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HARDCORE SUPERSTAR
"Hardcore Superstar"
Gain Records - 2006

Sono a casa che ascolto un vecchio E.p. degli L.A.Guns e mentre mi godo una bella cover di "Suffragette City" penso (ebbene sì a volte capita anche a me) che il rock and roll è fatto di corsi e ricorsi, ma ancor di più possiede una sua grammatica implicita che spesso ci consente di ritrovare certe formule "confortevoli" alle quali possiamo relazionarci senza dover pensare troppo.

Questo nuovo lavoro degli Hardcore Superstar è uno di quei casi, si attiene ad una traccia tanto prevedibile quanto piacevole, un buon disco di sleaze moderno, sulla scia del loro primo lavoro con una spolverata di tutti quei clichès che a cavallo tra un millennio e l'altro band come Buckcherry, Backyard Babies, Beautiful Creatures, Hardcore Superstar stessi e tanti altri hanno aiutato a recuperare e ridefinire. Tutto il disco sfrutta, quindi, soluzioni stilistiche a noi care (tanto che al primo ascolto ero convinto di stringere in mano il nuovo Faster Pussycat) cercando di proporle in maniera più fresca possibile.

"Kick on the Upper Class", "Bang your Head" suonano un po' Beautiful Creatures, un po' Manson, mescolati con un cucchiaino di personalità per 2 pezzi che picchiano in testa. "Last Forever" e "She's off Beat" mi sembrano abbastanza in linea con l'ondata hair metal revaival che scuote l'underground svedese nell'ultimo periodo: chitarre "metallose", cori che puntano sui grandi numeri che solo un'arena può garantire (ok mi avete scoperto non mi piacciono per niente, ma ammetto "not my cup"). "We don't celebrate Sunday" è molto bellina, auto celebrativa forse, ma proprio bellina. "Hatefull": arpeggino, cavalcatine di doppia cassa, tutti quei "minori" che sembrano dire "siamo cattivi e col cuore di pietra", ma sopratutto fanno tanto Dokken, sorry io questa la casso odio i Dokken!

In "Wild Boys" il fantasma dei Faster Pussycat si fa concreto come un pilone di cemento, nonostante la canzone potrebbe essere un inedito di Taime e soci, a noi piace così perché torniamo a sculettare di fronte allo specchio, mentre con le mani arruffiamo i capelli."My Good Reputation" è il pezzo che preferisco: facilona, scanzonata, incalzante, pronta presa, con quella batteria palesemente Crue risulta il pezzo che sicuramente ricorderete di questo cd. Ancora quel piacevole sapore di Pussycat per "Cry your eyes out" e "Simple Man" mentre si viaggia verso lidi più vicini agli Ac/Dc per "Blood on Me". In un disco così attento alla tradizione poteva mancare la ballatona? Certo che no! Chiude "Standin' on the Verge", un bel lentone un po' L.A. Guns un po' Shotgun Messiah.

Piacevole notare come la band si sia evoluta omogeneamente; dove, in passato, spesso per forza di cose l'elemento che spiccava al primo ascolto risultava essere Joke questa volta da subito ho apprezzato il lavoro di tutta la band, la quale in sede di arrangiamento sembra aver lavorato sodo. Nota negativa non sopporto i suoni dei tom di Adde, continuano la tradizione di No Regrets dove suonano in perfetto stile fustino del Dixan.
Le$ter

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TATTOED MILLIONAIRES
"The Band with no fear"
Sex Sells Records (Autoproduzione) - 2006

Eccoci qui per chiacchierare di un prezzemolino della L.A. Punk Rock e della sua nuova band Johnny Jetson e i suoi Tattooed Millionaires.
Johnny chi? Chi sarebbe di grazia costui, vi chiederete?
Vediamo di rinfrescarvi la memoria: vi ricordate gli Space Age Playboys? La seguente incarnazione sempre capitanata dal mitico Kory Clarke (Warrior Soul) Queer for Girls? Johnny c'era. La new sensation Time Bombs? E i totalmente inosservati The Jetset? Johnny c'era. I Vexy Strut di quella "figososa" di Tuesdae? Johnny c'era (e penso ci suoni ancora). Dio solo sa in quanti altri progetti il buon Johnny sia stato ed è coinvolto, ma è OK, lui è a L.A. dove solo se ci provi e ci riprovi e ci riprovi ancora, allora, forse, può capitarti di inciampare su di un'occasione. (Cazzo potevo fare il narratore per la saga di Rocky).

