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BLACK HALOS
"Alive without control"
People Like You - 2006

Avevo già deciso che questo disco sarebbe stata una figata ancora prima che il gruppo entrasse in studio, ma come cantavano i Ramones…I just need something to believe in” (più o meno come i Poison bwawawa). Il Basetta (presidente del partito brianzoli sprovvisti di mobilificio) dice che non è “Violent Years”, ma entrambi in coro concordiamo “Chi se ne fotte!”.

Un disco che vive di una dicotomia che lo fa viaggiare su di un binario immaginario al confine tra merda e cioccolato, non tanto come indicazioni intrinseche di qualità quanto come stati mentali; questa la carta vincente di questa band: sono veri e fanno le cose col cuore, mettendo nella musica tutte le sfaccettature della loro personalità.

Ottima la prova dei nuovi arrivati Adam Becvare (chitarra) e Dennys Mcknight (basso) già parte integrante e fondamentale della band, Billy Hopeless si riconferma il figlio putativo del Bators migliore mentre Millet suona ispirato dai migliori tra i cattivi maestri. Un disco ancora una volta per chi nella musica cerca l’anima e non solo manierismo.
Le$ter

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FAIR WARNING
"Brother's Keeper"
Frontiers Records – 2006

Dagli inizi degli anni novanta sino ad oggi, la carriera dei membri dei F.W. si è alzata e si è abbassata come il grafico delle vendite del tabacco. Ogni anno portavano a casa premi e menzioni (dal Giappone/nda) ma, anno dopo anno, le carriere parallele ne facevano anche percepire un lento ma certo affondamento creativo.
Costole dei progetti ZENO e DREAMTIDE (per Helge Engelke, chitarrista/nda) e fondatori dei SOUL DOCTOR (per ciò che concerne la strategia sfortunata di Tommy Heart, voce/nda) i F.W. tornano oggi sul mercato tutti insieme per un come-back tanto voluto quanto, all'apparenza, impraticabile.
E invece, grazie alla nostra Frontiers, i tedeschi rockettari sono tornati più in forma che mai.
Parlo della parte spirituale e fisica dei singoli componenti. Per ciò che concerne il materiale fonografico presente nell'album sono rimasto un pò perplesso.

Come accadde per i TEN, lungimiranti rockettari che si ammuffirono sulle loro stesse ripetizoni musicali, anche i non più giovani rockers d'oltralpe, cadono barbaramente nei soliti clichè. Pur ammirandoli per le loro capacità tecniche e musicali, con questo nuovo album trovo che non regalino proprio nulla di nuovo ripetendo, anzi, canzoni che sembrano sempre le stesse dal 1994 ad oggi. Ammetto che, in taluni brani, andavo ad accertarmi che non fossero brani del loro passato, coverizzati! Mi sbagliavo, sono tutti pezzi originali.

Le 13 canzoni contengono anche la bonus track europea (ma cos'è, uno scherzo?/nda) a titolo "Still I believe" che, a parer mio, è l'unica fonte di luce in questo luogo di atmosfere crepuscolari... in senso lato.
Helge e Tommy hanno fatto pace e sono ripartiti da zero, in tutti i sensi, per ridare ai fans un album fortemente voluto e richiesto a gran voce. Hard Rock melodico di pregevole fattura ma ripetitivo all'ennesima potenza. Anche per i fans accaniti (a scapito di incomprensioni, io sono fra quelli/nda) diventa un pò difficile digerire il piatto offerto dalla band germanica. Forse, e dico forse, non sarebbe stato male mischiare i tanti volti delle singole persone presenti per fare un album che contenesse un pò di Fair Warning, un pò di Zeno, un pò di Dreamtide e anche un pò dei SoulDoctor... almeno nella varietà l'acoltatore avrebbe trovato più emozioni.
Consiglio l'ascolto preventivo.
Marco Paracchini

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MARKONEE
"Spirit Of Radio"
Sonic Robots - 2006

Dopo una lunga gestazione arrivano finalmente al traguardo dell’album i bolognesi Markonee, con un album che riporta l’ascoltatore indietro di 15-20 anni e lo fa piombare in un’arena stracolma di hair metaller; infatti la musica proposta è un hair metal di stampo ottantiano che più ottantiano non si può, suonato con una perizia tecnica e una passione difficilmente riscontrabili in altri gruppi del genere, anche più blasonati; infatti la ricerca quasi maniacale della perfezione sia musicale che nei cori rende il prodotto un must per gli amanti del rock a stelle e strisce.

Il disco in questione è lunghissimo (75 minuti) ma la durata non si fa sentire, anche perché si viene catapultati in un viaggio che comincia con l’intro "Algoritmo" e si snoda per 17 killer songs che darebbero del filo da torcere ai mostri sacri del genere; tutto il platter è un concept sulla vita del grande Guglielmo Marconi e racconta delle peripezie del nostro geniale connazionale attraverso le note di della scanzonata "Colors" o della aor oriented "Loved land" con la chitarra di Stefano Peresson in grande spolvero che macina riff su riff e che cuce melodie insieme all’altra sei corde di Carlo Bevilacqua e alla massiccia sezione ritmica de bassista Diego Quarantotto e dei due batteristi che si sono alternati dietro le pelli cioè Lara Tarantini (ora nei padrini del glitter punk Landslide Ladies) e Davide Carletti.

