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www.mascotrecords.com

 

KEVIN DUBROW
"In For The Kill"
Mascot Records - 2004

Abbiamo già disquisito sull'utilità o meno degli album di sole covers, ma visto che ultimanente sembra essere un argomento di stretta attualità (LA Guns, George Lynch) ripeto la mia visione della cosa... divertenti se ben suonati e con canzoni indovinate, da evitare se fatti solo per racimolare qualche soldino in tempi di vacche magre...A che categoria appartiene il cd di Kevin DuBrow? Sicuramente alla prima... ben suonato, belle canzoni e risultato finale divertente.Per i più distratti ricordo che Kevin è stato il frontman dei Quiet Riot, una delle bands che hanno scritto la storia dell'Hard Rock americano e che nei primi album potevano contare sul talento purissimo di un certo Randy Rhoads.

Chiusa (definitivamente?) la storia dei Quiet Riot con il dvd live uscito qualche mese fa (consigliatissimo... guardare questi 4 rockers suonare con la carica e l'energia di una band di ventenne è commovente), il primo passo della carriera solista di DuBrow è dunque un album di sole cover.
Registrato con una line-up di tutto rispetto (ottimo soprattutto il chitarrista Kevin Curry) l'album spazia da pezzi noti a tutti (Deep Purple, T-Rex) a canzoni che difficilmente vengono coverizzate, come l'ottima "Drivin Sister" dei Mott The Hoople's e la stupenda "Stay With Me" di Rod Stewart.
Stando alle voci che si sentono in giro questo dovrebbe essere solo il primo passo della nuova vita artistica di DuBrow... e visto la forma smagliante in cui si è mantenuto non vedo l'ora di poter ascoltare le prossime mosse... nel frattempo ci si può divertire con il cd in questione... It's Only R'n'R...
Federico Martinelli

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www.pyramaxis.com

 

VIXEN
"The Works"
Pyram-Axis Records - 2004

Lasciate stare gli "wow" e gli ululati da arrapati, queste non sono le VIXEN che pensate! Qui i maschietti costituiscono 3/4 di questo gruppo heavy metal proveniente dalle isole Hawaii (sì sì, capito bene) operante agli albori dei primi anni '80. La caratteristica di questo cd è l' essere una raccolta di vecchi demos registrati tra il 1981-1983, quindi non aspettatevi suoni lungimiranti ma accontentatevi di ciò che fu. Difficile giudicare un disco metal non essendo appassionata del genere, ciò che mi colpisce più che altro è la presenza del ben noto Marty Friedman (lontano ancora anni luce dai MEGADETH e i CACOPHONY con Jason Becker) che dispensa la sua classe con assoli e cambi di tempo prettamente maideniani.

Sembra invece non risentire di questo tipo d' influenza la vocalist della band Kim La Chance (che è tra l'altro il produttore esecutivo del lavoro) che strilla come una pazza e non riesce a farmi andar giù nemmeno la cover della bella "The House of the Rising Sun". Le tracce sono ben 13, di cui appunto 11 demo e le 2 versioni originali di "Living in Sin" e "Angels from the Dust"... se siete amanti del metal dei primi '80 beh, questo fa senz' altro per voi!
Michy "Uzy"

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www.blackcatnine.com

 

BLACK CAT NINE
"King Of The Hill"
Self Produced - 2004

Continua l'evoluzione sonora intrapresa con "Genuine Worldshakers" per i Black Cat Nine, infatti il quartetto vicentino (!?) ha lasciato definitivamente da parte le sonorità sleazy street degli esordi per un più comporso e cazzuto modern hard rock. Per chi ancora non li conosce posso dire che la band è composta da 3 americani: Roy Reynolds alla voce e basso, Gary Wofford alla chitarra, Teddy Freese alla batteria e dall'unico italiano Andy Tonin alla chitarra solista e hanno al loro attivo tre CD e 2 compilation.
Che dire di questo "King Of The Hill"? ...che molto probabilmente è il lavoro più maturo della loro produzione, che Faster Pussycat e compagnia bella non fanno più parte delle loro influenze principali e che il nuovo chitarrista (Andy Tonin) ha dato una bella ondata di freschezza alle loro composizioni.

Parlando nello specifico notiamo da subito molti riferimenti ai BEAUTIFUL CREATURES, ascoltatevi "Sick" o "Heads Will Roll" e poi giudicate voi... Qua e la spuntano echi del MANSON più commerciale, ma credo sia la band di Lestè ad aver avuto le maggiori influenze sul loro songwriting.
La title-track vede anche come autore il vecchio chitarrista D. J. Parker e si sembra stata estrapolata da "Genuine Worldshakers", mentre "Scratch That Itch" sembra partorita dalle session di "Revenge" dei KISS.
In disco si mantiene su buoni livelli, ma come al solito, invito a vedere la band dal vivo perchè come si dice... spacca il culo!!!
Moreno Lissoni

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thelondoncalling.com

 

LONDON CALLING
"You're So Lucky"
Atenzia Records - 2004

Secondo lavoro per la band guidata da Jamie Rowe, ex-cantante dei Guardian e attuale frontman dei class-rockers Adriangale, da poco sul mercato tra l'altro con il nuovo album Crunch. Ad essere sinceri non sarebbe proprio il secondo album visto che di fatto troviamo anche canzoni che facevano parte del debut album, "The New Sensation", ormai sold out, a cui sono state aggiunte nuove songs. Quello che posso dire è che la band è pronta per competere con le big-bands del settore, ovvero i vari Matchbox 20, Vertical Horizon e Vonray.
"American Dream" posta in apertura è una delle migliori songs del lotto, ottimi arrangiamenti, coretto iper-melodico e il gioco è fatto... anche perché quando si ha in formazione un cantante del genere tutto risulta più facile.

