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MASS
"Crack of Dawn"
Escape Records / Frontiers 2007

In tema di reunion quella bostoniani Mass è destinata ad essere in questo 2007 una delle meglio riuscite, grazie ad un album di ritorno davvero ben fatto e che ci dà la possibilità di riparlare di loro dopo tanti (troppi) anni...
Di loro infatti si erano perse le tracce dopo che nel 1988 la Enigma Records aveva pubblicato “Voices in the Night”, album che anche grazie alla produzione di Michael Sweet (Stryper) aveva raggiunto buoni livelli di vendita anche al di fuori degli States (conservo ancora gelosamente il suddetto vinile).

Avevo sentito riparlare di loro soltanto nel 2000 per l’uscita di un greatest hits, da allora le voci di un nuovo disco si sono fatte sempre più frequenti e finalmente eccoci a poter ascoltare un nuovo lavoro che prontamente la Escape non si è fatta scappare.
Crack of Down” riprende il discorso esattamente da dove era stato interrotto, anche se ovviamente le sonorità si sono adeguate ai tempi, regalandoci 12 pezzi di assoluto godimento per che ama il class-rock alla Firehouse/Trixter/Dokken.
Compito di aprire il nuovo cd spetta a “It’s You”, potenziale hit-single radiofonico, se soltanto le radio americane non fossero totalmente devote all’ultimo trend imperante.
Riff alla Firehouse dei tempi belli, mid tempo iper melodico e un Louis D’Augusta molto ispirato fanno del pezzo uno degli highlight del disco... grande.

La title track invece è dotata di un feeling molto seventies, quasi zeppeliniano con break centrale molto particolare, quasi “progressivo” nel suo incedere. Da segnalare assolutamente sono anche “Empty Soul” , che ricorda gli splendidi Lynch Mob del primo album, la iper-melodica “Hello” (molto “sunset”), la roboante “Magic Train”, con armonica e flavour sudista strisciante in cui la parte del Leone la fa Gene D’Itria, chitarrista dal gusto molto melodico e dotato allo stesso tempo di tecnica sopraffina.

Nella seconda parte del cd sicuramente da menzionare sono “Sweet Lady Jane” torrido Hard-Blues e “Leaving You” che ricorda i Dokken più classici. Curiosamente l’album pur essendo stato registrato tra il New Jersey e il Massachusets è stato mixato e masterizzato in Svezia da Martin Kronlund, già chitarrista di Dogface e Gipsy Rose che ha davvero fatto un ottimo lavoro, dando al cd un suono potente e curato allo stesso tempo.
Se tutte le reunion fossero come quella dei Mass…
Federico Martinelli

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SHAKRA
"Infected"
AFM Records 2007

Agli esordi della loro carriera, gli svizzeri Shakra vennero salutati come i nuovi Gotthard. Al sesto disco (DVD a parte), se la memoria non mi tradisce, ritengo di poter affermare che, nel complesso, non c’ è stata una significativa evoluzione nella proposta musicale del combo elvetico.

Premetto che la band ha sempre proposto albums al di sopra della sufficienza, a parte forse l’ultimo, deludente, Fall, senza però realizzare, fino a questo momento, dischi che potessero elevarli sensibilmente dalla massa. Dubito che questo Infected possa concretizzare i fieri propositi degli Shakra, ed assurgere a capitolo di cruciale svolta per la loro carriera. Il cd alterna spunti che richiamano la matrice più heavy dei Gotthard a sonorità che rievocano i Bonfire meno brillanti. Il tutto appesantito da arrangiamenti in chiave moderna, forse nella speranza di poter far presa anche tra un pubblico più giovane e metallaro.

Emblematica a tal proposito è la track “Inferno”, che pur senza sconfinare nel metal vero e proprio, è comunque contraddistinta da un riff decisamente pesante e non particolarmente memorabile, almeno per chi scrive. Detto questo, non mi sento comunque di stroncare senza attenuanti un album tutto sommato ben suonato e che, salvo rari casi, si lascia ascoltare (pur stancando, alla lunga, nella mia soggettiva valutazione…). Diciamo che non siamo di fronte ad una release esaltante, ma ad una “brutta copia” dei gruppi di riferimento citati, quantomeno sotto l’aspetto della qualità compositiva dei brani. Si distinguono “Make your day”, “Playing with fire”, “The one”, la lenta “Love will find a way”, “Vertigo”, mentre preferisco glissare sui pezzi cui andrebbe la palma della mediocrità…

Pur senza definirla una release negativa in assoluto, personalmente non credo che gli elvetici possano puntare su quest’ album come elemento distintivo in un panorama tornato ad essere decisamente sovraffollato. Spiacente ragazzi… maybe next time!
Alessandro Lilli

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PRESENCE
"Connection Thing"
Best Records 2007

