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www.genewalkgroup.com
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THE GENE WALK GROUP
"The
Gene Walk Group"
Park
Avenue Records - 2003
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Era dal lontano 1993 che non avevo
notizie di questa band, improntata sulla figura di
Gene Walk, cantante e chitarrista del New Jersey.
Ricordo benissimo quando acquistai per corrispondenza
il mini cd di 6 tracce basandomi esclusivamente su
alcune frasi lette su un magazine americano che paragonavano
la band ai primi Bon Jovi...
Ed in effetti conservo ancora gelosamente quel cd
che conteneva autentiche perle del calibro di "Long
Arm of Love", una delle mie canzoni preferite
di sempre e della mega-ballad "Painted Horse".
A 10 anni di distanza, grazie alle rete of course,
mi sono imbattuto nel sito della band e con mia grandissima
sorpresa ho saputo di questo album uscito e che immediatamente
ho cercato di recuperare.
Grazie alla disponibilità ed
alla simpatia dello stesso Gene eccomi qui finalmente
a potervi parlare di cotanto cd che se arrivato prima
nella mia casella della posta avrebbe sicuramente
figurato nella mia playlist di fine anno.
Eh si, perchè le 13 songs racchiuse in quasi
70 minuti rappresentano una boccata d’aria salutare
per chiunque ami sonorità melodiche e di classe,
unite ad una certa ricerca delle radici del r’n’r
che mi hanno fatto pensare ad alcune cose dei Rolling
Stones... qui omaggiati con una bellissima
versione del classico "Dead Horse".
Tra i pezzi migliori meritano citazione "Kiss
The World Goodbye" dal chorus indovinatissimo,
"Tumbleweed Junction" che ricorda i Firehouse
e la riproposizione della già citata "Painted
Horse" che non ha perso nulla del fascino originale…
Rispetto all’esordio compaiono in questo album
richiami a sonorità quasi Southern, soprattutto
in due pezzi da 90 come "Sunflower" e "Rumblin’
Train" che con i suoi 8 minuti e mezzo di durata
si candida ad essere uno dei piatti forti dei live
–shows.
Ascoltando questo cd mi sono venute
in mente bands tipo i primi Tangier e
Cinderella, oppure "Blaze of
Glory" di chi sapete voi, con quelle atmosfere
quasi western che mi hanno sempre fatto impazzire...
Posso solo darvi un solo consiglio... contattate la
band e procuratevi il cd... una delle perle di un
anno che davvero comincio a ritenere uno dei più
prolifici degli ultimi 10…
PS: Negli ultimi mesi i nostri hanno fatto diverse
date con personaggi del calibro di Bret Michaels
e Twisted Sister…
vorrà pur dire qualcosa no?
Federico Martinelli
top
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www.thestarlits.com
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THE STARLITS
"Promo
2003 "
Peephole
Records - 2003
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Urgh... Questo mini di tre pezzi,
che serve da apripista in attesa del full-lenght delle
Starlits (band per ¾ al femminile, con la sola
eccezione del drummer Mike Hobbs), ha suscitato in
me emozioni decisamente contrastanti. Sono passato
da un “Wow, che bello! Il capo m’ha passato
il mio primo promo da recensire!!” ad un “Ecce
credo... ‘tacci sua...”! Sarà che
salvo poche eccezioni non ho particolare propensione
per le voci femminili nel Rock’n’Roll,
sarà che stamattina s’è svegliato
per primo il mio lato sciovin/maschilista ma... boh...
’sta roba mi lascia un po’ d’amaro
in bocca. Innanzi tutto non trovo sostanziali differenze
tra i brani proposti: “For You”, “Cast
A Shadow” e “Tongue To Cheek”, tutti
all’insegna di un Punk’n’Roll piuttosto
scialbo e scontato con poca personalità, poi
la struttura e la sonorità dei brani sono sul
“depresso - decadente” ed il ritmo spesso
rallenta diventando lagnoso e sembra quasi aleggiare
una fastidiosa presenza Post-Grunge...
E’ come sessere su un fottuto
aereo che rolla e rolla e rolla ma... cazzo, non si
decolla mai... Potrebbero ricordare vagamente (anche
per l’impostazione della singer Heidi Peel),
i N.Y.Loose di Brijitte West che,
se già non mi esaltavano, avevano quanto meno
parecchie frecce in più al loro arco. Mah...
continuo ad ascoltarlo ma l’impressione non
cambia e ben poco dei brani mi rimane in testa , leggendo
la bio sembra che il loro live-show sia molto carico
e coinvolgente, a questo punto mi auguro riescano
a trasmettere quest’energia anche nel full-lenght
di prossima uscita, magari variando un po’ di
più la struttura dei brani in modo che riescano
a fare quel salto di qualità assolutamente
necessario. Amen.
Gaetano Fezza
top
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www.aberuthless.com
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ABE RUTHLESS
"No
Nothin' Blues"
Formula
13 - 2003
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Chi segue la scena trash punk rock'n'roll
avrà sicuramente sentito parlare degli Slash
City Daggers, quartetto americano con all'attivo
due album ("Lock Up Your Daughters" e "Backstabber
Blues"), e di conseguenza del suo singer Abe
E. Ruthless, già membro fondatore dei Fuck
You Ups, che lo scorso anno è uscito
con un EP dal titolo "No Nothin’ Blues"
dove il rocker dell'Arizona si fa aiutare dal cult
trasher JEFF DAHL e... si sente!
Prendete ad esempio l'opener "This
Ol Boy", inevitabile l'accostamento con i prodotti
solisti dell'ex the Angry Samoans
o Stones, così come la title
track o "Don't Fool Around", tutti brani
nati dall'amore per lo sporco e trashy rock'n'roll
dei Seventies. Solo l'acustica "I Don't Wanna
Die" da quel taglio più malinconico al
CD, una sorta di tributo a JOHNNY CASH
e DOGS D'AMOUR, ma per il resto è
solo musica per "vecchi" intenditori...
e so già che il nostro Trash69 andrà
subito alla ricerca di una copia...
Moreno Lissoni
top
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www.dopestarsinc.com
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DOPE STARS INC.
"10.000
Watts Of Artificial Pleasures"
Self
Produced - 2003
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Young, loud and sinthetized. Ovvero
i DEAD BOYS violentati dai KMFDM…
o viceversa?
I DOPE STARS INC. sono una nuova, interessante e viziosa
realtà tutta italiana, una band che nasce dal
desiderio di creare una band rock n roll imbastardita
da un assalto sonico e punk e dilatata da sonorità
industrial. Un ensamble che si presenta con tutte
le carte in regola: CD, bio, sito… tutto realizzato
in modo professionale (e stiamo parlando di un CD
che in find dei conti è autoprodotto!) e con
un inglese corretto… e scusate se è poco,
in un Italia ancora troppo caciarona e provinciale,
dove molte, troppe band fanno le cose a cazzo…
Professionalità, sì…
ma c’è di più. “10.000 Watts
Of Artificial Pleasures” apre le danze biotecnologiche,
e proprio di danze si tratta! Immaginate gli ZEROMANCER
o i COVENANT più martellanti
e marziali, e una strofa + coro a dir poco indovinatissime…
impossibile resistere, melodia e beats si rincorrono,
l’adrenalina scorre, sale e scende, fino all’orgasmo
biomeccanico.
E’ proprio questo primo pezzo, luccicante biglietto
da visita, ad essere il mio preferito, assieme a “Infection
13” (eheh ma chissà da dove salta fuori
l’idea di questo titolo!), che a tratti mi ricorda
TIM SKOLD, e a “Self Destructive
Corp.”, dove un ritornello melodico e vagamente
pop sposa le ritmiche micidiali dei RAMMSTEIN.