C’è spazio anche per una song un po’ anomala per i canoni del gruppo tipo "I Don't Remember Well" con il suo incedere oscuro che trasmette la tensione del geniale inventore durante i suoi studi sulle onde sonore, ma subito dopo si ritorna a rockkare alla grande con "Discovery" che segna la svolta nella vita di Marconi e il giro di boa anche nel platter del quintetto bolognese. E’ impossibile citare tutte le canzoni perché rischierei di tediare il lettore ma permettetemi di citare altri highlights come "Modern Time Clokwork" con dei cori che ti si stampano nel cervello e non vanno più via oppure "I Know That You Know That He Know" con un coro che i Ratt non faranno mai più!C’è spazio anche per la ballata strappalacrime che farà rigare il viso a più di una personaQuesto disco è la conferma che l’Italia non è il terzo mondo del rock per un certo tipo di sonorità, anzi con "Spirit Of Radio" possiamo proprio dire che l’America ce l’abbiamo in casa!
Alvise Sclisizzi

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WASTE PIPES
"Let Blood Boil"
Self produced 2006

Nati nel 2003 i Waste Pipes arrivano con questo “Let Blood Boil” al loro terzo prodotto, che si va ad aggiungere al demo dal titolo "Work In Progress" (dove era presente anche la cover di "Welcome To The Jungle" dei Guns N' Roses) e a "Begin To Grow", il primo album del gruppo di Rivoli (TO).
Dopo i soliti cambi di line-up, che caratterizzano la storia di un pò tutte le band giovani, il quintetto piemontese trova la formazione definitiva con Boe alla batteria, Chris alla voce, Guarro e Kina alle chitarre e Lava al basso e propongono un classico hard rock dalle forti tinte blueseggianti.

Coadiuvati da Valerio Giambelli degli Statuto, escono con un disco di 5 pezzi ben registrati e dal sapore Seventies, nulla di nuovo sotto il sole, ma un nuovo gruppo nostrano da tenere d'occhio.
Pezzo preferito "A Little Piece Of You", ma a dir la verità, tutte le tracce di "Let Blood Boil" si mantengono su una media più che buona. Se avete voglia di un album onesto, semplice e diretto, provate a richiere il CD sul loro sito.
Moreno Lissoni

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DESPERADO
"Ace"
Angel Air – 2006

Ammetto di essere rimasto abbastanza spiazzato quando ho saputo dell’uscita di questo disco su Angel Air Records, soprattutto perché avevo letto essere di un disco di inediti per la superband formata da Dee Snider (Voce), Bernie Tormè (Chitarra), Clive Burr (Drums) e Marc Russell (Bass) e della quale possedevo un cd datato 1996.
Finalmente ho l’occasione di avere in mano il cd e di capire esattamente di cosa si tratta… ma prima un po’ di storia… torniamo infatti al 1989 quando Dee Snider, storica voce dei Twisted Sister, decide di mettere in piedi un progetto solista e comincia a scrivere diverse canzoni e decide di fare delle audizioni per scegliere la band con cui registrarle... la scelta del chitarrista cade su Bernie Tormè, che Snider aveva apprezzato per il suo lavoro nel disco dei Mammoth, la band messa in cui mlitavano John Mc Coy e Nicky Moore e in cui Tormè suonava buona parte delle chitarre.

La sezione ritmica venne scelta successivamente, con Clive Burr (Iron Maiden) alla batteria e Marc Russell al basso (la prima scelta fu Neil Murray a quell’epoca troppo impegnato per far parte del progetto).
Con questa line-up la band registra il disco che nel 1989 è pronto per essere pubblicato quando il ciclone grunge travolge anche i Desperado... la loro label, la Elektra si rifiuta di pubblicare il disco ritenendolo non adatto al momento e la band è costretta a sciogliersi ricevendo in eredità diversi debiti che l’etichetta si rifiuta di saldare… un bel casino insomma.
E arriviamo ad oggi, quando finalmente il disco viene pubblicato dall’Angel Air Records, etichetta specializzata in bands britanniche che finalmente ci da la possibilità di ascoltare un lavoro che avrebbe meritato ben altra esposizione…
“Hang’Em High” apre il cd con un’armonica molto bluesy e il buon Dee nelle vesti di cantastorie del profondo sud, salvo poi esplodere in un clamoroso Hard Rock che profuma di Tesla lontano un miglio con un Bernie Tormè sugli scudi.

Ed è proprio il chitarrista irlandese a regalarci una prova maiuscola per tutta la durata del disco, da “Gone Bad” alla lunga “Heart is a Lonely Hunter” in cui emerge la parte più “britannica” della band, richiamando alla mente alcune cose dei Black Sabbath periodo Tony Martin.
“Calling For You” è una semi-ballad con una prestazione di tutto rispetto di un Dee Snider molto ispirato e che per certi versi non ha mai cantato bene come in questo disco.
Tornando al discorso fatto all’inizio c’è da dire che nel 1996 uscì il disco a nome Desperado intitolato “Blooded, but Unbowed” per una fantomatica Detroyer Records... sappiate che si tratta di un bootleg vero e proprio dell’album di cui stiamo parlando, con una copertina diversa, un artwork limitato e spartano e una qualità sonora leggermente inferiore… motivo per il quale vi consiglio di comprare la versione qui recensita... non ve ne pentirete... e si fotta il grunge che ci ha tolto band di questo calibro..
Federico Martinelli