Altri pezzi da segnalare sono la sbarazzina "Super Natural Girl", le semi-lente "So In Love" e "Misfit Song" e 2 pezzi in cui la vicinanza con le ultime cose dei Blink 182 è evidente, "New Sensation" e "Song About Nothing". Ho detto varie volte che rimanere ancorati al passato non è un disonore... ma è innegabile che quello che appunto viene chiamato nu-breed sia il genere che in questo momento risulta essere più fresco e accattivante... negli States se ne sono accorti da tempo... da noi grazie a bands come i London Calling forse è arrivato il momento.
Federico Martinelli

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www.sosrock.it

 

S.O.S.
"Relazioni Pericolose"
Blonde Records - 2004

Prima di descrivere il disco faccio un breve riassunto di questa storica hard rock band romana nata nel lontano ’87 che dopo una serie di demo, diversi cambi di line-up, festival e concerti, arriva ad incidere nel 1994 il loro primo album dal titolo "Un Paradiso Per Altri". Ora, a distanza di 10 anni ritornano sul mercato grazie alla Blonde Records con questo "Relazioni Pericolose" coprodotto da Enrico Capuano e Fernando Regaldo.

La formazione è composta da Marco Battelli alla Voce, Fernando Regaldo alle chitarre, Sergio Grammatico al basso e Fabio Pollastri alla batteria, tutti elementi dalle ottime capacità tecniche che vengono messe in mostra nei quasi 50 minuti della durata di questo cd.
Si parte con "L'Inferno è Qui" introdotta da chitarre acustiche per poi aprirsi in un pregevole hard rock di matrice americana, così come la successiva "Senza Di Te" che segue tutti i clichè dettati dal genere.
"Mandami Via" è la ballata BON JOVI-ana, che sarei curioso di ascoltare con un cantato in inglese e lo stesso discorso vale per il resto del CD, perchè chi mi conosce, sa della mia avversità verso il cantato in madrelingua.
"Sei", "Stringimi", "Mi Sono Innamorato di Una Pornostar" e "La nostra musica alla radio" sono dei pezzi piacevoli, ma troppo ancorati a sonorità '80 soprattutto a livello di lyrics. A mio avviso potrebbero osare un pò di più, ma se siete degli amanti dello spaghetti-yankee hard rock, e avete amato i dischi di Sharks, Nikki e Dhamm, allora avete trovato un'altro CD da inserire nella vostra collezione.
Moreno Lissoni

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www.MP3.COM.AU/
SpitfireSquadron

 

SPITFIRE SQUADRON
"Spitfire Squadron"
Self Produced- 2003

Provenienti da Buffalo, al confine tra lo stato di New York e l'Ontario, gli Spitfire si formano agli inizi del 2003 dopo l'uscita dei quattro componenti da altre bands rinomate della zona.
Questo cd autoprodotto, composto da 7 brani, ci presenta delle idee elaborate e ben arrangiate nonostante il combo sia di recente formazione, e sembra che abbia gia' venduto piu' di quanto previsto, contribuendo ad una intensa attivita' live tra Stati Uniti e Canada.
Credo sia abbastanza difficile collocare questo prodotto in un preciso genere musicale, e forse e' proprio questo il risultato prefisso dagli Spitfire: il primo nome che puo' venire in mente per un semplice paragone è quello dei RED HOT CHILI PEPPERS dei primi lavori, ma credo che non tributi i giusti meriti ad una band molto piu' innovativa ed originale.

Basta ascoltare il riff iniziale della seconda traccia, "King of sorrow", per capire che tra le influenze possiamo tranquillamente inserire i RATM e di conseguenza lavori come l' ultimo AUDIOSLAVE; l'ottimo Paul Sampugnaro e' autore di un grande "guitar-working", e l' assenza quasi totale di distorsioni a noi care, non limita affatto la carica e l' impatto della band.
I nostri concentrano la propria composizione su un intreccio ritimico complesso ed articolato, a volte al limite del progressivo, che piu' volte mi ha ricordato certe soluzioni sonore sentite negli ulitmi lavori della premiata ditta PETRUCCI/PORTNOY, anche per quanto riguarda le atmosfere raffinate e cupe allo stesso tempo.