Se proprio devo trovare un difetto, penso che “Plug
And Die” sia troppo prolissa, mentre la cover
di BILLY IDOL “Shock To The
System” mi ha fatto ripensare all’assurdo
video che passavano alla televisione diversi anni
fa… non male, e oserei dire molto meglio dell’originale!
Chiudono il CD la più rilassata “Generation
Plastic”, le cui vocals mi ricordano il MARYLIN
MANSON più, ehm, intimista, su un
tappeto musicale impregnato della poesia cupa e magnifica
degli ZEROMANCER, e un remix indiavolato
della title track.
Ora aspetto al varco gli elettro-dandies,
che vorrei vedere all’opera dal vivo, diciamo…
uhm, ADESSO! Le potenzialità ci sono, e non
posso augurare alla band se non il meglio…
Supportate la band, magari incominciando a fare un
giretto sul loro ottimo sito, non ve ne pentirete…
Simone Parato
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www.babylonbombs.net
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BABYLON BOMBS
"Promo
2003 "
Self
Produced - 2003
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Da un'anno a questa parte ai nomi più
noti della scena rock svedese io inizierei ad aggiungerci
questi Babylon Bombs già recensiti nella sezione
New Bandz (www.slamrocks.com/newbandz19.htm)
lo scorso anno con l'uscita del loro primo album,
"Ten things you can't live without".
Questo promo segna un deciso passo in avanti rispetto
all'esordio con Dani (Vocals, guitar), Swaint (Drums)
e Jon (Guitar) in splendida forma e a ricordarci che
la scna scandinava è più viva che mai.
Si parte col botto, "Let's Roll" caratterizzata
dal guitar riffing iniziale, una traccia potente e
cattiva che ricorda gli ultimi BACKYARD BABIES,
segue "Delirious" altro brano di potente
e coinvolgente scan rock!
"Crucify" presenta delle
atmosfere decisamente più Seventies date dall'inserimento
dei tasti d'avorio suonati per l'occasione da The
Duke Of Honk, un pezzo più lento e commerciale
rispetto lo standard, ma davvero piacevole così
come la quarta ed ultima traccia, "Suicide Street"
che pesca nel reportorio più melodico della
scena scan.
Gran bel biglietto da visita questo "Promo 2003",
ora non ci resta che aspettare impazienti il full-lentgh
CD!
Moreno Lissoni
top
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www.point-music.com
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SILVER
"Intruder"
Point
Music - 2003
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Yawn... avete presente quando avete
un cd da recensire e ogni volta tentate di rimandare
perchè non riuscite ad ascoltarlo fino alla
fine a causa dell'effetto soporifero che vi causa?
E' questo il caso del terzo album dei melodici SILVER
dal titolo "Intruder" (sì sì,
come il razzo e la moto). Dopo aver dato alla luce
esattamente un album all'anno: "Silver"
nel 2001 e "Dream Machines" nel 2002 eccoci
al terzo capitolo. Il nucleo principale del gruppo
è di tutto riguardo, composto infatti dall'ex
MSG Gary Barden - alla voce -, Bernie
Torme (ex Gillian) e Michael Voss
(ex Bonfire) - alle chitarre - e
l'inossidabile Don Airey (Deep Purple)
- alle tastiere - ...ma per l'occasione i super ospiti
non si sprecano di certo! La maggior parte delle sessioni
di batteria è opera di Bertram Engel (Bruce
Springsteen) e Peter Maffay, mentre al basso
troviamo due leggende del metal: Bob Daisley (Ozzy
Osbourne) e Colin Hodgkinson (Whitesnake);
a dar man forte a Voss nelle schitarrate c'è
lo svedese Tommy Denander (AOR, Radioactive).
Con dei personaggi così il risultato
non dovrebbe essere garantito?? Invece direi proprio
di no! Le prime quattro songs volano via inconsistenti,
compresa la title track "Intruder" che delude
specialmente sul ritornello. Verso la traccia cinque
"Dance with the devil" c'è un'inaspettata
svolta tribale! Tamburi e cori in stile afro che ricordano
più che altro cartoni come "The Lion King"...
vabbè procediamo. Non va meglio con la prolissa
"How does it feel?" che sfiora l'epico e
quell'intro anni '50 che di per sè non è
malvagio ma è completamente slegato dal resto
della canzone. Punte di diamante del cd ci arrivano
dalla scoppiettante doppietta "Kismet" song
easy e allegra che va dritta al cervello e la fantastica
"Come on" puro rock'n'roll che richiama
"Rebel yell" del buon BILLY IDOL.
Non male anche "I don't love you anymore",
seppur i suoni e in particolar modo la batteria sembrano
troppo artificiali, quasi piatti e la voce risulta
troppo in secondo piano e poco potente, decisamente
adatta a sonorità più soft (tipo il
progetto AOR di F. Slama). Incontriamo
anche la stucchevole la ballad "Shine on you",
mentre tutta aor è la malinconica "When
the lights go down".
Che dire in conclusione di un album composto da giganti
della musica ma nel quale salverei quattro canzoni
a malapena? Beh... apettiamo lavori più grintosi
da questi "ragazzoni"!
Michy"Uzyglam"
top
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www.victory-music.com
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VICTORY
"Instinct"
SPV
- 2003
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Il gruppo teutonico dei V. ritorna
alla grande sostenuto dall’etichetta SPV, nell’intento
di non far dimenticare, in questo periodo di reunion,
anche la loro unica e splendida storia discografica.
Dal 1984 sono sempre stati una sorta di istituzione
tedesca dell’hard rock “a stelle e strisce”
e, insieme ai BONFIRE e SCORPIONS
sono anche riusciti, per qualche tempo, a
superare i confini e giungere nella terra dei sogni
musicali, la splendente Hollywood dei tempi che furono
(tennero un concerto nel settembre del 1989 in quel
di Los Angeles).
Il primo cantante, Charlie Huhn, scomparve
dalla scena dopo il 1987 ( alla fine del loro tour
europeo) per lasciar posto al più acuto e gagliardo
Ferdinando Garcia, che perdurò sino al 1996
ma, udite udite, nel disco di cui parlo, Charlie fa
la sua ricomparsa dopo che Ferdinando è scomparso
dal debutto semi-solista coi primi BLISS.
Il nuovo sound proposto è sempre hard rock,
molto più diretto con cadenze chitarristiche
che sfiorano l’heavy metal americano degli anni
ottanta come l’opener “”Running
Scared” o “Enemy”.
Il cantato appare più incisivo rispetto ai
primi due album di Huhn dove, forse per l’età,
la gola appare anche più roca rispetto al previsto,
portandolo quasi ad assomigliare, in certi momenti,
al Mark Storace dei KROKUS.
Undici canzoni senza respiro, nessuna
ballad, nessun mid-tempo… tutto energia, sudore,
tecnica e passione per un genere destinato alla nicchia
che rappresentiamo. Tommy Newton (da qualche anno
anche stimato producer ndr) scrive e compone alcune
tracce lasciando però molto più spazio
all’altro chitarrista e fondatore della band,
Herman Frank che, qui, produce anche.
Il booklet e la cover appaiono molto in sintonia con
quanto era di moda nella metà degli ottanta
dove, luccicanti e metalliche scritte cappeggiavano
su quasi ogni copertina di rock duro…il loro
ritorno con una copertina del genere, pare voglia
essere anche un tributo a chi, come alcuni di noi,
non hanno dimenticato quei tempi.