Ok basta cazzate. Tattooed Millionaires trio losangelino look belli e dannati; tre piccoli tatuatissimi Jagger fautori di un sound nervoso, nevrotico, acido, tagliente a tratti martellante. Flash di "Raw Power" di Iggy & the Stooges e "Back in the USA" degli MC5, se proprio vogliamo fare dei paragoni con nomi blasonati; deja-vus di Turbonegro e Toilet Boys, qua e là leggerissime ombreggiature garage lo-fi. La vocina vezzosa e vanesia di Jetson svetta su canzoncine da tre minuti che girano sempre su hooks piuttosto azzeccati. Il disco mi lascia questa sensazione molto simile a, quando un po' troppo sbronzetto, ho una voglia matta di fumare, ma di sigarette neanche l'ombra. Non sono sicuro che questo sia propriamente un bene, ma in fondo non me lo chiedo più di tanto, visto che continuo ad ascoltare questo disco e lo trovo assai piacevole.

Curiosità: questi baldi giovani si auto producono, grazie a Myspace sono riusciti a diffondere la loro proposta in lungo e in largo, guadagnando un ottima visibilità, e un bel tour europeo che li ha portati anche a Torino al "Days of the dead".
Le$ter

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ROSELIND
"Roselind"
Self Produced - 2005

Poco più che maggiorenni, questi 5 giovani di Philadelphia si buttano sul mercato con un mini CD che potrebbe far impallidire i più navigati rocker del settore. Il progetto si fa subito apprezzare sia per la professionalità con cui si propongono al pubblico, sia per il livello qualitativo delle 6 canzoni proposte, un fresco mix tra Aerosmith, Bon Jovi e il rock dei 70's.
Non viene trascurato nulla, tutta l'immagine coordinata (sito, artwork, ecc.) con lo stesso filo conduttore, tante piccole "finezze" che aggiunte alla loro musica e alla loro età, gli aiuteranno sicuramente a catturare l'attenzione di qualche grossa etichetta.

Se tutte le nuove leve americane si indirizzassero su questo filone musicale, di certo molti gruppi farebbero meno fatica ad emergere, perchè ci hanno confezionato un prodotto che riuscirà senza indugi a raggiungere i consensi di vecchi e nuovi rocker, alternando pezzi più hard rock oriented, ad altri meno tirati o lenti.
"Favorite Vice" e "Never Be The Same" le mie preferite!
Moreno Lissoni

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KID EGO
"Ignite the Tide"
Rock Revolution - 2005

Con una copertina che ricorda "Cuts" degli LA GUNS ritornano dopo il mini recensito qualche tempo fa gli inglesi Kid Ego con il loro esordio discografico 'Ignite the Tide'. Il five-pieces, come già detto nella passata recensione, suona un'hard rock dalla vena stradaiola con chitarre che graffiano, sezione ritmica prepotente e cori che ammiccano, 12 tracce di buon livello che però avvertono anche qualche episodio insipido.

Le 4 tracce che aprono il disco mostrano da subito il lato migliore, sguaiato sleaze metal a partire dalla title-track e proseguendo con "Lady Conniver" che si posizionano direttamente sul podio delle migliori tracce del CD, seguite a ruota da "Till I Die" e "Magic Candy", ma da qui in poi l'album scende un pò di tono salvo sporadici casi (la strana lenta "UFO" e lo strettone di "Long Time Runnin").
Song un pò ripetitive e a volte troppo lunghe ("Heartbreak Hooker", "Unbreakable") che non fanno avere alla band il massimo dei voti, ma 'Ignite the Tide' rimane un buon lavoro per chi ascolta il genere.
Moreno Lissoni

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FRIENDS OF THE G-STRING
"Personal Pleasures"
Joern Kachelriess - 2005

Friends of the G-String è il nome del progetto creato dal chitarrista di Matt Reardon, Joern Kachelriess, 10 brani dove il musicista tedesco fa incontrare il rock con il grunge. Non sono proprio di facile catalogazione i primi pezzi che ci presenta, "Satellite" e "Ride For The Summer" mostrano il lato più 'commerciale' con delle sonorità rockeggianti, ma allo stesso tempo dal sapore moderno, quest'ultima parola potrebbe essere utilizzata anche per descrivere song come "My Love Away", "Losing Ground" e "Autumn Song".

