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BON JOVI
"This Left Feels Right"
The Island Def Jam Music Group / Universal Italia 2003

Se ne parlava da tempo ormai. I BJ sarebbero dovuti ritornare sul mercato con un cd acustico. Si vociferava di nuovo materiale, nuovi brani, demo version e di un dvd completo di pezzi acustici.
Ebbene, tutto vero e tutto falso allo stesso tempo.
Mi spiego.
I BJ sono ritornati davvero e le sonorità acustiche le hanno abbracciate senza però dare nuovo materiale ma espletando le loro funzioni di musicisti solo per rinverdire brani vecchi, recenti e abbastanza nuovi come “Everyday” e “The distance”. Dvd? Sì, in parte, nel senso che nella edizione limitata potrete trovare sempre al prezzo di 20 euro anche un dvd con 6 brani acustici registrati all’interno di uno studio.

L’adesivo sulla copertina parla chiaro. “The greatest hits…with a twist” e lo sconvolgimento dichiarato sta proprio nell’avvisare l’attento fan che non si ritroverà ad ascoltare solo la riedizione di vecchi brani in chiave acustica ma completamente riarrangiate.
Vale quindi il riascolto obbligatorio poiché alcune tracce potrebbero risultare come un’offesa al gusto classico e sorprendente a cui ci hanno sempre abituato i fedeli quattro musicisti del New Jersey. Si apre con la rielaborazione di “Wanted Dead or Alive”, sconvolta, piegata a favore di sonorità più moderne, di voci filtrate e di inserti elettrici che non esplodono mai, lasciando un senso di frustrazione che perdurerà per tutto il brano. Si prosegue con “Livin on a Prayer”, mitica canzone che li lanciò a Rock Star mondiali. Molto più rimodernizzata rispetto alla versione acustica del 1994, qui compare anche una cantante, Olivia D’Abo che, nei ritornelli, rilancia in pieno il nuovo stile intrapreso dal quartetto americano. “Bad medicine”, assolutamente irriconoscibile e spoglio del suo simpatico ed energico feeling, aprirà alle emozioni più forti con la splendida “It’s my life” rivisitata per l’occasione come suadente piano ballad. La prova riesce davvero bene e rilancia le speranze fin qui rimase un po’ in sospeso. “Lay your hands on me” lascia dunque la grande reinterpretazione del singolo del 2000 per rigettarci nel sound del 1989 per ritrovasi di fronte sempre a sonorità molto da club, ridando nuova luce a un capolavoro come questo. “You give love a bad name” rattristerà chi, come me, li ha nel cuore dagli anni ottanta, ritrovandosi di fronte ad una versione da boogie nite, easy e molle che non regala nulla di piacevole alle orecchie arrugginite dal metallo ma che può benissimo essere altra song con altro testo…però, così è e così ce la teniamo.
Altro piano che ridona spazio alla bella “Bed of roses” (per altro già lenta…) riscrivendola come ELTON JOHN avrebbe sicuramente fatto. “Everyday” e “Born to be my babe” mettono in risalto le distanze tra il vecchio ed il nuovo sound scelto sebbene non ve ne sia traccia poiché, rese nuove ed irriconoscibili. La resa lascia un certo amaro in bocca che non riesce ad andare via neanche con le forti caramelle della nonna…
“Keep the faith”, “I’ll be there for you” e “Always” chiudono l’album dando spazio alla bonus track (sempre acustica) “The distance”, registrata live in quel del Sol Levante.

Il DVD ha invece la priorità di espletare le funzioni musicali imposte dal cliché classico del set acustico, rilanciando così “Love for sale”, “Someday I’ll be Saturday night”, “Joey”, “Misunderstood”, “Diamone ring” e la classica “Blood on blood”.
Non esprimo alcun giudizio lasciando a ognuno di Voi l’ardua sentenza se dare ancora ampio spazio alla loro nuova storia oppure ricordando solo quella vecchia.
Marco Paracchini

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BRITNY FOX
"Springhead Motorshark"
Spitfire Records - 2003

Nati nel 1987, lanciati sul mercato con l’omonimo album un anno più tardi, i BF hanno dato sicuramente una sferzata molto originale al sound del tempo, mischiando miscele esplosive classiche dell’Hard Rock con esemplari capovolgimenti del southern. Cambiando atteggiamento sonoro nel 1991 con un nuovo cantante ed una nuova resa sonora molto più heavy, si sono lasciati andare dai tempi, pensando che il genere non morisse mai ma, al giungere del grunge, eccoli sparire come gli altri, in un dimenticatoio che si aprirà in loro favore solo nell’anno 2001 con la fuoriuscita di un album live, seguito da un “Best of” e da questo acidissimo album.

Il tempo passa per tutti e il riuscire dove altri non ce l’hanno fatta, rimane difficile anche per loro. L’accoppiata Michael Kelly Smith e Tommy Paris non riesce a raggiungere in nessun modo gli albori e nemmeno cercano di farlo riportandoci solo alcuni riff probabilmente scartati all’epoca e che scarti furono e rimangono. Undici brani di cui uno completamente strumentale e totalmente insipido e un brano acustico che nulla regala di emozionante. Le tracce risentono di un song-writing molto elementare e le composizioni non solleticano l’appetito. Le tre tracce video come bonus tracks danno vita al loro show tenuto nel 2001 nelle arene statunitensi per altro registrate e montate molto amatorialmente.

Non so quanto di buono ci si debba trovare in band come queste ma io, nel mio piccolo, mi attendevo certamente qualcosa di più, anche solo il sincero esempio di chi, forse, della musica potrebbe dire cose molto più complesse.
Fossi in voi ci penserei se spendere i soldi o se lasciarli ammuffire in qualche vetrina.
19 euro, per questo ritorno, sono davvero troppi.
Marco Paracchini

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E-Mail



 

THE WONDERFOOLS
"Doing Their Duty to the Nightlife"
WILD KINGDOM - 2003

Dopo i Gemini 5 eccoci a parlare di una nuova release targata Wild Kingdom, dalla Norvegia arrivano infatti I The Wonderfools, quintetto dedito a sonorità molto "scandinave"...
Sono infatti gli Hellacopters la vera fonte d'ispirazione della band, soprattutto nei pezzi più cadenzati come "Fornication" e "Force Majeure", mentre nei pezzo più tirati ricordano i loro connazionali Gluecifer.

