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pintSIZE
"Five
Feet...No Inches"
The (323) Entertainment
Group – 2005
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Prendete l'eccentricità delle
Runaways, il mood scanzonato che
producevano le canzoni delle Shampoo
e fondetelo con il sonorità catchy delle
Donnas e le chitarre di Andrew WK,
ora potete avere un'idea - confusa - di quello che
propongono i pintSIZE, gruppo con sede a Los Angeles
e capitanato dal peperino che fa di nome Pint.
"Five Feet...No Inches",
ci mostra una band pronta a farvi alzare il volume
del vostro stereo, uno di quei nomi da tenere d'occhio
perchè non mi sorprenderei di vederli su qualche
emittente telivisiva con il loro singolo "My
Fist / Your Face", brano DONNAS oriented
che si stampa subito in testa dopo solo un ascolto.
Tutto l'album si fa ascoltare senza esitazione e viene
rafforzato dai chitarroni metallozzi di Dick Image,
autore anche di 2 pregevoli pezzi strumetali che aprono
e chiudono il lavoro.
Tra gli highlights ci metto sicuramente
"Shut Up And Let's Do It", "Say Yes
To Drugs" (Donnas meets Shampoo),
"Wish You Never Met Me" e "You're Dead,
Pass It On", una versione power pop di Andrew
WK, mentre nella rude e Plasmatics-iana
"Fucked Up In The Food Court Again" dove
fanno anche capolino i Motley Crue...
ma solo nel testo.
Nel lavoro sono anche presenti 2 cover "Straight
Up" di Paula Abdul e "Eat
Me Alive" dei Judas Priest,
ma ne avrei fatto volentieri a meno perchè
il quartetto californiano se la cava benissimo con
i propri pezzi! Disco perfetto per tirare su l'umore
in questo periodo di apatia autunnale!
Moreno Lissoni
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ROCKSTAR PUSSY
"Black
Demon Girl"
Self Produced –
2005
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Verrebbe quasi voglia di recensire
il nome della band piuttosto che il cd... ma lasciamo
perdere. Per descrivere il lavoro di questi granitici
crucchi basterebbe una parola: metal, in tutto e per
tutto. Nello stile, che i cari amici bikers tanto
apprezzerebbero, e nell’ossessiva ricerca di
quell’alchimia Motorhead-iana
che mi porta a non poter distinguere una canzone dall’altra.
Gli ingredienti dei nove brani rimangono
costanti per tutti i 40 minuti di ascolto: chitarre
arrabbiatissime, batteria che pesta a più non
posso in stile squisitamente heavy, voce sporca, anche
se un tantino manchevole di corposità, il tutto
amalgamato con i cari vecchi assoloni metal vecchia
scuola. Che mi sta anche bene per un po’, ma
un cd intero non lo reggo. Ogni tanto un raggio di
sole tra le nuvolose si intravede tra le note che
fuoriescono dalle casse sotto forma di un cambio di
ritmo, ma manca fantasia, è tutto molto, troppo
ripetitivo. Però attenzione.
Se si arriva alla fine dei nove pezzi
troviamo ad aspettarci lo zuccherino, una deliziosa
ghost-track che, per quanto mi riguarda, è
il brano migliore dell’album. Via il metal,
arriva l’hard rock. Di sicuro questi ragazzi
non difettano in grezzume e capacità di essere
diretti e decisi. Magari un pelo di varietà
in più però? No?
Claudia Schiavone
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ARROWS LOUNGE
"Sonic
Thrust"
Self Produced –
2005
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Il giovanissimo combo londinese si
presenta al pubblico con un EP ci 5 brani. L’impostazione
vocale del cantante David Rain, il riffing quasi blueseggiante
e le atmosfere che mescolano 70 e 80 fanno di questo
CD un lavoro gradevole. Manca forse un 'hit', ma tutto
sommato gli hard rock di "Face the Sky, "Your
Eye Of The Storm" e soprattutto "Down.Here.Paradise"
vanno oltre la sufficienza.
Anche se questi 5 ragazzotti inglesi
non si sono inventati niente, i pezzi presenti non
lasciano dubbi sulle loro capacità, forse ancora
'acerbi' di idee, ma vista la giovane età (20
anni di media) glielo si può permettere. Difficile
trovare paragoni, ma nelle due tracce conclusive "As
Long You Can Breathe" e nella lenta "Worstward
Ho" mi sono balzati alla mente gli Electric
Boys, ma con ciò non voglio sviarvi,
quindi vi invito ad ascoltare le song sul loro sito,
così potrete giudicare con le vostre orecchie.