Alla conclusione del disco ricompare Matt Reardon ed ecco arrivare la versione acustica di "Break" (ballata grunge di buon gusto) e la Seattle-iana "On My Way".
Atmosfere non sempre in linea con i gusti del tipico lettore di SLAM! quindi, ma un discreto lavoro fatto di spunti interessanti.
Moreno Lissoni

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CHEAP TRICK
"Rockford"
Spv - 2006

Dopo qualche passo falso i Cheap Trick tornano ad essere grandi e, intitolato il disco come la città dell’Illinois che gli ha dato i natali nel 1973. In un immaginario ritorno a casa sfornano un album che li riporta ai vecchi sfarzi. I Cheap Trick sono sicuramente una delle bands più sottovalutate della scena musicale e, così come è stato qualche anno prima per i Thin Lizzy in Gran Bretagna, hanno influenzato centinaia di bands per almeno tre decadi. Senza il loro power pop rock, per esempio probabilmente adesso non avremmo avuto i Def Leppard e sicuramente gli Enuff z’ Nuff. Incredibile la capacità di Nielsen e soci di fare strepitosi dischi a cavallo fra eleganza e pacchianeria, fra genio ed idiozia riuscendo (quasi) sempre a mantenere un equilibrio perfetto.

"Rockford" contiene tutto quello che avrei desiderato sentire dai Cheap Trick nel 2006 e si attesta sicuramente fra i migliori lavori di tutta la loro carriera. “Welcome to the world” è un anthem perfetto per aprire i concerti, non dimentichiamo che questa è gente da duecento date all’anno, “Perfect Stranger”, scritta e prodotta con Linda Perry potrebbe essere inserita nel “Compendio della storia del rock” sotto la voce “Cheap Trick” e sicuramente farà un disastro nelle FM statunitensi.

“It takes a lifetime” ricorda “Tonight it’s you”, “Come on, come on, come, on” è un bel pezzo tirato mentre “Oh Claire” sintetizza quell’equilibrio tra bello e stucchevole di cui parlavamo prima. Che i Cheap Trick debbano molto ai Beatles non è un mistero, ma qui pare che Zander voglia proprio fare Lennon, inserendo anche un tinta di roco nella voce, così, tanto per gradire. E se “O’ Claire” fa pensare a “Lennon meets the E.L.O.”, la successiva “This time we got it” riporta ancora alla mente Jeff Lynn, questa volta nella versione Travelling Wilburys. “One more” ha un intro di batteria che sembra “I want you to want me”, poi ricorda “Gonna raise hell” e alla fine ditemi se i Def Leppard non devono qualcosa a questi signori. “Every nigt and every day” è uno di quegli episodi dove la melodia è praticamente perfetta mentre “All those years” torna sulla soglia del cattivo gusto, senza mai superarla e dando dimostrazione della forza di questo gruppo.
Credo proprio che comprerò un cottage a Rockford, Illinois, perché mi sa che lì c’è l’acqua buona…
Matteo Pinton

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BRIAN OBLIVION
"The Flash Before The Crash"
October 32nd Records - 2005

I Trash Brats... pensando a loro inevitabilmente la mia memoria ritorna indietro di una decina d'anni: le fanzine, cartacee, gli scambi di cassette, i sopravvissuti della scena glam in Italia e una spassosa VHS regalatami dal buon Pierluca di Ascoli che catturava la band di Detroit durante i loro show e nei momenti più... trash del loro quotidiano.
Se non sapete chi sono i Trash Brats, lasciate perdere questa recensione e ritornate ad ascoltarvi i Dimmu Borgir, perchè se non li conoscete, vuol dire solo 2 cose: o siete troppo giovani, oppure siete dei defender com Simone Parato.