Inutile dire che chi segue con interesse le bands sopracitate troverà modo di passare una quarantina di minuti in modo molto piacevole, grazie anche alla produzione abbastanza "sporca" e adattissima al genere.
Qualcuno probabilmente si interrogherà sull'utilità di una release come questa, inserendo la band nel calderone del cosiddetto scan-rock e non degnandola di molta attenzione... perdendosi così la possiblità di ascoltare una band divertente
e senza troppe pretese... e poi "Closing Time" è una delle canzoni più belle ascoltate negli ultimi tempi
It's Only R'n'R...
Federico Martinelli

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www.aorheaven.com



 

AOR
"Dreaming of L.A."
AOR Heaven/Point Music - 2003

Non fatevi trarre in inganno: AOR non è il genere musicale adult oriented, bensì il pregetto del francese Frédéric Slama."Dreaming of L.A." è il titolo del suo quarto album; dopo aver passato più di 10 anni ad L.A ed essersi prodigato a far conoscere il sound dell'AOR/WESTCOAST in Europa è tornato con ciò che si definisce uno "studio project" prodotto da AOR Heaven e distribuito in Europa con ben quattro bonus tracks: "Last days in San Francisco" e tre nuove versioni di vecchie canzoni in chiusura. Il sound dell' intero lavoro è molto leggero (forse troppo) e rilassante, parlarne i termini di puro AOR risulta un pò difficile tantochè si rasenta il poppeggiante!! Avete presente quei dischi che mettereste di sottofondo se dovete leggere un libro o rilassarvi un pò? Questo è uno di quelli!! Comunque il tutto risulta molto piacevole, anche per chi (come la sottoscritta) non ama particolarmente questi tipi di sonorità.

Il cd si apre con un midtempo, ossia la canzone migliore "You're my obsession" cantata dall' ottimo Steve Orland (FM), il resto è tremendamente pop!! "Lost in your eyes" sembra uscita da un cd dei BEE GEES (ascoltare per credere!), niente di più emozionante se si prosegue "Haunted by your smile" che sfiora il dormiveglia, "Worlds away", " Never gonna let her go" ...mentre "Teach me how to love you again" sarebbe più adatta in un disco di KENNY G!! Degni di nota invece la già citata semi-ballad "Last days in San Francisco", la rockeggiante AOR "Sensation" e la spensierata "Fly with me"... troppo poche per sorreggere un lavoro prodotto da Tommy Denander (RADIOACTIVE) e David Diggs a cui hanno partecipato musicisti del calibro di: Bill Champlin (CHICAGO), Steve Lukather (TOTO), Michael Landau, Brandon Fields, Tommy Denander e va fatto notare il ritorno di due artisti leggendari della scena Westcoast quali David Roberts e Dane Donhue!

In conclusione "Dreaming of L.A." di rock AOR ha veramente poco, ma se vi piacciono RICHARD MARX o i TOTO allora fa per voi...mentre se non vi dico nulla rimane comunque un piacevole cd d'ascoltare in sottofondo!
Michy "Uzyglam"

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www.brettsmiley.com



 

BRETT SMILEY
"Breathlessy Brett"
RPM Records - 2003

“At a time when David Bowie was still most people’s vision of androgynous perfection, Smiley made Ziggy look like a bricklayer.”
Con una frase così mi verrebbe voglia di chiudere la recensione aggiungendo solamente: Da Avere! Fosse così semplice eh? Certo che basta uno sguardo alla foto di copertina (per non parlare di quelle del booklet) per averne chiaro il significato, Brett era talmente “bello e impossibile” da far impallidire non solo Bowie, ma una folta schiera di rockers dell’epoca e di lì a venire, l’incarnazione perfetta di quell’androginia che nella prima metà dei 70’s colpì l’immaginario collettivo tanto che il Glam Rock influenzò chiunque ed ovunque, anche quando le coordinate musicali si discostavano (ed a volte erano l’opposto) dagli stilemi puramente Rock’n’Roll che il genere richiedeva. Quest’album fu inciso nel lontano 1974, anno in cui uscì il bellissimo singolo “Va Va Va Voom/Space Ace” che doveva, nelle intenzioni del produttore Andrew Loog Oldham (noto come primo manager degli Stones) essere l’apripista per un clamoroso successo, ma una serie di sfighe fece arenare il tutto, il full-lenght non uscì mai e Brett finì nel dimenticatoio. La bellezza di 29 anni dopo la RPM Records, che ne diede un assaggio nell’incredibile compilation “Velvet Tinmine”, lo rende disponibile a quanti l’agognavano.

Ci sarebbe molto da aggiungere ma mi limito a dirvi che Brett dopo anni difficili spesi tra autocommiserazione, alcool, droga, e parti in alcuni film come il soft-core “The Other Cinderella” ed “American Gigolò”, è tornato in piena forma, continua a comporre ed è spesso on the road, il resto scopritelo leggendo le esaurienti note del booklet e nel sito www.brettsmiley.com. Fin qui la parte facile, non a caso è trascorso più di un mese da quando il CD è entrato per la prima volta nel mio lettore, difficile trasmettere le mie impressioni su un’opera indubbiamente definibile come Glam Rock ma talmente ricca di sfumature e colori che non mi viene facile parlarne, almeno non nel canonico stile “paragone/nome noto/similitudine”. L’opener “Highty Tighty” sposa alla perfezione Rolling Stones e Glam efebico e sensuale, la già citata “Va Va Va Voom” è rock’n’roll che esplode dirompente impreziosito dalla chitarra di Steve Marriot; poesia e romanticismo dominano la ballad “Queen Of Hearts” e c’è una teatralità che tanto ricorda il grande Jobriath nelle covers “I Can’t Help Myself/Over The Rainbow” e “Young At Heart”; mi stupiscono l’inusuale quanto riuscito connubio tra Glam e Reggae in “Run For The Sun” che conobbe un discreto successo in Italia coverizzata da Drupi (!!!?) e la versione glamour/sfavillante di “I Want To Hold Your Hands” dei Beatles mentre “Pre-Colombian Love” e “Space Ace” non sfigurerebbero affatto negli albums di Marc Bolan o di Bowie. L’eccellente gusto melodico unito ad arrangiamenti bellissimi e la meravigliosa voce di Brett rendono il disco tutto da scoprire ed amare passo dopo passo, è un’opera che accompagna l’ascoltatore tanto in momenti di carica quanto in momenti di totale distensione e rilassamento grazie ad un’atmosfera intrisa ora d’elettricità ora d’intimismo sognante... Penso di non sbagliare affermando che è uno di quei (pochi) dischi con cui l’ascoltatore instaura un rapporto del tutto particolare e personalissimo, a me “è entrato dentro” e mi ha conquistato, vi consiglio caldamente di ascoltarlo.
Gaetano Fezza

