel botto rock n roll…non solo l’8 gennaio è stata una bella data d’inizio per il popolo di Slam! in quel de “La Gabbia” ma lo è stato anche per i pochi rimasti nelle zone lombarde, che hanno potuto ammirare uno show davvero fuori da ogni cliché.
Invitato dalla mia amica Olivia a passare una serata in compagnia dei gruppi sopra citati, mi sono dato una mossa per riuscire a vedermi lo spettacolo che si presumeva interessante… beh, le aspettative non sono state tradite se non dall’acustica del luogo, molto scrausa vista l’eccessiva mancanza di spazio che ha limitato i nostri rockers a rockettare in uno spazio angusto e mal disposto.
Nonostante questo, lo show ha avuto inizio alle 23.15: i RAZZLE DAZZLE entrano in scena.

Il loro repertorio ruota essenzialmente sulle songs dei loro Ep, cercando di pubblicizzare un nuovo disco in uscita, pare, in questi giorni. Le canzoni, per chi non le avesse mai ascoltate, sono molto energiche e si rifanno al sound imperante a cavallo tra la fine degli eighties e l’inizio dei novanta.
L’energia irrompe nel club varesotto lasciando tutti di stucco per la buona disposizione della band. Il loro repertorio viene spezzato in quattro occasioni da cover di tutto rispetto, dando tributo a band quali BACKYARD BABIES, BEAUTIFUL CREATURES, ALICE COOPER e, solo in chiusura, anche ai mitici KISS.
Il frastuono causato dalla cattiva acustica del locale, mi fa ordinare un’altra birra per evitare di dar troppo peso ai timpani che si stanno sfasciando ma, mentre cado in preda a un’ansia che mi riporta indietro negli anni (merito della frenesia del singer Mr. Piggy) la vista di tre donzelle che si strusciano e si baciano davanti alla band, mi fanno ringalluzzire e mi fanno ricaricare le pile… il chitarrista, che mi ricorda un giovanissimo SLASH, è esaltato all’ennesima potenza e dà una certa dose di spettacolo che mi ricorda l’entusiasmo dei primi live dei TRIXTER mentre il bassista, una copia sbiadita di Val Kilmer, passa da fasi di trance (legato alle sue quattro corde) a fasi in cui sembra spaccare il mondo.

Il batterista non si ferma un attimo e, lasciando perdere due o tre gaffe sui tempi persi, non lo si può non lodare per la sua grande abilità e voglia di fare.
Tra sonorità legate ai vecchi SKID ROW e ai primi LILLIAN AXE, questi RZD mi esaltano in particolar modo e non li vedrei affatto male in qualche catalogo di un’etichetta indipendente!
Lo show finisce col delirio del pubblico ma la notizia che i Midnight Dinamite han bidonato l’evento, fanno fare qualche smorfia al piccolo pubblico presente.
Piccola pausa per lasciar spazio agli HOLLYWOOD VAMPIRES ma la stanchezza cala e a dover tornare verso casa incontrando un’ora e mezza di autostrada, mi fa levar le tende ma prego la mia carissima amica Olivia di tener duro e darmi man forte in questa recensione… le parole che seguono sono sue… a te Olivia!

Il gruppo che segue sono gli Hollywood Vampires, direttamente da Reggio Emilia. Non nascondo che a questo punto sono veramente devastata.
Mentre il nostro Mac è arrivato in macchina all’ora giusta, io sono arrivata in treno verso le nove, mi sono persa nei meandri di Varese, cercando questo Diapason che sembrava inghiottito nella notte e ho bivaccato con questi pazzi scatenati fino a che non è incominciata la serata. Non sembra ma sono esperienze che provano. Comunque è la prima volta che vedo suonare live i Vampires e devo dire che non deludono le aspettative. Nell’atmosfera euforica, alcoolica e divertente i Vampiri emiliani ci danno una scarica di rock’n’roll per tutti i gusti.