Lasciamo da parte i metallari e ritorniamo a parlare dei Trash Brats per introdurvi il primo disco solista del (ex) vocalist Brian Oblivion, solito salire sul palco con crignera rosa e lingerie. Look leggermente più sobrio, rieccolo nel mio stereo con "The Flash Before The Crash", album di 13 tracce composte nel 2005 in cui il bubblegum glam punk del suo vecchio gruppo lascia spazio per un più tradizionale punk rock dalle varie sfumature, ma sempre con una giusta dose di melodicità.

I Trash Brats erano sicuramente tutt'altra cosa, ma anche qui tra flessioni Social Distortion-iane, punkettose e country ("Bar Room Angel"), la release si fa apprezzare senza esaltare. "Roy And Billie" e il glam punk di "Balloom Animals" fanno partire bene il CD, che vede i suoi picchi in "Suicide Saloon", nella cover di "Silver Wings" e nella conclusiva "Monster Flicks".
Bentornato quindi, ora però mi tiro fuori "The Joke's On You" e inizio a canticchiarmi "Downtown Nowhere", gli altri posso continuare ad ascoltarsi "Enthrone Darkness Triumphant".
Moreno Lissoni

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SWEET CHEATER
"Eatin Ain't Cheatin"
Perris Records - 2006

Ammetto che negli ultimi anni ho fatto un pò di fatica a mettere materiale hair metal nel mio lettore, un pò per averne abusato in passato e un pò per il livello medio basso delle nuove proposte, raramente con buoni spunti e soprattutto idee.
Gli Sweet Cheater fanno parte però di quella categoria di dischi che si fanno davvero ascoltare e c'è anche da dire che sto rivalutando molto la Perris che non butta più fuori solo avanzi mal registrati di qualche vecchia hair metal band, ma sta facendo un buon lavoro di recupero nell'underground.

Abbastanza nota ai fan più cotonati di fine anni 80, questa band si sciolse nel 1990 e dopo 15 anni Tom Flaherty, Mark Rahilly, Mike Chappel, Tom Leger e il fratello Charlie Leger si sono ritrovati per un reunion gig al The Paradise Lounge di Boston dove ha registrato l'intera esibizione che dovrebbe uscire presto anche su CD.
Anche se l'etichetta texana li dipinge come una sorta di Def Leppard/Tesla/Kix devo dire che l'accostamento più riuscito è solo quello con gli ultimi dato anche dalla timbrica vocale di Mike Chappel che ricorda spesso quella di Steve Whiteman.

I nostri dolci imbroglioni ci regalo così 10 pezzi di hair metal stradaiolo dove tra un pezzo più rock oriented e una ballad si possono riscontrare - in ordine non casuale - ampie dosi di KIX, RATT e BANG GANG che fanno di "Eatin Ain't Cheatin" un album di pregevole fattura, non un capolavoro del genere, ma un lavoro che spicca nelle uscite del settore.
Moreno Lissoni

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VERTIGO
"Vertigo 2"
Frontiers Records - 2006

Ritorna con il progetto Vertigo una delle migliori voci Aor di sempre: Joseph Williams.
Prodotto sempre da Fabrizio Grossi e coadiuvato da Alex Masi alle chitarre e Virgili Donati alla batteria quanto distribuito da Frontiers sono 40 minuti intensi di puro Aor che non possono pero’ non far pensare e paragonare questo cd al primo progetto Vertigo, più incisivo e più accattivante. Tutto sia chiaro suonato alla perfezione, meno produzione per questo secondo lavoro lo rendono comunque molto godibile e qualitativamente molto buono.

Tra le tracce migliori l’open track "In the Blink of an Eye" (Aor classica con un gran ritornello), "Holy" (molto melodica, di atmosfera e diretta) e la preferita di chi scrive "Save It All For Me" (ballad da brividi).
Album essenziale per capire il percorso di Williams e per avere una visibilità completa sul progetto Vertigo e sulle possibili evoluzione dello stesso. Voce, melodia e rock si ritrovano ancora una volta in un prodotto imperdibile per i fans dell’Aor.
Mauro Guarnieri

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THE BONEDRIVERS
"Roadhouse Manifesto "
Blue/Black Records - 2006