Moreno Lissoni
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7th SENSE
"7th
Sense "
Self Produced –
2005
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Giovanissimi i 7th Sense, presentano
la loro prima fatica, di matrice chiaramente pop rock.
E’ un lavoro parecchio acerbo, le idee sono
buone, ma il tutto suona troppo di già sentito,
un pizzico di originalità in più non
guasterebbe. Nei primi 2 pezzi viene fuori l’anima
Goo Goo Dolls-iana del gruppo.
“I want more” è
il pezzo migliore, con più appeal rispetto
agli altri, si chiude con “My destiny”,
in cui spunta, finalmente, una chitarra che sgomita
per imporsi. L’elemento che più mi lascia
perplessa è la voce, bisogna lavorarci per
renderla più sicura. Sono giovani e devono
crescere questi ragazzi, forza rimboccatevi le maniche,
it’s a long hard road out of hell!
Claudia Schiavone
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NASHVILLE PUSSY
"Get
Some! "
SPV/Steamhammer –
2005
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Ma che rara gioia tornare a casa il
venerdi sera dopo una dura settimana di lavoro e trovarsi
un gioiellino come questo nella posta!
Tornano i Nashville Pussy, con un carico di puro rock’n’roll
americano, sporco, volgare, diretto e sudato come
sempre. E stavolta alla produzione c’e’
nientemeno che Daniel Rey (Ramones,
anyone?) a mettere il timbro su uno dei miei Top Ten
Albums del 2005.
C’e’ poco da dire: difficilmente
trovero’ uno tra voi lettori che non conosce
i lavori passati del rauco quartetto statunitense,
e in “Get Some!” non c’e’
niente di nuovo, nel senso piu’ positivo che
si possa intendere. Di nuovo ci sono tredici pezzi
brillanti, o forse dovrei dire dodici visto che uno
di questi e’ un’azzeccatissima cover di
“Nutbush City Limits” (Tina Turner).
Aggiungo che, se personalmente ho sempre preferito
i Nashville Pussy in versione live, questo cd riesce
a catapultare fuori dagli speaker tutta l’energia
che li contraddistingue on stage, forse in parte per
merito del buon Rey.
I nomi di spicco non finiscono con la produzione:
ospiti alla chitarra troviamo Rick Richards dei Georgia
Satellites e Izzy Stradlin
di gunsnrosiana fama.
Il vocalist Blaine Cartwright dichiara
“ho ascoltato questo disco ogni giorno da quando
lo abbiamo registrato e non ne ho mai abbastanza”:
solite iperdichiarazioni promozionali? Ne dubito.
Dal momento in cui la chitarra della travolgente Ruyter
Suys irrompe attaccando l’opening “Pussy
Time” e’.... Pussy time! E party time
nondimeno. Sin dalle prime note sai cosa hai davanti,
e se ami il rock’n’roll sai che restera’
nel lettore per un bel po’. La seguente “Come
on come on” e’ ancora meglio, e sinceramente
non c’e’ un pezzo che non mi abbia soddisfatto.
I miei personali preferiti sono “Atlanta’s
still burnin” e “One way down”,
poi si sa come va a finire con lavori di questo livello:
tra un paio di settimane mi saro’ fissata su
altri due o tre...
Sapete cosa? Andate ad accattarvi una copia che son
soldi ben spesi, specie coi tempi che corrono. Io
vi saluto e mi rimetto all’ascolto... “Hate
and Whiskey” davanti al fuoco, perfetto venerdi
sera!
Cristina Massei
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ROX DIAMOND
"Powerdrive"
Self Produced –
2005
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Quando ci si ritrova inclusi nei credits
di un album è difficile mantenere una certa
oggettività nel giudizio. Francamente, conoscendo
nel dettaglio le molte vicissitudini che hanno accompagnato
il varo di questo comeback dei Rox Diamond, che ha
seriamente rischiato di uscire come un inutile EP
a sei tracce, temevo fortemente che il risultato potesse
non essere all’altezza delle aspettative, sia
dei fans che della stessa band… Del resto i
samples scaricabili dal sito ufficiale avevano una
resa tutt’altro che brillante…
Dunque confesso che ero piuttosto scettico…
Sono invece bastate poche note a farmi ampiamente
ricredere, su un prodotto rivelatosi di sorprendente
spessore. Dalle composizioni, ottimamente strutturate
ed eccellentemente arrangiate, frutto di una indiscutibile
maturità artistica, trasuda l’inconfondibile
trademark sonoro di una band che, a dispetto della
ridotta produzione discografica, ha saputo creare
una propria impronta musicale ben distinguibile. Sorprende
il considerevole guitarwork di Kevin Achenback, ma
è tutta la band a mostrarsi estremamente ispirata
e determinata.
