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BLACK HALOS
"Alive
without control"
People Like You - 2006
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Avevo già deciso che questo
disco sarebbe stata una figata ancora prima che il
gruppo entrasse in studio, ma come cantavano i Ramones
“…I just need something to believe
in” (più o meno come i Poison
bwawawa). Il Basetta (presidente del partito brianzoli
sprovvisti di mobilificio) dice che non è “Violent
Years”, ma entrambi in coro concordiamo
“Chi se ne fotte!”.
Un disco che vive di una dicotomia
che lo fa viaggiare su di un binario immaginario al
confine tra merda e cioccolato, non tanto come indicazioni
intrinseche di qualità quanto come stati mentali;
questa la carta vincente di questa band: sono veri
e fanno le cose col cuore, mettendo nella musica tutte
le sfaccettature della loro personalità.
Ottima la prova dei nuovi arrivati
Adam Becvare (chitarra) e Dennys Mcknight (basso)
già parte integrante e fondamentale della band,
Billy Hopeless si riconferma il figlio putativo del
Bators migliore mentre Millet suona ispirato dai migliori
tra i cattivi maestri. Un disco ancora una volta per
chi nella musica cerca l’anima e non solo manierismo.
Le$ter
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FAIR WARNING
"Brother's
Keeper"
Frontiers Records –
2006
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Dagli inizi degli anni novanta sino
ad oggi, la carriera dei membri dei F.W. si è
alzata e si è abbassata come il grafico delle
vendite del tabacco. Ogni anno portavano a casa premi
e menzioni (dal Giappone/nda) ma, anno dopo anno,
le carriere parallele ne facevano anche percepire
un lento ma certo affondamento creativo.
Costole dei progetti ZENO e DREAMTIDE
(per Helge Engelke, chitarrista/nda) e fondatori dei
SOUL DOCTOR (per ciò che concerne
la strategia sfortunata di Tommy Heart, voce/nda)
i F.W. tornano oggi sul mercato tutti insieme per
un come-back tanto voluto quanto, all'apparenza, impraticabile.
E invece, grazie alla nostra Frontiers, i tedeschi
rockettari sono tornati più in forma che mai.
Parlo della parte spirituale e fisica dei singoli
componenti. Per ciò che concerne il materiale
fonografico presente nell'album sono rimasto un pò
perplesso.
Come accadde per i TEN,
lungimiranti rockettari che si ammuffirono sulle loro
stesse ripetizoni musicali, anche i non più
giovani rockers d'oltralpe, cadono barbaramente nei
soliti clichè. Pur ammirandoli per le loro
capacità tecniche e musicali, con questo nuovo
album trovo che non regalino proprio nulla di nuovo
ripetendo, anzi, canzoni che sembrano sempre le stesse
dal 1994 ad oggi. Ammetto che, in taluni brani, andavo
ad accertarmi che non fossero brani del loro passato,
coverizzati! Mi sbagliavo, sono tutti pezzi originali.
Le 13 canzoni contengono anche la bonus
track europea (ma cos'è, uno scherzo?/nda)
a titolo "Still I believe" che, a parer
mio, è l'unica fonte di luce in questo luogo
di atmosfere crepuscolari... in senso lato.
Helge e Tommy hanno fatto pace e sono ripartiti da
zero, in tutti i sensi, per ridare ai fans un album
fortemente voluto e richiesto a gran voce. Hard Rock
melodico di pregevole fattura ma ripetitivo all'ennesima
potenza. Anche per i fans accaniti (a scapito di incomprensioni,
io sono fra quelli/nda) diventa un pò difficile
digerire il piatto offerto dalla band germanica. Forse,
e dico forse, non sarebbe stato male mischiare i tanti
volti delle singole persone presenti per fare un album
che contenesse un pò di Fair Warning, un pò
di Zeno, un pò di Dreamtide e anche un pò
dei SoulDoctor... almeno nella varietà l'acoltatore
avrebbe trovato più emozioni.
Consiglio l'ascolto preventivo.
Marco Paracchini
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MARKONEE
"Spirit
Of Radio"
Sonic Robots - 2006
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Dopo una lunga gestazione arrivano
finalmente al traguardo dell’album i bolognesi
Markonee, con un album che riporta l’ascoltatore
indietro di 15-20 anni e lo fa piombare in un’arena
stracolma di hair metaller; infatti la musica proposta
è un hair metal di stampo ottantiano che più
ottantiano non si può, suonato con una perizia
tecnica e una passione difficilmente riscontrabili
in altri gruppi del genere, anche più blasonati;
infatti la ricerca quasi maniacale della perfezione
sia musicale che nei cori rende il prodotto un must
per gli amanti del rock a stelle e strisce.
Il disco in questione è lunghissimo
(75 minuti) ma la durata non si fa sentire, anche
perché si viene catapultati in un viaggio che
comincia con l’intro "Algoritmo" e
si snoda per 17 killer songs che darebbero del filo
da torcere ai mostri sacri del genere; tutto il platter
è un concept sulla vita del grande Guglielmo
Marconi e racconta delle peripezie del nostro geniale
connazionale attraverso le note di della scanzonata
"Colors" o della aor oriented "Loved
land" con la chitarra di Stefano Peresson in
grande spolvero che macina riff su riff e che cuce
melodie insieme all’altra sei corde di Carlo
Bevilacqua e alla massiccia sezione ritmica de bassista
Diego Quarantotto e dei due batteristi che si sono
alternati dietro le pelli cioè Lara Tarantini
(ora nei padrini del glitter punk Landslide
Ladies) e Davide Carletti.