Dopo il promo recensito da SLAM! nei primi mesi del 2004, finalmente ecco arrivare il disco di debutto dei BONEDRIVERS.
Band formata da Keith Karloff (chitarra, voce) e R.D.Maynard (basso), entrambi componenti della hard rock band The Gone Jackals, dal bravissimo Johnnie Colletton (voce, chitarra) e da Randy Gzebb (batteria, anche membro dei Love Club).
Fin da quando è nata, la band non ha mai smesso di esibirsi dal vivo a San Francisco e ditorni, concentrando tutto nella penisola californiana. In effetti i Bonedrivers sono un'ottima live band, che defiscono il loro genere "roadhouse style rock'n'blues". Ed è proprio da questo termine che ha origini il titolo del cd, coerente sin dalla copertina: Roadhouse Manifesto.

La travolgente "Who Burned My Building Down?" riporta direttamente alle sonorità di Jimi Hendrix grazie ad un riff di chitarra davvero formidabile ed a Colletton che ricorda vocalmente alcuni bluesman storici, solo che con una voce più graffiante. Ed è proprio questo pezzo insieme a "Live To Ride" (Ride To Live!) e alla bellissima "Light Of The Morning Sun", che andavano a comporre il promo recensito 2 anni fa circa.
"Roadhouse Manifesto" è disco veramente completo e assai ben curato per il suo genere, non gli manca niente, dalla ballata ("Lou Ann"), al blues ruvido di "Get It!", dal rock frenetico di "Evil Twin Sisters" alle atmosfere jazz-blues di "Macon Bacon".

Il resto del disco comunque, non è mai al di sotto dei brani sopracitati, anzi rafforza lo stile "roadhouse" dei Bonedrivers, specie con canzoni tipo "Along Comes Trouble" e "Do You Want Some Of This?".
Tral'latro, nel disco sono presenti "ospiti" come Julien Vaught (Ray Charles, B.B. King) al Sax e Thom Stokes (Deacon Jones Blues Band) al basso.
Davvero un ottimo album di debutto, di cui certamente vale la pena l'acquisto. Consigliato a tutti gli amanti del Rock'N'Blues "stradaiolo"...
Carlo Mazzoli

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LAIDLAW
"The Foam Box Sessions"
Yessir Records - 2006

I Laidlaw, ora alla terza prova discografica, vengono da Houston, Texas, e "The Foam Box Sessions" è un album texano al 100%, da qualsiasi angolazione lo si guardi. Ha un sound maledettamente southern, con quelle screziature hard che tanto piacciono nello stato della stella solitaria, è prodotto da un autoctono del sud, quel Joe Hardy che ha legato il proprio nome a Steve Earl e ZZ Top. E sempre per rimanere in tema, lo hanno registrato nei Box Foam Studios (e chi lo avrebbe mai detto?) di proprietà degli ZZ Top che, guarda caso, sono un po’ la bandiera del rock texano.

Southern rock texano, dicevamo, che parte col piede giusto, "Revolution Is Coming" ha un riff quasi Hendrix-iano con un ospite di tutto riguardo: Michael Anthony, bevitore di bourbon e bassista dei Van Halen. Con “Let Your Love Light Shine” introdotto da roventi bottleneck ci si sposta molto più a sud per attestarci su sonorità più hard con la successiva “Open Up Your Mind”. Se “Swan Song (Tribute To Led Zeppelin)” è un omaggio ai ragazzi di Plant, “War Machine” lo è agli ZZ Top e la mano di Hardy si sente presente più che mai. In alcuni brani come “Sunshine Woman” e “Down So Long” pare di essere al cospetto dei Black Crowes mentre “Nascar Superstar” “Are You Living Your Dream” sono southern di brutto.
Un disco niente male che si chiude degnamente con “A little time”, una ballatona da cantare con l’ acustica sul patio che si affaccia sulla Route 66 mentre ci si rende conto che sono almeno 6 mesi che non spolverate i vostri Lucchese.
Matteo Pinton

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GRAYSON MANOR
"Children of the Manor "
Bad Reputation Records - 2006

Avevano fatto parlare di sè perchè il loro vocalist Brad Cox fece un'audizione per entrare nei Velvet Revolver, ma come tutti sapete, non andò a buon fine. I GRAYSON MANOR sono una giovanissima band proveniente da Atlanta nata nel 2002 e che non nasconde il proprio amore per gruppi come Motley Crue, Skid Row, Guns N' Roses e Judas Priest.
L'etichetta francesce Bad Reputation pubblica questo "Children of the Manor" composto da 11 brani e con l'aggiunta dei 6 pezzi presenti sul vecchio mini CD, il sound è un hard & heavy stradaiolo che non sconvolgerà di certo nessun equilibrio musicale, pur creando composizioni graffianti.