Per la gloria e la tenacia mi sento di premiarli con
una recensione al top dell’ottimismo sebbene,
lo ammetto, alcuni spunti risentono del tempo passato
e risultano un po’ noiosi anche per la mancanza
di arrangiamenti nelle vocals degne di nota. Premio
della simpatia per la indovinata chicca intitolata
“Songs of Vicotry” dove, come testo e
ritornello, vengono utilizzati tutti i titoli delle
canzoni più note del loro passato… geniale…
Marco Paracchini
top
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www.midniteclub.de
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MIDNITE CLUB
"Running
out of lies"
Escape
Music / Frontiers Records - 2003
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Che la Germania sia sempre stata una
nazione attenta al sound rockeggiante, si sapeva da
tempo ma, che continuassero sulla strada intrapresa
più di venti anni fa, nessuno, sinceramente
se lo aspettava… infatti, dopo i vari ritorni
di band culto tedesche, la scena moderna si è
sempre contraddistinta da una vasta pergamena di nomi
che alcune etichette hanno sparso per tutto il globo.
Ultimi della lista questi M.C. che,
col cantante dei DOMAIN, Carsten
Schulz (se nn ricordo male… forse me lo confondo
con gli EVIDENCE ONE… insomma,
basta di produrre un disco alla settimana!!! Ndr),
ripercorrono le note timbriche imposte dal cliché
Hollywoodiano della metà degli anni ottanta.
A metà tra Pomp AOR e Hard Rock teutonico alla
FRONTLINE, questi crucchi si fanno
strada partendo dal concetto che le tastiere e le
chitarre debbano avere il primato in una composizione
rock. Detto fatto, la quasi totalità delle
tracce presenti risentono in modo pesante di passaggi
tastieristici proprio in linea d’onda con quanto
fatto da AUTOGRAPH, primi BON
JOVI, GIUFFRIA e tutta la
mandria dei capelloni a cavallo tra l’84 e l’87.
Buone composizioni e una produzione
abbastanza discreta fanno di questo disco un gioiellino
retrò per gli appassionati del genere sebbene,
alla lunga, stanchino proprio per l’eccessiva
dose di eguaglianza coi gruppi più vecchi e
già usurati dal nostro stereo.
Credo che questo sarà l’ennesimo progetto
tedesco che, dopo il lancio, si chiuderà definitivamente
per essere ristampato tra tre anni o per essere rivenduto
nei grandi magazzini a 3 euro.
Pensare bene prima dell’acquisto. L’ascolto,
come sempre, lo consiglio vivamente.
Buona la prima!
Marco Paracchini
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STUDIO 99
"Aerosmith
& Guns ‘n’ Roses… a
tribute"
Going
For A Song Music - 2003
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Certe volte, questa sorta di mestiere,
fa ritrovare uno spirito di sorpresa unico, come in
questo caso.
Dico questo perché, inviatomi da un mittente
sconosciuto, forse da Biella, questo cd è uno
dei pochi misteri del commercio discografico.
Etichetta sconosciuta, generalità assenti,
credits mancanti… insomma, tutto quello che
dovrebbe avere un cd, questo tributo non ha.
Anche la data l’ho scritta io poiché
sul supporto manca anche quella… l’ho
intuita dalla spedizione fattami, tutto qui.
Insomma, che cosa è dunque questo “Studio
99”? Un tributo italiano o inglese? Boh, a guardare
bene il nome dell’etichetta e i diritti pare
sia giunto dall’U.K. e quindi sia un prodotto
inglese… altro non so che dire… le uniche
frasi presenti nel compact disc sono scritte in inglese
e danno la loro giustificazione per l’assenza
dei nomi degli strumentisti, dicendo, in sintesi,
quanto segue: “questo STUDIO99 è un insieme
di strumentisti e cantanti di cui, alcuni, molto famosi,
altri meno, quindi, per scelta comune si è
deciso di non scrivere nessun nome.”
Ok, vada per i musicisti ma la produzione?
La sala di registrazione? Nulla… niente di effettivo
e mi scuso con gli eventuali lettori che conoscono
il passato o il presente di questo…”gruppo”?
Come si evince dal titolo l’ensemble di canzoni
sono un tributo ai gruppi di Axl e
di Steven Tyler e, il caso è
che, alcune tracce (“Jaded” e “Sweet
child o mine”) sono registrate e cantate davvero
bene ma, altri brani (su un totale di 15) risentono
di una incredibile resa sonora assai discutibile,
per lo più sulla scia intrapresa dai cantanti
(forse tre in tutto?) che nell’eseguire i pezzi
classici dei Guns, scivolano sull’evidenza
diversità di timbrica vocale… sai, non
è facile imitare il buon vecchio Axl
Rose… quindi mi chiedo, qual è
il senso discografico di questo prodotto in cui uno
non sa nemmeno chi suona e chi canta? E qual è
il senso logico di tenere le sonorità il più
uguale possibile ai tempi ma tralasciare le linee
vocali dandole in pasto ad alcuni disastri canori?
Non ci siamo proprio. Evitatene l’acquisto.
Se qualcuno di voi ha scritto, suonato o cantato per
questo album e ha voglia di farmelo sapere, ritengo
sia il momento opportuno di farlo… se nessuno
sa chi siete, a chi importa il vostro disco?
Marco Paracchini
top
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www.bastet.tv
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BASTET / PLAN NINE
"Songs
That Will Get You Laid"
Decibel
Records/Venus - 2003
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E finalmente, ostrega! Dopo mesi di
(im)paziente attesa, tra slittamenti e sfighe varie,
ho tra le mani la release ufficiale del famigerato
E.P. “Spurtin’Joy Wherever I Go”!
Ok, il titolo è cambiato ed il CD realizzato
dalla Decibel Records (che si becca al volo il mio
plauso per il lavoro svolto) è uno split con
gli svedesi Plan Nine, ma il succo del discorso non
cambia ed i 5 più recenti brani della Rock’n’Roll
Gang più vera, deragliata ed autenticamente
Sex-addicted d’Italia possono diffondere il
verbo del nuovo messiah del Cock Rock – al secolo
Mahatma Pacino – in ogni angolo del fottutissimo
globo. Bastet....Bastet cazzo!... E’ stato detto
e scritto di tutto e di più su di loro e non
hanno certo bisogno di essere presentati dal sottoscritto,
vi prego in tutta onestà di non accusarmi di
”parzialità”, “amicizie particolari”
od amenità simili, la verità semplice
e lineare è questa: i Bastet mi esaltano, punto
e basta! Eccheccazzo, non dovrebbe essere così
solo perché sono Italiani? Alzate le chiappe
e concedetevi almeno una volta il privilegio di vederli
dal vivo e capirete di cosa parlo, poi ascoltate attentamente
Pacino e ditemi da cosa si evince che è italiano!
La sezione ritmica, che annovera un autentico fuoriclasse
come Carmen alla batteria, è perfetta, la solista
di Rufus è coinvolgente, di buon gusto e spesso
impeccabile, cori, bridge e refrain sono da urlo...
e non sto parlando di canzoni facili facili studiate
per majors e MerdTV, sto parlando di SIGNOR Rock’n’Roll,
di mazzate fra i denti e pedate nei “gioielli”,
di attitudine Glam figlia degenere dei 70’s
e suoni Street degli 80’s rielaborati in una
miscela dall’impatto esplosivo ed in linea coi
tempi che prende a calci in culo gran parte dell’osannata
scena scandinava.