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myspace.com/whitestarr
 

WHITESTARR
"Luv Machine"
Cotango Records – 2006

Un amico mi raccontava di questa nuova band che sta mettendo a ferro e fuoco il sud California, diceva: "Saranno grandi!!! Credimi!!!
Il mio amico aveva dannatamente ragione!!
I Whitestarr sono un gruppo di navigati e tanlentuosi hippy che la sanno lunga: mangiano, sputano e sanguinano Rock’n’Roll!
Dopo un paio di EPs danno alle stampe questo “Luv Machine” e state certi che non sarete delusi se amate Faces, Rolling Stones, Black Crowes, Led Zeppelin e il buon vecchio Soul. Si... Soul!!
Non aspettatevi altro che cuore ed anima da questo CD; sfido chiunque a tener fermo il piedino ascoltando pezzi come “Luv Machine", "Sunshine Girl", "She's so Sly" e "Sex on the Dancefloor".

Dall’iniziale "Gimme' a Light" alla dolce chiusura di "Marie" l’album è un concentrato di ritmo e ottimo songwriting:
ascoltate la funkeggiante "Use me" che riporta alla mente l’indimenticabile Marc Bolan ed i suoi T.Rex (e se impazzirete per il wah wah di questo pezzo andate subito a recuperare “Speak On It” dei Blue Noise!); lasciate che la soffice e dolce "Shine" vi avvolga e vi tenga caldi; provate a non canticchiare la strana "Vampire" sotto la doccia... "I need a Fix to fix this... She's vampire...", Ohhhhhhh Yeah!!; ascoltate "The King" e capirete perchè i Whitestarr sono dei re!!!
Se questo non vi basta per avvicinarvi ai Whitestarr allora sappiate che le vocals di Cisco sono profonde quanto il suo talento; che il guitar playing di Rainbow è dannatamente caldo (ricorda lo strabiliante Marc Ford); che il basso di Damon sembra pompare sangue nelle tue vene; che il ritmo di Alex vi farà ancheggiare come dei 15enni ecchecazzo!!! Quante altre bands conoscete che annoverano un ballerino tra i componenti?? I Whitestarr hanno Tony!!

Dalle ceneri dei seminali Backbone69 (R.I.P Chris, ci manchi) Damon e Alex (figlio di Roy Orbison) raggiungono Cisco e Rainbow per suonare il Rock’n’roll, quindi muovete il vostro culo e recuperate questo “Luv Machine” e se li vedete passare vicino casa vostra non perdete tempo a chiedervi se val la pena andarli a vedere: i loro live show sembra siano spettacolari!!!
Federico “Sleazy” Bruno

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KEVIN K
"Rock and Roll Dinamite"
Full Breach Kicks – 2006

È tardi, come al solito troppo tardi, ed io devo fare ancora troppe cose. La birra è finita anche questa sera, a dire la verità forse ce n’è ancora, ma non ho voglia di alzare le chiappe e andare in cucina per scoprirlo, una stecca di Rothmans regalate da un amico sbuca dalla mia borsa e mentre tiro una boccata penso che siano le peggiori cicche di contrabbando che ho mai fumato, il sentore di merda è molto più che un vago retrogusto.

Vi starete chiedendo perché questo quadretto casalingo, quando vi aspettate di leggere del nuovo album di Kevin… Semplice perchè Kevin non ha bisogno di essere presentato da un coglione come il sottoscritto, Kevin è sulla scena da sempre sulla scia di Johnny Thunders (suo amico intimo) di cui è fedele accolito e devoto Kevin incrocia boogie, country, blues ad una attitudine stradaiola genuina e infila anche bella cover di Iggy “Death Trip”. 2 o 3 dischi l’anno, 300 date su 365 giorni, fanno di Kevin una piccola grande leggenda underground.

Kevin ha il RnR letteralmente tatuato su ogni poro delle sue braccia, Kevin è la zuffa tra gatti nel più buio dei vicoli, Kevin è il ronzio delle insegne al neon dei peep club, Kevin è uno a cui la vita non ha concesso nulla di più che un bel gancio dritto sul muso.
Kevin è Rock and Roll Dynamite!
Le$ter

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MEAN BLUE DAYS
"Mean Blue Days - EP"
Martino Hroncich 2005

Prodotti dall'ex Trixter Steve Brown, i Mean Blue Days ci offrono un mini Cd di 6 pezzi all'inzegna del power pop o NU Breed tanto in voga in questi ultimi anni sul'altra costa dell'Atlantico con ingredienti sonori che rimandano direttamente ai 40ft Ringo.
La coppia di song che apre il lavoro ("First Time In My Life" e "40 Days") non avrebbe affatto sfigurato infatti nell'album di quest'ultimi, due belle canzoni che fanno salire le quotazioni di questo Ep che si mantiene su ottimi livelli anche grazie a song come il pop rock di "2nd Avenue" e "Devil's Chain" che mi ricorda il periodo "Rubber" degli Harem Scarem.
C'è poco altro da aggiungere, un gruppo partito subito col piede giusto e che, se continua in questa direzione, ha tutte le carte in regola per attirare l'attenzione degli estimatori del genere.
Moreno Lissoni

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www.mtm-music.com
 

VENGEANCE
"Back in the ring"
MTM MUSIC/Frontiers Records – 2006

Chi mai pensava che i Vengeance sarebbero tornati sul mercato?
Personalmente, da uno dei pochi fan italiani, ci speravo ma, dopo il flop di "Back from flight 19", vicino a sonorità cupe e moderniste degli anni novanta, temevo il peggio e pensavo si fosse tutto spento quando anche Arjen Lucassen disse che i Vengeance erano e sarebbero stati solo un ricordo, un bel ricordo.
Leon Gowie, vocalist e fondatore del gruppo, non ha mai pensato alla stessa cosa. Da quasi 22 anni la band olandese muove i suoi passi con all'attivo sei albums più due "best of" e oggi pare non volersi arrendere al passare del tempo.