Anche se siamo ancora distanti anni luce da un nuovo "Too fast For Love" o "Appetite For Destruction", i GRAYSON MANOR riescono a creare delle situazioni piacevoli, ed è così che ci fanno apprezzare l'opener "Set You Free", la monolitica "High School Confidential" o gli hard rock di "In My Skin", "I've Been Trying" o "Farmer Daughter's".
Con la cover di "Maggie May" si chiude il capito e si passa così al vecchio materiale, ed ecco rimaterializzarsi le già note "Ragdoll", "Enemy", "Down and Dirty", ecc...
Un disco per gli amanti degli anni 80, che sa regalare agli appassionati oltre un'ora di energico rock in bilico tra Motley Crue e Skid Row.
Moreno Lissoni

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JOKER FIVE SPEED
"Rock N' Roll Is A Motherfucker"
Perris Records - 2006

Sono un paio di anni che li seguo senza fortuna, ma ad un certo punto mi scrisse un loro componendo dicendomi che si erano sciolti. Grazie a al cielo tanto ben di Dio non è rimasto rinchiuso in qualche nastro, e la buona Perris Records ha ben pensato di recuperare tutto il materiale della band inciso in questi anni raccolto in questo "Rock N' Roll Is A Motherfucker", una compilation di songs che racchiude la carriera della band dal 2000 al 2005.

"If W.Axl Rose had produced The Supersuckers, Van Halen covered AC/DC or if Cheap Trick was a meth-eatin' biker gang, you'd have JOKER FIVE SPEED", come fate a non incuriosirvi con uno slogan del genere!?!? ...Beh, con me ci sono riusciti e la mia perversione nella ricerca di nuove realtà musicali questa volta è stata premiata perchè questa hard rock gang di New York ha (ops, aveva!) tutte le carte in regola per farmi innamorare.
Quasi un'ora di alta tensione giocata su ritmi rockeggianti, a tratti KISS-iani ("Everybody's Alright", "Jet Set City", "Dirty Power") che si alternato a ritmiche più punkeggianti o episodi più melodici ("You Dont Know Me") e quasi Velvet Revolver-iani ("Shotgun").
KISS, Motorhead e Cheap Trick gli elemti principali della loro formula sonora, unico rammarico il fatto che non esistano più, sigh!
Moreno Lissoni

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SMALL JACKETS
"Walking the Boogie"
Go Down Records - 2006

Questa recensione potrebbe iniziare con una frase tipo “ma allora i romagnoli non sono bravi solo a suonare il liscio” o qualcosa del genere, ma scarto immediatamente l’idea, che oltre ad essere una cazzata arriva troppo in fretta a conclusioni, e vi racconto che e’ dopo aver visto gli Small Jackets live in quel del Keller di Bergamo che mi sono voracemente affrettato ad ascoltare questo “Walking the boogie”, secondo full lenght della band romagnola.

Che i ragazzi intendano tributare i maestri Hellacopters, non e’ un mistero: tutto infatti, dallo sticker sulla cover, che ci segnala la presenza di Nicke Royale come ospite d’onore, alla foto di copertina, ci rimanda alla band svedese, e l’iniziale My Surprise non contraddice le premesse: hard rock con radici ben piantate nei 70s e la testa in qualche fiordo scandinavo. Forever Night aggiunge un pizzico di AC/DC, mentre è una vena più funky a tirar fuori la testa in “If You Don’t Need…” e “Leave Me Alone”. Discorso a parte per “Maybe Tomorrow”, potenziale singolo dalla vena bluesy, con tanto di armonica a creare il clima giusto per un bbq in riva al Mississippi! La successiva “Wintertime” ci porta in un viaggio lungo quasi 10 minuti, che inizia e termina con gli Scream di John Corabi, passando attraverso un intermezzo acustico degno dei Led Zeppelin più lisergici.