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www.killingbird.net



 

KILLINGBIRD
"Waste Another Yesterday"
Promo - 2KSounds - 2003

Premessa: del nuovo album di questi Killingbird ho solo un advance CD e nessuna nota di copertina, per cui perdonatemi se ci saranno degli errori! Dalle ceneri dei Suicide Circus ecco Christian-Vocals, Skyla-Guitars, August-Guitars, Gaz-Bass e Marc-Drums che continuano con questo disco sulla stessa strada intrapresa con l'esordio dello scorso anno, una miscela di aggressivo glam metal imbastardito con le nuove sonorità e il punk, come se nello stesso CD suonassero insieme MURDERDOLLS, MARYLIN MANSON e SHOTGUN MESSIAH.

Si parte con quello che dovrebbe essere il primo singolo "Can't Kill Me", un'incazzato NU glam che entra subito nelle orecchie dell'ascoltatore, seguita dalla title-track che segna un'altro episodio a favore del quintetto americano così come la MANSONiana "First Class Ticket". Il lavoro scorre via senza bruschi cali di tono (solo "Dust It Off" e "Sober Only Underground" non mi piacciono affatto) dimostrando che la band sa scrivere dei buoni pezzi (vedi ad esempio "Death Of A Superstar" e "Where In The World"), ma che allo stesso tempo manca quel qualcosa per farli esplodere.

Un album tirato che vede l'unico episodio lento nell'hidden track di chiusura, una ballata per sola chitarra acustica che, per un istante mi ha portato alla mente un certo TYLA!
Quindi, se la band di "Love At First Fright" o il secondo lavoro dei GUTTERSLUTS entrano nella vostra top ten personale, sicuramente apprezzerete anche questo "Waste Another Yesterday".
Moreno Lissoni

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SCREAM CLAN
"Wasteland"
Self Produced - 2003

Prima release ufficiale per questo four-pieces del New Jersey presentato qualche mese fa nella sezione New Bandz e conosciuto per aver fatto parte della track list del primo volume della compilation "Hollywood Hairspray" edito dalla Perris Records. Dopo essersi fatti le ossa suonando da spalla con noti act come Skid Row, Warrant, Ratt, Yngwie Malmsteen, Britny Fox, Doro Pesch, Lizzy Borden e Slash sono andati in studio per registrare questo "Wasteland", un album cazzuto e cattivo che ripesca a piene mani la tradizione street metal e heavy rock d'Oltreoceano.

Dodici brani, nessuna ballad, ma tanta, tanta energia quella profusa dai quattro di Philadelphia e ce ne danno subito un assaggio con l'aggressiva "Livin In A Wasteland".
"American Hair" è un rockettone rozzo, una sorta di SKID ROW / EVERY MOTHER'S NIGHTMARE, "Hero" invece inizia lenta per poi aprirsi con in una bella street rock song mentre "Hell For You" è un corposo rock n roll con dei bei corettoni da stadio.

Il basso di Stevie Lang ci introduce a "Saturday Nitemare", ritmato e sculettante brano stradaiolo, mentre spetta a "Psycho Bitch" chiudere questo bel lavoro che consiglio a tutti gli amanti del genere e a quellic che sono cresciuti con i dischi di SPREAD EAGLE, WASP, TWISTED SISTER e ovviamente SKID ROW!
Moreno Lissoni

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www.krokusonline.com



 

KROKUS
"Rock the Block"
Warner Music - 2003

Se il rock mondiale era rimasto orfano di questi simpatici ed emblematici elvetici, da ora potrà restare contento poichè Mark Storace e company sono tornati più rockeggianti che mai!
Già, l’hard rock calpestante e ritmato simil AC/DC è stato confezionato ben bene dalla Warner per un ritorno in grande stile di chi ha creato una risposta del continente alla bella faccia di Angus Young nei lontani anni ottanta.
Della partita manca Chris VonRohr che, da anni impegnato nella produzione dei GOTTHARD, si pensava fosse sparito proprio dai citati, per rimettersi in corsa coi K. ma nell’album non ve ne è traccia… che sarà successo?
Mentre attendiamo fiduciosi per una buona nuova, limitiamoci all’ascolto di questa copia protetta che ci terrà compagnia per tutto il fresco autunno.

Di brani ce ne sono un’infinità; si inizia con “Mad World” e “Leading the pack” cloni impareggiabili degli australiani di ferro sopra nominati. La terza traccia è più melodica e i nostri ci fanno sentire che anche nelle atmosfere più dolci possono far scuola…abbandonata così “I want it all” si prosegue sotto l’egida sonata che porta il titolo di “Open fire”, tipicamente in linea d’onda con le ballad elettriche dei primi anni novanta, mantenendo solo nelle strofe, un incidere pop metal. Si riconfermano seguaci del rock n roll più classico e targato sempre AC/DC con “One for all” che esplode in tutta la sua magniloquenza nel chorus che rimarrà stampato nella vostra materia grigia. Chicca non malvagia e degna di nota la si ha con il brano “Looking to america” che ruba sonorità tipiche della compagnia più giovane dei GOTTHARD. “Go my way” si lascia ascoltare piacevolmente lasciando spazio all’incedere southern di “Hot shot” dove pare che LYNYRD SKYNYRD e BAD COMPANY più arrabbiati si siano dati appuntamento dietro agli strumenti.
La musica dei fratelli Young ritorna prepotente con “Raise your hands” rasentando il limite massimo di plagio. Hard Rock teutonico si respira in “Night of shames” che aprirà poi a “Throwing her china”. Momento di malinconia, attimo di tranquillità e disperazione con la suadente “We’ll rise” tipica ballad dark in cui avrei visto davvero bene la voce di James Ronnie DIO! Chiudono “Freedom”, interessante mid-tempo e la tiratissima rock n roll song “Rock the block”.