C’è spazio anche per una
song un po’ anomala per i canoni del gruppo
tipo "I Don't Remember Well" con il suo
incedere oscuro che trasmette la tensione del geniale
inventore durante i suoi studi sulle onde sonore,
ma subito dopo si ritorna a rockkare alla grande con
"Discovery" che segna la svolta nella vita
di Marconi e il giro di boa anche nel platter del
quintetto bolognese. E’ impossibile citare tutte
le canzoni perché rischierei di tediare il
lettore ma permettetemi di citare altri highlights
come "Modern Time Clokwork" con dei cori
che ti si stampano nel cervello e non vanno più
via oppure "I Know That You Know That He Know"
con un coro che i Ratt non faranno mai più!C’è
spazio anche per la ballata strappalacrime che farà
rigare il viso a più di una personaQuesto disco
è la conferma che l’Italia non è
il terzo mondo del rock per un certo tipo di sonorità,
anzi con "Spirit Of Radio" possiamo
proprio dire che l’America ce l’abbiamo
in casa!
Alvise Sclisizzi
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WASTE PIPES
"Let
Blood Boil"
Self produced 2006
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Nati nel 2003 i Waste Pipes arrivano
con questo “Let Blood Boil” al
loro terzo prodotto, che si va ad aggiungere al demo
dal titolo "Work In Progress" (dove
era presente anche la cover di "Welcome To The
Jungle" dei Guns N' Roses) e a "Begin
To Grow", il primo album del gruppo di Rivoli
(TO).
Dopo i soliti cambi di line-up, che caratterizzano
la storia di un pò tutte le band giovani, il
quintetto piemontese trova la formazione definitiva
con Boe alla batteria, Chris alla voce, Guarro e Kina
alle chitarre e Lava al basso e propongono un classico
hard rock dalle forti tinte blueseggianti.
Coadiuvati da Valerio Giambelli degli
Statuto, escono con un disco di 5
pezzi ben registrati e dal sapore Seventies, nulla
di nuovo sotto il sole, ma un nuovo gruppo nostrano
da tenere d'occhio.
Pezzo preferito "A Little Piece Of You",
ma a dir la verità, tutte le tracce di "Let
Blood Boil" si mantengono su una media più
che buona. Se avete voglia di un album onesto, semplice
e diretto, provate a richiere il CD sul loro sito.
Moreno Lissoni
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DESPERADO
"Ace"
Angel Air – 2006
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Ammetto di essere rimasto abbastanza
spiazzato quando ho saputo dell’uscita di questo
disco su Angel Air Records, soprattutto perché
avevo letto essere di un disco di inediti per la superband
formata da Dee Snider (Voce), Bernie Tormè
(Chitarra), Clive Burr (Drums) e Marc Russell (Bass)
e della quale possedevo un cd datato 1996.
Finalmente ho l’occasione di avere in mano il
cd e di capire esattamente di cosa si tratta…
ma prima un po’ di storia… torniamo infatti
al 1989 quando Dee Snider, storica voce dei Twisted
Sister, decide di mettere in piedi un progetto
solista e comincia a scrivere diverse canzoni e decide
di fare delle audizioni per scegliere la band con
cui registrarle... la scelta del chitarrista cade
su Bernie Tormè, che Snider aveva apprezzato
per il suo lavoro nel disco dei Mammoth,
la band messa in cui mlitavano John Mc Coy e Nicky
Moore e in cui Tormè suonava buona parte delle
chitarre.
La sezione ritmica venne scelta successivamente,
con Clive Burr (Iron Maiden) alla
batteria e Marc Russell al basso (la prima scelta
fu Neil Murray a quell’epoca troppo impegnato
per far parte del progetto).
Con questa line-up la band registra il disco che nel
1989 è pronto per essere pubblicato quando
il ciclone grunge travolge anche i Desperado... la
loro label, la Elektra si rifiuta di pubblicare il
disco ritenendolo non adatto al momento e la band
è costretta a sciogliersi ricevendo in eredità
diversi debiti che l’etichetta si rifiuta di
saldare… un bel casino insomma.
E arriviamo ad oggi, quando finalmente il disco viene
pubblicato dall’Angel Air Records, etichetta
specializzata in bands britanniche che finalmente
ci da la possibilità di ascoltare un lavoro
che avrebbe meritato ben altra esposizione…
“Hang’Em High” apre il cd con un’armonica
molto bluesy e il buon Dee nelle vesti di cantastorie
del profondo sud, salvo poi esplodere in un clamoroso
Hard Rock che profuma di Tesla lontano un miglio con
un Bernie Tormè sugli scudi.
Ed è proprio il chitarrista
irlandese a regalarci una prova maiuscola per tutta
la durata del disco, da “Gone Bad” alla
lunga “Heart is a Lonely Hunter” in cui
emerge la parte più “britannica”
della band, richiamando alla mente alcune cose dei
Black Sabbath periodo Tony Martin.
“Calling For You” è una semi-ballad
con una prestazione di tutto rispetto di un Dee Snider
molto ispirato e che per certi versi non ha mai cantato
bene come in questo disco.
Tornando al discorso fatto all’inizio c’è
da dire che nel 1996 uscì il disco a nome Desperado
intitolato “Blooded, but Unbowed”
per una fantomatica Detroyer Records... sappiate che
si tratta di un bootleg vero e proprio dell’album
di cui stiamo parlando, con una copertina diversa,
un artwork limitato e spartano e una qualità
sonora leggermente inferiore… motivo per il
quale vi consiglio di comprare la versione qui recensita...
non ve ne pentirete... e si fotta il grunge che ci
ha tolto band di questo calibro..