Due cose sono evidenti ed alzano enormemente
le quotazioni della band: la maturazione è
palpabile, progressiva ed esponenziale a tutti i livelli
rispetto al passato e, nonostante alcune sfumature
portino alla mente Street Rockers di razza come Faster
Pussycat, Alleycat Scratch,
primi Wildhearts e 69 Eyes,
con qualche accenno di derivazione scandinava alla
Hardcore Superstar, è difficile
mettere a fuoco una singola ispirazione e tutto questo
signori ha un nome: Personalità. I Bastet suonano
come i Bastet, punto. I cinque brani sono tutti su
livelli eccellenti ed almeno un paio di questi -“Erected”
e “Spurtin’Joy Wherever I Go” (scritta
in collaborazione con Ric Browde)
- hanno il carisma indubbio del classico, di qualcosa
che resterà negli anni a venire; “Closer
to You” è una Street-Rock song puttana
e romantica, con un bel riffing, wah-wah e coretti
assassini, “Broke With a Broken Heart”
presente anche come bonus “karaoke” track
(!?!) farebbe la sua porca figura nell’album
“Wake Me When It’s Over” dei Pussycat,
ed una menzione particolare merita “God Is Good”
che all’inizio mi ricorda tanto “Raw Power”
di Iggy e mi provoca più di
un brivido lungo la schiena. Impossibile non saltare
e pogare come ossessi mentre ricompare d’incanto
la chitarra fantasma che suoni come un demente mentre
grondi di sudore puzzando come una fogna di Calcutta...
Sciagura a Voi se non ve lo procurate, cazzoni !!
Stavolta niente mezze misure: i Bastet NON divertono
ma SONO la quintessenza del divertimento, sono al
momento quanto di meglio mai espresso dal Bel Paese
e reggono perfettamente il confronto con le più
quotate Glam Punk bands del pianeta... Amen! Ed ora
tutti a Sodoma e Gomorra!!!
Agli svedesi Plan Nine il non facile
compito di mantenere alto il livello del CD e, per
quanto mi riguarda, ci riescono solo parzialmente.
Non posso negare che siano bravi, suonano potenti
e compatti macinando riffs roboanti e “carichi”
in puro Scan-Rock style, tanto che ascoltando i primi
tre brani “Let’s Dance”, “Lean
on Me” (probabilmente la migliore del lotto)
e “Get Up!”, tutti con un ottimo tiro
e cori tutto sommato accattivanti, continua a frullarmi
in testa un nome: Backyard Babies (ma
vah?), mentre “Caught in the Act” e “Super
Psycho Love”, risalenti al periodo del loro
E.P. d’esordio, sono più grezze e punkeggianti,
con influenze più palesemente 70’s. Se
la cosa può essere indubbiamente considerata
un pregio per gli estimatori del suono che impera
nel Nord Europa da qualche anno, può altresì
lasciare un po’ d’amaro in bocca a chi,
come me, escludendo i pochi capolavori come “Total
13” dei Babies alla lunga finisce
per storcere il naso e vedere cloni ovunque. Si potrebbe
obiettare che il Rock’n’Roll non è
certo un genere facile da rielaborare dopo alcuni
decenni in cui se ne sono ampiamente esplorate tutte
le sfaccettature, ed io da fan accanito del genere
non cerco di certo innovazioni o peggio famigerate
“sperimentazioni", diciamo che preferisco
chi si ispira ad altre fonti che non siano i soliti
album delle solite due “monster-bands”
scandinave. In definitiva confermano l’impressione
che ho avuto durante la loro esibizione milanese come
supporter di Bang Tango/Faster Pussycat,
cioè bravi esecutori, con giusta attitudine
ma carenti in qualcosa, i brani scorrono piacevolmente
ma alla fine aleggia un senso di “deja-vu”
e se l’ascoltatore si distrae per un qualsiasi
motivo rischia di non cogliere il passaggio da un
brano all’altro. Le potenzialità ci sono,
la professionalità anche, con un pizzico di
personalità in più il salto di qualità
è sicuramente alla loro portata. That’s
all folks, simply buy it!!.
Gaetano Fezza
top
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www.longgonelosers.it
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LONG GONE LOSERS
"Rock’n’Roll"
Self
Produced - 2003
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Proprio qualche giorno orsono discutevo
con il boss di come la scena R’n’R italiana
non fosse mai stata ricca di bands come in questi
ultimi anni... e di come fossero rappresentate più
o meno tutte le anime del R’n’R, da quella
più tipicamente losangelina a quella più
punkeggiante a quella legata agli anni ’70.
Neanche a farlo apposta eccomi a recensire il debut
album di una nuova realtà proveniente, loro
la definizione, da un ridente paese del basso mantovano
e attiva dal 2001.
"Devil Woman" apre le danze
con un esplosivo riff a metà tra Demons
e Hellacopters prima maniera, subito
doppiato da "Action"... scan-rock sparato
in faccia senza remore..
Si rallenta un pochino con "Losers", pezzo
che sembra uscito direttamente da qualche session
di hellacopteriana memoria periodo
"Payin’ the Dues", ma con la title
track si ricomincia a macinare chilometri alla massima
velocità.
Credo comunque che il pezzo miglior del lotto sia
"Roll The Dice"... un bel calcio nel culo
con tanto di coretto che ti stampa in testa al primo
ascolto..
Sono davvero curioso di poterli vedere on stage, perché
credo che una band del genere possa davvero dare tanto...
non per niente in così poco tempo hanno già
diviso il palco con bands del calibro di Demons,
TheeSTP e Adam West...
Diamo il benvenuto nella R’n’R family
ai Long Gone Losers... ROCK’N’ROLL.
Federico Martinelli
top
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www.scareyrecords.tk
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KILLER CLOWN
"Evilution"
Scarey
Records - 2003
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Avevo sentito parlare di questa band
torinese, attiva dal 1994, ma mai mi era capitato
di ascoltare qualcosa... fino a quando il boss mi
chiama e mi dice: ho un paio di bands da farti ascoltare...
penso ti divertirai...
Detto... fatto... perché questo "Evilution",
terzo full lenght del quintetto, è una delle
cose più spassose che mi siano capitate di
ascoltare ultimamente..
Rock’n’Roll ad altissimo
voltaggio, mischiato a del buon garage d’annata
e una voce marcia al punto giusto... questi gli ingredienti
di questi 45 minuti scarsi che davvero non mancheranno
di strapparvi un sorriso... anche perché titoli
come "How Can Stink a Dick", "Useless
Scum" e "The Day I Killed Elton John"
parlano da soli.
Consigliatissimo a chi non prende troppo sul serio
il nostro mondo, a chi apprezza il lato più
classico del R’n’R, sia a chi non disprezza
sonorità alla Cramps/Misfits.
Federico Martinelli
top
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www.scareyrecords.tk
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THE DEAD KINGS
"For
All Those Hot Black Chicks"
Scarey
Records - 2003
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La Scarey Records deve avere un debole
verso le band che non si prendono troppo sul serio...
da Charlotte, NC, arrivano i Dead Kings con il loro
carico irriverente di punk-rock e bambole gonfiabili.
La loro bio li descrive come un pazzesco incrocio
tra Antiseen, Twisted Sister
e George Thorogood... io personalmente
li vedrei come una versione punk e quasi HC dei Nashville
Pussy (soprattutto in pezzi come "Call
me the Punisher")... anche se mi rendo conto
che le definizioni servono fino ad un certo punto.
Quello che è sicuro è
che i tre loschi figuri in questione non si fanno
pregare a darci dentro dalla prima all’ultima
delle 13 canzoni che compongono questo che è
il loro secondo album.
"Howizter Party", "Banged Up"
e "Bastards Breed" alcuni tra i pezzi migliori
di un album che come quello dei loro compagni d’etichetta
Killer Clown va ascoltato con il giusto stato d’animo…
fun fun fun.