Un ritorno sinceramente gradito e possibile acquisto per tutti coloro che non li hanno mai ascoltati in passato. Nonostante l’età sanno ciò che fanno e lo fanno dannatamente bene. Nulla di nuovo certo ma credo che il nome KROKUS già solo per i veterani, è sinonimo di garanzia, scontata ma fedele alla linea! Rock n roll!!!
Marco Paracchini

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GARY HUGHES
"Once and future King - Part One"
Frontiers Records - 2003

Le Rock Opera sono forse l’esempio più brillante per far capire al mondo intero che la classe e la professionalità dei rockers c’è ed è indiscutibile. Si iniziò già negli anni settanta e si proseguì senza molta fortuna.
A distanza di due anni dal capolavoro indiscusso di Nikolo Kotzev “Nostradamus”, il singer degli inglesi e pomposi TEN ci prova e si mette in discussione con ben due dischi.
Oggi parleremo della prima parte.

Sforzi economici, fisici e morali sono costati tanto alla figura del nostro amabile cantante ma sono curioso di sentire anche il secondo capitolo prima di proferire un giudizio completo.
Per ciò che concerne tale produzione il mio giudizio rimane scarsamente positivo poiché, lo ammetto senza problemi, mi attendevo qualcosa di più. Soggettiva assai personale che non vuole in nessun modo coinvolgere i vostri animi ma rendere chiari i passaggi salienti di tale opera.
Re Artù è al centro di tale concept album, in cui vengono narrate le gesta sue, della sua amata, di Mago merlino e dell’amabile/bastardo amico Lancillotto.
I protagonisti sono sette e li elenco subito: ovviamente Gary che fa Artù, Lana Lane che copre il ruolo della bella Regina Ginevra, Danny Vaughn (TYKETTO) è Lancillotto, il veterano Bob Catley (MAGNUM) è Merlino, Irene Jansen (KARMA) farà Morgana e Sean Harris (DIAMOND HEAD) è Sir Galahad.
A onor del vero si è di fronte ad uno spiegamento di forze realmente tangibile e ammirabile ma l’ensemble di tale opera risulta privo di mordente soprattutto per la decisione di coinvolgere più stili in tutto il disco. Si passa da canzoni veloci e ritmate su campi Heavy sino a raggiungere composizioni assolutamente al limite dell’AoR. L’idea, nonostante tutto, è anche positiva ma credo sia necessario assumere molto di più l’album e quindi ascoltarlo più volte.
I testi, rigorosamente scritti per l’evoluzione anche del secondo capitolo, risentono di un limite improprio. Su Re Artù molto c’è da dire e di questo ringraziamo Hughes che ne riporta le gesta con questo tributo ma, testi alla mano, si sente l’incredibile sforzo dei cantanti nell’assimilare, mangiare parole e distorcere vocali per stare nelle tempistiche dettate da Gary.

Dieci canzoni belle ma non dense di emozioni come mi aspettavo. Assenza di orchestre vere rendono il lavoro un poco più scialbo. Da segnalare anche la presenza dietro le quinte di Arjen Lucassen (VENGEANCE, STAR ONE) che si diletta nelle tastiere cinematiche dell’intro.
Sebbene in ritardo con la recensione, mentre nei negozi c’è già il secondo capitolo, ringraziamo le date sballate dei promoters e gli organi di distribuzione.
Marco Paracchini

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THUNDER
"Shooting at the Sun"
Frontiers Records - 2003

Il Tuono inglese ritorna tra noi grazie all’attenta napoletana Frontiers che ci dona l’ennesimo esempio di hard rock britannico in circolazione da quasi 15 anni.
Nel 1990 rimasi estasiato dal loro esordio discografico e nel 2000 rimasi shoccato dal passare veloce del tempo quando ebbi tra le mani il loro penultimo lavoro, denso di fotografie dagli esordi a quel periodo. Oggi invece sono felice che il loro sound si sia ri-indurito per l’occasione. È così che dopo bootleg, raccolte di demo e best of ci ritroviamo di fronte al ritorno elettrico del quintetto inglese che si diletta a farci ripercorre, con canzoni nuove, il rock più classico, passando dai settanta ad oggi senza mai lasciare a bocca asciutta gli ascoltatori di tale dischetto.

I 13 brani sono coadiuvati da un bonus video che può essere letto sia da Pc che da Mac. Il risultato è quindi piacevole poiché non si limitano alle soliti dieci tracce ma donano ai loro fans tredici perle di hard rock, funky rock e ballate che rispecchiano di nuovo, il loro comporre egregio e maturo.
Alcune songs appaiono forse come riempitivo ma non posso, da vecchio fan, bocciare l’intero lavoro per alcune scivolate su canzoni senza spina dorsale ma posso invece lodare i cinque inglesi per il loro forte legame a certe sonorità, passate di moda, anni orsono. Per un pubblico di nicchia, sì ma assolutamente un pubblico intenditore.
Un consiglio? Riascoltare prima i loro precedenti lavori e poi accattarvi anche questo cd che, sono certo, saprà riempire alcuni momenti della vostra giornata.
Marco Paracchini

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www.songtree.com



 

CANDY
"Teenage Neon Jungle"
SongTree Records - 2003

18 anni! Cazzo, sono passati già 18 anni da quando questa cult band fece uscire il loro album "Whatever Happened to Fun"!!! So che magari per molti di voi questo nome non dirà nulla, ma in questo gruppo ci militò gente che poi ebbe un notevole successo, primo fra tutti un certo Gilby Clarke! ...ma riassiumiamo brevemente la loro storia: la band nacque dall'unione del bassista Jonathan Daniel e dal batterista John Schubert che chiesero prima al loro compagno di scuola Kyle Vincent di unirsi a loroe poi all'ex GUNS N' ROSES, a formazione completa cambiarono il nome da Bang Bang a Candy e nel 1985 furono messi sotto contratto dalla Mercury/PolyGram Records.