Per volere di Leon e dell'amico Michael Voss (Casanova, Bonfire), che qui veste i panni di produttore, compositore e corista, l'album dei nuovi Vengeance è diventato invece una realtà! Il loro "ritorno nel ring" è più che mai benvenuto. Ottime sonorità hard rock collegabili a cult bands come KROKUS e GOTTHARD, sono le fondamenta del come-back.
Purtroppo la line-up ha risentito pesantemente di cambiamenti e, nell'arco di questi ultimi venti anni, mai alcun disco è uscito con la stessa formazione (vi ricordo che anche il fondatore Leon Gowie fu bistrattato e sostituito da Ian Parry/nda). Quindi anche il disco in questione ha tra le sue file solo il leader ed il bassista che, in realtà, muove i suoi passi all'interno della band da soli nove anni (quindi anche nel periodo meno interessante e meno prolifico della band!/nda).

Michael Voss ha cercato di lanciare così un nome importante della scena hard rock europea e ha chiamato vicino a sè importanti nomi del business musicale. Paul Sabu e Mat Sinner fanno infatti parte dei compositori ufficiali di questo album e ne si notano le loro influenze sin dalle prime note delle canzoni "Mind Over Matter" (per Mat) e "Now and Then" (per Sabu) che, per inciso, rimane l'unica traccia dal sapore della decade degli anni ottanta.
Riffoni al fulmicotone, lontani comunque dalle brillanti idee dei dischi del periodo '87/'89, e accompagnamenti ritmici belli pesanti, portano avanti per ben 11 tracce, il nuovo modo di raccontare il rock duro di Leon Gowie che, come sempre, si presenta come uno dei migliori cantanti hard&heavy della storia.

Personalmente trovo l'album non molto brillante ma le canzoni riescono a differirsi l'una dall'altra e l'energia non manca affatto. Trovo quindi che sia una bella occasione per scaricarsi dallo stress quotidiano, inserendo il loro album nello stereo e alzando il volume a "manetta"! Bentornati nel Ring!
Marco Paracchini

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SUPERGROUPIES
"Supergroupies"
Cargo Records – 2006

Un’altra band che mi è piaciuta da subito e da subito sembra aver conquistato il cuore di molti di voi. Vengono dalla Svezia recentemente sono venuti a Torino in occasione del Days of the Dead. In sede di recensione la nostra carta stampata nazionale li ha ingiustamente strapazzati, volendo trovare a tutti i costi assurdi riferimenti con i Vain, con i Pretty Boy Floyd e più in generale con la scena Glam metal anni ottanta quando questa band ha un imprimitur inequivocabilmente settantiano.

Polemiche a parte, freschi questo è l’aggettivo che trovo più calzante per i Supergroupies: party rock scanzonato a pronta presa ed una stupenda affermazione di personalità. Aggiornare al presente sonorità tipiche dell’inizio degli anni settanta? Si può fare! Prodotti da Kee Marcelo (bleah!), esattamente a metà strada tra The Scholl Girls e Robin Black, i Supergroupies strizzano l’occhio al passato con i piedi ben piantati nel presente per una proposta avvicinabile anche da chi non si è mai relazionato con la nostra nicchia.

Beats di batteria prestati dalla Glitter band convivono con calde chitarre crunch, linee vocali ammicanti e viziose sembrano un bellissimo incrocio tra Alan Merrill, il Bowie più lezioso ed una cheerleader con le vampate; momenti più intimi, momenti più sentiti, una sprizzatina di Brit pop anni novanta (gli Suede più ispirati ed i Pulp meno commerciali), tanta passione e piccole citazioni tutte da scoprire.

Vi siete stufati dell’ennesimo gruppo con i chitarroni alla Supersuckers, la batteria secchissima e la voce roca compressa in stile schiacciassi? Fate a cazzotti con i patetici revaival (The Darkness, Ark etc.) che più che valorizzare le loro influenze si limitano ad una fastidiosa parodia questo è il gruppo che stavate aspettando.
Cover: “Come one Come all” dei Madam X (basta è troppo mi sto pisciando addosso).
Le$ter

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SUPERHUMAN
"Taste It"
Sound Division Studios 2006

Non avrei mai pensato che questo gruppo conosciuto per la news che circolava che li voleva come band spalla di Billy Idol in alcune date nell'Europa dell'est, provenisse dalla Lettonia!!
Si, avete capito bene, la Lettonia, terra anticamente abitatata da popoli nomadi dediti alla pesca e alla caccia, e difinita la Svizzera del Baltico. Sinceramente non so come sia la scena Rock N Roll da quelle parti, ma se tutti i gruppi sono di questo livello, forse è il caso di smettere di guardare oltre Oceano e prestare più attenzione verso oriente.

