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DEAR SUPERSTAR
"Heartless"
DEMOLITION/DR2 Records 2008

Avevo lasciato da parte questo album, per via del promo in mio possesso che, privo di dati e di un'artwork col volto di una donzella, mi aveva lasciato pensare all'ennesimo clone di Lacuna Coil e Nightwish... ma mi sbagliavo.
Il nome Dear Superstar infatti non mi suonava nuovo, e leggendo la biografia della band di Manchester sono finalmente riuscito ad unire i tasselli perchè avevo già sentito il loro nome per via dei tour in compagnia di Wednesday13, Hanoi Rocks e Bullet for my Valentine, di quest'ultimi, oltre al palco hanno condiviso il produttore Romesh Dodangoda e Jason 'Jay' James che presta la sua voce nel primo singolo "Live, Love, Lie".

Per definire il sound del secondo lavoro dei Dear Superstar, potrei dire che sono un mix tra hard rock e emo, un spartito composto da musicisti di Avenged Sevenfold, My Chemical Romance e Motley Crue, con buoni spunti nell'anthem d'apertura dal titolo "Brink Of Destruction", nella seguente "Brothers In Blood", in "Brothers In Blood" e in "Anytime Anyplace" che, anche se strizza un pò troppo l'occhio alle fan dei Tokyo Hotel, risulta ruffiana al punto giusto.
Ovviamente li preferisco nei momenti meno emo, ma un disco che potrà essere apprezzato dalle "nuove leve".
Moreno Lissoni

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WEDNESDAY 13
"BloodworkI"
DR2 Records 2008

Joseph Poole, in arte Wednesday 13, ex voce di Frankenstein Drag Queens From Planet 13, Murderdolls, dopo la parentesi country con i Bourbon Crow, torna a sfornare un'altro disco solista e, dopo il full-length “Skeletons”, uscito un'anetto fa, ecco che mi arriva tra la mani anche l'ep dal titolo “Bloodwork”.
Per chi conosce già il musicista di Charlotte, le mie parole saranno inutili, per chi invece ha ignorato l'uscita, posso dire che la release e' composta da 6 tracce, tra cui 2 inedite ("B-Movie Babylon" e "Return Of The Living Dead"), la stravagante cover di "Runnin’ Down A Dream" di TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS, la celebre "I Love To Say Fuck" e la rivisitazione acustica di "My Demise" e "Skeletons".
Moreno Lissoni

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RAIMUND BURKE
"Into My Arena"
Self Produced 2008

Chi mi conosce sa che non sono un amante di virtuosi, dischi strumentali e che solo in rari casi questi passano nel mio stereo, però devo ammettere che Into My Arena non è stato autospulso dal lettore dopo la prima canzone, perchè il bravo di Burke, oltre ad essere un ottimo chitarrista, ha avuto la capacità di suonare delle buone trame - ve lo dice una che si esalta con 3 power chords - lasciando da parte supertecnicismi per delle più orecchiabili armonizzazioni.
Burke non è proprio una nuova proposta, infatti fonda la sua prima band nel 1984 e smuove la scena hard rock di Amburgo che i suoi gruppi, i suoi dischi e giunge ai giorni nostri con un CD di 11 tracce di cui solo 2 cantate da Michael Keuter, ossia la teutonica "Don't You Know" e la rockeggiante "Wait For The Night".
Tra i pezzi, un gradino sopra gli altri mi sono sembrati l'opener "Beautiful Sin", la lenta "Rain Of My Heart", "Look Forward" e "Into My Arena", che faranno la gioia degli smanettoni che amano Richie Blackmore, Michael Schenker o Misha Calvin.

Moreno Lissoni

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CHELSEA SMILES
"Chelsea Smiles"
DEMOLITION/DR2 Records 2009

Per chi ha amato i punk rocker newyorkesi D-Generation saprà di sicuro che fine ha fatto il loro cantante Jesse Malin, che sembra essersi dimenticato dei dischi di Dead Boys e Ramones con cui è cresciuto, cosa che non ha fatto il chitarrista Todd Youth entrato nel gruppo ai tempi di "Through The Darkness", ma già conosciuto nella scena punk harcore per aver militato tra gli altri nei Danzig, Murphy's Law e ora on the road con i Chelsea Smiles dal 2004 insieme al batterista Karl Rosqvist, al bassista Johnny Martin e al nuovo ingresso, RJ Ronquillo che ha preso il posto di Christian Martucci (Dee Dee Ramone).