Il tempo di diversi concerti in compagnia di Armoured Saint, Ratt e Black & Blue che la band si sciolsce, ed ecco spuntare la SongTree Records che a distanza di quasi due decenni va riesumare quest'album aggiungendoci pezzi inediti e song rubate ai lavori successivi dei componenti del gruppo.
25 tracce in tutto, intervallate da stacchi radiofonici o intro e dove abbiamo la gioia di riascoltare le loro song che prufamano dannatamente di college americano: ritmiche rockeggianti e corettini quasi pop e riecco le varie "Whatever Happend To Fun", "Weekend Boy", "Turn It Up Loud", ecc... non mancano le chicche come pezzi live ("She Loves You" dei BEATLES) o inedite come il pop rock di "The Girl I Love", "Champagne", "Number One", ecc...

A chiudere questa ottima raccolta, l'etichetta americana ha pensato di inserirci pezzi estrapolati dai dischi post Candy: "War is Over" degli ELECTRIC ANGELS, "Crocodile Tears" da "Rubber" di Gilby Clarke, "You Will Dance Again" dal disco solista "Solitary Road" di Kyle Vincent e la stupenda "The Return Of Ex-Girlfriend" tratta dall'unico album dei LOVELESS!
Moreno Lissoni

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www.gutrecords.com



 

THE WILDHEARTS
"the Wildhearts Must be Destroyer"
Gut Records - 2003

Premessa: i Wildhearts di Earth, PHUQ, Fishing for luckies non torneranno più.
Premessa numero due: molto umilmente, sono convinto NESSUNO al mondo sia in grado di scrivere canzoni rock’n’roll come Ginger, nessuno ha così saldamente in mano capacità tecnica, senso della melodia e soprattutto COSE DA DIRE come lui. Premessa numero tre: in questo disco non c’è niente che non abbiano già fatto i Cheap Trick.
Svolgimento: ho passato quest’anno a esaltarmi per band rock punk glam sleazy metal, a sbavare su dischi, avventurandomi in costosissime operazioni import, per poi rendermi conto, quando ho avuto in mando questo cd, che in realtà mi stavo accontentando… Signore e signori, i Wildhearts. Non quelli fastidiosi di "Endless Nameless" ma una nuova incarnazione power pop che in virtù di una classe compositiva ed esecutiva che al momento non ha eguali e una motivazione e attitudine che pareva persa non conosce punti deboli.

Chiaramente accanto a canzoni epocali come "Nexus Icon" (anni che non urlavo una canzone in macchina, ziocan) e "Vanilla Radio" si alternano momenti più prevedibili/sfigaz/cheesy come "One love one life one girl", una sappy ballad che in mano a chiunque altro sarebbe stata una cagata pazzesca ma che fatta da loro diventa una perla di romanticismo che per un momento mi ha fatto riconsiderare l’ipotesi di tornare definitivamente eterosessuale.
Tra un capolavoro e l’altro emergono anche pezzi questionabili/prevedibili (tipo "Top of the World", probabilmente), che nonostante la semplicità c’hanno un qualcosa, un carisma, una furia che le fa comunque diventare della canzoni da serie A… E poi i Wildhearts c’hanno sta cosa che anche solo leggere i testi nel booklet è un’esperienza da vivere.
In definitiva, artwork compreso, un disco da paura. Ribadisco, NON è Earth, NON è phuq, NON sono i singoli dei “bei tempi”, ma resta comunque il nuovo eccellente album della più grande rnr band degli ultimi dieci anni, PUNTO.
E adesso vado a tatuarmi nexus icon, in gotico, sulla pancia, ziocan.
Pacino

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www.haremscarem.net



 

HAREM SCAREM
"Higher"
Frontiers Records - 2003

Dopo l'ottimo come-back dello scorso anno e dopo l'album solista di Harry Hess di pochi mesi orsono eccoci dunque a parlare della nuova fatica dei canadesi Harem Scarem, da sempre band capace di far nascere discussioni tra gli appassionati di rock melodico.
Questo perché dopo un paio di album d'esordio di grande spessore (sopratutto "Mood Swings") i nostri si sono avventurati in territori diversi pubblicando almeno un paio di dischi con suoni molto "moderni" che poco sono piaciuti al pubblico che aveva apprezzato gli inizi della band.

"Weight of the World", uscito appena l'anno scorso era stato per molti una sorpresa, recuperando in parte sonorità legate ai primi trascorsi della band, mixate con nuove tendenze.
Ora la Frontiers Records piazza un colpo non da poco facendo uscire il nuovo album che come coordinate sonore non si discosta di molto dal precedente.
La coppia Hess-Lesperance è ispirata come al solito e nell'arco delle 10 canzoni che compongono il cd possiamo ammirare la loro capacità non comune di scrivere pezzi immediati, di facile presa ma con arrangiamenti ricercati e assolutamente sopraffini.

Se dovessi scegliere una canzone rappresentativa dell'intero lavoro direi che "Waited" fotografa perfettamente la direzione intrapresa dalla band... rock melodico con un flavour vagamente nu-breed che attualizza il tutto.
Consigliato a chi apprezzava già la band ma anche a chi dalla musica cerca classe e melodia.
Federico Martinelli

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www.metalsludge.com



 

METAL SHOP
"Hole Patrol"
Autoproduzione - 2003

Per chi non conoscesse i Metal Shop, ecco un breve riassunto: sono una specie di semiall-star band di Hollywood specializzata in cover hair metal anni ’80, suonano stabili al famosissimo viper, hanno jammato con chiunque da Jizzy Pearl a Steven Tyler, hanno partecipato alla campagna pubblicitaria della Discovery Card… Un’istituzione, nella parrocchia glam rock planetaria.
Sotto l’ala protettrice di metal sludge (e chi non conosce sta webzine è meglio che si suicidi) rilasciano questa specie di album che in realtà contiene solo cinque pezzi e altrettanti inserti-cabarettistici che pigliano per il culo (sia canzoni che stacchi, eh!) i cliché dei wannabe anni ’80… La cosa sorprendente è che le canzoni sono davvero, davvero bellissime. Dopo l’intro satanica, si parte con "Big Boobs", canzone sui Bei Seni a cavallo tra Roxx Gang e Steelheart… Fantastica. Com’è fantastica la canzone d’amore a là whitesnake "FAT GIRL". Commovente la dichiarazione d’amore di Michael Diamond, “I'll be there to catch you when you fall/If you buy me a cellphone you can give me a call… RIDERE, cazzo!) sull’epocale "Stripper Girl" (altro pezzo sul parassitismo dei nostri wannabe preferiti), roboante e veramente boara la conclusiva "Metal Shop".