E' qualche anno che sono in contatto con una simpaticissima ragazza finlandese di nome Marie che, occupandosi di booking (vedi Bastet in Finalndia...), di tanto in tanto mi tiene aggiornato sui nuovi gruppi del suo paese e talvolta mi spedisce qualche cd.
Questa volta tocca ai Presence capitanati dalla vocalist Mertsa che, coadiuvata dal chitarrista Junde e dalla sezione ritmica formata da Janmu e Kaitsu, mettono sul mercato il loro secondo prodotto, un mini CD di 5 pezzi dove mi risulta un po' difficile catalogarli musicalmente, anche se mi sembrano evidenti le influenze settantiane.
"Connection Thing" e "Trippin' on the Dark Side" tra le tracce che preferisco, se siete incuriositi, date un'"orecchiata" al loro sito o alla pagina di Myspace.
Moreno Lissoni

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KEVIN CHALFANT
"Cry for Fr33dom"
Clique Records 2007

Kevin è un ottimo singer dall’esperienza e dal curriculum incredibile. Lo possiamo ricordare nelle produzioni dei Two Fires, in quelle dei The Vu, in quelle dei The Storm... oltre che in un precedente album solista Running With the Wind.
In Cry for Fr33dom, Kevin rende omaggio ai Journey, e lo fa in un modo esemplare, con scelte di canzoni che vanno dal classico al meno conosciuto, in un omaggio sincero, sentito interpretato con emozione e con con quella energia che difficilente si sente in dischi “tributo”. Kevin ha una voce che ricorda molto Perry e che rappresenta oggi quello che ogni fan dei Journey vorrebbe ascoltare. Niente fronzoli, solo un grande talento e una interpretazione unici per canzoni che restano nel tempo, per dei classici che rappresentano il rock melodico nel suo insieme e che lo rendono vivo sempre e comunque.

Chi acquisterà questo cd prenderà due piccioni con una fava, infatti avrà la possibilità di ascoltare dei brani sempre attuali, unici e incredibilmente belli e in più assisterà all’interpretazione di una voce incredibile, di un Kevin Chalfant che è cresciuto con i Journey e che tramite i suoi lavori a sua volta ha fatto crescere svariati fans di rock melodico. Una voce come questa è forse ciò di cui i Journey effettivamente avrebbero bisogno...
Mauro Guarnieri

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TERRY ILOUS
"Here and gone"
Fyco Records 2007

Ritrovarmi tra le mani il promo del nuovo cd di Terry Ilous con tanto di dedica personalizzata è una bella soddisfazione, che denota lo spessore umano del personaggio. Terry ha cavalcato l’onda del rock americano come su un rollercoaster, tra vertiginose ascese e cadute altrettanto rovinose. Ha anche attraversato immani tragedie familiari che lo hanno portato a mettere in discussione il senso dell’esistenza stessa, ma ciononostante ha trovato la forza di rimettersi in piedi e di mantenere integra la propria disponibilità verso gli altri e verso la vita.
Il cd “Here and gone”, raccolta di brani rari della sua esperienza artistica passata e recente, rispecchia dunque la sincerità ed il talento vocale di questo cantante di origini franco/ispaniche. Come in ogni prodotto assemblato con materiale di epoche diverse, è inevitabile attendersi una certa eterogeneità di stili, che però, per contro, denota la grande versatilità dell’artista, ingiustamente relegato agli esordi nei panni di clone di Don Dokken, con l’appellativo, affettuoso ma sminuente, di “cucciolo”. Nel corso delle 18 tracce si spazia dal rock più sostenuto di “Ticket to hell”, di “Out in the cold” o di “Save me” (dove pare di ascoltare gli LA Guns dei giorni migliori) al tris di brani in stile pop/westcoast costituito da “Got to believe”, “Soul to soul” e “Unconditional”.

L’anima soul/blues di Terry emerge chiaramente in brani come “American woman” e soprattutto nella conclusiva “Silent night” (sì proprio quella, interpretata quasi in chiave gospel). Lo spazio riservato ai classici XYZ è sostanzialmente limitato a quattro brani: una versione live di “Maggie”, un inedito dal titolo “Can’t get over you” suonato dalla lineup originaria, e due rivisitazioni in chiave acustica di smash-hits del calibro di”Face down in the gutter” ed “Inside out”. La chiave di lettura del cd sta proprio nella considerazione che i brani introspettivi o d’atmosfera sono di gran lunga preponderanti rispetto ai rockers. C’ è perfino spazio per una cover di “Waiting for a girl like you” dei Foreigner. Altre divagazioni verso il codiddetto hard rock moderno sono l’ opener “Walk on water” e la title track “Here and gone”, per il resto si viaggia su toni molto pacati e quasi intimisti con brani come “Make me blind”, la suggestiva “The day I spoke to dog” e “The Road”, peraltro già ascoltata sul recente cd solista di Jeff.K. Northrup. Ultimo aspetto da evidenziare è proprio il sodalizio con Northrup, che appare sempre più solido, anche se il cd sciorina una lista di apporti strumentali da paura, fra cui spiccano nomi del calibro di Matt Bissonette, del compianto Randy Castillo, di Tony Franklin, di Jeff Pilson, di James Kottak di Sean McNabb e numerosi altri.