Federico Martinelli
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www.dustsucker.de
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DUSTSUCKER
"Promo
EP"
Zylinder
Records - 2003
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Attendevo con molta curiosità
il nuovo lavoro dei tedeschi Dustsucker, autori nel
2001 di un cd, "Hookers Planet", tra le
migliori cose in campo R’n’R di quell’anno.
E l’attesa non è risultata vana... perché
l’EP in mio possesso non si sposta di una virgola
rispetto al passato... High-energy R’n’R
dei migliori... peccato solo per la breve durata del
tutto... 8 minuti divisi in tre pezzi assolutamente
trascinanti e travolgenti, soprattutto la traccia
numero 2, "Bronco Buster", una delle migliori
songs dell’anno... senza dubbio.
Se vi piacciono Hellacopters, Backyard Babies,
Gluecifer… contattate immediatamente
la band guidata dal cantante/chitarrista Max Count
Farmer.
Yes I’m the Bronco Buster… yeahhhhh
Federico Martinelli
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www.rlsrecords.com
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NITRO'S JIM GILLETTE
"Proud To
Be Loud"
RLS
Records - 2003
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Ve li ricordate i NITRO?
Bene! Allora sarete felici di sapere che la RLS Records
del buon Stevie Rachelle (TUFF) ha
ri-editato il primo album solista del tamarrissimo
JIM GILLETTE, dal titolo "Proud to be loud".
Registrato (autoprodotto) nell'ormai lontano 1987
in una cantina con un 8 tracce... e si sente, ma è
da lodare comunque il buon lavoro svolto con così
pochi mezzi. Suo compagno di ventura il guitar virtuoso
(e tamarro pure lui) MICHAEL ANGELO, ex militante
nei NITRO, inventore della chitarra
Double-V-Neck e dispensatore di velocissimi assoli
interminabili che rappresentano la parte reggente
del cd oltre alla taglientissima voce di Gillette
che già dalla copertina da poser incontrastato
- in cui viene ritratto cotonatissimo, tatuatissimo,
con un bicchiere rotto in mano - ci vuol ricordare
che ai tempi dei tour coi Nitro rompeva bicchieri
a suon di urli, devastava tweeters a profusione proprio
per l'estensione vocale di 5 ottave di cui era dotato.
Detto questo come premessa... devo
ammettere che secondo me quest'uomo urla veramente
troppo (ROB HALFORD sembra un canarino
senza voce a confronto!!) destando nell'ascoltatore
una sorta di "effetto saturazione" da tonalità
alte.
Il disco è buono intendiamoci, anche se, senza
la maestria di M. Angelo non sarebbe in sè
un granchè; è ben cantato e ovviamente
ben suonato. Le canzoni sono potentissime, iniziando
dell'urlatissima "When the clock strikes 12",
procedendo con "Head on", poi la bella semi-lenta
e quasi commerciale "Angel in white", la
title track "Proud to be loud" melodica
con una linea di chitarra particolarmente calda e
espressiva, la pseudo metal "Never say never".
Che dire del guitar solo? Ave all'uomo dalle dita
intrise di sciolina, questo sì che è
un chitarrista con le palle! "Red hot rocket
ride" è class heavy rock mentre sfiora
lo street "Make me crazy", si passa all'
hard rock con "Show down", invece "Mirror
mirror" non convince proprio nel ritornello...
troppo urlato, e dopo 11 canzoni così inizia
a calarmi l'udito!
Qualcosa di diverso ci arriva dalle
cinque bonus tracks: "Bitch on me" dei NITRO
riecheggia molto "Primal scream" dei MOTLEY,
quindi è cool!! Poi ci sono due songs della
nuova band di Gillette (gli ORGAN DONOR):
suoni un pò troppo moderni e metal... esperimento
fallito! Senza personalità anche "Out
of time", collaborazione tra DOUG MARKS e Jim.
La traccia finale è un demo del suo primo gruppo
(gli SLUT) dal titolo "Dr. Monster",
il cui intro richiama "Enter Sandman" dei
METALLICA mentre il resto della song
è alla ALICE COOPER.
Cosa dire di questo lavoro? Forse che è un
bene che sia stato passato in digitale per tutti i
fans dei NITRO (purtroppo con tutte le limitazioni
che ciò comporta)! Quindi voi patiti gioite
e rallegratevi ...ma occhio al volume, alle casse
e ai vetri delle finestre!!
Michy "Uzyglam"
top
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www.frontiers.it
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DREAMTIDE
"Dreams
For The Daring"
Frontiers
- 2003
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Nell’ormai passato dicembre 2001
diedi un voto altissimo ai Dreamtide, dando loro un
10 meritato e riflettuto.
Oggi, a distanza di due natali, si ripresentano di
nuovo con, stessa line-up (tutti gli ex membri dei
FAIR WARNING tranne il singer), stessa
voglia di rockare ma con diverse intenzioni al seguito.
Helge Enghelke è, a parer mio, uno dei migliori
chitarristi che la storia del rock ci abbia dato ma,
per ragioni di status symbol, è sempre rimasto
nell’ombra per il suo carattere introverso e
decisamente fuori dai cliché imposti del rock
business dell’epoca. Nato con gli ZENO
(…e dico niente…ndr), evolutosi con i
FAIR WARNING, si sta imponendo in
Europa e Giappone con il suo nuovo progetto; i Dreamtide
appunto.
Grandi manovre produttive, elevate
qualità di registrazione e mixaggio, resero
il primo capitolo, un capolavoro immerso anche nelle
atmosfere indiane che Helge aveva preso a cuore in
quel periodo.
Oggi, il nuovo come-back, suona molto diverso dall’eccellente
esordio proponendo i soliti dannati riff chitarristici
impostati sempre nella medesima direzione già
intrapresa nei gruppi del suo passato. Elementi modernisti
come marchingegni e suoni nati dall’elettronica
moderna, non danno comunque un risultato denso ed
emotivo come il primo ebbe sulla gran parte dei recensori
del 2001.
Il disco nuovo suona bene, è ottimista, diretto,
bello e assolutamente impostato come Dio comanda.
Niente sbagli, niente noia, niente errori di produzione…
tutto fila liscio, tutto splende di luce propria ma
il buon Helge ha intrapreso una via senza ritorno,
quella della solita routine creativa, decisa e voluta
sempre e solo da lui portando il futuro del gruppo
ad un collasso prossimo, viste le note piuttosto scontate
che si ripresentano anche in questo album.
L’esaltazione è garantita
ma, l’emotività dei brani non assume
grandi variazioni di stile e pensare di superare il
grande esordio con questo album, è impensabile.
Il Natale è vicino, potete farvelo regalare,
avrete sicuramente degli ottimi motivi per star chiusi
nella Vs stanza ad ascoltare sano hard rock teutonico
ma, alla lunga, potrebbe rischiare di essere abbandonato
nella Vs fonoteca e mai più ascoltato.
Si può comunque dire che, a differenza di altri,
c’è la garanzia che non tradiranno mai
certe sonorità.
Buon ascolto.
Marco Paracchini
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www.frontiers.it
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JIMI JAMISON'S SURVIVOR
"Empires"
Frontiers
- 2003
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Opportuna ristampa della Frontiers
del classico ritorno di Jimi Jamison originariamente
uscito su etichetta USG e ormai introvabile...
Opportuna perché l'album merita di essere conosciuto
anche a chi all'epoca dell'uscita (1999) non ebbe
la possibilità di ascoltarlo ed ora può
recuperare il tempo perduto.