Federico Martinelli
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WHITESTARR
"Luv
Machine"
Cotango Records –
2006
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Un amico mi raccontava di questa nuova
band che sta mettendo a ferro e fuoco il sud California,
diceva: "Saranno grandi!!! Credimi!!!”
Il mio amico aveva dannatamente ragione!!
I Whitestarr sono un gruppo di navigati e tanlentuosi
hippy che la sanno lunga: mangiano, sputano e sanguinano
Rock’n’Roll!
Dopo un paio di EPs danno alle stampe questo “Luv
Machine” e state certi che non sarete delusi
se amate Faces, Rolling Stones,
Black Crowes, Led Zeppelin
e il buon vecchio Soul. Si... Soul!!
Non aspettatevi altro che cuore ed anima da questo
CD; sfido chiunque a tener fermo il piedino ascoltando
pezzi come “Luv Machine", "Sunshine
Girl", "She's so Sly" e "Sex on
the Dancefloor".
Dall’iniziale "Gimme' a
Light" alla dolce chiusura di "Marie"
l’album è un concentrato di ritmo e ottimo
songwriting:
ascoltate la funkeggiante "Use me" che riporta
alla mente l’indimenticabile Marc Bolan
ed i suoi T.Rex (e se impazzirete
per il wah wah di questo pezzo andate subito a recuperare
“Speak On It” dei Blue Noise!); lasciate
che la soffice e dolce "Shine" vi avvolga
e vi tenga caldi; provate a non canticchiare la strana
"Vampire" sotto la doccia... "I need
a Fix to fix this... She's vampire...", Ohhhhhhh
Yeah!!; ascoltate "The King" e capirete
perchè i Whitestarr sono dei re!!!
Se questo non vi basta per avvicinarvi ai Whitestarr
allora sappiate che le vocals di Cisco sono profonde
quanto il suo talento; che il guitar playing di Rainbow
è dannatamente caldo (ricorda lo strabiliante
Marc Ford); che il basso di Damon
sembra pompare sangue nelle tue vene; che il ritmo
di Alex vi farà ancheggiare come dei 15enni
ecchecazzo!!! Quante altre bands conoscete che annoverano
un ballerino tra i componenti?? I Whitestarr hanno
Tony!!
Dalle ceneri dei seminali Backbone69
(R.I.P Chris, ci manchi) Damon e Alex (figlio di Roy
Orbison) raggiungono Cisco e Rainbow per suonare il
Rock’n’roll, quindi muovete il vostro
culo e recuperate questo “Luv Machine”
e se li vedete passare vicino casa vostra non perdete
tempo a chiedervi se val la pena andarli a vedere:
i loro live show sembra siano spettacolari!!!
Federico “Sleazy” Bruno
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KEVIN K
"Rock
and Roll Dinamite"
Full Breach Kicks –
2006
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È tardi, come al solito troppo
tardi, ed io devo fare ancora troppe cose. La birra
è finita anche questa sera, a dire la verità
forse ce n’è ancora, ma non ho voglia
di alzare le chiappe e andare in cucina per scoprirlo,
una stecca di Rothmans regalate da un amico sbuca
dalla mia borsa e mentre tiro una boccata penso che
siano le peggiori cicche di contrabbando che ho mai
fumato, il sentore di merda è molto più
che un vago retrogusto.
Vi starete chiedendo perché
questo quadretto casalingo, quando vi aspettate di
leggere del nuovo album di Kevin… Semplice perchè
Kevin non ha bisogno di essere presentato da un coglione
come il sottoscritto, Kevin è sulla scena da
sempre sulla scia di Johnny Thunders (suo
amico intimo) di cui è fedele accolito e devoto
Kevin incrocia boogie, country, blues ad una attitudine
stradaiola genuina e infila anche bella cover di
Iggy “Death Trip”. 2 o 3 dischi
l’anno, 300 date su 365 giorni, fanno di Kevin
una piccola grande leggenda underground.
Kevin ha il RnR letteralmente tatuato
su ogni poro delle sue braccia, Kevin è la
zuffa tra gatti nel più buio dei vicoli, Kevin
è il ronzio delle insegne al neon dei peep
club, Kevin è uno a cui la vita non ha concesso
nulla di più che un bel gancio dritto sul muso.
Kevin è Rock and Roll Dynamite!
Le$ter
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MEAN BLUE DAYS
"Mean
Blue Days - EP"
Martino Hroncich 2005
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Prodotti dall'ex Trixter
Steve Brown, i Mean Blue Days ci offrono un mini Cd
di 6 pezzi all'inzegna del power pop o NU Breed tanto
in voga in questi ultimi anni sul'altra costa dell'Atlantico
con ingredienti sonori che rimandano direttamente
ai 40ft Ringo.
La coppia di song che apre il lavoro ("First
Time In My Life" e "40 Days") non avrebbe
affatto sfigurato infatti nell'album di quest'ultimi,
due belle canzoni che fanno salire le quotazioni di
questo Ep che si mantiene su ottimi livelli anche
grazie a song come il pop rock di "2nd Avenue"
e "Devil's Chain" che mi ricorda il periodo
"Rubber" degli Harem Scarem.
C'è poco altro da aggiungere, un gruppo partito
subito col piede giusto e che, se continua in questa
direzione, ha tutte le carte in regola per attirare
l'attenzione degli estimatori del genere.
Moreno Lissoni
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VENGEANCE
"Back
in the ring"
MTM MUSIC/Frontiers
Records – 2006
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Chi mai pensava che i Vengeance sarebbero
tornati sul mercato?