La cover molto cupa ed orientaleggiante e gli special thanks al suo insegnante di arti marziali lasciano supporre che Terry Ilous abbia cercato nel corso degli ultimi anni un equilibrio spirituale che oggi ha voluto esprimere attraverso quest’album.
Se vi aspettate di ascoltare le chitarre graffianti degli XYZ rimarrete delusi. Se invece volete un disco di canzoni scritte ed interpretate con il cuore, accomodatevi pure…
Alessandro Lilli

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HYSTERICA
"Demo"
Demo 2006

Ultimamente il mercato musicale sta rispolverando le all female heavy metal band, dai buoni successi delle Crucified Barbara alle giovanissime McQueen, il rock in gonnella sembra rivivere una seconda giovinezza dopo che le varie Vixen, Girlschool per un motivo o per l'altro, cedettero lo scettro alle nuove reginette.
Ora e' il turno di queste 6 svedesine consigliatemi dall'amico Aki e capitanate dalla frontman Sinderella, gia' sentita all'opera con i Sister Sin.

Due chitarre, basso, batteria e tastiere, un bel muro sonoro che si ispira ai vecchietti che hanno tenuta alta la bandiera del metal classico: JUDAS PRIEST, WASP, ACCEPT e DORO. Cinque le tracce presenti nel demo con l'aggiunta di "Heavy Metal Man", primo brano registrato dal gruppo e risalente al 2005. "Louder", "The Bitch Is Back", "Wild Child", tra i titoli, manca un po' di fantasia, ma buone le intenzioni... aspettiamole al varco del full length CD.
Moreno Lissoni

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DAVID READMAN
"David Readman"
Frontiers Records 2007

Il cantante di Pink Cream 69 con questo album da solista fa proprio sul serio e il tutto non lascia dubbio alcuno. Questo lo si ascolta immediatamente già dalla prima traccia del suo omonimo debutto. Prodotto da Dennis Ward (oltre che produttore, bassista dei Pink Cream 69) con la partecipazione di componenti di Vanden Plas, Silent Force, Takara, Elegy, PC69, per un totale di quasi 60 minuti e 12 songs, il cd rappresenta a pieno un gioiellino di melodic rock intertpretato con grande classe, stile e personalità.

La voce di David è potente, inconfondibile e sempre caratterizzante lo spirito e l’umore della canzone cantata. La produzione è di quelle che fanno la differenza e unite quindi alla qualità degli arrangiamenti e delle songs fanno di “David Readman” una scelta obbligata per la discografia hard/melodic rock.
Alcune delle songs che vale la pena menzionare: "Without You" (opening con un chorus mozzafiato e grande interpretazione, oltre ad una melodia che ti rimane da subito), "Evil Combination" (cadenzata e potente così come la voce di David), "Long Way To Heaven" (Melodic Rock all’ennesima potenza), "Prisoner of Shame" (ottimo esempio di hard melodic rock), "Love in Vain" (atmosfera, voce e orchestrazione che emozionano realmente).
David Readman con questo debutto convince a pieno sia dal punto di vista interpretativo che dal punto di vista compositivo e, ricordando solo in parte le produzioni dei Pink Cream 69, riesce a imprimere ad ogni canzone una propria personalità e un proprio gusto, così solo come i grandi e talentuosi artisti sanno fare.
Mauro Guarnieri

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EDEN’S CURSE
"Eden's Curse"
AFM Records

Progetto costruito a distanza, questo degli Eden’s Curse, formazione multinazionale creata dal sodalizio instaurato tra il bassista scozzese Paul Logue, già in opera con i Cry Havoc e l’esordiente vocalist statunitense Michael Eden. Dopo una lunga gestazione, il progetto prende forma con l’innesto nel gruppo di musicisti di esperienza, ossia il batterista Pete Newdeck, già in opera con Steve Grimmett dei gagliardi Lionsheart, (e protagonista di una delle più brillanti releases di fine anni ’90, quel Pinultimate inciso sotto il moniker The Shock), il sorprendente axeman tedesco Thorsten Koehne già membro dei Demon Drive ed attualmente nei Code of Perfection, e l’esperto tastierista Ferdy Doernberg, per gentile concessione di Axel Rudy Pell. Una serie di agganci importanti, primo fra tutti quello con Carsten Schulz degli Evidence One, che collabora alla stesura di vari brani, oltre ad offrire alla band una canzone, “Eyes of the world”, rimasta fuori dalla scaletta di “Tattooed heart” (ma stranamente più vicina allo stile dei Fair Warning che a quello dei Frontline…), offre un prezioso contributo alla causa degli Eden’s Curse. Determinante soprattutto la presenza in veste di produttore del fuoriclasse del mixer Dennis Ward, per una resa sonora tanto potente quanto pulita, dettagliata e ricca di sfumature. Per completare il quadro, un paio di comparsate di alto livello per i backing vocals, oltre allo stesso Carsten Schulz, rappresentate da Doogie White (Cornerstone, Malmsteen) e David Readman (vocalist ufficiale dei Pink Cream 69).