Non sono mai riuscito ad ascoltare l'ep "Nowhere Ride", ma grazie alla buona pubblicità del Metius degli Thee STP mi sono procurato, ed ho apprezzato "Thirty Six Hours Later", cosa che sto facendo anche con questa nuova release, con le sue 12 tracce di punk rock and roll dove rimangono pressochè inalterate le influenze che vanno dai New York Dolls agli MC5, dai Ramones agli Stooges e da tutti quei gruppi che Jesse Malin ha messo in un cartone e chiuso in soffitta.
Tra i pezzi risaltano "Take You Away", "On The Run", "Little Misfit", la cover dei Rolling Stones di "The Last Time" e c'è pure tempo per la ballata "Broken Lullabies", ma non spaventatevi, ce ne è solo una!
Moreno Lissoni

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JEFF SCOTT SOTO
'Beautiful Mess'
Frontiers Records 2009

Un drastico cambiamento di stile rispetto all'ultima produzione Lost in the Translation, un avvicinamento agli esordi da solista, ad un sound decisamente più pop, funky e addirittura a tratti R&B, ma sempre avendo nella melodia e nell' emozione per ogni singola nota caratteristica portante di ogni secondo di ascolto. Il valore aggiunto è sicuramente la sua voce capace di dare il giusto colore all'intero lavoro .

Dicevamo un allontanamento dal melodic rock più classico, arrangiamenti molto più pop, presenza di campionamenti, una evoluzione probabilmente dovuta anche alla collaborazione con Paulo Mendonca, musicista e produttore svedese che portano i poco più dei 50 minuti di questo cd in un contesto particolare che potrebbe fare acquisire nuovi fans all'artista e che potrebbe far discutere invece gli affezionati a sonorità più Talisman oriented.
Tra le canzoni a gusto del sottoscritto più azzeccate sicuramente "Cry Me a River" (pop/funky song intimista e carica di pathos), "Gin Tonic Sky" (melodia e interpretazione ai massimi livelli per un ulteriore momento pop), "Our Song" (a parte il campionamento di batteria secondo me discutibile, a livello di piglio un momento di ritorno ad un melodic rock contemporaneo con un ritornello immediato), "Wherever You Wanna Go" (ottima ballad con un chorus che scuote).

Beautiful Mess è quindi l'evoluzione di un artista alla continua ricerca di soluzioni melodiche di alto livello. In questo caso gli arrangiamenti virano su sonorità differenti che nel contesto non possono fare altro che incuriosire gli ascoltatori di ieri e di oggi.
Mauro Guarnieri

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SYBILLA
'Promo 2009'
Promo 2009

E chi mai avrebbe pensato che tra i monti sibillini, nell’entroterra marchigiano, si annidasse tanto talento rocchettaro? I Sybilla sono un quartetto di giovani musicisti, che ho avuto il piacere di vedere esibirsi come opening act di Bob Catley, in un set acustico di cui mi ha favorevolmente impressionato la brillante tenuta del palco, da consumati artisti. La curiosità di ascoltarli in un contesto sonoro più consono al loro stile abituale, alimentata dal dato di un loro recente e prolungato tour negli States, non poteva non indurmi a dare un’ascoltata al loro nuovo six-tracks ep, che mi accingo a recensire.