Pezzi tratti dal loro ep “Luv Criminals” si intrecciano con qualche pezzo in anteprima dal loro nuovo disco in uscita “4 Jack and 1 coke”. Come si è già detto prima il locale è piccolo, ma accoglie abbastanza bene i glamsters presenti colorati ed entusiasti che si accendono subito a sentitre le note di “Kickstart my heart”, una delle cover proposte dalla band. Tra pezzi loro, moderni e classici allo stesso tempo e, a cover di tutto rispetto come “Lay it down” dei RATT, “Treat me like a Dog” dei CRUE e “High Voltage” degli AC/DC il tempo vola via e sembra che si arrivi alla conclusione. Ma niente paura! L’assenza dei Midnite Dynamite non ferma il delirio che si sta creando. Infatti una gradita sorpresa coglie impreparato il pubblico: i NAUGHTY WHISPER salgono sul palco per una jam session coi Vampires e Mr. Piggy dei RZD chiudendo in bellezza una delle serate più interessanti di questo inizio d’anno.
Marco Paracchini e Olivia Balzar

 

CATHOUSE
18 Dicembre 2004 Keller Club - Bergamo

L’ evento si prospetta gustoso, i Cathouse presentano il loro EP “In pussy we trust” al Keller club, praticamente a casa loro. L’ atmosfera che respiriamo appena entrati nel club ci fa pensare al “Bob’s country bunker” dove Jake ed Elwood, i Blues Brothers avevano preso il posto dei Good ole boys. Il clima è molto redneck, tanti sono venuti dalla campagna e le grida che registriamo passano da “vai Gene Joint facci vedere un po’ di f**a” a “rock ‘n’ roll e forza Atalanta”. Un ubriachissimo, sceso da chissà quale valle, oltre a chiedere reiteratamente “Live wire” specificando che è “dei Motley Crue”, proferisce una regola che ci si imprime nella mente: “Vai col rock… che non sbagli mai”. Manca solo la rete metallica contro il lancio di bottiglie. Il locale è stipatissimo e la temperatura infernale.

Acclamati dal loro pubblico fanno la loro entrata i Cathouse. Gene Joint tirato a lucido, altro più di quattro metri fa paura, DD Cat armato di megafono annuncia l’inizio del party. “Fight to stay alive” “Look what the cat dragged in” e “Nightrain” aprono la strada a “From my heart” primo pezzo dal nuvo disco.
I Cathouse sono cambiati, non sono più quei cinque scalzi ignudi che mettevano insieme uno show discutibilissimo qualche anno fa, hanno lavorato sodo ed i risultati si vedono. Un paio di pezzi dei Poison ed è la volta di “Rock is all you need” altro brano originale niente male.

DD Cat non sarà Glenn Hughes ma ha un immagine perfetta e sul palco si dimostra ottimo frontman. Gli altri seguono a ruota, fumano centinaia di sigarette e scolano bottiglie di Jack Daniel’s a tutta manetta. A metà concerto Mark Bluesman si lancia in un assolo ben calibrato, pochi virtuosismi ma un ottimo gusto. C’anche spazio per un paio di ospti: Daniele Valvassori dei Liberty Express duetta con DD in “your mama won’t know” e Mc Nizzy degli Axe dà vita una versione insanguinata di "Animal (I fuck like a beast)". Lo spettacolo continua in perfetto stile Cathouse, ad una presentazione formale i ragazzi hanno preferito la formula del party e cosi’ tra cover e pezzi originali il tasso alcolico sale e si ha la sensazione che Curno per una strana deformazione spazio temporale si avvicini ad un Sunset Strip che ormai non esiste più. Sensazione che è allo stesso tempo merito e limite di questa band. “In pussy we trust”, come dargli torto?
Matteo Pinton

Foto by Laura Delnevo

 

Sebastian Bach + Lord Bishop
16-12-04 Mean Fiddler, London

Arrivo al Mean Fiddler di corsa e ad accogliermi una lunga fila nella fredda stradina oscura che affiance il locale che questa sera ospitera’ un indimenticabile icona rock: l’ex Skid Row Sebastian Bach.
Il piccolo locale nel cuore della capitale inglese e’ gremito di fan e ad assordarli con I primi potenti suoni rock’n’roll e’ un trio del tutto eccezionale: I Lord Bishop. L’eccentrico frontman si autodefinisce il re del ‘sex rock’ e I testi delle sue canzoni non smentiscono di certo questa affermazione.