Ad onor del vero, la copertina dell’ album è un po’ fuorviante, e lascia supporre una release di power metal. In realtà ci troviamo di fronte ad un album di puro hard rock melodico, il cui primo accostamento possibile è con i “dispersi” Ten di The Robe. Effettivamente, il flavour generale dell’album rimanda un po’ all’ epoca di fine anni ’90, ed ai pionieristici tentativi di riportare in auge un genere melodico in bilico tra hard rock ed a.o.r., che all’ epoca versava sepolto sotto le macerie del terremoto grunge. Il sound è molto articolato ma compatto, al punto che riesce difficile individuare delle tracks di spicco. Continue sono le evoluzioni melodiche e le aperture pregne di enfasi, in cui trova ottimo innesto la cristallina voce di Michael Eden, il tutto è comunque ottimamente sottolineato dal brillante guitarworking di Thorsten Koehne. La produzione di Dennis Ward rende giustizia ad ogni singolo strumento, dunque risulta facile apprezzare anche le evoluzioni al basso (non dimentichiamo che Dennis è il bassista dei Pink Cream 69…) di Paul Logue. Curiosa annotazione finale: l’album si chiude con la cover di “We all die young”, già facente parte della colonna sonora del film Rockstar. Eden si diverte ad emulare l’immenso Mike Matjevic degli Steelheart e Thorsten tira la sei corde sullo stile di Zakk Wylde, tutto sommato con risultati direi lusinghieri…
Sicuramente un ottimo punto di partenza, che lascia intravedere un potenziale notevole da poter ulteriormente esprimere nei prossimi album. Già questa è comunque una release che fareste bene a non lasciarvi sfuggire.
Alessandro Lilli

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THE ORDER
"Metal Casino"
Dockyard 1 Records 2007

Avevo completamente ignorato il loro esordio discografico uscito lo scorso anno, pensando di trovarmi al cospetto del solito gruppo metal dalle contaminazioni NU Metal, ma dopo aver sentito "Metal Casino", penso che un'ascoltata gliela andro' a dare.
Per chi, come me, non conosceva nulla dei The Order, deve sapere che nascono dalle ceneri dei GURD grazie al chitarrista Bruno Spring, il quale recluta Andrej Abplanalp, Mauro Casciero e l'ex Pure Inc. Gianni Pontillo e da' alle stampe "Son Of Armageddon".

Non avendolo ascoltato, non riesco a fare un paragone con con la loro prima fatica discografica, quindi mi limito ad esporre le sensazioni che mi ha lasciato il nuovo album. L'intro "Welcome to the Metal Casino" fa da filtro alla prima traccia "Mama, I Love Rock'n'Roll", un poderoso hard rock che mi ha fatto ricordare i connazionali MUD SLICK, il disco prosegue bene o male sugli stessi standard, tra pezzi pezzi piu' heavy ed un paio di power ballad, il tutto infarcito da qualche riff AC/DC-iano.
Un 6.5 come voto non ci starebbe male...
Moreno Lissoni

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GREAT WHITE
"Back to the rhythm"
Frontiers Records 2007

L' ultima volta che ho visto i Great White è stato un disastro. Salgono sul palco e non li riconosco "oddio... è una truffa". Dopo qualche minuto mi rendo conto che il cicciottello ha la voce di Jack Russell e che il pelato è Mark Kendall mentre gli altri sono tre ragazzini che hanno mediamente quindici anni meno degli altri due. La solita minestra riscaldata, si sfrutta il nome, uno o al massimo due vecchi membri della band e gli altri vengono pagati per il tour. Russell mi sembra abbia la faccia impastata di crema e più tardi scopro una chicca imperdibile: i musicisti erano ospitati in un'area campeggio con a disposizione delle bocchette alle quali attaccare i fornelli a gas. Cosa aveva combinato il Jack? Dimenticandosi di aver aperto il rubinetto del gas qualche minuto prima, aveva pensato bene di accendersi una sigaretta: WOOOOOMM!