La voce di Jody Valetta e' molto calda ed espressiva, fondendo timbriche e melodie della vecchia scuola grunge di Seattle (Alice in Chains sopratutti) e l'attuale "New" Rock Americano, alla Brides per intenderci, anche se consiglierei al buon Jody di graffiare e "sporcare" maggiormente il suo stile, ma questi sono solamente gusti personali.
In definitiva non so se gli Spitfire Squadron potranno far breccia nel vecchio continente, ma sicuramente sono pronti per un buon salto qualitativo negli Stati Uniti, mercato piu' adatto alle loro sonorità.
Watch out!
Paolo Pirola

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www.chriscatena.com

 

CHRIS CATENA
"Freak Out!"
Self Produced - 2003

Sicuramente c’è da chiedersi come un artista di talento ma non certo di fama mondiale, abbia potuto raggruppare un numero spropositato di collaborazioni illustri. Scartata l’ipotesi di un megaraduno di Stars di diversa estrazione musicale (da John Taylor dei Duran Duran a Glenn Hughes) in un appartamento di Roma, apprendo nella press kit allegata al CD che le parti degli innumerevoli fuoriclasse del rock and roll sono state aggiunte a distanza. Questa è stata forse la carta vincente che ha permesso al nostro vocalist di materializzare quello che fino al Novembre del 2003 ci si poteva solo immaginare. Ma Chris Catena, figlio di un celebre tenore, è anche fondatore e direttore di una importante agenzia internazionale di musica operistica e sinfonica, e di management se ne intende. Riesce quindi a contattare Glenn Hughes e, in seguito, tutti gli altri.

Il risultato è un lavoro di grande impatto ed energia, potente ed elegante allo stesso tempo, che fonde sapientemente influenze hard rock e funky di matrice anni 70 e 80. La opening track è ‘Crazy man’ in cui Tommy Aldridge picchia di brutto mentre Johnny Olhin e Kelly Simonz si scambiano assoli mozzafiato. Interventi coristici di purpleiana memoria si alternano ad un riff incalzante dove Chris Catena presenta le sue doti vocali. ‘Freak out tonight’ è introdotta da un vellutato organo hammond e dalla inconfondibile voce del mitico Glenn Hughes. Originale il ritmo e le eco funky e disco music. Le voci di Catena e Hughes si fondono e si sfidano con il risultato di farmi fibrillare di gioia musicale, impeccabile la prestazione di Bruce Kulick (come poteva essere altrimenti). Si rallenta con ‘Hey man’ dove un notevole bridge quasi epico mette in risalto la scura e potente voce di Catena.
Le sonorità seventies della scarna chitarra di Bernie Marsden aprono inconfondibilmente ‘Lady Starlight’ (mi si corregga se sbaglio), e chi, come me, adora la formazione storica dei Whitesnake, non potrà non adorare anche questo brano (ed altri presenti in questo lavoro).
Con ‘Desire’ la musica di Catena prende una piega più apertamente funky ed interviene addirittura John Taylor dei Duran Duran con un raffinato lavoro bassistico, mentre Marsden, oltre alle parti di chitarra è autore di sfiziosi interventi vocali. Del brano seguente, ‘Take me away’, non riesco a togliermi dalla testa il ritornello (ho provato anche ascoltando ripetutamente anthems degli AC/DC o dei Kiss, ma niente da fare per il momento). ‘To a friend’ si discosta un po’ dal mood del resto del CD, è una ballata sognante, dove anche la voce del nostro a tratti si ammorbidisce.

E’ ancora un hard rock funkeggiante il duetto di Chris con Jeff Scott Soto, ed è sicuramente azzeccato far intervenire proprio qui Doug Wimbish, il bassista dei Living Colour. Con ‘Sweet talker’, prima cover dell’album, la voce nera e bluesy di David Coverdale è sostituita con grande successo dall’ancor più nera voce di Chris Catena. Micky Moody in persona interviene ad impreziosire l’originario assolo di slide guitar. Alla batteria c’è Eric Singer... e si sente. ‘Don’t stop running’ è un pezzo molto cool con un ritornello cantabile da concertone alla Kiss anni ottanta.
“Follow me” è puro rock and roll Whitesnake style da cantare al pub con una pinta di birra in mano, e Micky Moody ci regala un altro solo di slide. ‘Gimme your love’, ha oggettivamente il difetto di essere troppo in debito con un cavallo di battaglia dei suddetti Whitesnake (…beh, per il sottoscritto è un difetto trascurabile). E’ il momento della seconda cover con ‘Gettin’ tighter’ dei Deep Purple. ‘The stronger you are, the harder you fall’ è una lezione che Catena ci insegna aiutato da due maestri del genere, alias Bruce Kulick ed Eric Singer. Un ultimo duetto con l’ex-Uriah Heep John Lawton chiude il CD: ‘It’s a long way to go’ è un mid-tempo potente e lirico, introdotto ancora una volta dal suono evocativo dell’organo hammond.
‘Freak out!’ è un prodotto unico, in cui un grande singer italiano incontra alcune tra le più blasonate rock stars internazionali. Ma come queste ultime, anche una serie di dotati musicisti italiani ha dato un pesante contributo, e spiace non poterli qui citare uno per uno.
Luca Giberti

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www.statetrooper.co.uk

 

STATETROOPERS
"The Calling"
CIC Records - 2003

Quello degli STATETROOPERS non e' da considerarsi un semplice demo ma un vero e proprio full-lenght che gode di ottima distribuzione in gran parte dell'Europa (ovviamente Italia esclusa).
I quattro inglesi non si possono proprio definire degli esordienti; nascono infatti nel lontano 1985 e discendono direttamente dalla seconda ondata della osannata NWOBHM, annoverando tra le loro file il ben noto GARY BARDEN, già membro dei blasonati MSG.