Se sapete bene l’inglese e avete un po’ di senso dell’umorismo (quindi escludo subito due amici miei che comunque saluto) questo disco vi farà impazzire. Se siete appassionati di roba class/aor metallusa 80s vi farà impazzire ancora di più… E se vi tappate le orecchie o il vostro inglese non è fluidissimo finirete comunque per prendere più sul serio questo disco che tanta feccia hair metal uscita di recente, perché comunque sotto la patina mongoloide c’è una classe e un talento che al momento difficilmente altri possono vantare.
Lo si trova SOLO su www.metalsludge.com.
Pacino

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www.gemini5.net



 

GEMIMI 5
"Babylon Rockets"
Wild Kingdom - 2003

Da tempo si parlava nell'ambiente dell'esordio della possibile new sensation del R'n'R scandinavo, i Gemini 5 guidati dall'ex cantante dei Jekyll & Hide, Tin Star, e da altri musicisti di lungo corso della scena svedese.
L'album esce per la nuova etichetta Wild Kingdom che a quanto pare dovrebbe diventare un punto di riferimento per la scena R'n'R, stampando nei prossimi mesi altre bands davvero interessanti.
Da un certo punto di vista quello che ho trovato in questo cd è quello che mi aspettavo... ma non sono mancate le sorprese.

Fin dall'iniziale title-track le atmosfere sono quasi più "americane" che non scandinave e sembrano rifarsi alla scena street d'oltremanica, ma la successiva "TwentyFourSeven" risente dell'influenza di band come Backyard Babies e Hellacopters prima maniera..
Ci imbattiamo poi nella riuscitissima cover di un classico della scena pop degli anni '80, quella "You Spin Me Round (Like a Record)" dei Dead Or Alive che mi piaceva pure nella sua versione originale... figuriamoci rifatta R''n'R...!!
La vera sopresa del disco è comunque la traccia numero 4, "Myself Esteem"... riff pesante, ritmiche spezzate... assolutamente poco R'n'R e molto metal come concezione... come se gli Hardcore Superstar incontrassero i P.O.D... molto, molto spiazzante.

Ci sono poi un paio di semi-ballad come "Hardcore" e "Chemical Between Us" che ammiccano al nu-breed così in voga al momento soprattutto negli States, ma il meglio arriva verso la fine del cd; infatti le ultime 3 songs sono probabilmente tra le migliori del lotto, puro R'n'R sguaiato e nella migliore tradizione nordica.
Per concludere... un buon disco ma probabilmente non quel must assoluto che molti si attendevano... ai posteri l'ardua sentenza!
Federico Martinelli

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www.crackhouse.biz



 

CRACKHOUSE
"The Damage"
Promo - 2003

Con il solito ritardo eccomi a recensire questo gruppo che, per chi segue la scena glam italiana da qualche anno, non è affato nuovo, anzi il quartetto padovano capitanato dal carismatico Kelly è una delle band capostipide del nuovo movimento denominato NERNRF (Nord Est Rock N Roll Family).
Questo "The Damage" è il terzo lavoro del gruppo che si va ad aggiungere al primo demo ("Pleasure Toy") e all'ep "Titty Twister". I 4 rocker cambiano leggermente sonorità, infatti la nuova sezione ritmica (Tommy e J. Action) ha portato una ventata punkeggiante alle composizioni e il chitarrista Royce lascia un pò da parte i virtuosismi per macinare riff cazzuti e graffianti.

Apprezzo molto la nuova direzione musicale, ma occhio, non fraintendemi, perchè il suono sarà si meno metal, ma la cattiveria che li ha sempre contraddistinti regna sovrana anche in questi cinque pezzi, partendo con le incazzate "Does Anybody Care?" e "Shoot’em Down" entrambe figlie del glam più ruvido e punkeggiante.
L'intro di "Pay For Me" è quasi da plagio (JOAN JETT), ma poi si trasforma in un calcio nel culo mentre "Nothin’ More To Say" mi convince poco, secondo me più adatta in sede live, ma con l'ottima perfomarce alle sei corde di Royce...
La cover di "You Spin Me Round" dei DEAD OR ALIVE fa impallidere quella appena pubblicata degli scandinavi GEMINI 5 e presenta il four pieces veneto più in forma che mai! Solo per i palati più incazzati!
Moreno Lissoni

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THE DARKNESS
"Permission to land"
Atlantic – 2003


Ecco che mi riavventuro temerariamente ma doverosamente in quello che non e' il mio campo, cioe' la recensione di un album, ma in casi del genere qualcuno deve pur farlo; in fondo se Moreno mi lascia scrivere tutte le mie idiozie e' perche' lo tengo aggiornato su quanto accade oltremanica… e quello che sta accadendo in questi mesi nella mia nebbiosa isoletta ha un solo nome, The Darkness, e una sola faccia, quella brutta ma tanto simpatica di Justin Hawkins che ormai regna incontrastata su ogni media musicale che si rispetti e non.
Definire i Darkness e' un compito a dir poco arduo, e ancora piu' arduo sara' farvi credere che questi quattro hanno preso il sopravvento nelle classifiche inglesi e vinto al loro esordio due Kerrang Awards, per migliore album e live act del 2003. Brutti quanto i Twisted Sister, attuali quanto i Dokken, ridicoli quanto gli Spinal Tap, voce in falsetto a la Freddie Mercury e chitarre alla Angus Young. Un sound che fonde i settanta e gli ottanta riuscendo dio sa come a essere 2003, unisce metal e pop tirandone fuori uno stile tanto scontato quanto inconfondibile. Un album che pensi di aver tirato fuori per sbaglio dal cassetto dei tuoi genitori, e che tra canzoni da prom collegiale e da stadio in tempi lontani non riuscirai piu' a togliere dallo stereo e dalla tua testa.