La produzione è ad alti livelli, e consente
di apprezzare appieno le diverse sfumature sonore
dei singoli strumenti. Musicalmente l’album
è in linea con il superbo disco di debutto,
di cui si coglie la magia soprattutto in “Powerdrive”,
“Heartbeat Away” e “Rock Bottom”.
“Joanne” si adatta perfettamente
all’airplay, “Just can’ wait”
fa un po’ il verso agli Aerosmith
di "Rag Doll", mentre la meravigliosa “Innocence
of Yesterday”, pur muovendosi su coordinate
diverse, è un autentico trattato di rock melodico.
Più canonici, ma non per questo anonimi o scadenti,
i vecchi demos inclusi sull’album. Qui una band
ancora acerba propone tre pezzi sicuramente corposi
e tranquillamente in grado di competere con molte
produzioni AOR anche attuali, ma senza quella marcia
in più che contraddistinse le magiche canzoni
del debut album, come salta subito all’orecchio
non appena parte l’ultimo brano in scaletta,
una strepitosa versione live della classica “You’
re not the only one”, con tanto di assolo iniziale
basso/batteria…
Per non essere tacciato di parzialità, evito
volutamente ogni sensazionalismo ed invito tutti gli
amanti dell’AOR/pomp rock a fare un giro su
internet, e ad andarsi a leggere qualche altra recensione
di “Powerdrive”, dovrebbe bastare a convincere
anche i più scettici…
Alessandro Lilli
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ZAN CLAN
"We
Are Zan Clan, Who The F**k Are You"
Perris Records–
2005
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Torna a ruggire il vecchio leone Zinny
Zan, già leader dei mai dimenticati Shotgun
Messiah, band che riscosse buoni risultati
di vendita e di successo.
E con un titolo del genere, spocchioso e sicuro di
sè, il Clan non poteva che offrirci una prova
grintosa e tremendamente accattivante, sicuramente
all' altezza di qualunque produzione hard rock partorita
negli ultimi anni dai mostri sacri del genere.
Brani come l'opener "Go Go Go"
o la trascinante "High Speed Junkye" ti
fanno saltare e sbattere la testa dato l'alto contenuto
adrenalinico e la splendida "Mess Ya Up"
ti si stampa in testa che è un piacere, con
quel suo fare un pò scandinavo ed un pò
californiano.
L'intero pacchetto è costituito da potenziali
hit-singles, e di cali di tensione proprio non se
ne parla, tanto che i nostri non sparano a salve,
come tanti, neppure sul finale, regalandoci autentiche
chicche di hard rock stradaiolo come "Deja Vu"
o l'ispirata melodia di "Can't Get You Out".
E' vero, la band sarà sicuramente
capitanata dal buon Zinny, ma l'astuta vecchia volpe
non si è certo circondata da musicisti di secondo
ordine: le chitarre di Pontus Norgren (Talisman)
e Chris Laney (Bruce Kulick - Randy
Piper) sembrano a tratti suonate dalla mitica
coppia Slash/Stradlin, sia per il classico suono Gibson/Marshall
corposo e tanto in voga in quei mitici anni 80 (e
non solo) che portarono alle stelle lo street rock,
sia per gusto e raffinatezza nell'intercalare nelle
proprie canzoni i classici "passaggi obbligati"
del genere senza per questo rendere monotone e scontate,
ma con una grande dose di tecnica e virtuosismo in
più.
La sezione ritmica pulsa che è
un piacere, senza certo mai emergere con esibizioni
tecniche, non certo richieste nel genere, ma lasciando
sempre intendere che chi sta dietro pelli e quattro
corde non è l'ultimo arrivato, sottolineando
la teoria che far rendere un semplice tempo rock in
4/4 può risultare ben più complicato
che non dilettarsi in passaggi funambolici.