La proposta e' un hard rock pomposo e tecnicamente ben suonato, accostabile alla vecchia scuola di bands inglesi quali THIN LIZZY o DEF LEPPARD, condito qua e' la da sonorita' Heavy e da richiami all'hard rock di EUROPE e BONFIRE.
Songs come la title track o l'affascinante "Casablanca" restano da subito ben impresse nelle orecchie dell'ascoltatore, anche grazie ad una ricerca sonora e melodica non indifferente, amplificate dal buon gusto solista delle due asce e dalla voce calda di Barden.
La produzione e' ben curata, tagliente e dinamica, anche se forse perde un po' di "potenza" nella sezione ritmica, che non sempre mette in risalto i buoni intrecci tra basso e batteria che fungono da eccellente "tappeto", sempre precisi e al servizio della canzone.
In definitiva si tratta di un lavoro godibile e all'altezza della produzione Hard 'n Heavy attuale, e sono sicuro che farebbe gola anche agli amanti italiani del genere... quindi contattateli tramite info@germusica.com.
Paolo Pirola

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www.yoc.kimdir.com

 

Y.O.C.
"Sanity Within"
Self Produced - 2004

Y.O.C. e' un cantante turco attivo sin dai primi anni novanta nella scena metal underground turca.
La musica di yok non e' propriamente consona ad un sito come SLAM!, infatti il genere proposto su questo 5 tracks cd e' un thrash speed americano. anche se nella bio l'artista afferma di aver suonato e composto dall'AOR al progressive nel corso della sua carriera decennale. Il cd parte con l'intro "Lone in Darkness", che introduce la speed song "Seeds of Hate", chiaro tributo al glorioso metal americano di Death e Testament, soprattutto nelle parti cantate, anche grazie a melodie vocali "Bay Area oriented".

Si continua con la title track e con "No tomorrow", piu' accostabili allo speed 'n thrash di OVERKILL ed EXODUS, per finire sugli stessi canoni con "K.t.t.m.t.", iniziali di cui non e' dato a sapere il significato (sara' turco?).
Durante i gloriosi anni 80 saremmo stati probabilmente puniti per aver pubblicato una recensione dei "nemici" thrasher, ma Y.O.K. risulta quanto meno convincente in cio' che propone e puo' trovare spazio nella scena metal tedesca o scandinava, dove queste sonorita sono ben piu' seguite e commercializzate.
In bocca al lupo!
Paolo Pirola

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www.thulium.zik.mu

 

THULIUM
"Unleashed Dragon "
Self Produced - 2003

Dietro il nickname Thulium si cela l'artista francese Boubou, gia' membro della pop rock band ENIWAY, ed ora solista ed unico compositore-musicista dell'omonimo progetto.
Boubou si prefigge di raggiungere una maturita' compositiva che lo porti a spaziare dai Beatles agli Slipknot (!!!), ma in realta' credo che di strada da percorrere, soprattuto per raggiungere una meta così ardua, ce ne sia ancora molta da fare.
La prima pecca di questo dischetto di 13 brani e' proprio l'"home-made", infatti il chitarrista-cantante registra tutti gli strumenti grazie credo ai diffusi programmi per PC che ti permettono di assemblare varie tracce e di creare loop di batteria/basso con molta facilita'.

La drum machine in questo caso risulta molto slegata e poco adatta al dark-grunge (credo sia il modo migliore per definire la musica di Thulium!) incupito da tastiere e melodie vocali spesso paranoiche e malinconiche che ci offre "Unleashed Dragon".
Anche la scelta dei suoni e il mixaggio fai da te non aiutano l'ascoltatore ad apprezzare le idee valide che affiorano qua e la nei brani, soprattutto quando il songwriting si concentra su riff di chitarra che non sui soliti passaggi tastieristici alla Him che sono tanto in voga oggi.
Un consiglio a Boubou e' quello di creare una band vera e propria, in modo da portare una maggior freschezza dal punto di vista compositivo ed una maggior convinzione sulle parti ritmiche, oltre che concentrarsi maggiormente sul suo lato chitarristico che non su quello vocale, lato quest'ultimo che lo vede un po' meno "dotato".
Attendiamo comunque il nuovo materiale in uscita, gia' intitolato "TM".
Paolo Pirola

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sexandsix.cjb.net

 

SEX & SIX
"Too Drunk To Play"
Self Produced - 2003

Demo CD per questi 5 rocker nostrani formati dal vocalist Sleazy X, dai chitarristi Randy Six e Sex K, dal bassista Street J e dal drummer Leslie Fist che con questo lavoro ripercorrono tutti i clichè dettati dalle sleaze/street band degli anni 80. La registrazione non è il massimo e anche l'originalità non sta di casa, ma chi se ne frega... "Let Me Mama Teach You" è il pezzo che apre il CD, street rock caratterizzato dalla voce sporca di Sleazy X e tanti bei chitarroni.