Sulle coordinate precedentemente tracciate si muovono anche le successive “Born To Die”, “Heroes”, la strumentale “Phoenix’s Light” e “She Don’t Care”, per chiudere con una ghost track acustica, ruffiana, perfetta per una serenata in spiaggia… Se non è per forza l’originalità che cerchiamo in un album, questo Walking the Boogie ne sopperisce la mancanza con una buona dose di attitudine, e dei pezzi forse non immediati, ma che alla distanza prendono forma, rivelandosi meno ripetitivi di quanto un primo, distratto ascolto potrebbe erroneamente far pensare.
Peccato solo che la produzione, per quanto curata, sia stata eccessivamente “edulcorata” e non renda giustizia all’impatto che la band può avere dal vivo, penalizzando soprattutto batteria e voce.
Simone Piva

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SEQUEL
"Back"
Greg Georgeson - 2006

Come recita la copertina, "Back" segna il ritorno della band di Portland, che debuttò nel 1982 con il loro album omonimo e che vede nella sua line-up il bassista Todd Jensen, un session player che ha prestato il suo contributo a Doro, Ozzy Osbourne, David Lee Roth, Marc Ferrari, Alice Cooper, Hardline, Steve Perry e Paul Rodgers.
I Sequel si rifanno all'hard rock melodico degli Eighties con venature Aor e in qualche caso settantiane. Ad aprirci le porte è "All Right All Right", carico arena rock tra Van Halen e Damn Yankees e si prosegue poi con "Cherry Wine" dove non mancano rimandi a gruppi come Black'N'Blue.

La ballad "The Best I Can", bene eseguita ed interpretata ci conduce verso "You Don't See Me" dove i Sequel fanno qualche passo indietro nel tempo con un rockettino semplice semplice dalle venature anglosassoni e così anche "What's Wrong With You?" sembrano voler lasciare da parte i panni del passato da FM Rock per cimentarsi in un pezzo dove si denotano i chiari riferimenti al sound dei Rolling Stones.
Tra pezzi più leggeri e altri più rock, "Back" si fa ascoltare senza problemi, bentornati!
Moreno Lissoni

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BLACKLIST UNION
"After The Mourning"
Blu Records - 2006

Era da diverso tempo che ero in contatto con loro e finalmente da qualche giorno ho anche io l'opportunità di ascoltarmi "After The Mourning", esordio discografico di questa band nata un paio di anni fa in California da Tony West (voce), Mark Fain (chitarra), Diego Russo (chitarra), Joey B (basso) e Moon Hills (batteria), quest'ultimo sostituito recentemente da Devon Glenn che qualcuno ricorderà dietro le pelle nei primi 2 album dei Buckcherry.

Il CD, prodotto da Chris Johnson (Josh Todd, Evanescence, Goldfinger), suona molto moderno e per nulla scontato, con una solida base hard rock, arrangiamenti quasi alternative e a tratti assai cupi, una miscela sonora composta da Velvet Revolver, Cult, Jane's Addiction e Warrior Soul.
Su 10 tracce a disposizione, solo un paio mi lasciano un pò indifferente ("Another World" e "Waitin` On You"), per il resto il CD rimane sopra la media grazie soprattutto alla loro capacità di creare pezzi originali, ma allo stesso tempo d'impatto come nel caso dell'apripista "After The Mourning".
La timbrica vocale di Tony West mi ricorda dannatamente qualcuno, ma al momento di questa recensione la sensazione di deja-vu non ha ancora avuto risposta. Tra le composizioni segnalo la power ballad "Dying To Live", per il resto una band che merita attenzione. Da contattare!
Moreno Lissoni

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ROCK HARD POWER SPRAY
"Commercial Suicide"
Universal - 2006

Mi erano stati segnalati da un amico (ciao Piuitz!!!), e con mia sorpresa scoprii di averli già contattati tempo addietro. Neanche il tempo di rendermene conto che mi trovo il CD sulla scrivania e noto con piacere che il prodotto esce per una major! Mica pizza e fichi, al giorno d'oggi vedere un gruppo del 'nostro' settore uscire per una etichetta grossa e quasi come vedere Adriano felice, quindi c'è solo da esserne contenti e magari sperare che i potenti continuino a dare un'occhio da queste parti!