Con questi presupposti approcciarmi a "Back to the rhythm" a cuor leggero è stato difficile. I Great White invece sono riusciti a fregarmi: per festeggiare 25 anni di carriera hanno riunito la formazione originale ed hanno sfornato un disco che non è niente male. I tempi di "Hooked" o "Once bitten..." sono passati ma il disco si lascia ascoltare ed è un gradito ritorno per lo squalo bianco. Il vizio di sentirsi i Led Zeppelin non l' hanno perso, a volte giocano a fare i Rolling Stones e l'effetto non è male, ma è quando fanno i Great White che i risultati si fanno più apprezzare.
Matteo "ZioTeo" Pinton

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EVIDENCE ONE
"The Sky is the limit"
AFM Records / Audioglobe 2007

Gli Evidence One nascono all’inizio di questa decade essenzialmente come side-project di Bobby Boebel, mastermind dei class rockers teutonici Frontline, dando alle stampe l’eccellente “Criticize the truth” (in fase di riedizione ad opera dell’etichetta AFM). Dopo il sequel del 2004 “Tattoed heart”, cd interlocutorio e forse non all’altezza del debutto, recentemente la band tedesca si è riaffacciata sul mercato con l’ambizioso “The sky is the limit”, capitolo cruciale per le sorti del gruppo, che segna un deciso assestamento del sound in chiave heavy, pur senza perdere quella vena di melodia e classe che ha sempre contraddistinto il songwriting di Bobby Boebel. Da notare che l’elemento di punta della band ha preferito tirarsi in disparte, continuando comunque a reggere le fila della band in fase compositiva e di produzione, cedendo la scena al vocalist Carsten “Lizard” Schulz, altro personaggio dagli illustri trascorsi (in particolare per la sua militanza nei Domain) e consentendo l’ ufficializzazione in lineup del chitarrista Jorg “Warthy” Wartmann, sinora relegato ad un ruolo di supporto alla band in sede live.

Il cd ha un impatto sonoro notevole, che si manifesta già dall’avvincente opener “The sky is the limit”, e si innesta brillantemente nella migliore tradizione del power rock melodico made in Germany. Riferimenti musicali potrebbero ravvisarsi negli Accept e, per stare su bands più recenti, nei Jaded Heart o nei Pink Cream 69. Ovviamente dal sound della band traspare evidente l’ impronta musicale di Bobby Boebel, e quindi l’ influenza classy dei Frontline, in un contesto però decisamente irrobustito.

Ciò fa sì che il disco, pur essendo molto corposo grazie anche ad una sezione ritmica ben cadenzata, risulti gradevolissimo all’ascolto, in virtù della qualità compositiva che si attesta costantemente su livelli alquanto elevati (forse solo nel finale si avverte un certo calo, in particolare sugli ultimi due brani). Difficile dunque individuare degli highlights, anche se la titletrack ha certamente una marcia in più ed un “tiro” di rara intensità. Ma anche songs tipo “The luxury of losing hope” e “Can’ t fight the past” (fortemente vicine ai Frontline), “Won’t sleep alone” dal sapore Jaded Heart (“mark one”, quelli di M. Bormann, per intenderci), oppure la martellante “Propaganda”, e la dinamica “Gallery of broken glass” offrono un metal ben dosato che lascia ampiamente trasparire l’ispirazione e la capacità esecutiva dei musicisti, con una particolare menzione per la prestazione vocale di Carsten. Un lavoro grintoso, che sicuramente terrò presente a fine anno in sede di compilazione della mia toplist 2007, ed il cui acquisto è una priorità assoluta.
Alessandro Lilli

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CROW JAIL ALLEY
"Truth Sin And Believe"
Saojo Studios 2007


Connubio musicale efficace per i friulani Crow Jail Alley, che nel loro primo lavoro fondono il rock sudista con considerevoli dosi di grunge, da leggersi come Pearl Jam e Mother Love Bone.
La vecchia scuola che incontra la nuova e come filo conduttore i 70's, come dicevo un ibrido sonoro tra la musica di Seattle degli anni 90 e gruppi come Black Crowes o i sottovalutati Cry Of Love.

Sono cinque i colpi sparati in questo "Truth Sin And Believe", e vanno tutti vicino al bersaglio centrandolo con l'opener "Master Of Ceremonies" e con la lenta "Away".
Per ora le premesse sono più che buone, per cui non resta che attendere fiduciosi i passi futuri di questa nuova realtà nostrana.
Moreno Lissoni

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THE GYPSY SONS
"The Greatest Moment"
Kicking Big Ass Music 2007

"The Greatest Moment"... questo titolo mi ha fatto venire in mente il sito Bullz-eye.com che ha stilato una curiosa classifica dei "The Top 40 music moments in film history" dove al primo posto troviamo “Bohemian Rhapsody” dei Queen nel film Wayne’s World, se avete 2 minuti dategli un'occhiata perchè ci troverete numerose chicche con tanto di video... chiudo questa mia divagazione cinematografica/musicale per parlare dei The Gypsy Sons, gruppo che si autodefinisce "Southern Grunge Rock" e pubblicano il loro secondo disco ad un'anno di distanza dall'esordio omonimo.