Il prodotto è davvero notevole, anche se di primo acchitto ha spiazzato le mie previsioni di trovarmi di fronte ad aspiranti cloni dei maggiori esponenti dell’hard rock a stelle e strisce. La piacevole sorpresa risiede in un estro compositivo fuori del comune, che genera brani difficilmente riconducibili in schemi musicali canonici. Ho già fatto sapere ai ragazzi che la loro “stravaganza” artistica (in senso positivo) mi ha vagamente ricordato la genialità di Robby Valentine, soprattutto in certi arrangiamenti corali che citano i Queen più sinfonici. Ma questo accostamento è comunque riduttivo, giacchè ciascun brano offre mille sfaccettature e richiami a generi musicali disparati. Peraltro la struttura dei brani, lungi dall’ essere convenzionale, è infarcita di continue aperture e variazioni melodiche, quasi che ciascuna canzone sia una sequenza di involucri musicali che, aprendosi, generano una virata verso diverse soluzioni stilistiche. Ciò già dall’ opener “Strychnine 2012”, brano dal gran “tiro”, in stile Von Groove, dove i ragazzi si concedono, tra continue evoluzioni sonore, persino un breve stacco di batteria.

Il suono, molto pulito, evidenzia bene ciascun singolo strumento. La successiva “My world in a tear” si apre con un cupo cantato, in stile the Cure, salvo poi improvvisamente evolversi in qualcosa di profondamente diverso e dal flavour molto sinfonico, in bilico tra il citato Robby Valentine e gli Stryper. “Day by day” è forse uno dei brani dalla struttura più omogenea, e rimanda ai Kiss del periodo di “Heaven’s on fire”. “Somebody to be with” è una power ballad che cita i Poison più ispirati, con qualcosa di non troppo lontano da “Ride the wind”. Anche la successiva “Like a fable” evoca commistioni sonore tra i citati Poison, ma con linee melodiche più AOR, alla Journey per intenderci, e i Cinderella di “Shelter me”. La conclusiva “Strangel” è invece un intrigante mix di sonorità sempre ottantiane ma più heavy, care a Wasp e Lizzy Borden, infarcite qua e là da tocchi progressive alla Crimson Glory. Ho cercato di essere estremamente succinto, ma in realtà va dato atto ai Sybilla che ciascun brano racchiude ciò che ho descritto e molto altro ancora, in rielaborazioni che denotano uno stile assolutamente innovativo. Particolare nota di merito al vocalist/keyboardist Dave, che pare peraltro dotato di buon carisma personale. Ma tutta la band si esprime con la giusta determinazione, sfornando un prodotto avvincente e mai scontato. Suppongo che il giovane quartetto sia in cerca di un contratto. Ignorare l’estro creativo di questi ragazzi sarebbe un errore madornale.
Alessandro Lilli

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KILLER KLOWN
"Gain"
Street Symphony Records 2009

Accostati a Guns N' Roses, Skid Row e Velvet Revolver, i KK sono a mio avviso uno dei migliori gruppi di settore usciti ultimamente dalla nostra penisola. Una volta tanto un'esordio discografico curato in tutti i dettagli, sia dai grandi suoni partoriti ai "Remaster Studio" di Vicenza e concepiti ai Thin Ice Studios di Londra, sia dal punto di vista grafico, con un design moderno ed accattivante.
Nella band fanno parte anche diverse "conoscenze" di SLAM!, a partire dall'ex batterista dei Dirty Dogz (gruppo prematuramente scomparso e con mio grosso dispiacere) Andy K, dal vocalist Gabriele Gozzi (Markonee), dal chitarrista Diablo (Arthemis, Power Quest) e dal bassista Nicoch, che ne escono tutti a testa alta grazie all'eccellente prova eseguita.

Sono le roboanti "Monster Idiot" e "Bloody Velvet" ad aprire la strada come un Tank spinto giù per l'Everest, la seguente "Tropical Disease" continua sulla stessa scia e si pone tra le migliori tracce del disco, mentre è con la successiva "Big Town" che gli accostamenti fatti in propaganda iniziano un pò a vacillare perchè più che Guns N' Roses, condedetemi il paragone, mi sembra di sentire una versione street metal dei Megadeth, stessa sensazione avvertita ascoltando "Gangster"... Di tutt'altra pasta invece è la power ballad "Broken Silence" che va direttamente a pescare nel repertorio - sano - dei Bon Jovi a dai suoi derivati (in questo caso potrei dire Silent Witness...).