Personalmente, da uno dei pochi fan italiani, ci speravo
ma, dopo il flop di "Back from flight 19",
vicino a sonorità cupe e moderniste degli anni
novanta, temevo il peggio e pensavo si fosse tutto
spento quando anche Arjen Lucassen disse che i Vengeance
erano e sarebbero stati solo un ricordo, un bel ricordo.
Leon Gowie, vocalist e fondatore del gruppo, non ha
mai pensato alla stessa cosa. Da quasi 22 anni la
band olandese muove i suoi passi con all'attivo sei
albums più due "best of" e oggi pare
non volersi arrendere al passare del tempo.
Per volere di Leon e dell'amico Michael
Voss (Casanova, Bonfire), che qui veste i panni di
produttore, compositore e corista, l'album dei nuovi
Vengeance è diventato invece una realtà!
Il loro "ritorno nel ring" è più
che mai benvenuto. Ottime sonorità hard rock
collegabili a cult bands come KROKUS
e GOTTHARD, sono le fondamenta del
come-back.
Purtroppo la line-up ha risentito pesantemente di
cambiamenti e, nell'arco di questi ultimi venti anni,
mai alcun disco è uscito con la stessa formazione
(vi ricordo che anche il fondatore Leon Gowie fu bistrattato
e sostituito da Ian Parry/nda). Quindi anche il disco
in questione ha tra le sue file solo il leader ed
il bassista che, in realtà, muove i suoi passi
all'interno della band da soli nove anni (quindi anche
nel periodo meno interessante e meno prolifico della
band!/nda).
Michael Voss ha cercato di lanciare
così un nome importante della scena hard rock
europea e ha chiamato vicino a sè importanti
nomi del business musicale. Paul Sabu e Mat Sinner
fanno infatti parte dei compositori ufficiali di questo
album e ne si notano le loro influenze sin dalle prime
note delle canzoni "Mind Over Matter" (per
Mat) e "Now and Then" (per Sabu) che, per
inciso, rimane l'unica traccia dal sapore della decade
degli anni ottanta.
Riffoni al fulmicotone, lontani comunque dalle brillanti
idee dei dischi del periodo '87/'89, e accompagnamenti
ritmici belli pesanti, portano avanti per ben 11 tracce,
il nuovo modo di raccontare il rock duro di Leon Gowie
che, come sempre, si presenta come uno dei migliori
cantanti hard&heavy della storia.
Personalmente trovo l'album non molto
brillante ma le canzoni riescono a differirsi l'una
dall'altra e l'energia non manca affatto. Trovo quindi
che sia una bella occasione per scaricarsi dallo stress
quotidiano, inserendo il loro album nello stereo e
alzando il volume a "manetta"! Bentornati
nel Ring!
Marco Paracchini
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SUPERGROUPIES
"Supergroupies"
Cargo Records –
2006
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Un’altra band che mi è
piaciuta da subito e da subito sembra aver conquistato
il cuore di molti di voi. Vengono dalla Svezia recentemente
sono venuti a Torino in occasione del Days of the
Dead. In sede di recensione la nostra carta stampata
nazionale li ha ingiustamente strapazzati, volendo
trovare a tutti i costi assurdi riferimenti con i
Vain, con i Pretty Boy Floyd
e più in generale con la scena Glam metal anni
ottanta quando questa band ha un imprimitur inequivocabilmente
settantiano.
Polemiche a parte, freschi questo è
l’aggettivo che trovo più calzante per
i Supergroupies: party rock scanzonato a pronta presa
ed una stupenda affermazione di personalità.
Aggiornare al presente sonorità tipiche dell’inizio
degli anni settanta? Si può fare! Prodotti
da Kee Marcelo (bleah!), esattamente a metà
strada tra The Scholl Girls e Robin
Black, i Supergroupies strizzano l’occhio
al passato con i piedi ben piantati nel presente per
una proposta avvicinabile anche da chi non si è
mai relazionato con la nostra nicchia.
Beats di batteria prestati dalla Glitter
band convivono con calde chitarre crunch,
linee vocali ammicanti e viziose sembrano un bellissimo
incrocio tra Alan Merrill, il Bowie
più lezioso ed una cheerleader con le vampate;
momenti più intimi, momenti più sentiti,
una sprizzatina di Brit pop anni novanta (gli Suede
più ispirati ed i Pulp meno
commerciali), tanta passione e piccole citazioni tutte
da scoprire.
Vi siete stufati dell’ennesimo
gruppo con i chitarroni alla Supersuckers,
la batteria secchissima e la voce roca compressa in
stile schiacciassi? Fate a cazzotti con i patetici
revaival (The Darkness, Ark
etc.) che più che valorizzare le loro
influenze si limitano ad una fastidiosa parodia questo
è il gruppo che stavate aspettando.
Cover: “Come one Come all” dei Madam
X (basta è troppo mi sto pisciando
addosso).
Le$ter
top
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SUPERHUMAN
"Taste
It"
Sound Division Studios
2006
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Non avrei mai pensato che questo gruppo
conosciuto per la news che circolava che li voleva
come band spalla di Billy Idol in
alcune date nell'Europa dell'est, provenisse dalla
Lettonia!!
Si, avete capito bene, la Lettonia, terra anticamente
abitatata da popoli nomadi dediti alla pesca e alla
caccia, e difinita la Svizzera del Baltico. Sinceramente
non so come sia la scena Rock N Roll da quelle parti,
ma se tutti i gruppi sono di questo livello, forse
è il caso di smettere di guardare oltre Oceano
e prestare più attenzione verso oriente.