Di giovane nascita (2004), i SuperHuman presentano un sound fatto di massicci riff chitarristici combinati con delle buone melodie e un tocco moderno dato anche dal produttore Greg Haver (Lost Prophets, Manic Street Preachers, Breed 77), un prodotto professionale sotto tutti i punti di vista e una band pronta per entrare a far parte del 'giro grosso'.
Solamente 4 le canzoni presenti, si passa dalle atmosfere cupe e heavy di "Voices" e "Lose You", alla valida power ballad "Alone" per giungere all'hard rock dal taglio moderno di "Fake".
Una prova di tutto rispetto per questi 4 ragazzi, ora non ci resta che aspettare il full lentgh CD.
Moreno Lissoni

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SCOMUNICA
"La lentissima fine del mondo"
Pull Music / Self Distribuzione 2005

Nella terra di confine tra il Piemonte e la Lombardia, quasi dodici anni fa, Moreno DelSignore fondò una band hard rock live che divenne, nel giro di pochi anni, un vero e proprio punto d'incontro per artisti, fans e mestieranti del settore che sfociò successivamente nel gigantesco "Movimento Scomunica" che portò sui palchi d'Italia, diverse band rock emergenti.

Gli anni sono passati e, orfani di diversi strumentisti che calcarono il palco con Moreno (vedi i due fondatori dei WINE SPIRIT, nati dalle costole degli SCOMUNICA /ndr), il progetto musicale non si è mai fermato e, nell'inverno scorso, è uscito sul mercato nazionale il loro nuovo full-lenght composto da 11 tracce di spirituale rock sanguigno, in lingua italiana.

La proposta coraggiosa vede protagonisti nuovi membri (Tommy Fiamminghi - CH, Antonio Gianpaolo - BS e Fabio Zandi - BT) ma con Moreno sempre sopra agli scudi con la sua prorompente voce che ripropone, anche se in chiave italianizzata, una sorta di mix tra Robert Plant e Tony Harnell (TNT). Tuttavia le composizioni sembrano non dimenticare neanche spunti nazionali ove, se l'orecchio ancora non m'ingannna, appaiono piuttosto chiare le influenze del compianto Lucio Battisti.
A differenza del primo disco del 1995, lo spazio al rock più diretto è meno presente e si sente l'influenza della saggezza maturata con l'età rappresentata da brani più intimisti e meno allegri ma, la voglia di dare sempre buoni messaggi attraverso la musica, non è cambiata affatto e lo si può notare attraverso l'ascolto delle sempre splendide parole scritte dal singer fondatore.

Gli undici brani si lasciano ascoltare piacevolmente ma alle volte manca proprio la marcia in più che aumenti il coinvolgimento emotivo dell'ascoltatore. Privo quindi di spinte graffianti, l'album, si apre e si chiude con una buona produzione alle spalle che però, a tratti, smorza le chitarre dure e precise di Tommy. Buone le prove di "Anime diverse", "La lentissima fine del mondo" e "Una stella" che esprimono al meglio le qualità canore di Moreno e riassumono in pieno le capacità dei singoli strumentisti.

In attesa di vederli nuovamente dal vivo (fossi in Voi non me li perderei... le cover dei Led Zeppelin e dei White Snake sono i loro punti forti/ndr), Vi consiglio di dare un'occhiata al loro sito e di correre al più presto a vedere una loro live-session.
Marco Paracchini

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www.nydolls.org
roadrunnerrecords.com
 

NEW YORK DOLLS
"One Day It Will Please Us To Remember Even This"
Roadrunner Records 2006

Le New York Dolls risalgono in cattedra: il terzo lavoro in studio dopo 32 anni di silenzio da “Too much too soon”. David Johansen, Sylvain Sylvain (non ci dovrebbe essere bisogno di presentazioni), coadiuvati da Sam Yaffa al basso (Hanoi Rocks, Jetboy, Mad Juana, Johnny Thunders, Joan Jett…), Steve Conte (The Contes, Willy De Ville, Peter Wolf, Billy Squier…) alla chitarra solista, Brian Koonin (Buster Poindexter) al piano e Brian Delaney alla batteria. Una reunion inattesa, spesso osteggiata dai fan più oltranzisti della band o semplicemente dalle pompose teste di cazzo che non hanno mai veramente amato questo gruppo e se ne riempiono la bocca perché fa tanto hyp conoscere e giudicare i classici.

Vi aspettate le New York Dolls del '72? Ma andate a fare in culo! Per 34 anni cosa avrebbero dovuto fare? Ibernarsi forse? Per cosa? Per rimanere fedeli a se stessi? Per quale motivo? Il mondo è cambiato negli ultimi 34 anni, così le Dolls, qualcosa però non cambia mai: classe, stile, come sempre fuori dagli schemi, fuori dai tempi commerciali, fuori da ogni logica che potrebbe essere dettata dal buon senso, puro Dolls style. Dopo tre decadi, una reunion nata dalle insistenze di Morrisey, le “bambole” sfornano un disco quasi per gioco come suggerisce, da subito, il titolo. Le New York Dolls ancora una volta sono destinate ad arrivare e sconvolgere, sì avete capito bene sconvolgere: in un solo solco di questo disco c’è più classe che in tutta la discografia della quasi totalità delle band che oggi vengono additate dai media come la salvezza del Rock and Roll (Strokes, White Stripes, QOTSA e compagnia), sicuramente ancora una volta nessuno le ascolterà.