Chiude la cover del grande classico "Surrender"
degli storici Cheap Trick, ben eseguita
e leggermente sporcata con grinta e cattiveria, che
si ascolta sempre volentieri per chiudere in bellezza
un lavoro già di per sè impeccabile.
Speriamo che la Perris continui su questa strada regalandoci
degli ottimi prodotti, che non concorrono certo per
diventare l'album del secolo, ma che farete fatica
a togliere dal vostro lettore cd.
Paolo Pirola
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MELODY SQUAD
"Big
Bag"
Taitù Music
- 2005
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Curriculum di tutto rispetto per i
Melody Squad, quartetto che vede nella sua line-up:
il chitarrista Anton che in passato ha suonato con
Libra, Primerose Green, Rossovivo, Babilonia, Madreblu,
Paolo Martella, Francesco Tricarico; il bassista Mattia
è stato con Extrema e Biagio Antonacci; Rolando
con Cappanera, Paolo Martella e Tricarico, mentre
la vocalist Melody ha collaborato come corista con
Elio e le Storie Tese.
La proposta è una musica aggressiva
e a passo con i tempi, che pesca da tutta una serie
di attuali band che hanno alla voce una fanciulla
tipo Guano Apes, Anouk
("Go") e se vogliamo Skunk Anansie
e Alanis Morissette.
Nonostante vadano ad imbucarsi in mercato abbastanza
saturo, questo "Big Bag" rimane
senza dubbio un ottimo lavoro e, anche se esce un
pò dalla fascia dei fluitori abituali di SLAM!,
consiglio l'acquisto a chi non disdegna i gruppi sopracitati.
Moreno Lissoni
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DARKSKY
"Living
& Dying"
Aor Heaven - Frontiers
– 2005
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Nuovo combo teutonico dedito all'
hard 'n heavy melodico, i DarkSky lasciano presagire
dal proprio nome un approccio alla composizione cupo
e pessimistico, ma i pronostici vengono bene presto
smentiti, traccia dopo traccia, riportando l'ascoltatore
su territori melodici, a tratti zuccherosi, con quel
trade mark inconfondibile che solo la scuola tedesca
ci sà regalare.
L'intro anthemico ed incalzante è effettivamente
fuorviante, lasciando quasi presagire un attacco thrash
o power, e sono sicuro che a molti e non solo al sottoscritto
ricorderà la mai dimenticata colonna sonora
della saga dei Visitors (vi ricordate i serpentoni
alieni venuti a conquistare la terra?), ed invece
i DARKSKY "attaccano" con ciò che
sanno meglio fare: l'opener "Twister" non
è certamente un ciclone per velocità
ed aggressività, bensì un ottimo mid-tempo
cadenzato, improntato su ottime melodie dal flavour
settantiano con tastieroni tanto cari a Rainbow
& co., un pattern di batteria estremamente moderno
con una sequenza di cassa e rullante azzeccata e marcatamente
moderna, e chitarre aggiornate al 2005, corpose e
cariche di gain ma sempre affilate e taglienti in
perfetto rock-style.
La successiva "Save Our Souls"
è secondo me la canzone più riuscita
dell'intero pacchetto: un ritornello accattivante,
con la sua melodia che si installerà per molto
tempo nei neuroni del vostro cervello, con quell'incedere
incalzante che non lascia scampo all' ascoltatore,
costretto ad ascoltarla tutto d'un fiato dalla prima
nota all' ultima. Contraddistinte da un song-writing
tanto simile quanto vincente, si susseguono sul dischetto
la title-track "Living & Dying", "Back
Again", "Play The Game" e la splendida
"Cute Little Lie", veri pezzi da novanta
che sono sicuro faranno la fortuna della band. La
qualità migliore dei DARKSKY è dunque
la grande capacità di creare chorus semplici
ma mai scontati, e di costruire intorno a tali linee
melodiche un intreccio strumentale moderno e corposo,
suonato secondo le regole del nuovo millennio ma che
sicuramente piacerà anche ai fruitori dell'
hard rock melodico tradizionale.
Che dire, ottime canzoni, ottimi arrangiamenti
ed ottima produzione, che soprattutto non credo sia
stata raggiunta con un budget faraonico, il che sta
a significare un' ulteriore competenza e gusto nella
ricerca sonora da parte di questi cinque validi musicisti.
Assolutamente da ascoltare!