Accusati dagli immancabili invidiosi detrattori di essere un prodotto costruito da una major, i Darkness provengono in realta' da anni di gavetta in cui i discografici hanno fatto spallucce, ma perseveranza e una fan base in crescita esponenziale hanno portato a un incredibile tutto esaurito all'Astoria, grazie solo al passaparola e alla fiducia di una piccola indipendente. Li e' iniziata la lotta tra giganti, e i nostri hanno finalmente cominciato a raccogliere i frutti di tanta passione e sudore. Finalmente con un vero contratto, due spiritosissimi video e una promozione oserei dire ormai superflua, i prossimi show sono all'Hammersmith Apollo in Ottobre, sold out in pochi giorni, e due date a Brixton Academy in Dicembre, anche quelli passati per le rivendite autorizzate cosi rapidamente da non lasciare traccia.
Cosa dirvi di questo album? Non c'e' un singolo pezzo che possa incitare a premere il tasto "skip", non uno che facilmente dimenticherete una volta spento lo stereo. "Get your hands off my woman" e' il primo singolo uscito ai tempi dell'indipendente, che manco' di poco la Top40. Occhio alle lyrics, a conferma che l'ironia e' un gradito trend di questi giorni, in culo all'epoca buia e incazzata del nu metal. Primo singolo e video di successo, "Growing on me" e' uno dei pezzi piu' orecchiabili e radiofonici degli ultimi anni, ma definirlo commerciale e' secondo me un azzardo, visto che nessuno prima d'ora avrebbe pensato di poterci tirar su due sterline. Ed e' ora della mia preferita, perche' come sapete io sono una donnina semplice che di musica non capisce un cazzo… "I believe in a thing called love" e' il pezzo che per anni ho aspettato di poter cantare e ballare in uno stadio di gente allegra e sorridente, una moltitudine di altri ignoranti di ogni estrazione musicale che alla faccia delle etichette e' li per divertirsi.

Due ballad, "Love is only a feeling", piu' settantiana, e "Holding on me", cosi ottantiana che mi sembra di averla sentita in tutti quei film tanto cari alla mia eta' piu' verde, spensierata e romantica. Cosi come "Friday night", college song per eccellenza, colonna sonora ideale degli antenati di American Pie. E di fianco a tutto cio' ti piazzano un pezzo d'apertura come "Black Shuck", che ti porta di prepotenza ai fuochi d'artificio del loro spettacolare e ultradecorato live show…
Che dire? Non avendo piu' parole rubo al buon Justin: "Give me a D! Give me a ARKNESS!"… Datemi i Darkness, che dopo un decennio di tristezza e depressione testimoniare un fenomeno del genere mi spetta di diritto!!
Cristina Massei

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MÖTOCHRIST
"Greetings From The Bonneville Salt Flats"
Heat Slick Records - 2003

I Mötochrist sono una sorta di antico bordello rokkeroll, nella band troviamo infatti il bassista/cantante Danny Nordahl (Throbs, New York Loose e visto recentemente in Italia con i Bang Tango), Marc Diamond (New York Loose, The Dwarves), assieme a Ricky Vodka e al batterista Chad Stewart (nell’ultima formazione dei cazzo di Faster Pussycat, e invero l’unico che suonava davvero bene!).
Fatte le presentazioni et riverenze, parliamo un po’ di questo disco.
Aprite le menti, il rubinetto del carburatore e inalate... ora immaginate un miscuglio di hard rock e di punk newyorkese, un crogiuolo di RAMONES e BLACK SABBATH, che mi ricorda pure molto YO YO’s e l’ultimo LOADED. “Hang’em High” inizia con armonici tirati à-la Zakk Wilde, un pezzo hard rockeggiante bovaro e trita-tarello, mentre “Someday” e “Holyday” spostano le coordinate su territori più punk rock, e sono tra le migliori del platter, pour moi.
“Real Fast Car” è impreziosita da inserti country... insomma da nome del gruppo e pezzi citati dovreste aver capito che qua si parla di motori, motori e ancora motori! Bruuummm!!!

“El Diablo” è esponenzialmente Sabbathiana, carina ma c’è di meglio, “Nuthin’ Right” sembra uscita dalle session dei NY LOOSE con il suo punk melodico et decadentista, e arrivati al chorus mi sembra di sentire i BLACK HALOS. “6 Shooters, 6 Strings and 6 Packs” già dal titolo è una figata, e si candida ad essere l’anthem spensierato del mese. Questa è musica che fa sculettare persino la Micina87, che ha strappato i poster di Bret Michaels dalla cameretta per innamorarsi del look motoristico di Danny! C’è ancora tempo per una cover dei RAMONES “Something To Do” (niente di speciale), mentre “Out Of Control” ruba il riff a “New Rose” dei DAMNED (beh? rubare è molto punk... basta saper rubare bene!) ed esplode in un chorus perfetto.

Ancora un po’ di slide a introdurre “I Lost It”, mentre skippate pure “Super Sonic Speed Machine” che è la canzone più inutile del disco. Chiude la campagnola “Three Sheets To The Wind”, cantata da Marc Diamond... occhio al testo che è spassoso, con Nordhal in backing vocals che canta sverso “Hey man I fucked your motheeer” e Diamond che replica “I say shut up Dan you’re drunk”!
Chiude una bonus track motorheadiana.
Chiaro che questa band di vecchi rottami non ha la carica di una band esordiente, ma se volete un disco di buon rock’n roll con melodie e voglia di divertirsi, beh, comprate e fatevi un giro in moto.
Simone Parato

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mazinga.mac@libero.it



 

MAC
"Run For Your Life"
"Native American"

Autoprodotto - 2003

Dopo il disco acustico dal titolo "Candle Light" uscito lo scorso anno in compagnia del chitarrista Andrea Fabiano, riecco tornare sulle scene l'ex vocalist di White Sand e Big Tokyo con questi due mini CD, il primo ("Run For Your Life") contente tre brani che comprende il melodic hard rock di "Sweet Emanuelle", la title track (la mia preferita in assoluto e molto vicina alle produzioni dei DANGER DANGER e di tutta la scuola ottantiana americana) e "The Owl's Law" un class metal che è stato scritto appositamente per la colonna sonora del cortometraggio "Il Codice Gufo", da segnalare inoltre l'ottimo lavoro alla sei corde di Giulio Pastoretti (che tra l'altro suona anche il basso e le tastiere e chitarrista dei NAïVE, cult band stoner svizzera, Mydevice e Real Deal). Il CD costa 5 euro ed insieme verrà allegato un'altro Cd dal titolo "Chapter One the Best Of..." con tutte le migliori tracce dei singer novarese.