Dopo le prime canzoni scioccanti, riesco a riprendermi finendo per apprezzare gli sforzi del trio new yorkese di sfornare hard music at high volumes come tutte le rispettabili rock band. A colpirmi positivamente e’ sicuramente il batterista Rodney Voodoo, che ha attaccato la batteria con una precisione incredibile e un ritmo incazzosissimo e potente. I pezzi da non dimenticare sono stati “War Stop The War” in cui il coinvolgimento del pubblico e’ stato d’obbligo e “Great Ass”, giusto per non smentire i punti di riferimento dello stesso Lord Bishop.
Laura Delnevo

“Youth gone wild?” …cosi Sebastian apostrofa il pubblico impaziente sulla base strumentale del medesimo pezzo. Appena la sagoma del front-man si staglia sul palco, un boato feroce lo accoglie in risposta. I suoi vocals eccezionali dominano il clamore e dopo la intro attaccano le note potenti di ‘Slave to the grind’. L’atmosfera e’ gia’ incandescente!
Il Mean Fiddler e’ al limite della capienza, molti sono venuti dal resto del Paese per assistere all’evento; fans che indossano t-shirts dello scorso tour degli Skid Row stasera salutano Bach come il corpo e l’anima degli Skid Row, una lezione di cui ogni band dovrebbe tenere conto: no front man? No band’s name!

Seguono ‘Piece of me’ e ‘Here I am’ accolte da un entusiasmo febbrile. L’energia e la presenza scenica di Sebastian e’ intaccata dal tempo. La sua capacita’ di interazione con il pubblico e’ genuina e accattivante. In uno di questi momenti ci ricorda che 10 anni di lontananza dalle scene in U.K. sono stati troppi… Ride di se’ stesso e della sua apparizione a Brodway nelle vesti di Jesus Christ! E la felicita’ che dice di provare per questo rientro sembra vera al 100%! Lui chiede, il pubblico gli risponde: ’18 and life’ e tutti cantano. L’atmosfera e’ altamente emotiva e corre elettrica dal palco al pubblico e vice versa.

A sostenere questo incredibile performer c’e una line-up di tutto rispetto: la chitarra di Ralph Santolla (Iced Earth) graffia e geme e appare evidente che Sebastian confida in questa collaborazione; tra I due l’intesa e’ perfetta. Dall’altro lato del palco gli accordi di Johnny Chromatic seguono ed accompagnano duri gli assoli di Santolla che predominano comunque incontrastati. Il suono e’ piu’ metal rispetto alla combinazione Snake-Scotti, ma niente stasera fa rimpiangere il passato, semmai lo riporta prepotentemente alla ribalta.
I pezzi mantengono una vitalita’ difficilmente uguagliata da altre bands in questi anni e l’esecuzione ha la compattezza che altri gruppi non hanno saputo raggiungere in una carriera… Nulla e’ datato o sorpassato! Energia allo stato puro…

Dopo ‘Frozen’ un Sebastian incazzato e sconvolto ci riporta alla realta’ ricordando Dimebag, parole rabbiose e potenti, attacca ‘Walk’ dei Pantera, una versione che non e’ solo un tributo ma un’esecuzione stilisticamente riuscitissima, pesante quanto basta, elettrica come un brivido. Si ripete la scena delle date precedenti del tour, da Madrid in poi… una sola voce acclama – "Darrell! Darrell!" - per minuti che sembrano interminabili. E ancora per D. Abbot, viene dedicata ‘I remember you’.

Non ci sono I momenti morbidi dell’esecuzione stile Skid Row, e’ chiaro che le rullate di Mark Prator (Iced Earth) e il basso di Steave Di Giorgio (Testament, Iced Earth) induriscono I passaggi, il risultato e’ piu’ metal e appare anche piu’ consono all’occasione. L’emozione corre a fiume, e’ il momento piu’ alto di tutto il concerto e le parole e la palese commozione di Sebastian e il resto della band sono toccanti.
Riparte a raffica con ‘Monkey businnes’ e tra le nuove ‘Always and never the same’ sembra la piu’ riuscita, carica e potente, accolta con clamore, per finire. Ma non ci lasciano aspettare a lungo, la folla si fa sentire prepotentemente, e al tuono di – "we want more!" - ritmato dai mille presenti, ritornano con ‘In a darkened room’ e gli acuti di questo singer d’eccezione ci fanno correre ancora una volta i brividi lungo la schiena. Ce lo chiede di nuovo, per concludere, sul ritmo martellante di batteria “Youth gone wild?” e per un minuto la sala in tumulto glielo urla in ritorno “Youth gone wild! Youth gone Wild!” un mantra in crescendo, finche’ attacca accompagnato da tutti I presenti, che saltano e cantano all’unisono per il granfinale.
La promessa e’ di tornare in U.K. per un festival in marzo, credo che nessuno di chi si trova qui stasera manchera’ all’appuntamento!
ScruffyNightmare