Paolo Pirola
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JOYSTIX
"Push
My Button"
Self Produced - 2005
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Gli ex-Sonic Dollz
Blodie (chitarra e voce) e Jimi (batteria) dopo il
cambio di direzione musicale, di monicker e aver arruolato
nella line-up un nuovo bassista, hanno inciso lo scorso
agosto questo demo CD di 4 pezzi dal titolo "Push
My Button" che è possibile scaricare
gratuitamente anche sul loro sito.
Lasciate un pò da parte le influenze glam punk
del vecchio repertorio, il terzetto ungherese vira
verso sonorità più scandinave senza
mai trascurare la melodia.
I paragoni con Gluecifer,
Hellacopters o Danko Jones
si sprecano, e anche se siamo ancora distanti dai
loro livelli, il risultato delle 4 composizioni è
più che buono soprattutto in "Put me in
the trash" e nelle melodie martellanti di "Beauty-fool".
Non c'è molto altro da aggiungere, il trio
dimostra di avere un buon potenziale che spero si
concretizzi in un full-length CD.
Moreno Lissoni
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THE MOB
"The
Mob"
Frontiers Records -
2005
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Dopo il passaggio a vuoto di XCARNATION
(concepibile solo se considerato estremizzazione della
sperimentazione sonora!!!) ci troviamo ad ascoltare
finalmente un CD dove traspare da ogni singola nota
la vera essenza di Kip Winger (qui
in veste di produttore e coautore) che lo ha reso
celebre e amato in tutto il mondo. THE MOB è
un progetto ambizioso che vede partecipi in prima
linea l’inossidabile Reb Beach (Chitarre/Cori),
un ispirato Doug Pinnick (Basso/Voce), il veterano
Kelly Keagy (Batteria/Cori) e Timoty Drury (Tastiere/Cori).
La open track ("One track mind")
apre una porta verso delle sonorità che pensavamo
ormai relegate ai fasti dell’Hard Rock dei primi
anni ’90 con riff di chitarra complessi ma di
facile presa ed efficacia che hanno reso inconfondibile
lo stile di Reb che ha la rara capacità di
valorizzare qualsiasi song con i suoi interventi creando
una vera e propria composizione nella stessa canzone.
Sicuramente la voce di Pinnick sposta il baricentro
stilistico lievemente verso il suo gruppo di origine
(King's X) creando un connubio veramente
gradevole e originale. L’impatto sonoro di Kelly
Keagy dà un prezioso contributo qualitativo
grazie all’enorme esperienza e mestiere maturati
nella sua lunga carriera così come le tastiere
di Drury sempre presenti ma mai invadenti che come
una preziosa cornice avvolgono un bel quadro d’autore.
43 minuti di puro Hard Rock classico senza compromessi
a cui si può tranquillamente apporre il sigillo
di prodotto USA DOC!!! Due ballads fanno tirare un
attimo il respiro senza far calare l’intensità
dell’insieme e ci trasportano ad un ascolto
tutto d’un fiato.
Un CD che consigliamo a tutti gli irriducibili
amanti del sound dei primi Winger con le dovute evoluzioni
sonore dettate dai tempi e dalle esperienze individuali
maturate nel corso di questi ultimi tre lustri. Non
deluderà neppure gli estimatori dei sofisticati
King's X. Unico rammarico per dei
nostalgici come noi è avere Kip solo dietro
le quinte di questo progetto e non anche come frontman,
ma ci conforta il fatto che un disco come THE MOB
possa essere attuale e allo stesso tempo un classico
per questo genere.
Roberto Bressan e Mauro Guarnieri
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CRYSTAL PISTOL
"Crystal
Pistol"
Bad Reputation - 2005
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L'inflazione di nu-rocker ha assunto
negli ultimi tempi proporzioni tali da nauseare anche
i nostalgici degli anni caldi dell'hard rock e in
effetti più che di un revival, si potrebbe
parlare chiaramente di "clonazione". Come
spesso succede in questi casi chi ne risente è
proprio la qualità. Fortunatamente non è
il caso dei canadesi Crystal Pistol freschi di deal
con la francesce Bad Reputation che ristamperà
il loro omonimo disco uscito mesi fa in una gustosa
versione digipack.