Sicuramente il pezzo più conosciuto rimane
"I'm Always Here", colonna sonora del famoso
telefilm "Baywatch" trasmesso in ben 142
paesi nel mondo... e proprio da qui vorrei partire
per fare una piccola riflessione sui Survivor...
Infatti la band è conosciuta al grande pubblico
per aver scritto due canzoni famosissime come "Eye
of the Tiger" e "Burning Heart", colonne
sonore di due film della saga di Rocky Balboa...
Come spesso accade in questi casi poi
la band è rimasta legata nell'immaginario collettivo
a queste due canzoni e basta... relegando tutta la
loro ampia e ottima produzione a contorno (discorso
ovviamente non valido per gli afcionados della band).
Fin dall'opener "Cry Tough" è chiaro
l'altissimo livello delle composizioni, del suono
ma soprattutto dell'ugola ancora cristallina e ammaliante
di un cantante spesso dimenticato.
Basta ascoltarlo nella mega ballad Empires duettare
con Lisa Frazier per rendersi conto che siamo al cospetto
di un vero cantante..non di un surrogato.
A rendere ancora più interessante questa re-release
è la presenza di 2 bonus-tracks, la natalizia
"Keep it Evergreen" e una bella versione
live di "Too Hot To Sleep"...
Non saranno i Survivor in formazione originale...
ma il consiglio è d'obbligo: fatelo vostro!!
Federico Martinelli
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www.double-crossuk.com
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DOUBLE CROSS
"Time
After Time"
TB
Records Ltd - 2003
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Una nuova formazione britannica arriva
ad arricchire il roster della TB, giovane etichetta
anglosassone particolarmente dedita al filone ottantiano;
i Double Cross nascono dalle ceneri dei Liar, in cui
militavano il chitarrista Stephen Kelly e il batterista
Steve Philpotts, con l'inserimento di Gareth Franks
al basso e Pete Lakin alle tastiere, e ultimo aggiunto
alla voce Rick Chase, precedentemente in Mama's Boys
e Graffiti.
L'album si chiama "Time after
Time", la copertina sembra un po' un manifesto
per la linea gioielli di Chanel, ma il contenuto nulla
ha a che vedere con la sempre attuale e raffinata
firma. Notiamo innanzitutto la partecipazione di Bob
Catley (Magnum) alle backing vocals,
quindi mettiamo su il cd. Ci troviamo davanti ad un
album di classicissimo, tamarrissimo AOR, che mi chiedo
se per caso non sia stato scritto a meta' anni 80
e tenuto nel cassetto fino ad oggi. I dodici pezzi
contenuti nell'album sono totalmente datati, non c'e'
nessun inserimento moderno o originale. Sono tutti
abbastanza somiglianti tra loro anche. Adesso, la
mia non vuole essere una stroncatura, anzi probabilmente
gli estimatori del genere respireranno una buona boccata
d'aria, ma assolutamente niente di nuovo sotto al
sole.
Mi e' davvero arduo scegliere dei pezzi
da consigliarvi, piu' lo ascolto piu' e' omogeneo,
e ogni ritornello mi sembra gia' sentito. Forse "When
we were young" (per quanto i coretti mi facciano
rabbrividire), la seguente "Valley of the kings",
malgrado l'introduzione alla "Taste of India"
che era meglio lasciare agli Aerosmith, e la epica
ballad "Only the strong" che e' quella che
mi rimane piu' in mente dopo l'ascolto, nonche' una
delle tre in cui Bob Catley ha messo
lo zampino (le altre, per vostra informazione, sono
"When two worlds collide" e "Don't
walk away", due pezzi di indubbia qualita' nel
loro genere).
Prendete questa recensione per quello che e': il parere
di qualcuno che ha superato da molto l'AOR senza entrarci
troppo dentro, e continua per la sua strada alla ricerca
di nuove emozioni. Per gli AORisti irriducibili: acquisto
obbligatorio.
Cristina Massei
top
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www.kick-start.it
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KICKSTART
"Fuel"
Self
Produced - 2003
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Dopo “Demo Y2K” recensito
tempo fa nella sezione New Bandz, riecco i milanesi
KickStart con un Cd di otto brani in cui Joe Salty
(chitarra/voce), Marco Albanese (basso/voce) e Michele
Campanella (batteria) ci riconfermano di essere degli
eccellenti musicisti e di saper creare delle buone
composizioni a metà strada tra l'hard rock
settantiano (principale influenza) e quello ottantiano
con forti tinte blueseggianti, come se i DEEP
PURPLE si scontrassero con gli AEROSMITH.
Le song, sono tutte al di sopra della
media, partendo con l'hard rock di "Don't Stop",
seguendo con l'ipotetico singolo della band "Kickstart",
vero pezzo trainante del terzetto meneghino. Sarà
un caso, ma "Pump" mi ricorda molto la band
di Steven Tyler, mentre è
Albanese a fare la prima voce in "Touch The Sky",
classico rock duro d'altri tempi.
L'unico pezzo lento "Devil's Lonely
Nite", apre le porte al cavallo da battaglia
della band e cioè la cover degli STEPPENWOLF
di "Born to Be Wild"... inutile che vi dica
che è ben eseguita e che non potevano fare
scelta più azzeccata.
Autoproduzione ultraprofessionale, iniziando dall'ottimo
lavoro del fonico Max Di Stefano e proseguendo con
alcuni plus come la traccia video e una buona grafica
che non fa mai male... Quindi, se siete alla ricerca
del buon vecchio e sano hard rock, sapete che non
dovete andare a rubare i dischi di vostro fratello
maggiore o vostro padre, ma contattare la band direttamente
a questo indirizzo: info@kick-start.it
e vedrete che piaceranno anche a loro!!!
Moreno Lissoni
top
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www.backyardbabies.com
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BACKYARD BABIES
"Stockholm
Syndrome"
RCA
- 2003
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“Total 13” è stato
il disco epocale dei BACKYARD BABIES, il disco sigillo
dello scan rock (dopo il 1998 lo scan si è
ridotto a pallide e cacofoniche copie carbone di ‘Payin’
The Dues’), il disco che ha rappresentato una
impareggiabile sinergia di punk e glam, di rabbia
veloce e melodia perdente.
Un disco che mi ha fatto letteralmente innamorare
della band svedese... scintillante partner in crime
in cui ho sempre visto rispecchiata la PERFETTA attitudine
rock’n roll.
Quando ci si innamora perdutamente, il timore recondito
è sempre il medesimo: scoprire d’un tratto
che il cuore batte meno forte di prima. “Making
Enemies Is Good” mi aveva sempre lasciato un
senso di vuoto, un disco sì con certi episodi
non da poco, però troppo pulito, troppo freddo,
e troppo lento... Una sensazione pericolosa, o se
vogliamo, pericolante...
“Stockholm Syndrome” forse
non mi farà più provare le stesse sensazioni
di un tempo, però mi ha rassicurato su un fatto:
volenti o nolenti, i BACKYARD BABIES sono tra le punte
di diamante del rock’n roll odierno, e si candidano
ad essere una delle poche icone definitive.
“On your marks! Get set! Everybody ready!”
e l’adrenalina inizia a scorrere senza freni,
perfetto incipit per un disco che semplicemente va
ascoltato tutto d’un fiato a volume esagerato.
I BYB sono tornati a pigiare sull’accelleratore,
grazie a Dio. Più ruffiani e melodici che mai
(“Earn The Crown”, “Be Myself And
I”) come gli ultimi WILDHEARTS,
coi suoni più educati (“A Song For The
Outcast”) come gli ultimi TURBONEGRO
e HARDCORE SUPERSTAR, ma con quella
marcia in più che hanno solo i primi della
classe. Questione di stile.