Per fortuna (o per sfortuna, dipende dai punti di vista), le influenze di Seattle non e' che siano così massicce se non in "Muddy River", "Wrong Side Of TheTrax" e "Wash", e in questo caso la parola 'grunge' è da leggere come Stone Temple Pilots meets Lynyrd Skynyrd, due dei gruppi che sono tra le influenze principali del trio americano.
Tra le canzoni che preferisco cito l'opener "Magazine Lady", moccioso rock sudista che si ficca subito in testa; buona ed efficace anche la title-track, una ballata polverosa come il genere richiede e "Wine And Roses", brano non troppo originale, ma con una buona melodia.
Moreno Lissoni

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MIND INFECTION
"Demo"
Demo 2007

A volte ripensando ai pro e contro di SLAM!, la prima cosa che mi viene in mente pensando ai lati positivi e' senza alcun dubbio il fatto che in tutti questi anni ho conosciuto un sacco di gente. Figa. Alcuni di questi sono diventati anche i miei migliori amici, altri, pur sentendoli poco per motivi logistici, rimangono pur sempre delle persone... "speciali".
Tra quest'ultimi citerei Arsi J, un ragazzotto finlandese con cui scambiavo cassette quando "Smells Like Teen Spirit" capeggiava le classiche musicali del pianeta.

AJ, non solo mi teneva aggiornato sulla scena scandinava (ricordo che ai quei tempi internet era ancora in fase di rodaggio), ma saltuariamente scriveva interviste e report per la versione cartacea di SLAM!, facendomi conoscere gruppi come Crystal Extasy, Plastic Tears, ecc...
Dopo qualche anno di silenzio, me lo ritrovo prima su MySpace e ora nella cassetta della posta con il demo del suo gruppo, i Mind Infection. Poco glam o sleaze per il five-pieces di Lappeenranta, ma 2 tracce di hard rock che non brillano certo per originalita', ma sono un buon punto d'inizio.
Aspetto la release sulla lunga distanza per un giudizio piu' 'serio', ora posso solo fare un grosso in bocca al lupo al mio amico AJ!
Moreno Lissoni

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FREDERIKSEN / DENANDER
"Baptism By Fire"
Frontiers Records 2007

Negli ultimi anni, salvo sporadiche uscite, non sono stato troppo attento al mondo del rock adulto, genere che a mio avviso ha quasi finito le cartucce. Qualche gruppo ha giustamente spostato la mira verso sonorità più moderne, altri invece si ostinano a proporre le solite melodie, ma non sempre con risultati degni di nota, al contrario ci sono personaggi che il genere lo hanno creato e vissuto, rimamendo tutt'ora delle icone del genere, tra questi ci sono questi due musicisti: Dennis Frederiksen e Tommy Denander!

Il primo, conosciuto soprattutto per aver cantato su “Isolation” dei Toto e per aver prestato la sua voce a gruppi come Trillion, Le Roux e Mecca, senza contare le numerose collaborazioni, mentre il secondo e' una specie di prostituta dell'aor, infatti i suoi "servizi" non si contano più suonando le chitarre, tastiere e producendo un gran numero di lavori che ormai hanno il suo marchio di fabbrica: Radioactive, Prisoner, Rainmaker, Talk Of The Town, Sayit, Deacon Street, AOR, ecc... senza poi contare le apparizioni nei dischi di Paul Stanley, Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, Eddie Van Halen, Richard Marx, Desmond Child, ecc...
Basterebbe il curriculum dei 2 per comprare a scatola chiusa questo lavoro, ma se poi si conta che all'interno troviamo anche Jim Peterik come songwriter, Ricky Phillips, Michael Thompson, Steve Porcaro, Thomas Vikstrom e Jan Johansen tra gli ospiti, beh... per gli irriducibili fan del melodic rock l'acquisto diventa obbligatorio.
Moreno Lissoni

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ELEGANTLY WASTED
"Desolation Row"
Flaco Music 2007

Diversamente da quanto avviene di solito in questi casi, gli Elegantly Wasted hanno saggiamente scelto di lasciar passare un po' di tempo tra la pubblicazione del loro album di debutto datato 2003 e l'uscita di questo secondo lavoro intitolato “Desolation Row”.
Anni che sono serviti per maturare, macinare kilometri nei locali della California e in quale direzione musicale seguire, perche' tra le prime cose che saltano all'orecchio ascoltando il nuovo disco, e' appunto una bella sterzata verso suoni e arrangiamenti più moderni e duri che non sempre pero', hanno i miei consensi.