Foto by Laura Delnevo

 

DOGS D'AMOUR
11 Dicembre 2004, The Peel, Kingston – Inghilterra

E’ con trepidazione che aspettiamo di vedere Tyla & co. all’opera stasera. Questi Dogs non saranno nessuna delle formazioni tradizionali e le voci e speculazioni su chi sara’ sul palco continuano ad alternarsi… L’unica cosa che sappiamo sulla via di Kingston e’ che Alex Kane, precedentemente considerato l’ultimo nome papabile alla chitarra (prove con la band nei giorni precenti), non salira’ sul palco. E’uno dei passeggeri della mia auto e stiamo correndo a destinazione con forte ritardo! Il tour bus occupa interamente il posteggio del piccolo pub con sala concerti attigua, quindi ricerca frenetica di un posteggio impossibile nei dintorni.
Ormai e’ la nostra e’ una corsa contro il tempo, tacchi che risuonano come una diligenza nella suburbia deserta. Quando avvistiamo un’uscita laterale ci fiondiamo all’interno, in avanguardia io e Gorockit, calata nella capitale dalla tranquilla Preston per una notte di r’n’r’. Ci troviamo in un club con avventori attempati che dimostrano un certo entusiasmo al nostro -realiziamo subito- inaspettato arrivo! Alla nostra destra un palchetto con
stripper ormai nuda che ancheggia annoiata. Retromarcia, giro dell’isolato e finalmente la porta giusta! Questo incidente divertira’ Tyla…

Apre ‘What’s happenin’ here?’, appena cominciata quando entriamo nella sala gremita. Il pubblico, un muro compatto, e gia’ carico. Una vera impresa aprirsi un varco e riuscire ad arrivare front stage. La temperatura e’ rovente, e non solo per il numero sproporzionato di presenti rispetto alla capienza. Sono I fedelissimi che seguirebbero Tyla sulla luna se necessario. Riconosco la maggioranza di loro. La line-up e’ quella annunciata ufficilmente tempo fa e quindi: Tom Spencer (ex Yo’s Yo’s, chitarra), Danny McCormack (ex Wildhearts, basso), Billy Jo (batteria), Marc Stanway (Magnum, tastiere), Yella (backing vocals). Tyla appare nella forma migliore, e infila un cavallo di battaglia dietro l’altro, da ‘I don’t want you to go’ a ‘A drunk like me’ mantenendo l’almosfera vibrante, i suoi vocals inalterati dal tempo, lo stile inconfondibile, la freschezza dei Dogs prima maniera, l’esperienza di vecchia volpe, la maestria della sua chitarra che riesce a supplire gli angoli bui di questa formazione. Il piu’ doloroso, la performance niente piu’ che dignitosa di Tom Spencer, che non sa aggiungere nulla stilisticamente o artisticamente, ed e’ solo un’accompagnamento in sordina. Ma Tyla dopotutto “e’” i Dogs e domina istrionico e incontrastabile. A ‘Satellite kid’ riesce gia’ a fare cantare tutti, e l’energia corre inarrestabile. Il pubblico e’ una cosa sola, un’onda in crescita, un fiume in piena, una valanga. ‘Sometimes’, ‘Johnny Silver’, ed e’ delirio.