"Keep On’ Rockin" e "Sex & Six" che non presentano nulla di nuovo, ma accontenteranno quelli cresciuti a pane e Sunset Strip. C'è ancora da lavorare su testi/inglese, ma se cercate un bel gruppo "tamarro" come non ce ne sono più, con delle canzoni pacchiane e un video dannatamente trash allora visitate il loro sito e richiedete il cd: sexandsix.cjb.net.
Moreno Lissoni

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eaglesofdeathmetal.net

 

EAGLES OF DEATH METAL
"Peace, Love, Death Metal"
AntAcidAudio/RekordsRekords - 2004

Ci sono molte reazioni variegate che si possono avere all'ascolto di un cd, ma quando la prima cosa che ti balza in mente ridacchiando è "Questi sono fuori!!" vuol dire che c'è qualcosa di diverso rispetto al solito "che bello"/"che brutto"/"non san suonare"/ecc ecc.
Mi trovo di fronte ovviamente agli EAGLES OF DEATH METAL (che hanno a che fare con gli EAGLES e con il DEATH METAL come un cammello in una grondaia): ultimo esilarante progetto di quella fucina di idee geniali che è Josh Homme (vai alla voce Queens of the Stone Age, Kyuss e Desert Sessions). Ma se non siamo dementi non ci piace vero? Infatti in "Peace, Love, Death Metal" quest' uomo si cimenta dilettantisticamente alla batteria e voce sotto lo pseudonimo di Carlo Von Sexron con l'aiuto di due amici non meno fuori alle chitarre/voce (nb. non c'è un bassista!!!) quali Tim "Tipover" Vanhamel (Millionaire) e Jesse "Devil" Hughes con le collaborazioni di mezzo mondo tra i quali spiccano Allan Johannes (Desert Sessions, Eleven), Nick Olivieri (Kyuss e QOTSA, Mondo Generator) e Brody Dalle (Distillers).

Questo nugolo di pazzi si propone di assemblare in una fresca miscela di "party garage songs" generi che spaziano dal blues al country allo stoner (ovviamente!), permeati di southern rock con venature r'n'r glamour settantiane date dalla vocina a metà tra ELVIS e il falsetto di Josh.
Ascoltarsi il cd è uno spasso, si alternano veri tormentoni estivi quali "I only want you", "Speaking in Tongues", "Whorehoppin" e "Miss Alissa" che vedrei benissimo come tema di qualche pubblicità di jeans...a metà tra il Beck di "Loser" e i Dandy Warhols di "Bohemian like you". Songs più fuori tema quali le country "Midnight Creeper" e "Wastin' my time" o "Kiss the devil"... (da psicopatici al 100%!!) oppure la cover "Stuck in the Metal"... al secolo "Stuck in the middle" degli Stealers ci ricordano la poliedricità del progetto che riconferma Mr. Homme come una delle menti più produttive di questi ultimi anni.
Cosa dirvi di più?? PEACE, LOVE, DEATH METAL!!!!!
Michy "Uzy"

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www.dariomollo.com

 

VOODOO HILL
"Wild Seed of Mother Earth"
Frontiers Records - 2004

Secondo atteso capitolo per i Voodoo Hill di Dario Mollo, chitarrista e produttore che negli ultimi anni ci ha regalato album di grande spessore come il primo degli stessi Voodoo Hill e il progetto The Cage con Tony Martin alla voce.
Come nel primo capitolo anche qui le parti vocali sono affidate a sua maestà, The Voice of Rock... mister Glenn Hughes.
Chi ha avuto la fortuna di poterlo vedere live recentemente si sarà reso conto dell'incredibile stato di grazia della voce di mr. Hughes... molti sostengono che non ha mai cantato così bene dai tempi dei Deep Purple... e forse è proprio così.
Rispetto al primo album si nota chiaramente un indurimento del sound, soprattutto i suoni di chitarra si sono fatti più aggressivi, i riff sono potenti e la voce di Hughes assolutamente cristallina.
"Make Believe" posta in apertura fotografa perfettamente quanto appena detto, riff maestoso ma con apertura melodica su un coro assolutamente irresistibile.

"Dying to Live" è probabilmente il pezzo più cattivo mai cantato da Glenn, siamo veramente vicini al metal... ma anche qui la prestazione vocale è di primissimo piano, a dimostrare che quest'uomo è capace di passare dal funky al metal con una naturalezza spaventosa..
Altri pezzi che voglio segnalare sono "Still Evergreen", lanciata a tutta velocità, la title track, ipnotica e ammaliante e "My Eyes don't See It " dove invece si ritorna in territori prettamente Hard Rock con un Glenn Hughes spettacolare.
Da rimarcare comunque per tutta la durata del cd è l'ottimo lavoro di Dario Mollo, uno dei musicisti migliori che l'Italia possa vantare, autore di ottimi pezzi e sempre puntuale e preciso negli assoli, mai invadenti e di grande fattura.
Un album consigliatissimo..che dulcis in fundo può vantare una produzione perfetta realizzata dallo stesso Dario Mollo nei suoi studi di Ventimiglia, dove tra gli altri sono passate anche bands del calibro di Anathema e Lacuna Coil.
Federico Martinelli

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www.rocktraxrecords.com

 

A.A.V.V.
"The Road - A tribute to Brother Cane"
Rocktrax Records - 2004

E chi se lo sarebbe mai aspettato!??! Un tributo ai Brother Cane!??! Non so quale importanza abbia questa band per la Rocktrax Records e cosa abbia rappresentato la band negli States, ma sicuramente qui in Italia la band dell'Alabama è ai più sconosciuta.
Ricordo il gruppo nella prima metà degli anni 90 con il singolo di "Got No Shame" e un album che andava contro il dilagare del grunge con un sound che prendeva spunto da Lynyrd Skynyrd e Cry Of Love. In seguito il gruppo capitanato da Damon Johnson aggiornò le proprie sonorità e uscirono altri due ottimi episodi nella loro discografia: "Seeds" nel 1995 e "Wishpool" nel 1998.