Di giovane nascita (2004), i SuperHuman
presentano un sound fatto di massicci riff chitarristici
combinati con delle buone melodie e un tocco moderno
dato anche dal produttore Greg Haver
(Lost Prophets, Manic Street Preachers, Breed 77),
un prodotto professionale sotto tutti i punti di vista
e una band pronta per entrare a far parte del 'giro
grosso'.
Solamente 4 le canzoni presenti, si passa dalle atmosfere
cupe e heavy di "Voices" e "Lose You",
alla valida power ballad "Alone" per giungere
all'hard rock dal taglio moderno di "Fake".
Una prova di tutto rispetto per questi 4 ragazzi,
ora non ci resta che aspettare il full lentgh CD.
Moreno Lissoni
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SCOMUNICA
"La
lentissima fine del mondo"
Pull Music / Self Distribuzione
2005
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Nella terra di confine tra il Piemonte
e la Lombardia, quasi dodici anni fa, Moreno DelSignore
fondò una band hard rock live che divenne,
nel giro di pochi anni, un vero e proprio punto d'incontro
per artisti, fans e mestieranti del settore che sfociò
successivamente nel gigantesco "Movimento Scomunica"
che portò sui palchi d'Italia, diverse band
rock emergenti.
Gli anni sono passati e, orfani di
diversi strumentisti che calcarono il palco con Moreno
(vedi i due fondatori dei WINE SPIRIT,
nati dalle costole degli SCOMUNICA /ndr), il progetto
musicale non si è mai fermato e, nell'inverno
scorso, è uscito sul mercato nazionale il loro
nuovo full-lenght composto da 11 tracce di spirituale
rock sanguigno, in lingua italiana.
La proposta coraggiosa vede protagonisti
nuovi membri (Tommy Fiamminghi - CH, Antonio Gianpaolo
- BS e Fabio Zandi - BT) ma con Moreno sempre sopra
agli scudi con la sua prorompente voce che ripropone,
anche se in chiave italianizzata, una sorta di mix
tra Robert Plant e Tony Harnell (TNT).
Tuttavia le composizioni sembrano non dimenticare
neanche spunti nazionali ove, se l'orecchio ancora
non m'ingannna, appaiono piuttosto chiare le influenze
del compianto Lucio Battisti.
A differenza del primo disco del 1995, lo spazio al
rock più diretto è meno presente e si
sente l'influenza della saggezza maturata con l'età
rappresentata da brani più intimisti e meno
allegri ma, la voglia di dare sempre buoni messaggi
attraverso la musica, non è cambiata affatto
e lo si può notare attraverso l'ascolto delle
sempre splendide parole scritte dal singer fondatore.
Gli undici brani si lasciano ascoltare
piacevolmente ma alle volte manca proprio la marcia
in più che aumenti il coinvolgimento emotivo
dell'ascoltatore. Privo quindi di spinte graffianti,
l'album, si apre e si chiude con una buona produzione
alle spalle che però, a tratti, smorza le chitarre
dure e precise di Tommy. Buone le prove di "Anime
diverse", "La lentissima fine del mondo"
e "Una stella" che esprimono al meglio le
qualità canore di Moreno e riassumono in pieno
le capacità dei singoli strumentisti.
In attesa di vederli nuovamente dal
vivo (fossi in Voi non me li perderei... le cover
dei Led Zeppelin e dei White
Snake sono i loro punti forti/ndr), Vi consiglio
di dare un'occhiata al loro sito e di correre al più
presto a vedere una loro live-session.
Marco Paracchini
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NEW YORK DOLLS
"One
Day It Will Please Us To Remember Even This"
Roadrunner Records
2006
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Le New York Dolls risalgono in cattedra:
il terzo lavoro in studio dopo 32 anni di silenzio
da “Too much too soon”. David
Johansen, Sylvain Sylvain (non ci dovrebbe essere
bisogno di presentazioni), coadiuvati da Sam Yaffa
al basso (Hanoi Rocks, Jetboy, Mad Juana, Johnny Thunders,
Joan Jett…), Steve Conte (The Contes, Willy
De Ville, Peter Wolf, Billy Squier…) alla chitarra
solista, Brian Koonin (Buster Poindexter) al piano
e Brian Delaney alla batteria. Una reunion inattesa,
spesso osteggiata dai fan più oltranzisti della
band o semplicemente dalle pompose teste di cazzo
che non hanno mai veramente amato questo gruppo e
se ne riempiono la bocca perché fa tanto hyp
conoscere e giudicare i classici.
Vi aspettate le New York Dolls del
'72? Ma andate a fare in culo! Per 34 anni cosa avrebbero
dovuto fare? Ibernarsi forse? Per cosa? Per rimanere
fedeli a se stessi? Per quale motivo? Il mondo è
cambiato negli ultimi 34 anni, così le Dolls,
qualcosa però non cambia mai: classe, stile,
come sempre fuori dagli schemi, fuori dai tempi commerciali,
fuori da ogni logica che potrebbe essere dettata dal
buon senso, puro Dolls style. Dopo tre decadi, una
reunion nata dalle insistenze di Morrisey,
le “bambole” sfornano un disco quasi per
gioco come suggerisce, da subito, il titolo. Le New
York Dolls ancora una volta sono destinate ad arrivare
e sconvolgere, sì avete capito bene sconvolgere:
in un solo solco di questo disco c’è
più classe che in tutta la discografia della
quasi totalità delle band che oggi vengono
additate dai media come la salvezza del Rock and Roll
(Strokes, White Stripes, QOTSA e compagnia), sicuramente
ancora una volta nessuno le ascolterà.