Dopo la pausa semi romantica si ritorna a rockare con un'altro dei miei pezzi preferiti, "Too Bad", anche se ammetto che nel finale non mi sarei dilungato così tanto nel ripetere il coro e "Joker" che "accellera" in direzione Motley Crue. Da qui il CD ha una leggera flessione che si riprende prepotentemente con la conclusiva "Demolition Man", ma il giudizio finale è più che positivo, un disco di debutto sopra le righe che, pur non presentando innovazioni, ha il merito di suonare compatto e poco.. italiano!
Moreno Lissoni

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STICK IT OUT
'Stick It out'
Self Produced 2008

Con l'avvento di internet e delle connessioni veloci si sta perdendo un pò di 'romanticismo', ormai i gruppi e le etichette non ti mandano più a casa il caro vecchio CD con la bio e una bella foto in allegato, ma bensì velocizzano tempo e risparmiano denaro, inviando un link dove è possibile scaricare tutto ciò.
E' vero, è molto più comodo, ma continuo a fare una fatica boia ad abituarmici, perchè poi va a finire che rimangono in qualche cartella nel mio hard disk e ricompaiono solo quando arriva il momento delle pulizie di primavera.

Gli Stick It out fanno purtroppo parte di questa categoria, e dico purtroppo perchè mi sarebbe piaciuto sentire il CD nel mio stereo e non dalle casse da 15 Euro comprate da MediaWorld, ma questa è un'altra storia...
Nati a Roma nel 2005 dai due chitarristi Dave e Andy, che si sono accupati anche della produzione del disco, hanno già spinto il loro disco con un paio di video di buona fattura, e dopo l'ascolto di questo CD, mi sento di dire che la capitale ha partorito un'altra buona band.
Saltano subito all'occhio (e all'orecchio) il look e il sound che puo' ricordare i BACKYARD BAIES ("Marry The Swine"), ma sono diversi i nomi che si potrebbero fare per accostare la proposta sonora del gruppo, come Velvet Revolver/Guns N' Roses oppure Hardcore Superstar o Brides Of Destruction, con ottimi risultati raggiunti con la power ballad "Slippin' Away", nella violenza suadente di "Stop Teasin' Me" e nello scanzonato punk rock'n'roll di "You S.U.C.K.".
Buone anche "Sgt Lizzie" e le cover di "Jack The Bastard" dei Faster Pussycat e "Neat Neat Neat" dei Damned, l'unica cosa che non mi fa impazzire e' il vocalist Freddie quando va troppo alto, preferendolo su tonalità più basse e meno Rose-iane.
Moreno Lissoni

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LIZHARD
'Lizhard'
Perris Records 2008

Dopo aver avuto l’opportunità, negli ultimi mesi, di vedere onstage i milanesi Lizhard per ben due volte, prima di supporto alla occasionale “all star band” di Steve Saluto, e più recentemente ai White Lion, mi attendevo dal loro debut, finalmente in distribuzione dopo una iniziale “falsa partenza”, una conferma della buona impressione ricavata dalle loro live performances. Avevo già avuto l’occasione di esprimere personalmente al leader del gruppo, il garbato bassista Luca “Ze” Moroni, il mio istintivo accostamento ai Gotthard, sostanzialmente basato sull’impressione di un sound ben congegnato e ad ampio respiro, e soprattutto non affetto da ansia da prestazione, a vantaggio della godibilità della proposta musicale, matura e competente, ed in più impreziosita dalle brillanti doti vocali ed interpretative del frontman Luke Marsilio. Avevo però anche esternato alcune latenti perplessità, derivanti da performances non pienamente coinvolgenti per quel che mi riguarda, riconducendole in quella sede ad una non ottimale successione dei brani in scaletta.