A distanza di 6 anni dal loro utlimo album il vocalist dei Loaded Dice, Roland Edger, mette insieme 18 gruppi che rivedono ed interpretano alla loro maniera i pezzi che hanno fatto la storia del gruppo di Birmingham.
La già citata "Got No Shame" viene riproposta in maniera quasi irriconoscibile perchè sorretta da mandolino e chitarre acustiche, un curioso country molto distante dalle sonorità originali, al contrario, la versione di "Hard Act to Follow" dei BLACK LABEL è abbastanza fedele a quella edita.

Dal momento che commentare tutte le composizioni mi risulta difficile cercherò di segnalarvi quelle che più mi hanno convinto come ad esempio la ballata sudista "the Road" rifatta dai LOADED DICE, e l'hard rock di "That Don't Satisfy Me" dei RAIN entrambe le song tratte dal disco di debutto.
Dal secondo album vengono coverizzate 5 song e pregevoli sono le versioni di "Hung On A Rope" dei CATCH 22 e le moderne "And Fools Shine On" e "Kerosene" suonate da LEADERDOG e HALFDOWN THOMAS. Le ultime tracce del CD sono dedicate a "Wishpool" tra cui "Where Was I To Know" (SWEATIN' BOOZE), "I Lie In The Bed I Make" (SOUTHERN ROCK ALLSTARS) e "Lead My Follow" (SAYLOR ANDERSON).
Se siete dei fan dei Brother Cane è una bella chicca da aggiungere alla vostra collezione, se invece vi avvicinate a loro solo ora, procuratevi prima i loro album.
Moreno Lissoni

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iconandtheblackroses.com

 

ICON AND THE BLACK ROSES
"Icon and the Black Roses"
Dark Wings - 2004

Per chi pensava che il gothic-rock fosse esclusivo appannaggio delle band scandinave... dal Portogallo ecco Icon and the Black Roses formazione attiva dal 1999 e che arriva al debut album sull’etichetta tedesca Dark Wings.
Fin dall’opener “Black Rose” balza all’occhio (o meglio all’orecchio) l’ottima produzione di cui gode il cd e veniamo subito trasportati in atmosfere decadenti ma con un occhio di riguardo per la melodia, come dimostra la seguente “Endless”, molto vicina agli HIM più orecchiabili.

“Angel” è una delle canzoni più “pesanti” del cd riportandomi alla mente qualcosa dei Sentenced periodo “Crimson”, ma sono comunque i pezzi più melodici a farla da padrone e qui citiamo "Sweetest Emptiness of Love” e “Who do You Hurt Now?“ vera e propria ballad di ottima fattura.
Verso la fine incontriamo uno dei miei pezzi preferiti, ovvero “Set Me On Fire” che ci rimanda in modo prepotente alla band di Ville Valo...
Insomma, per tutti gli amanti del gothic rock (o del “Love Metal”…) un disco assolutamente interessante e da tenere in considerazione, magari fate un giro sul loro sito (davvero bello) e ascoltatevi qualcosa.
Federico Martinelli

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www.tenofthebest.com

 

TEN
"Return to Evermore"
Intensity Records / Frontiers Records - 2004

Recensire dischi non è mai stato un lavoro, alle volte è stato piacevole, altre spiacevole (soprattutto per i soldi che ho sborsato!/nda) ma oggi posso dire che questo “mestiere” comporta anche delle belle sorprese. Innanzitutto l’amicizia di alcuni lettori che, come faccio io nei confronti del collega Andrea Bertamino, vedono in me la persona “giusta” su cui basarsi nell’acquisto dei dischi hard Rock/AoR. Uno di questi lettori è Francesco C., Frablow per gli amici che, da grandissimo fan degli inglesi TEN mi ha addirittura tenuto una copia originale da parte per poi darmela in regalo e vederne la review sulle nostre pagine. Be, a nome mio e credo anche dei TEN, grazie di cuore!

Ma passiamo ai TEN! Loro sono stati, per chi ancora non lo sapesse, l’àncora di salvataggio del Pomp AOR degli anni novanta, con il lead singer Gary Hughes (che ho anche avuto il piacere di conoscere personalmente/nda) e con il guitar player Vinny Burns (in passato anche con i DARE/nda). Hanno scritto e rappresentato pagine della storia dei novanta con dischi magnifici, robusti e melodici quanto bastavano, rendendo anche nuovo un genere che ormai appariva abbastanza confuso. Sulla scia del successo Gary Hughes ha così finalmente coronato il suo sogno, è divenuto un singer solista, un lead singer di una band di tutto rispetto e anche produttore con Bob Catley (ex MAGNUM/nda) e ora, anche proprietario di propri studi di registrazione e relativa casa discografica. Insomma, la musica lo ha ripagato di tutti gli sforzi che fece sul finire degli eighties per imporsi. Mentre altri si inabissavano lui andava a galla e sembra destinato a rimanerci.
E’ ormai lontano il debut album del 1992! La carriera si è evoluta alla grande, direi!