Ospiti che spaziano da Iggy
a Micheal Stype per un disco stupendo:
i testi ironici e raffinati di Johansen, le chitarre
rugginose di Sylvain Sylvain si incrociano con la
verve mascolina di Steve Conte, lo swing stiloso di
Sam Yaffa, Koonin che scandisce il suo efficacissimo
rag time… Per chi conosce e segue questi musicisti
da sempre sarà bellissimo ritrovarli così
in forma ed ispirati, mentre per tutti gli altri sicuramente
una vera e propria rivelazione.
Le$ter
top
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WIG WAM
"Wig
Wamania"
Voices Music Publishing
2006
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Dalla Norvegia sembra giungere il nuovo
tifone rock, la nuova sensazione musicale degli ultimi
anni, la gloriosa marciata di rock n roll che molti
attendevano e la rinascita del glam nel suo splendore
più antico. I WIG WAM sono tra noi!
Ebbene, questo manipolo di eroi sconosciuti, escono
con il loro primo album. Dodici brani (di cui un intro
e un brano strumentale) che sembrano un inno a ciò
che è stato il clamore colorato degli eighties,
riconosciuto come Glam Rock americano, e quello un
pò più storico, come il Glam pioneristico
inglese dei seventies.
Glam è anche il nome del vocalist che, per
quanto possa sembrare assurdo nelle foto di posa,
ha invece in dotazione una voce straordinaria, pulita
e che ben si adatta al genere proposto. Teeny, alla
chitarra, è il vero fenomeno dell'album, poichè
quasi unico compositore dei brani presenti. Infine
compongono il quartetto Flash (basso) e Sporty (batteria).
Che cos'è il disco dei Wig Wam?
E' qualcosa di più che un semplice cd rock.
Io lo propongo attraverso queste righe come successo
dell'anno in corso, come miglior disco in assoluto
tra le ultime uscite e sicuro punto di partenza per
le nuove generazioni che si accingono per la prima
volta al glam rock. Nonostante i brani siano, talvolta,
molto ma molto simili a pezzi storici di AEROSMITH,
DEF LEPPARD e BON JOVI (degli
eighties), i WW non lasciano spazio a malumori di
alcun genere. Ogni pezzo sembra sia stato registrato
davvero per proporre un'ottima varietà di stili
ma tutti sotto l'egida e ferrea passione nei confronti
di un rock particolare e colorato che ha fatto la
storia.
Prendete un contenitore e gettate dentro
musiche dei gruppi sopra citati ma anche POISON,
ENUFF Z NUFF, KISS
e WARRANT, senza dimenticare qualche
nuovo nome come THE DARKNESS e THE
RASMUS (riconducinbili al brano "Kill
my rock n roll" per i primi e "Slave to
your Love" per i secondi/nda), agitate bene e
quello che ne uscirà sarà proprio questo
"Wig Wamania".
Scontato, forse, ma unico vero neo di bellezza in
questo periodo così denso di uscite discografiche
mediocri, i WW li consiglio vivamente perchè
so che per ognuno di voi, almeno per un paio di pezzi,
saranno indimenticabili e vicinissimi a sonorità
che nessuno più riusciva a riproporre così
fedelmente.
La produzione ottima e il cover artwork ben curato
ne fanno quindi un disco da avere e possedere gelosamente.
Buy Or Die!
Marco Paracchini
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DIRT SHOW
"Keep
It High"
Self produced - 2006
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Dalla loro biografia apprendo che
i Dirt Show sono una freschissima band nata nel febbraio
di quest'anno da un'idea di Silver (ex Outlaw
Star) e Jim (eXsecrator)
per dare vita a un progetto che proponga un sound
che miscela Wednesday 13, Beautiful
Creatures, Black Label Society
e i Motley Crue dell'era Corabi.
A completare la formazione troviamo il chitarrista
Tray (Extempore, Raw Blood) e il bassista Jesse Blackstar
e solo dopo 6 mesi dalla nascita si sono rinchiusi
agli Studio 73 di Ravenna per registrare questo "Keep
It High", mini CD di 5 pezzi improntati
su cattivissimo hard rock dal sound moderno che, come
nel caso di "5 Minutes Left" porta alla
mente i Beautiful Creatures.
Rock senza troppi fronzoli, con testi che non lasciano
troppo spazio all'immaginazione ("77, The Eden
Between Her Legs"), prodotto ben curato sia dal
punto di vista sonoro che grafico che li fa partire
con il giusto piede.
Moreno Lissoni
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SLAMER
"Nowhere
Land"
Frontiers Records 2006
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Quali sono le caratteristiche per raggiungere
la perfezione?
Chi conosce il segreto e chi riesce a stupire album
dopo album è Mike Slamer. Autore, produttore,
chitarrista, arrangiatore, insomma in un’ unica
parola Musicista completo.
Nowhere Land è l’album che consacra Mike
Slamer uno dei migliori chitarristi Aor di sempre
e uno dei più grandi autori per il genere.
Mike è un perfezionista ai limiti del possibile,
è la persona che fa la differenza in ogni gruppo
(Streets, Steelhouse Lane, Seventh Key). Coadiuvato
in questo lavoro dalla grande voce di Terry Brock
(The Sign, Strangerways), dalla batteria di Chet Wynd
e dai cori dell’amico Billy Greer (Kansas, Seventh
Keys), Slamer da innovatore e caposcuola crea melodie
che mischiano arrangiamenti Progressive a sonorità
Aor in una commistione geniale e in una continua ricerca
di novità mai banalizzando una singola nota.