Il secondo lavoro, "Native American", è composto da due versioni di questa song già presente sull'acustico "Candle Light" e dedicata appunto alle popolazioni d'oltre Oceano. Qui, con l'aiuto di Luca Antonini, Mac compone una canzone molto intimista dove vengono lasciate da parte chitarre e batteria per dedicarsi a sonorità più tranquille e rilassate che si rifanno direttamente al sound delle tribù indiane. Anche se non sono molto competente in materia, mi sembra di poter dire che risultati sono eccellenti. ...Ebbravo il nostro writer!!!!
Moreno Lissoni

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SKID ROW
"Thickskin"
SPV - 2003

Dopo anni di lunga attesa, ansie varie, notizie dell'ultima ora poi subito dopo non confermate e storie delle più assurde ed incomplete della storia dell'hard&heavy, ecco giungere, finalmente, l'atteso ritorno dei mai dimenticati S.R.!
Grazie alla tedesca SPV, Snake Sabo e compagnia bella tornano a ritrovare i fans, omaggiandoli (si fa per dire...) di un album completamente stravolgente, in senso negativo, con dodici canzoni scritte fresche fresche per questo mondo odierno.
Si era parlato, poco prima del 2000 che ritornassero sulla scia con un album nuovo, fresco e assolutamente in linea d'onda col passato, pur non vomitando sulla scia che il rock ha intrapreso. Ebbene, tre anni più tardi, dopo essere stati scaricati da diverse label americane ed internazionali, ora sono qui, ad attendere che il nostro amore li riprenda in cuore.
Alcuni manager si vocifera si fossero contrapposti all'idea dello stesso monicker del passato, insistendo sul cambiamento del nome del gruppo in qualcosa di simile ma non identico; Snake ha insistito perchè i fans avessero materiale targato Skid Row e così è stato ma, dopo aver ascoltato l'intero album mi chiedo... ne valeva davvero la pena?

Riunitisi col nuovo singer Johnny Solinger, gli Skid ci propinano un modern rock senza capo ne coda, immerso nell'oceano sonoro che il mondo musicale di oggi ci impone in radio e tv.
Lontani anni luce dal primo e dal secondo successo mondiale, ci riprovano facendo l'occhiolino alle nuove generazioni cercando e sperando che i vecchi fans (credo poi i veri interessati a loro!!) non li abbandonino ma che li ripeschino fuori sulla scia del rinnovato successo.
Niente di più sbagliato.
Gli Skid Row sono nuovi, diversi, assolutamente inconcludenti col passato e se qualcuno dicesse che il maturare significa stare al passo coi tempi, io non ci sto.
Non mi si venga a delinare suddetto cd al rock n roll, non mi si venga a dire di lasciare una chance...per quasi dieci anni, dopo bootlegs vari, live, ricerca di singoli su lp clorati e rockeggianti, le casse dello stereo mi hanno fatto preda dell'ascolto più disastroso che io abbia mai ascoltato.
Intendiamoci bene cari lettori, bellissimo disco nu-metal ma niente altro.
Avevano ragione i manager del passato...il loro gruppo doveva chiamarsi in altro modo, punto e basta.

Ci sono già i GOOD CHARLOTTE in America a fare scandalo, distruggere casse, spaccare timapni e proporre un sound moderno e giustamente legato alla loro giovane età... da Snake e soci mi aspettavo piuttosto un cd più rock, più intimista, più... "vecchio".
A chi non dispiace il sound moderno e devastante dei BEAUTIFUL CREATURES (qui reperibile in alcuni passaggi), il cantato e il song-writing dei sopracitati GOOD CHARLOTTE, senza dimenticare gli svedesi e modernisti JECKYLL&HYDE, allora Thickskin potrà fare al vostro caso se siete vecchi nostalgici e amate alla follia i vecchi dischi, non permettiate che tale scempio possa deludere le speranze di un mondo nuovo con vecchie glorie sempre attive e assolutamente legate al vero passato che li ha resi dei nomi.
Marco Paracchini

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POCKET ROCKETS
"Rocket Ride"
Promo - 2003

E' da un pò che ho tra le mani questo promo, ma per una serie di disavventure solo ora riesco a mettermi qui, di fronte al mio computer a scrivere la recensione. I lettori di SLAM! sicuramente conoscono già questo nome e i più attenti ricorderanno l'intervista di inizio anno, quando JO ci dava delle anticipazioni sul disco e ci presentava il nuovo vocalist Harry Kill Kill (Hollywood Killerz).

Da allora un pò di cose sono cambiate, infatti c'è stato l'inserimento del nuovo cantante Alex e il sound ha avuto un notevole miglioramento grazie anche all'ottimo lavoro del chitarrista Craig Coffey dietro alla consolle e al buon lavoro fatto in sede di chorus dalla band. E' difficile etichettare la band ligure perchè riesce molto bene ad assemblare sonorità Eighties e Seventies, glam e hard rock (lasciando un pò da parte le vecchie puntatine punkeggianti presenti nei vecchi demo) e non riesco proprio ad accostarli a nessuna band, ma se vi può servire nel disco troviamo tre ottime cover: la prima è "Trash Queen" dei cult glamster inglesi WRATHCHILD, davvero ben fatta; la seconda arriva direttamente dal disco "The Love Drag Years" degli STAR STAR, "Groovy Guru Gangster Girl", anche questa su livelli alti e la terza ed ultima è "Nobody Loves You Like I Do" presa dal repertorio LONDON/SPIDERS & SNAKES.

Tornando a parlare delle song del gruppo, continua a piacermi l'opener "Tears" (già sentita sul vecchio promo con il cantato di Harry), una rock song diretta, potente e sculettante, mentre "Love And Decadence" ha sempre il suo fascino romantico "decadente" e più l'ascolto e più mi piace. Un'altro brano che mi ha esaltato è stato "So Lonely" mentre non mi ha troppo convinto "Midsummer's Day Dream". In definitiva decisamente un buon lavoro curato sotto tutti gli aspetti e consigliato a tutti gli amanti del genere.
Moreno Lissoni

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