Il nuovo disco ha un nuovo chitarrista Chris Francis mentre il resto della band rimane invariata. Dopo anni e anni di continua vitalità della band inglese era logico aspettarsi un punto di saturazione che giunse infatti nel penultimo capitolo e, dopo le due fatiche discografiche di Hughes dedicate a Re Artù, ora è giunto il momento dei suoi nuovi e rinati “dieci”. Personalmente avevo già detto la mia sulla recensione dello scorso album: il continuo mettersi in prima persona come compositore e produttore causa sicuramente degli scompensi. I primi a venir fuori sono proprio nella produzione che ha sempre contraddistinto i TEN in una produzione pastosa e ovattata. Qui le chitarre infatti risentono malignamente di una produzione non al di sopra delle righe tenendola sempre in secondo piano a favore invece di tastiere e basso (dire “la voce” mi pareva un tantino scontato/nda).
L’apertuta è dedicata a “Apparition” che segna un intro di 2 minuti e mezzo prima che Gary dia spazio alla sua voce…troppi, così come gli intro di altre songs presenti sull’album che non portano nulla di nuovo e nulla di così emotivamente valido per gli ascoltatori. Con “Evermore” si ritorna ai fasti di “Spellbound” mentre con altre songs come “Temple of love”, “Strangers in the night” e “Evil’s on the top in the world” sembra che le sonorità si siano fermate al 1989 portando un AoR pomposo à là GIANT.
Il monocorde Hughes tuona quanto può ma risulta più efficace in brani come la suadente “Sail Away” e “Stay a While”, due splendide ballate in stile TEN al 100%.
Chiude l’album la potente e moderna (per Hughes!/ndr) “Tearing my heart Out” che appare la versione sbiadita degli EVANESCENCE in versione Adult Oriented Rock.

Spesso ci lamentiamo dei grupponi che cambiano drasticamente sound ma spesso ci ritroviamo anche a dire “basta” con le produzioni fotocopia che si susseguono a ruota libera. I TEN hanno questo presupposto, non deludere i propri fans e continuando imperterriti a fare ciò che sanno far meglio: Hard Rock Melodico. Sta a Voi ora decidere se premiarli o meno.
Marco Paracchini

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www.velvetrevolver.com

 

VELVET REVOLVER
"Contraband"
RCA - 2004

Strano a dirsi ma erano secoli che aspettavo di fare questa recensione. Anche se il cd è uscito ormai da quasi 3 settimane è un onore dovervi introdurre al ritorno di Mr. Slash, Mr. Duff e Mr. Matt Sorum (dicesi tre ex-GUNS N ROSES riuniti, mica roba da tutti giorni!) con mr. Scott Weiland (risorto dalle ceneri dei disciolti STONE TEMPLE PILOTS) alla voce e l'aggiunta di Dave Kushner alla chitarra ritmica... anche se in Izzy abbiamo nutrito grandi speranze sin dall' inizio. Diciamoci la verità, dopo una trafila di provini con mezzo mondo per scegliere il singer ideale anche se ci avessero propinato Robbie Williams ce ne saremmo fregati in pieno talmente morbosa è stata la curiosità di riascoltare in azione gli idoli dell' hard rock di nuovo insieme: e chi ci sperava più?
L'emozione è tanta solo a vedere esposto sullo scaffale della Fnac "Contraband" in ben tre versioni tutte colorate (bianca, nera e rossa), acchiappo quella dark, pago e zompo a casa. Scarto con una certa religiosa emozione l'involucro e con un brivido introduco il cd nel lettore, metto le cuffie col volume spropositatamente alto, trattengo il respiro e pigio Play. "Cazzo... spacca, fottuti bastardi!", grettamente penso dimenandomi come una tarantola con "Sucker Train Blues" e "Do it for the Kids" che mi ricorda tanto la ritmica di "Mean Bone" del secondo Slash solista.

Mi colpiscono tanto le seguenti cose: in primis la voce multi effettata e prettamente spiccante su tutto di Scott (prendete qualsiasi cd degli STP e sentite la differenza... dicesi produzione e mixaggio coi controcoglioni di Josh Abram e Clive Davis), i suoni e l'atmosfera cupissima dell'ambiente - tanto da farmi tirar giù i bassi a manetta - e uno Slash un pò in disparte rispetto al solito protagonismo indiscusso e tagliente della sua Gibson. Tetrissima e cattivissima è "Big Machine", "Illegal i Song" mi ricorda gli L.A. GUNS di "Waking the Dead" mentre sfido chiunque a negare che "Spectacle" non sia puro Rock n Roll era 2004... sogghigno pensando alla faccia dell' attonito Mr. Democrazia Cinese di fronte a tutto sto ben di dio sonoro. "Headspace" è STP al 100%, mentre il bridge di "Superhuman" mi ricorda addirittura gli ALICE IN CHAINS. Scott non è certo un ottimista e nei testi ci ha dato un bell'esempio di songwriting. Finalmente arrivo a "Set me free"... vera revolverata nei coglioni (da notare il cantato finale "so take me down, take me down, down down... non vi ricorda qualcosa??)... e pensare che mi son sorbita quella gran cagata di "Hulk" al cinema solo per sentirmi la song nei titoli di coda ma con l'impianto più supersurround che potesse esistere! Come non riconoscere il basso di Duff introdurci al secondo singolo multigettonato dalle radio "Slither" e scoprire che Slash anche con questi suoni è il big motherfucker di sempre, idem con l'energetica ammicante "Dirty little Thing" che conferma i VR come un vero supergruppo di maturi quarantenni incazzati.