Si alternano classici come ‘Billy two rivers’ a pezzi piu’ recenti come ‘Get by’, ed escono piu’ riusciti, miracolosamente, ora che nel tour precedente con Jo Dog. La scaletta prosegue in crescendo, moshin’ di buona parte dei presenti a ‘Mr. Barfly’ che contina per il resto della gig. Tyla e’ il nostro eroe, e a sostenerlo c’e il suo pubblico osannante e dal palco una sezione ritmica riuscitissima nei panni di Danny McCormack in smagliante forma fisica e musicale, il meglio di se’, e come mai visto prima! Billy Jo e’ un completamento adeguato. Senza tregua e con un’ energia in crescendo, la musica incalza. A onor del vero bisogna dire che questa e’ solo la seconda data del tour, iniziato ieri. Per una formazione in rodaggio, tanto di cappello!
Sono questi I nuovi Dogs D’Amour? L’impressione e’ che Tyla stia pagando un tributo ai “suoi” Dogs e quindi a se’ stesso e che “the show must go on”… Ed e’ uno show accolto dai presenti come una vincita alla lotteria. Termina in crescendo con ‘What you do’ e il silenzio sembra irreale.

Ma dura poco, Li rivogliono fragorosamente, stupisce che I muri possano contenere questo tumulto e non esplodano.. Rieccoli! E ci regalano ‘Errol Flynn’, ‘How come it never rains’ e ‘Singin’ per salutare davvero questa volta un’ audience, che e’ piu’ che altro una comunita’, una folla di fedeli, adepti al culto dei Dogs, un coro ubriaco e felice conscio di aver vissuto un’altra ora e mezza memorabile.

Esteticamente molto sobri, freschi come al rientro da una vacanza in beauty farm, abbandonati gli eccessi, Tyla e Danny rigorosamente in black. Sorge spontanea la domanda: perche’ si sono portati di nuovo Yella sul palco? Forse per adornarsi di una presenza kitsch e dissonante che raffigurasse i momenti neri del passato? I suoi vocals irrilevanti non sono riusciti comunque ad aggiungere o togliere nulla allo spettacolo, e chiudendo gli occhi scompare, come un brutto sogno, aprendoli. Una punta di nostalgia al passato e’ inevitabile, la magia dei momenti d’oro per ricrearsi necessita in questa formazione del tocco di un chitarrista non facile da reperire se la presenza di Jo Dog o Darrell Bath e’ impossibile... Il groove di una chitarra pazzita, non “alla” Dogs D’Amour, ma di un “Cane” di razza. C’e’ nel cassetto la possibilita’ di un tour europeo alla fine di gennaio. Vediamo, se questo accadra’ che sorprese ci saranno sulla formazione: www.dogsdamour.com.
ScruffyNightmare

Foto by DEPLA

 

MARYSLIM + STP
2 Dicembre 2004 Milonga – Lipomo (Co)

Il “Milonga” di Lipomo, alle porte di Como, visto da fuori, sembra una balera/ristorante degli anni 70. Varcata la porta sovrastata da una insegnona al neon, scopriamo che non è affatto male, se si è disposti ad ignorare la colonna portante proprio al centro del fronte palco e la birra nei bicchieri di plastica. L’atomosfera è piacevole, il pubblico eterogeneo ma con la giusta attitudine. Scorgiamo subito una tavolata con Maryslim e Stp intenti a riempire la pancia. Fra i commensali svetta la capigliatura bicolore cotonata di Urrke T. il glammissimo bassista dei Maryslim.

Ci si fa incontro un sorridente Metius (frontman degli Stp n.d.a.) che, birra alla mano, ci racconta di quanti Cuba libre si sia scolato la sera precedente al party di “Rolling stone”. Indossa una tshirt dei torinesi Hollywood killerz ed è compiaciuto dalla simpatia degli svedesi Maryslim che hanno anche dimostrato una ammirevole cultura in campo rock ‘n’ roll.
Viene il momento di suonare, gli STP attaccano brutali con quattro pezzi da “troublemakers #1”: ”James Cagney” “Kick you out” “Lessons” e “Pyromaniac Mary”. I ragazzi sono nati come cover band dei Ramones e si vede: Punk rock energico e cazzuto.
Casey Cooper sputa come un lama e il Metius ancora sotto gli effetti del rum ingollato la sera prima dice “cazzo come siete belli stasera, cosa avete mangiato?”. Delirio o allucinazioni punk rock ?
Viene proposto qualche pezzo nuovo tra cui mi sento di segnalare “Hallo L.A.". Chiusura corale con pogo per due classici della band “Lazy Liza” e “(Gimme Gimme) STP”.