Ospiti che spaziano da Iggy a Micheal Stype per un disco stupendo: i testi ironici e raffinati di Johansen, le chitarre rugginose di Sylvain Sylvain si incrociano con la verve mascolina di Steve Conte, lo swing stiloso di Sam Yaffa, Koonin che scandisce il suo efficacissimo rag time… Per chi conosce e segue questi musicisti da sempre sarà bellissimo ritrovarli così in forma ed ispirati, mentre per tutti gli altri sicuramente una vera e propria rivelazione.
Le$ter

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WIG WAM
"Wig Wamania"
Voices Music Publishing 2006

Dalla Norvegia sembra giungere il nuovo tifone rock, la nuova sensazione musicale degli ultimi anni, la gloriosa marciata di rock n roll che molti attendevano e la rinascita del glam nel suo splendore più antico. I WIG WAM sono tra noi!
Ebbene, questo manipolo di eroi sconosciuti, escono con il loro primo album. Dodici brani (di cui un intro e un brano strumentale) che sembrano un inno a ciò che è stato il clamore colorato degli eighties, riconosciuto come Glam Rock americano, e quello un pò più storico, come il Glam pioneristico inglese dei seventies.
Glam è anche il nome del vocalist che, per quanto possa sembrare assurdo nelle foto di posa, ha invece in dotazione una voce straordinaria, pulita e che ben si adatta al genere proposto. Teeny, alla chitarra, è il vero fenomeno dell'album, poichè quasi unico compositore dei brani presenti. Infine compongono il quartetto Flash (basso) e Sporty (batteria).

Che cos'è il disco dei Wig Wam?
E' qualcosa di più che un semplice cd rock. Io lo propongo attraverso queste righe come successo dell'anno in corso, come miglior disco in assoluto tra le ultime uscite e sicuro punto di partenza per le nuove generazioni che si accingono per la prima volta al glam rock. Nonostante i brani siano, talvolta, molto ma molto simili a pezzi storici di AEROSMITH, DEF LEPPARD e BON JOVI (degli eighties), i WW non lasciano spazio a malumori di alcun genere. Ogni pezzo sembra sia stato registrato davvero per proporre un'ottima varietà di stili ma tutti sotto l'egida e ferrea passione nei confronti di un rock particolare e colorato che ha fatto la storia.

Prendete un contenitore e gettate dentro musiche dei gruppi sopra citati ma anche POISON, ENUFF Z NUFF, KISS e WARRANT, senza dimenticare qualche nuovo nome come THE DARKNESS e THE RASMUS (riconducinbili al brano "Kill my rock n roll" per i primi e "Slave to your Love" per i secondi/nda), agitate bene e quello che ne uscirà sarà proprio questo "Wig Wamania".
Scontato, forse, ma unico vero neo di bellezza in questo periodo così denso di uscite discografiche mediocri, i WW li consiglio vivamente perchè so che per ognuno di voi, almeno per un paio di pezzi, saranno indimenticabili e vicinissimi a sonorità che nessuno più riusciva a riproporre così fedelmente.
La produzione ottima e il cover artwork ben curato ne fanno quindi un disco da avere e possedere gelosamente. Buy Or Die!
Marco Paracchini

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doc.silver@gmail.com
 

DIRT SHOW
"Keep It High"
Self produced - 2006

Dalla loro biografia apprendo che i Dirt Show sono una freschissima band nata nel febbraio di quest'anno da un'idea di Silver (ex Outlaw Star) e Jim (eXsecrator) per dare vita a un progetto che proponga un sound che miscela Wednesday 13, Beautiful Creatures, Black Label Society e i Motley Crue dell'era Corabi.
A completare la formazione troviamo il chitarrista Tray (Extempore, Raw Blood) e il bassista Jesse Blackstar e solo dopo 6 mesi dalla nascita si sono rinchiusi agli Studio 73 di Ravenna per registrare questo "Keep It High", mini CD di 5 pezzi improntati su cattivissimo hard rock dal sound moderno che, come nel caso di "5 Minutes Left" porta alla mente i Beautiful Creatures.
Rock senza troppi fronzoli, con testi che non lasciano troppo spazio all'immaginazione ("77, The Eden Between Her Legs"), prodotto ben curato sia dal punto di vista sonoro che grafico che li fa partire con il giusto piede.
Moreno Lissoni

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SLAMER
"Nowhere Land"
Frontiers Records 2006

Quali sono le caratteristiche per raggiungere la perfezione?
Chi conosce il segreto e chi riesce a stupire album dopo album è Mike Slamer. Autore, produttore, chitarrista, arrangiatore, insomma in un’ unica parola Musicista completo.
Nowhere Land è l’album che consacra Mike Slamer uno dei migliori chitarristi Aor di sempre e uno dei più grandi autori per il genere. Mike è un perfezionista ai limiti del possibile, è la persona che fa la differenza in ogni gruppo (Streets, Steelhouse Lane, Seventh Key). Coadiuvato in questo lavoro dalla grande voce di Terry Brock (The Sign, Strangerways), dalla batteria di Chet Wynd e dai cori dell’amico Billy Greer (Kansas, Seventh Keys), Slamer da innovatore e caposcuola crea melodie che mischiano arrangiamenti Progressive a sonorità Aor in una commistione geniale e in una continua ricerca di novità mai banalizzando una singola nota.