Di certo la Universal non ha beccato i primi a caso, infatti i Rock Hard Power Spray si sono fatti conoscere per aver vinto la scorsa edizione dell'Emergenza Festival, evento nato 15 anni fa e diventato principale contest per band emergenti. Nonostante l'ottima produzione affidata a George Marino (Ac/Dc, Metallica, Hives), questo "Commercial Suicide" non mi ha convinto al 100%, sarà perchè la critica e le recensioni lo hanno osannato e allora le mie aspettative andavano ben oltre, sarà che non amo particolarmente certe loro soluzioni, ma sta di fatto che pur rimanendo un album sopra la media, non mi sembra essere il disco dell'anno.

Ribadisco, il disco viaggia bene, tra sonorità 80's, punk e rock moderno, però manca quel qualcosina. Spero di dovermi ricredere, forse ho bisogno di altri ascolti, ma per il momento il mio voto non va oltre al 7 e mezzo. Chiudo segnalando i pezzi che preferisco: "3rd of the 5th", "1859", "Fucks for Free", "Nicoteen", "Ride on Me" e "Redneck Superstar".
Moreno Lissoni

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GLYDER
"Glyder"
Bad Reputation - 2006

Solo fino a poco tempo fa, ho quasi ignorato l'importanza nella scena rock di una band come i Thin Lizzy. Una delle mie tante pecche... per me era solo la band di "The Boys Are Back In Town" e solo la curiosità di capire perchè tanti musicisti hard rock menzionavano questa band come una delle loro maggiori fonti di ispirazione mi ha spinto a recuperare un pò di materiale.

Forse hanno ottenuto meno di quello che avrebbero meritato ed è curioso scoprire che la canzone che preferisco dell'ultimo disco degli Hanoi Rocks ("Dear Miss Lonely Hearts") o "Nineteen" dei Bad 4 Good non sono altro che 2 canzoni scritte da Phil Lynott... Tutto ciò per introdurvi il quartetto irlandese dei Glyder fuori proprio in questo periodo con il loro esordio discografico per la francesce Bad Reputation e prodotto da Chris Tsangarides (JUDAS PRIEST, THIN LIZZY, MALMSTEEN, BRUCE DICKINSON, HELLOWEEN, ANGRA, BLACK SABBATH).

La band sembra cresciuta tra boccali di Guinness e i dischi dei Thin Lizzy e non è un caso che alcuni di loro prima facessero parte a una band tributo a quest'ultimi. La release credo farà la felicità degli estimatori di queste sonorità e apprezzerà gioiosamente pezzi come la monolitica "Colour of Money" e brani dove è ancora più marcata la presenza del fantasma di Lynott: "She's got it", "Saving face", "Takin' off", "Die or Dance" o "Neutral Coloured Life".
Disco suonato con cuore, grinta ed ispirazione e anche se non siamo di fronte a nulla di innovativo, ci trovate tutta l'anima dell'hard rock irlandese.
Moreno Lissoni

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WOUNDED
"Ease Me"
Blue Lemon - 2005

"Snoopy girava al nostro bar preferito nel 2001 e sapevo che era appassionato di Skid Row e tutto quel genere. Lo rubammo a una band chiamata Wounded. È il più giovane della band e fa sempre pazzie quando siamo in tour. È lui a portare tutte le nuove influenze grazie al suo appetito per il metal moderno".

Così raccontò Tin Star ad una nostra intervista sul reclutamento del chitarrista nei Gemini5 che è tornato a dedicarsi al suo vecchio progetto: i Wounded.
Poche le informazioni in mio possesso sul gruppo, se non che questo singolo di 2 pezzi anticipa l'uscita dell'album dal titolo "Til The End". Sonorità più cupe e gothicheggianti, che si discostano leggermente da quelle a cui i Babylon rockets ci avevano abituato, questo per quanto riguarda "Ease Me", mentre "Stripped" è una lenta vampiresca slow acustica. Prima di dare giudizi preferirei sentire il disco intero, per il momento fatevi una capatina sul loro sito!
Moreno Lissoni

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