Ho tralasciato appositamente le tre ballads che sono un capitolo a parte perchè ci sono evidenti richiami al famosissimo intro di "Sweet Child o' mine" sia in "Fall to Pieces" che nella bellissima spezzacuore dal testo fenomenale quanto vero "Loving the Alien", mentre "You got no Right" è senz' altro più disimpegnata ma l' assolo bluesy tira su le sorti e un pò mi fa rimpiangere i bei vecchi tempi... sigh!
Di sicuro questo è un bell'album con un pizzico di tutto, un GNR vs STP senza conflittualità, che accontenterà i fan sia degli uni che degli altri, un ritorno in pompa magna dei ragazzacci del rock n roll: welcome back motherfuckers!!
Michy "Uzy"

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www.motorcitybrags.com

 

MOTORCITY BRAGS
"Nothing New"
Self Produced - 2004

Dal delta del Po arriva la prima demo dei torinesi Motorcity Brags, terzetto cafone di punk n roll altrettanto maleducato e irriverente.
La registrazione è casalinga, e alla luce di questo non è neanche male, per cui non scassate le palle. La pecca più evidente è la voce registrata un po’ troppo bassa, troppo “dietro”… e un sound dei 5 pezzi più omogeneo non avrebbe guastato, però alla fine dei conti si tratta di una demo di esordio, e ancor più alla fine dei conti si tratta di tre zotici. Tre zotici mirabolanti, indeed.

Inizio al fulmicotone con “Hate The Sunday”, la mia preferita dell’ep, un bel punk n roll tirato e alcolico, a cavallo tra Motorhead e Misfits. La successiva “One Eyed Jack” segue le coordinate tracciate dalla opener, e nel chorus emerge una netta somiglianza coi Nashville Pussy. Forse fin troppo netta…

“Torino Boulevard” si muove su riff più bluesy e meno furiosi, un pezzo accostabile alle produzioni dei cugini Bad Dog Boogie. Se il testo poi parla della zona del Manhatta, beh, direi 10 e lode!
“Motorcity Jail Rejects” inanella una serie di riff da capogiro (e un bell’assolo di chitarra), molto ben strutturati… però la voce sembra provenire dai baratri di un cesso… oddio, potrebbe anche essere un modo innovativo di “effettarla”. Del resto usare il megafono o i filtri è roba da qualunquisti…
Chiude il platter la cover live di “Last Caress” dei Misfits.
Il CD costa solo 3 euro spese di spedizione incluse. Se non lo prendete siete degli stronzi.
Simone Parato

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www.t3chnophob1a.com

 

T3CHNOPHOB1A
"Albedo Level: 0%"
Self Produced - 2004

Se siete cresciuti a suon di OGM, non potete lasciarvi scappare i T3chnophob1a, ensemble alieno di industrial space metal. La band torinese propone un ep di 4 pezzi + intro caratterizzato da ritmi martellanti, synth, chitarroni compressi e vocals stridule di derivazione black metal. Oh, yeah. I nomi di riferimento sono i maestri del genere, Rammstein e Covenant uber alles. Le vocals stridule a mio avviso sono inserite bene e danno un tocco di originalità, tuttavia qualche volta avrebbero bisogno di più pathos, di una maggiore incisività.

“Aliena Ferox [Format Race *.*]” e “F.I.A.T. [Finding Improved Alien Technlogy]” sono lì apposta per macinare i vostri organi, ma se volgete l’attenzione al gusto * perfetto * della band per gli acronimi e lo slang cyber, soffrirete di meno.
“Wrapped in Eternit” è insinuante come una colonia di batteri killer. Non avete speranza. Cazzi vostri. “H.T.M.L. [Heavenly Territories Might Lie]” rivela un incedere delle vocals molto accattivante, mentre mid tempo e synth non lasciano scampo all’inequivocabile senso di annichilimento sonoro che verrà a lasciarvi a terra inermi, con una bella protesi biomeccanica tra le gambe.

“Ctrl+Alt+Del For a Better Future”. Riavviate, ma non prima di aver ascoltato “Albedo Level: 0%”.
Chi ha paura del buio?
Simone Parato

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www.smashnspits.com

 

SMASH N’ SPITS
"#2"
Self Produced - 2004

Da Las Pezia, la fucina punk rock d’Italia, arrivano gli Smash N’ Spits.
Una demo di tre prezzi dalla registrazione bella quadrata, peccato solo che le vocals risultino ogni tanto troppo sgraziate, un aspetto a mio avviso da perfezionare, anche perché la carica irriverente e marcia un po’ alla Sex Pistols è davvero cool.

“Rock Your Life” apre le danze: un tiro scandinavo a cavallo tra Gluecifer e Backyard Babies, peccato per il chorus impastato e abbestia che inficia la resa finale.
“Since I Have You” è la mia preferita, splendido l’inizio batteria/vocals e accordi lasciati, molto accattivante la melodia vocale dell’intero pezzo, questa canzone da sola rivela tutte le potenzialità della giovane band spezzina.
Chiude “Freaking People”, che se devo azzardare un paragone deluxe, mi ricorda i Social Distortion degli esordi.

Esordio dunque più che buono per gli Smash N’ Spits, e già che ci sono oltre a recuperare il CD vi invito caldamente a vederveli dal vivo se ne avete l’occasione: la band ha una grande carica live e dalla sua una splendida modestia e affabilità.
Simone Parato

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