Li avevo conosciuti con uno splendido
Ep già rencesito nella sezione New Bandz di
SLAM! e hanno continuato a far parlare si sè
anche per il loro pubblico odio verso il connazionale
Robin Black... ma torniamo al disco,
undici sassate che scorrono sui binari di una locomotiva
che corre a tutta velocità verso sonorità
sleaze hard rock nella stessa città dove hanno
passato la notte GUNS N'ROSES, BUCKCHERRY
e BACKYARD BABIES.
L'apertura spetta ad un poker di song
spaccaossa: si parte con "Watch You Bleed",
un'irruento rock duro sulla falsa riga dei Velvet
Revolver, si prosegue con la Buckcherry-iana
"Rock Star" e il treno sonoro di "Locomotive",
per poi chiudersi con l'agitata "Line It Up".
"Salt Of The Earth", sono quasi 4 minuti
che vi consentiranno di riprendere un pò il
fiato perchè da qui fino alla fine i 5 nord
americani continuano a picchiare duro, tra pezzi più
hard rock e altri più scan oriented, ma sta
di fatto che "XXIII", "All The Freaks"
o "Live Fast Die Young" sono autentiche
bombe ad orologeria!!
I Crystal Pistol quindi ci dimostrano che si può
fare del buon rock'n'roll senza cadere nel banale
e ci picchiamo nello stomaco un disco con i controcoglioni!
Moreno Lissoni
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MAC
"Director’s
cut"
Self Produced - 2005
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Per fortuna esiste ancora chi ha passione
per la musica. Dietro il marchio MAC si cela Marco
Paracchini, esponente senza dubbio creativo e impegnato,
di una scena italiana dove uno stesso musicista si
ritrova coinvolto in una serie di progetti più
o meno famosi e che interessano vari generi musicali
(altri esempi da citare potrebbero essere Fabrizio
Bonanno e Daniele Liverani).
Questo EP, ben suonato e ben prodotto,
comprende cinque pezzi di buon hard rock, di cui non
è neanche facile, tra l’altro, rintracciare
influenze particolarmente marcate. Le melodie che
compongono i pezzi sono all’apparenza semplici
e rapide da imparare, ma il contributo delle tastiere
e le parti soliste strumentali danno una marcia in
più alle singole canzoni, riuscendo a cambiare
radicalmente l’atmosfera nel giro di pochissimo
tempo. I testi dei brani analizzano la vita in modo
piuttosto scanzonato, invitando tutti a non prendersi
troppo sul serio, e soprattutto a non guardarsi indietro
nel corso della propria vita. È importante
aprire gli occhi, alzarsi in piedi ed urlare, non
avere rimpianti e non mascherarsi, sognare, anche,
ma vivere senza essere troppo vincolati dai propri
limiti.
Tornando a parlare di strumenti, è
da sottolineare la particolarità “No
more disguises”, semplice duetto di voce e tastiere
di tre minuti scarsi, capace di creare atmosfere da
brividi nonostante la sua brevità, in netto
contrasto con “I am heretic”, che appare
subito dopo, e che è invece molto più
improntata al rock e ha quasi influenze prog, soprattutto
nelle parti di chitarra. Anche “Three red roses”,
con la sua storia più ironica che triste, in
cui si parla di qualcuno che non ha ben capito cos’ha
sbagliato in un certo rapporto con una ragazza, merita
attenzione.
Insomma, una di quelle occasioni che ti fanno venire
voglia di dare pieno appoggio a questa povera e tanto
bistrattata scena italiana, che invece vale ancora
qualcosa, se vengono fuori prodotti del genere.
Anna Minguzzi
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AMERICAN DOG
"Foatin'
At the Mouth Live"
American Dog/Colonial
Canine - 2005
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E' sabato 6 agosto 2005 e gli American
Dog sono pronti a registrare il loro quinto disco
in cinque anni. Questa volta è un live album,
concettualmente molto originale.
La domanda che si pone il trio americano è:
"Perchè portare tutta la costosissima
strumentazione ad un locale pieno di gente ubriaca
quando si può portare tutta la gente ubriaca
nella sede di tutta la costosissima strumentazione?"
Ecco, il risultato è "Foamin' At The
Mouth Live"!
La performance dal vivo è rozza
quanto l'inferno... Keith Pickens dietro le pelli
picchia come mai prima d'ora, la chitarra di Steve
Theado macina come un trattore e Micheal Hannon (voce
e basso ex Salty Dog) suona e canta più imbastardito
che mai. "Shitkicker", "Got You By
A Chain", "Barely Half Alive" e "Hear
Me Howlin'" pestano in una maniera assurda ed
a volte risultano essere ancora più potenti
delle versioni studio.