Pochi minuti e sono sul palco i Maryslim.
One, two, three, four e.. bum, salta l’ impianto. I Maryslim se la ridono, vanno al bar mentre i tecnici disperati corrono tra il palco e il mixer.
Il Metius con l’ennesima birra in mano mi si avvicina: “hai visto? Siamo stati noi, gli abbiamo tagliato i cavi...” scoppia a ridere e si allontana. Mi viene un dubbio… e se fosse vero ?
Ripristinato il suono i ragazzi svedesi salgono sul palco. Sorridono, imbracciano le chitarre e partono con due pezzi dall’ ultimo “split/vision”: “walk alone” e “all I want” poi, per par condicio, ecco due pezzi da “Maryslim”: “quite intoxicated” e “red room lover”.

Il suono dei Maryslim è 100% rock ‘n’ roll, nessuna contaminazione punk. Suonano pulito, il cantante Mats Olsson ha una voce potente e quando Urrle T. e Kent Axèn raddoppiano sui cori l’effetto è garantito.
La gig scorre via liscia, tra “B.t.l.”, “My time”, la lenta “We’re everything you” ed il finale di “Wanna be”.
Cosa dire ? Gli Stp ci sono parsi in gran spolvero, i Maryslim bravi anche se non ci hanno impressionati ed il Milonga, dopo averci fatto pagare due concerti, una pizza ed una birra 10 euro si è fatto perdonare la colonna proprio davanti al palco.
Zioteo

 

HOLLYWOOD KILLERZ
Infinity - Londra 14 Novembre 2004

Sono a Londra, sarà l'esterofilia da tipico italiano medio, ma tutto mi sembra sempre fighissimo: i negozi, i locali, la gente, la musica. Ok touchè, non proprio tutto, il cibo fa cagare, ma per il resto la capitale della terra di Albione mi sfagiola assai. Il tempo è bello, freddo ma moderatamente, la mia scricciolina sotto braccio e sto andando a vedere un concerto degli "Azzazzini di Hollywood".

Il mio senso dell'orientamento modello talpa ubriaca non mi impedisce di trovare l'Infinity, localino in quel di Soho. Fumoso, losco ed oscuro quanto basta, per questa sera, l'Infinity, ospita la trasferta Inglese dei Killerz. Il locale risulta pienotto, le facce di questi inglesozzi sono un po' smortine... Non sanno cosa li aspetta. Ecco che le luci si abbassano ed entrano in scena loro: i duri delle Vallette, la lunga ombra della "Mole" Antonelliana, i padrini della Motor City. Gli Hollywood Killerz!

Non sono qui per riportarvi la scaletta o farvi un resoconto di questo stupendo week end, non penso ne sarei capace lo giuro; non riuscirei a farvi una semplice cronaca poichè Kill Kill, Traxy e Snakey sono una fetta dei miei teen years. Storiche le mie bigiate a scuola il sabato mattina, 17-18 anni, perché sfatto da una nottata in trasferta a Milano per vederli in postacci tipo il Binario Zero.

Da quei giorni alcune cose son cambiate altre per niente. Una su tutte il carisma, un aggettivo che è sempre andato a braccetto con i Killerz: l'impossibilità di staccare lo sguardo da questi ragazzi mentre suonano; chiaramente anche i nuovi innesti Deadend e Simon (nuovi si fa per dire) continuano nella tradizione della band torinese.
Questi cinque sicari del rock'n'roll non si smentiscono ed anche questa volta suonano il loro set con quell'attitudine di chi si sta esibendo come se fosse la prima e l'ultima volta assieme. Sudati e furiosi si contorcono sul palco tra pose plastiche ed intrecci di cavi, lasciando poco spazio alle parole e tanto spazio alla musica. I pezzi girano che è un piacere e gli inglesozzi di fronte ai torinesi si risvegliano, sembrano piuttosto impressionati alla vista di un gruppo rock'n'roll che più che farci ci è!

Una serata rock'n'roll: per tanti forse non è molto, ma per me è tutto quello che serve per farmi sentire a casa, anche in un paese dove non esiste il bidet. Sono convinto che anche questa sera sul palco dell'Infinity è stato dimostrato che l'Italia non è solo spaghetti e mandolino.

PS: un ringraziamento speciale alla nostra Scraffy che ci ha condotti sani e salvi nel nostro peregrinare londinese.
Le$ter

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