E solo i primi della classe possono permettersi come
bonus track dell’edizione limitata una splendida
‘Shut The Fuck Up’, che senza tanti preliminari
ti trascina maleducata sull’asfalto. Le chitarre,
rispetto al disco precedente, suonano più piene
e calde, meno chirurgiche e lineari, ma neanche così
sporche e ammassate come “Total 13”. Il
primo singolo estratto dall’album, “Minus
Celsius”, non ha certo la dirompente e sfacciata
vitalità di “Look At You”, ma una
volta arrivati al chorus è come rimanere imprigionati
in una ragnatela melodica: le parole si fissano bastarde
ed è impossibile non cantare.
E finalmente ecco la canzone (simpatica
ma nulla di sconvolgente) che doveva già apparire
sull’album precedente, “Friends”,
cantata da vecchi amici e compagni di scorribande
caracollanti sulle sette note. Tra gli ospiti Tyla
e il compianto Joey Ramone, il batrace
Michael Monroe e il sempre sguaiato
Kory Clarke. Chissà che ne
è stato del buon Mike Ness,
che a quanto ne sapevo io, doveva partecipare a sua
volta...
“One Sound” di primo acchito suona tremenda,
magari fosse durata un pochettino di meno si poteva
anche tollerare, ma del resto è l’unico
punto davvero debole di uno disco che ascolto dopo
ascolto lascia più di un livido. Un plauso
poi per il ritrovato splendido artwork... ma adesso
ingranate la quarta, alzate il volume e mettetevi
ai blocchi di partenza. Siete tutti pronti?
Simone Parato
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www.georgelynch.com
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LYNCH MOB
"Revolution"
Mascot
Records - 2003
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Alcune volte non mi è chiaro
lo scopo di operazioni come questa messa in piedi
dal grande Geroge Lynch, ovvero il recupero di vecchie
canzoni riarrangiate e risuonate in maniera differente.
La line up è grosso modo quella del secondo
album, con Anthony Esposito al basso e Robert Mason
alla voce, più l'innesto di Michael Frowein
alla batteria.
Non è un segreto per nessuno che l'axeman dei
Dokken abbia sviluppato negli ultimi
anni un'amore per sonorità cupe e pesanti,
anni luce distanti da quelle cromate e classy delle
prime produzioni targate Dokken o
del primo, bellissimo album proprio dei Lynch Mob.
La prima cosa che risulta evidente
oltre alle sonorità è il cambiamento
quasi totale delle linee di cantato, con il risultato
che i pezzi assumono spesso una nuova veste, non sempre
positiva oserei dire..
Ci sono pezzi come l'opener "Tooth and Nail"
(repertorio Dokken) o la successiva "Tangled
in the Web" che risultano essere non troppo differenti
dalle versioni originali, mentre ci sono almeno 4
pezzi che ho fatto fatica a riconoscere perché
appesantite ma soprattutto rallentate... tra queste
cito "Kiss of Death" dei Dokken trasformata
quasi in un pezzo Nu-metal e "River of Love"
che in questa versione perde buona parte del suo fascino
sleazy...
In definitiva un disco tutto sommato discreto ma non
fondamentale, magari buono per farsi un'idea della
carriera di George Lynch... e per andarsi a recuperare
gli originali...
Federico Martinelli
top
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www.mcqueenstreet.com
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McQUEEN STREET
"2"
Self
Produced - 2003
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I McQueen Street erano un aggressivo
e cazzuto quartetto dell'Alabama capitanato dal vocalist
Derek Welsh che nel 1991 realizzarò un album
tra i più belli del genere ni primi anni novanta
e con gente di tutto rispetto, infatti dietro alla
consolle c'era Tom Werman, mentre
tra gli ospiti Steve Stevens e Jeff
Scott Soto. Nonostante il secondo disco fosse
già pronto la band si sciolse e nel mentre
Derek Welsh si dedicò a una nuova band dal
nome Rat Race e scrisse un libro
(ora disponibile attraverso il sito della band), ma
solo quest'anno sono tornati con un piccolo cambio
di line-up, infatti troviamo alla sei corde Michael
Cummings al posto di Michael Powers.
Questo disco non è a mio avviso
all'altezza dell'esordio, ma non mancano senz'altro
episodi degni di nota a partire dalla rocciosa "World
Machine", un'hard rock cattivo e dalle venature
stradaiole e "No Colors" altra song ritmata
e rockeggiante. "Bad Moon" ha quel non-so-che
di RATT, mentre "White Junk
Monkey", "No Sacrifice" e "I Don't
Undertand You" sono delle altre ottime song che
non avrebbero mal figurato nel loro primo disco.
Discorso inverso invece per "Somebody
Love Me", la power ballad "What About Jane?"
e la lenta "Fear The Night Time" che a tratti
ripercorre la vecchia "Time" ma con scarsi
risultati.
Un lavoro piacevole, ma non indispensabile che non
sfigurerebbe al fianco di vecchie cult band come BABYLON
AD, KIK TRACEE e dei recenti
HAIR OF THE DOG.
Moreno Lissoni
top
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www.dangerdanger.com
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A.A.V.V.
"We Wish
You A Hairy Christmas"
Low
Dice Records - 2003
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E anche quest'anno sta arrivando dicembre...
e come in tutti i decembri, il Natale... e con il
Natale, la solita fottutissima domanda: "Che
cazzo di regalo faccio!?!?!?!?" ...ma questa'anno
però è uscita questa simpatica iniziativa
che raccoglie qualche vecchio dinosauro della scena
hair metal dove ci propone una serie di pezzi che
hanno come filo conduttore la festa più triste
della terra...
L'adesivo che accompagna il CD la dice
tutta: "80's Metal Rules!!! ...Contains Absolutely
No Nu-Metal!" ed ecco che aprendo il booklet
noto con piacere che i pezzi non sono solo il rifacimento
di brani celebri, ma alcune band hanno addirittura
scritto un brano inedito (!) per l'occasione come
i DANGER DANGER con il bel melodic
rock di "Naughty Naughty Xmas", gli ENUFF
Z'NUFF che, con il loro inconfondibile marchio
di fabbrica, ci propongono "Happy Holiday",
i BULLETBOYS con "Everyday Should
Be Like Christmas" (un triste tentativo di Marc
Torien di scimmiottare Lenny Kravitz),
gli EVERY MOTHER'S NIGHTMARE con
la lenta "Won't Be home For Xmas" (se non
prendete sonno, vi basterà ascoltare 3 minuti
di questa canzone per ronfarvela tranquillamente)
e i PRETTY BOY FLOYD con "Happy
Family", dove troviamo come chitarrista e compositore
Kristy Majors... il pezzo? ...PBF!
Poi ci sono le cover, ed ecco gli WARRANT
con la spumeggiante "Father Christmas",
gli LA GUNS con uno dei migliori
episodi del lavoro, il r'n'r di "Run Run Rudolph",
i TUFF con la sculettante "Jingle
Bell Rock", GILBY CLARKE con
la stradaiola "I Saw Mommy Kissing Santa Claus",
i ROXX GANG con il boogie r'n'r anni
50 di "Santa Claus Is Back In Town" con
tanto di piano e l'orrenda versione dei FASTER
PUSSYCAT in NewlyDeads style di "Silent
Night"!
In definitiva un lavoro da prendere per quello che
è, e cioè un simpatico tentativo di
farci spendere ancora i nostri soldi per i soliti
capelloni che odiano tanto mamma e papà e che
potete acquistare tranquillamante tramite il sito
dei Danger Danger.