Per 3/4 il nuovo cd è un gran calcio nel sedere
e durante gli episodi "più tranquilli"
(in particolare il country alcolico di "D-N-D"...)
ci si potrebbe sedere al bancone in compagnia per
ubriacarsi in libertà... dopotutto questa è
la vera natura degli American Dog, no?
Tral'altro, nella tracklist c'è una bella chicca...
ovvero la cover di "Bomber"... una delle
canzoni più rappresentative dei Motorhead,
band a cui gli American Dog sono particolarmente devoti.
Gli American Dog sono una delle band
più bastarde, ruvide e potenti dell'attuale
scena hard rock'n'roll e la loro ultima fatica, "Foamin'
At The Mouth Live" merita di essere sparata
a tutto volume nelle casse del vostro stereo.
Potete comprare l'album attraverso il sito ufficiale
www.americandog.us
oppure direttamente su
www.cdbaby.com
Michael Hannon & Co. sono sinonimo di garanzia
per chi ama sonorità senza fronzoli, massiccie
ed abrasive... come appunto gli American Dog!!!
Carlo Mazzoli
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JACK VIPER
"Another
Dirty Threesome"
Self Produced - 2005
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A breve distanza dal loro primo Ep
"Sleazy Listening" riecco qui il
nuovo mini delle vipere inglesi che con le 3 nuove
composizioni sterzano verso sonorità vicine
agli ultimi Bang Tango e Beautiful
Creatures. Non mi dilungo troppo in preamboli
e visto il poco tempo a disposizione parto con la
'cronaca' delle song: alla numero 1 viene proposta
"Merry go Round", street rock alcolico e
lascivo ben supportato dalla sudicia voce di Jay R.
Seconda traccia, "Crashed by You".
Il brano che preferisco e quello più vicino
alla band capitanata da Joe Leste,
ascoltare per credere!
Ultima song, "Tears of Pearl". I 4 rocker
rallentano i ritmi e ci propongono una power ballad
che, come sopra, ricorda molto le cose proposte in
album come "Ready to Go" o "Deuce".
Pochi brani, ma... BUONI!
Moreno Lissoni
top
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HOMERUN
"Start
Again"
Self Produced - 2005
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Non condivido troppo la scelta del
gruppo si sostituire una seconda chitarra con una
tastierista, non dico che quest'ultimo nel genere
proposto dagli Homerun non ci vada, però, ascoltando
gli MP3 sul sito del primo Ep "Some1"
il sound risultava più graffiante anche se
meno ricercato. Dopo questa breve riflessione personale
passo ad introdurvi questa band nata del 2000 sotto
il nome di Dead Poets ma dopo un
anno cambiano monicker in Homerun, scelta dettata
dalla passione dei 5 per i Gotthard e
registrano così il primo Ep intitolato appunto
"Some1".
Dopo una breve pausa e il cambio di
formazione eccoli qui con un nuovo CD autoprodotto
diviso in 2: la prima metà presenta 4 pezzi
originali cantati in inglese più la cover di
"Mighty Quinn" di Dylan,
mentre nella seconda li vediamo alle prese con il
cantato in italiano. Neanche a dirlo i punti di riferimento
sonori sono proprio il gruppo svizzero, ma non mancano
grasse dosi BON JOVI-ane: "I'll
Never Be You", "Blue" e "Start
Again" sono dei discreti esempi di rock melodico
a cui manca però un pizzico di grinta in più,
mentre "Start Again" è una suadente
ballata impreziosita dai tasti d'avorio di Walter
Borrelli e dalla sei corde di Andrea 'Andy' Ringoli.
Per quanto riguarda la parte in madre
lingua, devo dire che nonostante sia un pò
allergico al cantato italiano, mi hanno decisamente
convinto. Chiariamoci, "Correrò",
"Tra Noi" e "Notti" sono cose
che hai tempi fecero già i DHAMM,
ma tutto sommato di piacevole ascolto. Aspetto fiducioso
la loro prossima release perchè le premesse
per un buon disco ci sono tutte, unica pecca, forse,
l'hidden track ("You Give Love A Badname")
perchè magari avrei scelto come cover qualcosa
di meno... banale, opinione personale.
Moreno Lissoni
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by Slam! Production® 2001/2007
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