È ancora nell’arrangiamento
e nella produzione che conquista quel valore aggiunto
che non possono vantare la maggior parte delle produzioni
discografiche costate mille volte di più.
"Nowhere Land", l’opening track, inizia
subito con tastiere di grande atmosfera e un riff
di chitarra che ti lascia senza fiato. "Strength
To Carry On" è il degno seguito con toni
più rilassati e un chiaro riferimento Steelhouse
Lane. "Not In Love" alza di nuovo
il ritmo con batteria e chitarra scatenate con un
assolo iniziale da brivido e la voce di Terry graffiante
che apre ad un ritornello epocale. Si passa a "Come
to Me", ballad per prendere fiato carica di emozione
e pathos e a "Higher Ground", uptempo con
riff power e chorus che ti si stampa nella mente.
"Jaded" rappresenta la canzone Aor per anotonomasia,
inizia con toni pacati e si sviluppa in una esplosione
musicale unica, anche questa sempre sullo stile Steelhouse
Lane. "Beyound The Pale" ha toni
intimi nelle armonie e nel cantato, al limite del
cupo ma lo sviluppo, cosi come in "Runaway",
ricorda lo stile e il mordente Seventh Key
e l’emozione che crea Slamer con la sua chitarra
non ha eguali. "Audio Illusion", moderna
uptempo, nel testo ci porta alla realtà di
un certo mondo musicale costruito, artefatto, con
“l’illusione sonora” gestita a tavolino
e non dettata dal talento, perchè “anche
se hai problemi con il cantato non ti preoccupare
che lo possiamo sistemare in studio, l’illusione
audio suona bene nello stereo…”
Di nuovo classico Melodic Rock alla
Slamer con "Perfect Circle", ti rapisce
nella sua spirale di armonie e ti fa volare verso
la chiusura con "Superstar", riff granitico,
andamento incalzante e intermezzo drammaticamente
sentito di un grande Brooks con influenze progressive
che rendono a meraviglia.
Insomma, quali sono le caratteristiche per raggiungere
la perfezione? Beh, sicuramente la risposta la si
può trovare ascoltando Nowhere Land,
la rispota la si può scoprire nella passione,
nel talento e nella genialità di un Mike Slamer
mai come in questa occasione maestro di stile e melodia.
Mauro Guarnieri
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KING KARMA
"King
Karma"
Centurion Records 2006
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Gli amanti dell'hard rock bluseggiante
non avranno di che lamentarsi ascoltando l'esordio
discografico dei King Karma con la ristampa del loro
primo disco uscito un paio di anni fa per la Z-Records.
Nuovo contratto, nuovo artwork, ma vecchie sonorità
quelle proposte dalla band di Vancouver capeggiata
Shaun Williamson che i più attenti di voi ricorderanno
dietro al microfono dei tedeschi BACKBONE
SLIDE.
Sotto la guida di Jimmy Johnson
(Lynyrd Skynyrd, Rolling Stones) e Steve
Melton hanno registrato ai famosi Muscle Shoals Studios
in Alabama un disco davvero sopra le righe dove ci
catapultano in sonorità Seventies senza far
rimpiangere chi il genere l'ha inventato.
Difficile riuscire ad individuare una canzone piuttosto
che un'altra, perchè in tutti i 50 minuti della
sua durata questo album riesce a far rivivere le sonorità
di 20 anni fa, richiamando all'orecchio gruppi come
Bad Company, Badlands o
Cry Of Love. Da segnalare infine,
la cover di "Revolution Man" dei RIVERDOGS
che contribuisce a tenere alte le quotazioni di questa
release.
Moreno Lissoni
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GLORIOUS DEAD
"Save
The Planet Kill Yourself"
Self produced - 2006
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Impresa assai ardua recensire questi
3 pezzi del combo svedese dei Glorious Dead, perchè
il booklet non riporta i titoli delle canzoni e non
ho neanche internet per potermi documentare sulla
loro storia.
Ricordo di averli "incontrati" su MySpace
come al solito e dopo uno scambio di messaggi mi sono
ritrovato questo CD che parte alla grande con la rabbiosa
"Kill yourself again" (penso sia questo
il titolo!), un mix tra Crystal Pistol e
sonorità scandinave, la seconda traccia proposta
continua sulla stessa linea, un buon saltellante rock
and roll, mentre nella conclusiva "Red Line Bags"
le atmosfere si tingono di... Seattle.
L'impressione generale è positiva, li aspetto
però sulla prova del full length CD... come
sempre, 3 canzoni sono poche per dare un giudizio
definitivo.
Moreno Lissoni
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A.A.V.V.
"Hollywood
Hairspray Vol.6"
Perris Records 2006
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Arghh... la parola compilation mi crea
qualche turba (come se ne avessi poche...), e come
tutti gli anni riecco che la Perris ci consegna sotto
l'ombrellone il sesto volume di questa lodevole opera
di promozione.
Mai come in questa edizione viene dato spazio ai gruppi
nostrani, con ben 4 rappresentanti: Deadly
Tide, Fuoriuso, Hollywood
Vampires e Fuel From Hell
che, se ogni tanto capitate su questo sito, conoscerete
già a meladito così come gran parte
degli altri act presenti.