Moreno Lissoni
top
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www.thedeadthings.com
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THE DEADTHINGS
"Addicted
To Satan"
Dead
Music 666 - 2003
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Ero svaccato in poltrona a guardare
rapito un documentario sugli animali... adoro i felini,
sapete? Ma che ve lo dico a fare...
Squilla il telefono, il boss Moreno mi convoca in
un garage in quel di Cassina de’ Pecchi: “Figa.
ti devo parlare”, il suo laconico ma mellifluo
messaggio. Arrivato in loco, nell’aria si librano
le note della tipica, ariosa musica da predicatore
di TBNE, e il boss mi consegna un involucro: assieme
a un cuore di bue (con cui il mio gatto ha pasteggiato
satollo) questo CD da recensire...
Che ve lo dico a fare... pur di allontarmi dalle note
intollerabili di Aaron Kristo, ho accettato con solerzia
l’incarico... con una solerzia tale che “Addicted
To Satan” si è sedimentato... no, non
nel lettore, ma sulla scriviania, ehm, a prendere
polvere!
Ordunque, dopo lazzi e preamboli veniamo al dischetto
registrato da questa band australiana...
Come i DEADTHINGS avvertono nel booklet
interno, “Addicted To Satan” non va preso
troppo seriamente, vista anche la registrazione ai
limiti dell’amatoriale. E proprio questa è
la giusta chiave di ascolto per gradire questa uscita,
altrimenti decisamente superflua nel panorama rock’n
roll, infarcita di riff metal punk alla MISFITS
(ovvia e lampante influenza della band). Poca seriosità,
e un gusto spiccato per l’horror trashosissimo
(basta vedere il look esagerato e grottesco della
band) i requisiti che dovete avere, altrimenti lasciate
pur perdere e smettete di leggere la review.
“Graveyard Rock n Roll”, “Zombie-Gothic-Punk”,
queste le mirabolanti definizioni del genere della
band, e non posso che scuotere il capo in segno di
approvazione. I pezzi talvolta tendono un po’
troppo al metal, e superati i tre minuti (in media
le canzoni sono lunghe... decisamente troppo lunghe)
vengono un po’ due palle, ma un ascolto disimpegnato
la band se lo merita.
Pour moi, questa è una band
OTTIMALE per una festa di Halloween coi controcazzi,
con pezzi idioti e saltellanti come “Addicted
to Satan”, “Trick or Treat” o “Six
Feet Under”, e ste maschere da pazzoidi morti
viventi, il divertimento è garantito!
Chiudono il CD quattro cover inutili e dannose di
RAMONES, MOTLEY CRUE, FASTER PUSSYCAZZ
e, toh, MISFITS.
Ora torno ai miei documentari... amo gli animali,
sapete? Bah, ma che ve lo dico a fare...
Simone Parato
top
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www.frontiers.it
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VERTIGO
"Vertigo"
Frontiers
Records - 2003
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Finalmente un bel disco che risulta
tale al primo ascolto!
La Frontiers ha fatto centro e non si sa come è
riuscita a convincere l'ex TOTO Joseph
Williams (voce del gruppo nei due album "Fahrenheit"
dell'86 e "The Seventh One" dell'87) a rimettersi
in pista dopo ben sei anni dal suo ultimo lavoro solista
"3" con un nuovo progetto VERTIGO che vanta
in sè una line-up degna di nota: alla produzione
c'è il mitico Fabrizio V. Zee Grossi (che suona
anche il basso, chitarra ritmica, tastiere, campionamenti
e loops), gli danno una mano l'ex chitarrista dei
DOKKEN Alex De Rosso, Biggs Brice
alla batteria, JM Scattolin alla chitarra e Francis
Benitez ai backing vocals.
Per le canzoni Joseph si è appoggiato
ai migliori songwriters della scena quali: Jim Peterik
(SURVIVOR, PRIDE OF LIONS), Stuart
Smith (HEAVEN & HEART), David
Tyson (AMANDA MARSHALL), Kane Roberts
(ALICE COOPER) e Joey Carbone (già
vecchio collaboratore di Williams). La risultante
tra questi componenti è un bell'album AOR aggressivo
pimpante e melodico allo stesso tempo. Già
dalla prima canzone -la migliore- "Not Enough
Hours In The Night" scritta da Jim Peterik, si
capisce la classe e l'impronta stilistica del cd.
La voce di Joseph passa dai toni caldi a quelli più
graffianti nell'arco delle 12 canzoni del cd senza
lasciar spazio a momenti di debolezza o noia nemmeno
con pezzi più lenti quali "More than Enough"
e ballad super romantico melense come "I Don'
t Want to Go", scritta da Jess Cates (Christian
Music Award). Altri pezzi degni di nota "Never
Let you Go", tipico AOR con backing vocals femminili
nel ritornello... il resto sono covers! La song di
Dan Lucas "I Want To be Wanted",
rifatta in chiave più pesante da un'impennata
al cd per proseguire con la più poppeggiante
"China Sky" (degli XENON),
le tonalità più cupe di "Love is
Blind" (già ripresa dagli URIAH
HEEP su "Head First"). Non brillano
invece per incisività "Sarah" e "When
it Doesn' t Matter". Mentre la title track "Vertigo"
si sviluppa in un crescendo di potenza vocale e musicale
fin' ora inedita, ottimo pezzo per chiudere un cd
si merita la palma come canzone più "cattiva"
di tutto il lavoro!! Che dire in più? Non c'è
nulla fuori posto, nessuna critica da fare... non
c'è gusto!! Comprate questo cd, ne vale veramente
la pena... non potreste spendere meglio i vostri soldi
da amanti dell'hard rock melodico!!
Michy "Uzyglam"
top
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www.hcss.com
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HARDCORE SUPERSTAR
"No Regrets"
Music
For Nations - 2003
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Rifacendomi alla descrizione che gli
stessi Hardcore Superstar hanno dato di questa loro
ultima fatica, sembra che l'elemento conduttore sia
tale "chiave di major", un'impronta positiva,
allegra, piacevole, ma che comunque toglie un po'
di quella sferzante energia sessuale che "Bad
Sneakers" emanava. Niente "Hello Goodbye"
insomma, questa "Wall of complaints" che
introduce l'album sarebbe una perfetta pop song, non
fosse per la voce unica di Jocke Berg. La title track
che segue non e' troppo differente.
Caramellosa "Soul of sweetness",
quasi sixties nel ritornello, ed e' ora del singolo
"Honey Tongue"… Sweetness, Honey…
Carino, non geniale, piacevoli cambi di velocita'
e abbiamo gia' appurato che rende dal vivo. Partendo
da "Still I'm glad", dove la voce di Berg
fa da padrone, la famosa "chiave di major"
sembra affievolirsi, lasciando il posto a un trittico
di pezzi meno solari, i piu' deboli dell'album secondo
me, che torna sui binari con "It's so true".
Poi la "quasi-ballad" "Why can't you
love me like before", cosi scontata da essere
accattivante, forse ancora una volta grazie all'inconfondibile
marchio vocale.
"Last great day" e' uno dei
miei personali episodi preferiti, immeritatamente
in fondo alla track list, e anche la seguente "I
can't change", che a tratti ricorda i vecchi
HCSS. Il fanalino di coda e' "You know where
we all belong", conclusione ben scelta, che ci
lascia in bocca il sapore di un bel party, finito
senza grossi colpi di scena ma tutto sommato piacevole.
Conclusione: un buon album, 13 pezzi orecchiabili,
la cui originalita' e' tutta nell'accostamento easy-happy-pop
con la voce graffiante di Jocke Berg. Acquisto consigliato,
purche' ascoltato per se' stesso, non cercate "Bad
Sneakers" qua dentro.
Cristina Massei
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