Gli Elegantly Wasted sono un gruppo dalle notevoli potenzialità, realizzano un cd bello, ma assolutamente privo di mordente, non è un problema di brutte canzoni, perche' "Sickhead", "Hollywood", "Let It Rain" o "Too Much Too Soon" giusto per citarne qualcuna, sono godibilissime, ma il resto rimane lì, di sottofondo, senza che una manina invisibile ti aiuti ad alzare il volume.
Attenzione, non sto stroncando il lavoro, ma solo una piccola critica per il cambio di sonorità, dal momento che "Greetings From A Strange Place" mi aveva lasciato ben sperare per il loro ritorno, resta il fatto che se amate gruppi come Velvet Revolver, Stone Temple Pilots, Blacklist Union, assimilerete senza problemi questo "Desolation Row".
Moreno Lissoni

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ROCKSTAR
"Dusk Till Dawn"
Costa Ovest Records 2007

"Dusk Till Dawn" e' il titolo che accompagna il debutto dei toscani RockStar, con quartier generale a Lucca. Nati nel 2006, da un'idea dei fratelli Richie e Doug J. Rock (chitarra e basso) a cui si aggiunsero in seguito Andrew Wall (chitarra), Johnny Brass (batteria) e Dyego Star (voce), hanno gia' avuto modo di farsi notare con una serie di concerti nella loro regione e aprendo per la data italiana di Enuff Z'Nuff e Faster Pussycat.

Il mini CD, e' per cosi' dire il trionfo dei cliché, hard rock anni 80 dal retrogusto stradaiolo, con look e idee che sembrano essere partorite in quell'era. I 5 pezzi sono comunque ben suonati e strutturati, mostrano dei musicisti validi che peccano solo di un po' di... personalita'.
L'inizio di "To Be a Monster", giusto per fare un esempio, mi sembra una rilettura di "KickStart My Heart" dei Motley Crue, e bene o male tutte le 5 composizioni non brillano di certo per originalita', con richiami a gruppi come Swedish Erotica e compagnia cotonata, fattore che indubbiamente non scoraggera' gli abituali fruitori di queste sonorità.
Moreno Lissoni

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LOS FUOCOS
"Revolution"
GoDown Records 2007

Finché c’è rock’n’roll c’è speranza. Soprattutto c’è speranza per il rock’n’roll finchè verranno fuori gruppi così, quello che si dice amore al primo ascolto. I Losfuocos, oltre ad avere il nome più storpiato della storia musicale nostrana, sono tre e il loro disco d’esordio”Revolution” è uno dei più interessanti che mi siano passati per le orecchie. Chiunque non si collochi nella cerchia degli estimatori più o meno fanatici di Hellacopters, Gluecifer e compagnia cantante, nonché dei loro predecessori e seguaci lasci pure perdere, anche se sarebbe una divagazione sicuramente meritevole di attenzione. 11 brani che ti esplodono dentro, giovani ma con un sound già definito. Il primo nome che mi viene in mente appena penso a chi poter accostare la loro idea di musica è, tanto per non sbagliarsi, zio Nicke Andersson, da cui si attinge a piene mani a livello chitarrisitco-compositivo (cosa che, per la sottoscritta, non può che essere un punto a favore), si respira molta atmosfera di “High Visibility”, basti prendere “Revolution”.

La caratteristica di saper coniugare un sound di buona fattura con melodie e ritornelli che si appiccicano a ventosa nelle cellule cerebrali non è poca cosa di questi tempi. “Great raid dreaming” o “Rely on me” sono esplicative a riguardo, pur palesando i gruppi da cui derivano le loro influenze non ne sono un semplice clone. Ottima la cover di “Day tripper”. L’ultima volta che avevo sentito una versione di questo pezzo erano i Type O Negative… il risultato è, evidentemente, diverso ma non di minore impatto, quando i Beatles si affacciano al nuovo millennio. Chiude “The rock empire”, con la partecipazione straordinaria di Lu Silver degli Small Jackets.
Si può e si deve migliorare e rifinire, rinvigorire anche qua e là, ma quando si parte con un feeling e una passione così forti, non si può che essere già ad un ottimo punto.
Tenere d’occhio, please e possibilmente fare un salto se vi capita a tiro un loro live, ne vale la pena.
Claudia Schiavone

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NEWMAN
"Primitive Soul"
Chrome dome 2007

"Primitive Soul", il nuovo progetto di Steve Newman, si presenta con l’arduo compito di succedere degnamente allo splendido precedente album "Heaven Knows", entrato a pieno titolo nella personale top-five 2006 di chi scrive, ed unanimemente incensato dalla critica come uno degli highlights dello scorso anno in ambito aor/hr melodico. Sorprende ed incuriosisce, in quest’ottica, l’interruzione del lungo sodalizio con la Escape, giacchè la nuova release risulta essere una produzione indipendente, anche se comunque realizzata nei ben attrezzati Blue Room studios, di proprietà dello stesso Steve.

Rispetto al precedessore, forse più vario musicalmente ma anche eterogeneo sul piano stilistico, al punto di consentire raffronti con sonorità già proposte da altri musicisti, Primitive Soul evidenzia un peculiare trademark sonoro che ribadisce, se mai ce ne fosse stato bisogno, la personalità e lo spessore artistico del grande polistrumentista britannico. Siamo di fronte a composizioni di indubbia qualità, che sicuramente tendono ad essere alquanto omogenee stilisticamente, ma che non mostrano cedimenti e palesano un gusto musicale di caratura superiore, che si apprezza sempre di più, ascolto dopo ascolto. Sotto l’aspetto esecutivo, Primitive Soul non sfugge al consueto modus operandi di Steve, che ha curato quasi integralmente in prima persona anche questo progetto, continuando peraltro a stupire per le brillanti doti di vocalist, e che si è limitato ad avvalersi del consueto apporto alla batteria di Rob McEwen, nonché di una manciata di comparsate di pregio.