Italia rappresentata anche dal chitarrista
Chris Falco nel progetto Demon Angels
con il pezzo ""Gonna Get It" e dove
troviamo alla voce un certo Robin McAuley... ma andiamo
con ordine partendo dalle note negative che prendono
il nome di Pussy Sisster e Mother
Mercy che hanno realizzato dei brani non
scontati, di più. Al contrario, le cose positive
ci arrivano proprio dai gruppi di casa nostra che
propongono canzoni già sentite sui rispettivi
CD, tranne i bergamaschi Fuoriuso
che ci danno un anticipo del loro imminente album
con "Sexy Teens". Sempre nella sezione 'up'
della compilation segnalo l'hard'n'roll dei Brutal
Pancho, il party rock dei Billion
Dollar Babies, i veterani Erotics
e i Checkpoint Charlie con "Rock
"n" Roll Tonight", brano dal tipico
sound Kissiano.
Il resto si fa ascoltare, ma non esalta. Italia batte
resto del mondo 5 a 4.
Moreno Lissoni
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PLATINUM JAR
"Platinum
Jar"
Self produced - 2006
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Ep interessante per questo quartetto
britannico, giunto all’esordio con un lavoro
che loro stessi definiscono “melodic rock with
the classic rock sound”... e in effetti per
una volta l’auto-definizione non è campata
per aria.
“Slow Road” è il pezzo d’apertura,
e come dicevamo sopra è molto melodico, giocato
su in giro di pianoforte indovinato, quasi una semi-ballad
in cui emerge la buona predisposizione per la melodia
del cantante/chitarrista Jason Lang.
“Rock Chick” è decisamente purple-oriented,
e anche in questo pezzo a farla da padrone è
Rich Lang con il suo caldo hammond... davvero bravo.
“Our Lost Youth” è
un altro pezzo orientato su sonorità care alle
grandi bands britanniche del passato, anche se l’eccessiva
lunghezza non giova al pezzo, che sarebbe stato molto
più avvincente con una durata inferiore.
Chiude la ballad “My Favorite Drug”, forse
il brano meno “britannico” dei quattro,
con un bel solo di chitarra ad arricchire un altro
ottimo lavoro di un tastierista davvero ispirato.
Dare un giudizio su una band potendo ascoltare solo
4 pezzi è difficile, attendo con curiosità
una prova sulla lunga distanza e intanto vi segnalo
che potrete scaricare l’intero ep con artwork
incluso totalmente gratis dal loro sito... e complimenti
anche per questa mossa al quartetto di Leicester.
Federico Martinelli
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BAD DOG BOOGIE
"Hijo
De Puta"
San Martin Records
2006
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Qualcuno mi sa dire perchè
i gruppi di Torino sono sempre più incazzati!?
Sarà colpa di Moggi anche questo?!? bah, chi
lo sa, io so solo che i Bad Dog Boogie fanno sul serio
e ci piantano in faccia un'altro fendente dopo "Motorfucker"
(chissà in quale lingua sarà intitolato
il loro prossimo album, si accettano scommesse!).
Nuova line-up, ma vecchio è zozzo rock and
roll quello di "Hijo De Puta",
una rilettura in chiave personale di Motorhead
e Nashville Pussy, 15 tracce che
non lasciano scampo all'ascoltatore, stendendolo al
tappeto già con la prima traccia!
Neanche il tempo di rialzarsi ed ecco
arrivare un destro-sinistro "Kickin' heart"
e "Mike Tyson (King of Rockn'Roll)" che
ci mette alle corde. Da qui in poi difficile rimanere
lucidi con i ganci di "Angel dust" (Venom)
e "I love nobody but my chainsaw and my gun".
Per riprenderci, i BDB, ci danno solo poco più
di un minuto con l'acustica "Foggy dew",
brano tratto da canti popolari irlandesi e scritto
da Charles O'Neil.
Miei cari figli di p... siete avvisati, i Bad Dog
Boogie sono tornati!
Moreno Lissoni
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FAIR HAVEN
"Ride"
Intercontinetal Rock
2005
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Tra le recensioni archiviate e perse
per un fottuto taglia/incolla/salva c'erano anche
i Fair Haven, gruppo Svizzero-Canadese nato nel 1998
e con già 3 album sulle spalle: ’Still
In The Storm’ (1999), ’Master
In The Mirror’ (2000) e ’Altruism’
(2002). Per la loro quarta fatica, i Fair Haven si
sono affidati al produttore Darren Grahn (Metallica,
Mötley Crüe, Bon Jovi) e si sono rinchiusi
nei famosi Mushroom Studios.
Vi capita mai che il vostro capo vi dica di fare una
modifica al vostro lavoro e una volta finita ritorna
con un: "No, ci ho ripensato, era meglio prima"
e voi dovete rifare ancora tutto per ottenere il primo
risultato? ...Ecco, questa è più o meno
la sensazione che ho nel rifare recensioni già
scritte un paio di mesi fa, ma la smetto a frignare
e vi parlo un pò di "Ride" che forse
è meglio...
Allora... "Ride"...
non è un disco malvagio, ma finirà presto
nel dimenticatoio dopo qualche ascolto. La sua miscela
prevede chitarre pesanti contrapposte ad un buon uso
di melodia e a una buona preparazione tecnica evidenziata
anche da 3 brevi brani strumentali che fungono da
intercalare tra un brano e l'altro, dove il mio occhio/orecchio
è caduto sull'acustica "Polish My Ferrari".
L'opener "Lifechanges", la monolitica "Chaincrusher",
la ballata "No One's Home" e la più
moderna "Before The Dawn" sono tra i pezzi
che preferisco, il resto va via liscio senza però
far gridare al miracolo.
Moreno Lissoni
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by Slam! Production® 2001/2007
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