È ancora nell’arrangiamento e nella produzione che conquista quel valore aggiunto che non possono vantare la maggior parte delle produzioni discografiche costate mille volte di più.
"Nowhere Land", l’opening track, inizia subito con tastiere di grande atmosfera e un riff di chitarra che ti lascia senza fiato. "Strength To Carry On" è il degno seguito con toni più rilassati e un chiaro riferimento Steelhouse Lane. "Not In Love" alza di nuovo il ritmo con batteria e chitarra scatenate con un assolo iniziale da brivido e la voce di Terry graffiante che apre ad un ritornello epocale. Si passa a "Come to Me", ballad per prendere fiato carica di emozione e pathos e a "Higher Ground", uptempo con riff power e chorus che ti si stampa nella mente.
"Jaded" rappresenta la canzone Aor per anotonomasia, inizia con toni pacati e si sviluppa in una esplosione musicale unica, anche questa sempre sullo stile Steelhouse Lane. "Beyound The Pale" ha toni intimi nelle armonie e nel cantato, al limite del cupo ma lo sviluppo, cosi come in "Runaway", ricorda lo stile e il mordente Seventh Key e l’emozione che crea Slamer con la sua chitarra non ha eguali. "Audio Illusion", moderna uptempo, nel testo ci porta alla realtà di un certo mondo musicale costruito, artefatto, con “l’illusione sonora” gestita a tavolino e non dettata dal talento, perchè “anche se hai problemi con il cantato non ti preoccupare che lo possiamo sistemare in studio, l’illusione audio suona bene nello stereo…”

Di nuovo classico Melodic Rock alla Slamer con "Perfect Circle", ti rapisce nella sua spirale di armonie e ti fa volare verso la chiusura con "Superstar", riff granitico, andamento incalzante e intermezzo drammaticamente sentito di un grande Brooks con influenze progressive che rendono a meraviglia.
Insomma, quali sono le caratteristiche per raggiungere la perfezione? Beh, sicuramente la risposta la si può trovare ascoltando Nowhere Land, la rispota la si può scoprire nella passione, nel talento e nella genialità di un Mike Slamer mai come in questa occasione maestro di stile e melodia.
Mauro Guarnieri

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KING KARMA
"King Karma"
Centurion Records 2006

Gli amanti dell'hard rock bluseggiante non avranno di che lamentarsi ascoltando l'esordio discografico dei King Karma con la ristampa del loro primo disco uscito un paio di anni fa per la Z-Records. Nuovo contratto, nuovo artwork, ma vecchie sonorità quelle proposte dalla band di Vancouver capeggiata Shaun Williamson che i più attenti di voi ricorderanno dietro al microfono dei tedeschi BACKBONE SLIDE.

Sotto la guida di Jimmy Johnson (Lynyrd Skynyrd, Rolling Stones) e Steve Melton hanno registrato ai famosi Muscle Shoals Studios in Alabama un disco davvero sopra le righe dove ci catapultano in sonorità Seventies senza far rimpiangere chi il genere l'ha inventato.
Difficile riuscire ad individuare una canzone piuttosto che un'altra, perchè in tutti i 50 minuti della sua durata questo album riesce a far rivivere le sonorità di 20 anni fa, richiamando all'orecchio gruppi come Bad Company, Badlands o Cry Of Love. Da segnalare infine, la cover di "Revolution Man" dei RIVERDOGS che contribuisce a tenere alte le quotazioni di questa release.
Moreno Lissoni

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GLORIOUS DEAD
"Save The Planet Kill Yourself"
Self produced - 2006

Impresa assai ardua recensire questi 3 pezzi del combo svedese dei Glorious Dead, perchè il booklet non riporta i titoli delle canzoni e non ho neanche internet per potermi documentare sulla loro storia.
Ricordo di averli "incontrati" su MySpace come al solito e dopo uno scambio di messaggi mi sono ritrovato questo CD che parte alla grande con la rabbiosa "Kill yourself again" (penso sia questo il titolo!), un mix tra Crystal Pistol e sonorità scandinave, la seconda traccia proposta continua sulla stessa linea, un buon saltellante rock and roll, mentre nella conclusiva "Red Line Bags" le atmosfere si tingono di... Seattle.
L'impressione generale è positiva, li aspetto però sulla prova del full length CD... come sempre, 3 canzoni sono poche per dare un giudizio definitivo.
Moreno Lissoni

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A.A.V.V.
"Hollywood Hairspray Vol.6"
Perris Records 2006

Arghh... la parola compilation mi crea qualche turba (come se ne avessi poche...), e come tutti gli anni riecco che la Perris ci consegna sotto l'ombrellone il sesto volume di questa lodevole opera di promozione.
Mai come in questa edizione viene dato spazio ai gruppi nostrani, con ben 4 rappresentanti: Deadly Tide, Fuoriuso, Hollywood Vampires e Fuel From Hell che, se ogni tanto capitate su questo sito, conoscerete già a meladito così come gran parte degli altri act presenti.