Si trattava in quel momento di semplici suggestioni, che ora l’ascolto dell’album mi consente di focalizzare meglio. In sostanza, se proprio debbo trovare una pecca ad un album che complessivamente vanta un pregevole livello compositivo, quasi integralmente curato dal bassista Luca “Ze” Moroni, ed una produzione di lusso, affidata al prestigioso nome di Alessandro Del Vecchio, esso risiede nelle ritmiche fin troppo cadenzate che accompagnano anche brani dai propositi più dichiaratamente d’impatto, quali intendono essere “Rock n’roll is back”, “Let the good times roll” e “Bad to the bone”. Diciamo che forse anche questi brani, seppur compositivamente validi, avrebbero avuto bisogno di essere interpretati con una marcia in più, per avere una reale presa sull’ascoltatore. Il mio istintivo riferimento ai Gotthard, che intende rappresentare un termine di paragone molto lusinghiero, comincia ad apparire evidente solo a partire dal terzo brano in scaletta, seppur con le debite proporzioni. L’album è infarcito di ballads, se ne contano ben tre, che sebbene individualmente apprezzabili, concorrono a determinare per il debut dei Lizhard un flavour complessivo meno brillante di quanto sarebbe stato lecito attendersi, alla luce dello spessore artistico dei brani e della indiscussa abilità tecnica dei musicisti impegnati in questo progetto.

La band onora il suo passato di coverband attraverso la imprevedibile reinterpretazione della hit degli Eagles “Life in the fast lane”, in cui esprime una personalità che lascia comunque ben sperare per le successive release, che suggerirei però di affrontare con un pizzico di maggior grinta.
Si tratta in definitiva di un solido debutto, che evidenzia ulteriori margini di crescita sia a livello compositivo che soprattutto di determinazione esecutiva. La sostanza comunque c’è.
Alessandro Lilli

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CANNON
'Metal Style'
Metal Mayhem Music 2008

Arrivano da Hannover è hanno una lunga carriera alle spalle, partiti nel 1986, tra alti e bassi, sono arrivati ai giorni nostri con un nuovo album per la Metal Mayhem e un sound un pò distante dalle mie preferenze, infatti la band tedesca si collaca in quella fascia musicale occupata dai vari MANOWAR, ACCEPT, UDO, METAL CHURCH e compagnia borghiata.
Non mi dilungo oltre descrivendo ogni singola traccia, il genere lo avete inquadrato quindi, se siete tra quelli che indossano fieri ancora una sbiadita t-shirt dei Judas Priest o nascondete nel cassetto un poster di Joey DeMaio per non far fare pensieri strani ai vostri amici/ragazza, potrebbe essere un CD che potrebbe piacervi.
Moreno Lissoni

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PLACE VENDOME
'Streets Of Fire'
Frontiers records 2009

Secondo capitolo, seconda conferma. Streets Of Fire rappresenta la maturazione e la consacrazione dell'ambizioso progetto melodico voluto dalla Frontiers e affidato alla voce di Michael Kiske e in questo secondo capitolo al songwriting di autori appartenenti a Work of Art, Leverage, Primal Fear, Leverage solo per dirne alcuni.

La produzione impeccabile accompagna la voce velatamente malinconica, altamente espressiva e sicuramente fuori dal comune di un isipirato Kiske lungo tutti i 12 brani.
Melodic Rock spinto dalle chitarre sempre presenti del Pink Cream 69 Uwe Reitenauer e dalle atmosfere ariose delle tastiere di Gunter Werno (Vanden Plas) accompagnate da una sezione ritmica precisa, carica quando serve ma mai invadente di Dennis Ward e Kosta Zafiriou (sempre PC69).
 
Interpretazione, piglio e pathos che restano impressi dal primo ascolto rendono Streets of Fire essenziale per ogni fan del genere. Ogni singolo brano ha una propria e precisa storia, un giusto contesto ed il colore  dipinto dalle note ci trasporta lungo un viaggio dal quale non vorremmo tornare così come ogni ascolto fa scoprire sfumature prima non percepite.
Un ennesimo colpo messo a segno dalla Frontiers, un centro pieno nel bersaglio che sbalordirà nuovamente gli ascoltatori dell'Aor classica e che soddisferà anche chi ha bisogno di più distorsione per i propri timpani. Il classico che grazie ad innesti hard crea una nuova evoluzione per il genere. Chi pensa si sia già detto tutto si sbaglia, e si sbaglia di grosso.
Mauro Guarnieri

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MAIN STREET
'Back to The 80's'
Self produced 2008