A tal proposito, mi piace pensare di aver fornito un infinitesimale apporto a quest’album, avendo auspicato in una mia passata intervista a Steve, pubblicata su questo sito, una collaborazione con Tommy Denander, che si è effettivamente concretizzata nel duetto di chitarre incluso sul brano “Cold day in hell”. All’epoca, in separata sede e dietro sua richiesta, passai a Steve l’indirizzo email di mr. Denander… Tornando al cd, direi che i brani più memorabili possono individuarsi nella trascinante “Last flight” (anche se l’intro è toccante, ed il testo è tutt’altro che scanzonato…), nella intrigante “Midnight revolution” e nella ritmata titletrack, mentre forse l’opener “Heading for your heart” non riesce ad eguagliare per intensità ed impatto emotivo gli analoghi pezzi d’apertura dei cd precedenti di Newman. Merita un’ulteriore menzione la sfavillante “Give it all you got”, mentre dal poker di brani d’atmosfera presenti sul disco citerei la delicata “Rapture”, una spanna sopra gli altri. Se quest’anno Primitive Soul non dovesse figurare nelle mie polls, sarà solo per lasciare posto agli scalpitanti Wildkard (ex Kick) sul cui Megalomania, comunque, Steve figura come additional musician.
L’album resta in ogni caso un “must-have” per tutti gli appassionati del genere.
Alessandro Lilli

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MAMMOTH
"Leftovers, Relics & Rarities"
Angel Air 2007

Dopo aver dato alle stampe "Ace" dei Desperado (super band formata Dee Snider, Bernie Torme', Marc Russel e Clive Burr), la label inglese Angel Air mette sul mercato questo "Leftovers Relics And Rarities" dei Mammoth, band anglosassone che vede nella sua line-up gente assai nota nel panorama NWOBHM, come John McCoy (Gillan, Samson, True Brits, Joey Belladonna e recentemente sentito nel progetto GMT con Bernie Tormé e Robin Guy) e Nicky Moore (Samson, True Brits).

Dopo lo split della band di Gillan nel 1982, il bassista John McCoy recluto' il batterista Vinnie Reed, il chitarrista Mac Baker e il vocalist Nicky Moore per il suo progetto solista inizialmente denominato Dinosaur, ma ben presto cambiarono monicker per via di un'omonima band blues californiana. Diventarono cosi' 'Mammoth', nome che rappresentava molto bene il loro aspetto fisico... e se ricordo bene (ma potrei dire una cazzata), usavano salire sul palco usando dei mini Marshall che si contrapponevano alla loro stazza.
Chi li ha sempre seguiti si stara' fregando le mani dal momento che "Leftovers, Relics & Rarities" contiene ben 17 tracce inedite, a chi invece non li conosce consiglio di iniziare con la compilation "The Collection" o "XXXL".
Moreno Lissoni

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JUTTA WEINHOLD
"Best Icebreaker"
Zounds Music 2007

Sono sincero, non ho mai cagato Zed Yago, nonostante sia un nome piu' che noto nel panorama hard & heavy continentale. Perche' vi parlo degli Zed Yago? Semplice, perche' Jutta Weinholds non e' altro che la storica voce della band tedesca.
A dirla tutta, la carriera della vocalist inizia negli anni 70 con la sua presenza in alcuni musical e con il primo album ("Coming") datato 1976! Tra carriera solista, Zed Yago e altri progetti come i Velvet Viper e' arrivata ad oggi a collezionare un massiccio numero di brani, dove i piu' rappresentatitivi sono stati inseriti in "Icebreaker", una sorta di best of edito dalla Zounds Music.

La prima parte del lavoro comprende pezzi del periodo Velvet Viper, in cui si fa notare la lenta "Rain" eseguita insieme al tastierista Klaus Henatsch ed e' un'altra ballata pianistica che mi riscalda il cuore, la cover di "Love In Vain", originariamente scritta da Robert Johnson, bluesman diventato famoso per la leggenda che ruota intorno a lui, secondo la quale si dice abbia stretto un patto col Diavolo per suonare la chitarra. Leggenda nata dal fatto che vari musicisti che sapevano che non era bravo con la chitarra, si stupirono quando torno' ad un anno di distanza dalla morte della moglie, di una bravura eccezionale.
Quasi 80 i minuti che compongono la release, dove troviamo pezzi live e alcune tracce inedite come "Mädchen", "All the people" e un'alternanza di pezzi piu' heavy ed altri dal sapore malinconico.
Moreno Lissoni

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