Italia rappresentata anche dal chitarrista Chris Falco nel progetto Demon Angels con il pezzo ""Gonna Get It" e dove troviamo alla voce un certo Robin McAuley... ma andiamo con ordine partendo dalle note negative che prendono il nome di Pussy Sisster e Mother Mercy che hanno realizzato dei brani non scontati, di più. Al contrario, le cose positive ci arrivano proprio dai gruppi di casa nostra che propongono canzoni già sentite sui rispettivi CD, tranne i bergamaschi Fuoriuso che ci danno un anticipo del loro imminente album con "Sexy Teens". Sempre nella sezione 'up' della compilation segnalo l'hard'n'roll dei Brutal Pancho, il party rock dei Billion Dollar Babies, i veterani Erotics e i Checkpoint Charlie con "Rock "n" Roll Tonight", brano dal tipico sound Kissiano.
Il resto si fa ascoltare, ma non esalta. Italia batte resto del mondo 5 a 4.
Moreno Lissoni

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PLATINUM JAR
"Platinum Jar"
Self produced - 2006

Ep interessante per questo quartetto britannico, giunto all’esordio con un lavoro che loro stessi definiscono “melodic rock with the classic rock sound”... e in effetti per una volta l’auto-definizione non è campata per aria.
“Slow Road” è il pezzo d’apertura, e come dicevamo sopra è molto melodico, giocato su in giro di pianoforte indovinato, quasi una semi-ballad in cui emerge la buona predisposizione per la melodia del cantante/chitarrista Jason Lang.
“Rock Chick” è decisamente purple-oriented, e anche in questo pezzo a farla da padrone è Rich Lang con il suo caldo hammond... davvero bravo.

“Our Lost Youth” è un altro pezzo orientato su sonorità care alle grandi bands britanniche del passato, anche se l’eccessiva lunghezza non giova al pezzo, che sarebbe stato molto più avvincente con una durata inferiore.
Chiude la ballad “My Favorite Drug”, forse il brano meno “britannico” dei quattro, con un bel solo di chitarra ad arricchire un altro ottimo lavoro di un tastierista davvero ispirato.
Dare un giudizio su una band potendo ascoltare solo 4 pezzi è difficile, attendo con curiosità una prova sulla lunga distanza e intanto vi segnalo che potrete scaricare l’intero ep con artwork incluso totalmente gratis dal loro sito... e complimenti anche per questa mossa al quartetto di Leicester.
Federico Martinelli

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BAD DOG BOOGIE
"Hijo De Puta"
San Martin Records 2006

Qualcuno mi sa dire perchè i gruppi di Torino sono sempre più incazzati!? Sarà colpa di Moggi anche questo?!? bah, chi lo sa, io so solo che i Bad Dog Boogie fanno sul serio e ci piantano in faccia un'altro fendente dopo "Motorfucker" (chissà in quale lingua sarà intitolato il loro prossimo album, si accettano scommesse!).
Nuova line-up, ma vecchio è zozzo rock and roll quello di "Hijo De Puta", una rilettura in chiave personale di Motorhead e Nashville Pussy, 15 tracce che non lasciano scampo all'ascoltatore, stendendolo al tappeto già con la prima traccia!

Neanche il tempo di rialzarsi ed ecco arrivare un destro-sinistro "Kickin' heart" e "Mike Tyson (King of Rockn'Roll)" che ci mette alle corde. Da qui in poi difficile rimanere lucidi con i ganci di "Angel dust" (Venom) e "I love nobody but my chainsaw and my gun".
Per riprenderci, i BDB, ci danno solo poco più di un minuto con l'acustica "Foggy dew", brano tratto da canti popolari irlandesi e scritto da Charles O'Neil.
Miei cari figli di p... siete avvisati, i Bad Dog Boogie sono tornati!
Moreno Lissoni

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FAIR HAVEN
"Ride"
Intercontinetal Rock 2005

Tra le recensioni archiviate e perse per un fottuto taglia/incolla/salva c'erano anche i Fair Haven, gruppo Svizzero-Canadese nato nel 1998 e con già 3 album sulle spalle: ’Still In The Storm’ (1999), ’Master In The Mirror’ (2000) e ’Altruism’ (2002). Per la loro quarta fatica, i Fair Haven si sono affidati al produttore Darren Grahn (Metallica, Mötley Crüe, Bon Jovi) e si sono rinchiusi nei famosi Mushroom Studios.
Vi capita mai che il vostro capo vi dica di fare una modifica al vostro lavoro e una volta finita ritorna con un: "No, ci ho ripensato, era meglio prima" e voi dovete rifare ancora tutto per ottenere il primo risultato? ...Ecco, questa è più o meno la sensazione che ho nel rifare recensioni già scritte un paio di mesi fa, ma la smetto a frignare e vi parlo un pò di "Ride" che forse è meglio...

Allora... "Ride"... non è un disco malvagio, ma finirà presto nel dimenticatoio dopo qualche ascolto. La sua miscela prevede chitarre pesanti contrapposte ad un buon uso di melodia e a una buona preparazione tecnica evidenziata anche da 3 brevi brani strumentali che fungono da intercalare tra un brano e l'altro, dove il mio occhio/orecchio è caduto sull'acustica "Polish My Ferrari".
L'opener "Lifechanges", la monolitica "Chaincrusher", la ballata "No One's Home" e la più moderna "Before The Dawn" sono tra i pezzi che preferisco, il resto va via liscio senza però far gridare al miracolo.
Moreno Lissoni

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