Non e' mai facile giudicare/recensire il CD di una persona che si conosce, diventa ancora piu' difficile se si tratta di un collaboratore di Slam! specializzato in hard rock melodico e aor, come Mauro Guarnieri, ma provero' ad essere obbiettivo cercando di esprimere cio' che la band in cui suona mi ha trasmesso...
Nati nel 2003, ma con una formazione stabile dal 2006, sono entrati in studio lo scorso anno per registrare Back to the 80's, titolo che la dice lunga sul sound proposto dai nostri. I 5 ci regalano un prodotto professionale, sia dal punto di vista grafico che di suoni, molto curati e ovviamente, in linea con il loro background musicale.
Da un fan di Danger Danger e Firehouse come Mauro, non mi sarei aspettato di certo un album crossover e cosi', inserito il CD nel lettore ecco partire le note della title-track e tutto va come deve andare, hard rock melodico a stelle strisce che, per via della voce di Claudia Anelli, potrei paragonarli per convenienza a Nexx o Dante Fox per facilitarmi/vi le cose, ma i riferimenti vanno a pescare un pò in tutto il reportorio ottantiano che ha segnato il genere.

Dicendovi cosi', e' sottinteso che l'orignalita' non stà di casa, ma non per questo il prodotto risulta piatto, infatti sono diversi gli episodi che mi hanno piacevolmente colpito: dalla sbarazzina "Gypsy" (con un ottimo solo di chitarra), alla seguente "Made Of..." dalle reminescenze JOHNNY LIMA-iane, per proseguire con le yankee "Breed on the Verge of Extinction", "Where are you Now?" e la selvaggia (e' proprio il caso di dirlo), "Wild in the City".
Tra le 3 ballate presenti, quella che mi ha coinvolto maggiormente e' stata "Love Affair", un buon mix melodico di HEART e HAREM SCAREM, mentre non rientra tra le mie preferite uno dei pezzi più tirati e funambolici del CD, e cioè "Rebel Inside", ma cio' non cambia il mio giudizio - positivo - del cd.
Moreno Lissoni

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LAST AUTUMN'S DREAM
'Dreamcatcher'
Escape records 2009

Sesto disco per questo quartetto nordico capitanato dal fenomeno svedese Mikael Erlandsson alla voce, tastiere e alla gran parte della produzione dei 14 brani che compongono questo Dreamcatcher. Alla chitarra protagonista è l'ex Fair Warning Andy Maleck e alla sezione ritmica il corposo duo Talisman Marcel Jacob e Jamie Borger.
Sembra di ieri l'uscita del primo omonimo full lenght (2004) e probabilmente poche persone avrebbero scommesso sulla longevità del progetto, invece Mikael e soci, nonostante cambi di lineup, riescono in ogni record a portare avanti il discorso melodico con una qualità di arrangiamenti e linee armoniche che anche in questo Dreamcatcher sono più che ben marcate, portanti e mature.

Personalmente parlando ritengo che i LAD riescano a dare il meglio su brani del più classico repertorio Melodic Rock ("One By One", l'open track che cattura immediatemene per piglio e melodia con un ritornello nord europeo che mette in piena luce la bravura stilistica e tecnica di Erlandsson, "Hold On To My Heart", uptempo con un ottimo riff chitarristico che porta ad un ritornello classico che rende l'ascoltatore protagonista insieme ad Andy, "Frozen Flower", la mia preferita, perfetta nella struttura e nell'esplosione melodica del pre chorus che apre ad un refrain eccezionale, "Alarm", che fa capire che quando si deve fare sul serio i ragazzi non si tirano indietro, "Your Kind Of Loving", cavalcata uptempo molto interessante, "Who Needs Love", un momento malinconico che crea grande tensione emotiva,  "Me & You e When My Love Has left Your Heart" perfette per il finale) piuttosto che in ricerche più moderne ("Hello, Hello, Hello" e "Never Faraway").

In un  periodo dove le certezze barcollano, o meglio, dove si cerca di ritrovare un punto fermo sul quale ancorarsi, Dreamcatcher rappresenta una sicurezza di qualità nel panorama musicale e più precisamente nel mondo del Melodic Rock d'autore.
Mauro Guarnieri

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INNOCENT ROSIE
'Bad Habit Romance'
Swedmetal Records 2009

Qualche giorno fa mi è arrivata l'anteprima del cd di questi 4 svedesi in uscita il 18 febbraio, un promo privo informazioni, ma grazie a internet, sono riuscito a recuperare 2 righe biografiche: nascono alla fine del 2005 e con una vigorosa attivita' live che li ha portati fino al Whisky A Go Go e il video di "Knock Me Out" che è stato il piu' visto sul Myspace del loro paese.
Il primo approccio non è stato molto positivo perche' la prima impressione e' stata quella di ascoltare i figliocci dei Nasty Idols, ma dopo aver prestato piu' attenzione ai brani, devo dire che pur rimanendo negli schemi dell'hard rock stradaiolo anni 80, i buoni spunti non mancano, sebbene i meccanismi e le soluzioni sonore siano gia' state stracollaudate fino alla nausea.

Prendiamo ad esempio la traccia che apre il disco, "Bitter Cocktail", che si districa bene tra sonorita' street o la numero 3, "Animal", dove si fa il verso (in tutti i sensi) ai Velvet Revolver.
Con "Let A Memory Die" inizia a farsi largo quella che a mio avviso e' l'influenza predominante nel sound degli Innocent Rosie, ossia i Guns N' Roses, ma e' con brani come lo sguaiato sleaze di "Sextalkin" o in "Dont Drag Me Down" (qualcuno ha detto Great White?) che il gruppo pesca il jolly, 2 pezzi di canonico rock and roll da saloon identici a mille altri, ma con quel groove che proprio non riesci ad odiare.
Il tutto e' un po' trito e ritrito, ma ci piace così.
Moreno Lissoni

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PRETTY WILD
'All The Way'
Swedmetal Records 2009

"Kurt Cobain is gone but I'm back, Wearing leather pants and a backwards hat... I rocked and rolled, n' long hair is back " cantava Stevie Rachelle in "American Hair Band", una delle più riuscite parodie musicali che abbia mai sentito e così anche i Pretty Wild, con i loro pantaloni in pelle e capelli lunghi, ci ricordano che gli anni 80 stanno tornando in pompa magna.
Con All The Way potrei riscrivere le stesse parole usate per recensire il disco dei Crazy Lixx vista la derivazione sonora del lavoro e la sua collocazione geografica, e quindi rieccomi qui a ripetere un pò le stesse cose: hair metal ben suonato e che, nonostante la costante sensazione di deja vù, si fa ben ascoltare.

La produzione di Martin Sweet dei Crash Diet si sente parecchio, canzoni come "Time" non avrebbero sfigurato in The Unattractive Revolution, ma sopra a una spanna rispetto alle altre, sono secondo me l'hair metal di "All the Way", la radiofonica "Let The Good Times Roll" (riproposta sul finale in versione ballad), che racchiude in sè tutti i clichè dell'arena rock, tra DEF LEPPARD e SLAUGHTER e con la buona interpretazione del singer Ivan (Ivve) Höglund, già conosciuto per aver militato nei melodic rocker SHARP.
Non da meno anche "Take It Off", che fa tanto FIREHOUSE meets DANGER DANGER , così come "Dangerous", altro esempio di hair metal made in... Sweden!
Moreno Lissoni

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GASOLINE QUEEN
'Gas For The Underclass'
Self Produced 2009

Li avevo osannati nella recensione del precedente Ep ed ora sono qui a confermare le belle parole spese per questo gruppo svedese fuori con 4 nuovi pezzi racchiusi nel cd dal titolo Gas For The Underclass.
Coordinate stilistiche pressochè identiche, con un'hard rock molto legato alla tradizione, ma con quella vena 'stradaiola' che va molto di moda in questo periodo tra i cotonati rocker scandinavi, e così ecco che si comincia con "Down All Around" e "Young Man Burnin'", quest'ultima vicina al repertorio dei Babylon Bombs, si prosegue con la bella "Broke, Cursed & Damned" dove si rallenta il tiro e si da un pò di spazio a chitarre acustiche e melodia.
Chiude l'ep "Stalker" che sara' per la derivazione AC/DC-iana del pezzo, ma nel chourus per un istante mi ha ricordato i Babyruth (quelli di Mr. Right Hand Man).
Il 2009, musicalmente parlando inizia bene per le mie orecchie, speriamo continui così...
Moreno Lissoni

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AUTOMAN.CA
'Pocket Change'
uNKLEDUNk Records 2008

Darrel "DWaRf" Miller e' il batterista originale dei canadesi Killer Dwarfs (una versione canadese dei Ratt con diversi album all'attivo negli anno 80) e dei Laidlaw, gruppo di rock sudista con il cd d'esordio prodotto da Nikki Sixx.
Negli Automan.CA posa le bacchette per prendere il mano il microfono e concentrarsi su un roots rock dalle salde radici blues con i soliti nomi che spucano da dietro l'angolo: AC/DC, Rolling Stones e Aerosmith.
Pocket Change piace dall'infuocato hard blues di "Back In The Sun" fino alle ritmiche sculettanti della conclusiva "Drivin', Rockin', Lovin'", con picchi in "Dig In Deep", "Cinnamon Rain" e "Milldog Blues".
Gli Automan.CA quindi, non sono qui per cambiare il mercato musicale, ma per farci sentire dell'ottimo classic rock blueseggiante e se lo acquisterete, vedrete che non ve ne pentirete.
Moreno Lissoni

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AARON ZIMMER
'Live Wires'
Aaron W. Zimmer 2009

Per non tradire la tranquillita' delle feste natalizie, il primo album che mi e' capitato di recensire in questo 2009 e' Live Wires di Aaron Zimmer, cantante e songwriter del Nebraska da qualche anno operativo sul suolo di New York.
Prodotto da Christian Cassan (David Byrne, Passing Strange), Live Wires e' un classico album di pop rock americano sullo stile dei vari Gavin DeGraw e Daughtry, con 11 tracce che ben si sposano con la parte più catchy del mondo del rock.
Accompagnato da un press kit completo di CD interattivo, biglietto da visita e una brochure illustrativa, il lavoro risulta piu' che buono, grazie ad un'ottima produzione e alla riuscita di alcune canzoni: la coppia che apre il cd, "The Middle", "Sink Or Swim" o in alcune lente come nel caso di "Well Enough".
Disco leggero e piacevole.
Moreno Lissoni

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THE CARRY-ONS
'Is Anyone Listening?'
Stik Man Records 2008

Curioso che la promozione europea di un gruppo di Atlanta venga affidata ad un'agenzia cipriota, infatti fino ad ora ho ignorato sia la scena musicale dell'isola che questi The Carry-ons giunti al loro secondo lavoro, dopo un ep nel 2006. Non ho dati biografici su questa band americana, ma non mi ci vuole troppo per inquadrare Is Anyone Listening? come un album punk con delle forti dosi Ska e, anche se non sono molto competente in materia, posso dire che i 14 pezzi presenti non mi hanno affatto annoiato.
Non sto qui troppo a ricamarci, quindi, se e' un genere che vi piace e volete farvi un'idea di questo gruppo, controllate i Myspace del gruppo e dell'etichetta e dategli un'ascoltata, non si sa mai che anche su SLAM! ci sia qualcuno che non ascolti solo hair metal.
Moreno Lissoni

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TROUBLEK!D
'Identity Crisis'
Wanda Records 2008

Sono due fanciulle e un ragazzo a comporre questo gruppo tedesco uscito lo scorso ottobre con il loro esordio discografico dal titolo Identity Crisis. Alla maniera di gruppi come Distillers, producono un disco punk pronto per essere dato in pasto agli estimatori del genere.
12 le canzoni presenti tra cui "Only One Flavour" di TV Smith, una prestazione piu' che buona e anche se il CD non passera' alla storia per originalita', di sicuro rappresenta un ottimo punto di partenza per la carriera dei TroubleK!d.
Moreno Lissoni

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KLINEFELTER
'Do you…? '
Ep 2008

Anche se sono sulle scene dal 1999 non conoscevo questa band torinese, probabilmente a causa del loro background musicale composto da Nofx, System of a Down e Nirvana, ma non lasciatevi spaventare perche' Do you...? suona molto vintage, una miscela di rock, punk e Seventies.
Registrazione non impeccabile, ma alcune tracce ben riuscite, come la ballata "Forget".
Moreno Lissoni

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