old review: BACK NEXT



www.lagunsweb.com



 

L.A. GUNS
“Waking The Dead”
2002 – Spitfire

Hey, bitch is back in town: gli LA Guns sono tornati con le unghie più che mai affilate, e sono decisi a piantarvele nella carne! Messo da parte il mood rilassato di “Man on the Moon”, questo nuovo “Waking the Dead” si colloca idealmente a cavallo tra l’oscura malizia di “Hollywood Vampires” e la cattiveria metallica di “Vicious Circle”. Tracii è il solito monello metallaro, e scommetto che nell’intro dell’opener “Don’t Look At Me That Way” si diverte come un matto a fare il verso a un guitar lick a caso degli… IRON MAIDEN! Quando Phil attacca a cantare l’alchimia è perfetta e definitiva, e i brividi incominciano a rincorrersi sulla pelle.

La title track incomincia con un riff lento pesante come un Tir, per poi trasformarsi in una sassaiola impazzita, e la successiva “Revolution” è, ehm, 110% LA Guns, melodica e trascinante, sorretta da un chorus killer. Non può mancare il lentone, mica a caso intitolato “The Ballad” (!), ma le corde vocali di Phil Lewis possono trasformare in oro anche gli stornelli di uno scalcagnato coro parrocchiale, e se a ciò aggiungiamo i solos ispirati di Tracii Guns... beh, devo aggiungere altro?

I veri rockers sono bastardi dentro, per cui “Psychopatic Eyes”, dal tiro quasi hardcore, ruggisce assassina come una custom car cromata, mentre le conclusive “City Of Angels” (vi basta se dico che è bellissima??) e “Don’t You Cry” mettono il sigillo a un gran bel disco, segno che ci sono ancora grandi band che sanno risorgere dalle proprie ceneri (io i dischi senza Phil Lewis non li ho nemmeno ascoltati!!!) e, senza tanti giri di parole, spaccare il culo! Ok, Let’s Roll
Simone Parato



www.frontline-music.com



 

FRONTLINE
“Against the world”
2002 Point Music / AOR Heaven / Warner-Chappel / Frontiers Rec.

Dopo diverso tempo dedicato al “silenzio” i teutonici Frontline ritornano con un disco interamente prodotto, elaborato e mixato dal chitarrista e fondatore Robert Boebel.
Le coordinate seguite dai quattro melodic-rockers sono sempre direzionate nella schiera dei fedelissimi dell’AoR. Sprazzi di energia à là JADED HEART compaiono nel pezzo d’apertura “Against the world” ma, è la voce di Stephan Kaemmerer a dettare legge e quindi, melodie su melodie, si termina per aprire in una canzone davvero retrò, “My destiny” con una tastiera cadenzata che ricorda gli ASIA o i primissimi lavori dei BON JOVI.

Si prosegue con “Lightining eyes” e “Time stood still” che sottolineano l’attaccamento affettivo a questo genere duro a morire. “I don’t know” e “Man with a broken heart”, oltre ad essere molto old-style, hanno in comune il significato dei testi, centrato sui classici problemi di cuore che ogni rocker, almeno una volta nella vita, ha provato. Leggera e scaltra è “One night” che scivola via leggera in un sound debitore ai BAD ENGLISH, per non parlare di “You should know me” che pare essere stata scritta dai FAIR WARNING più melodici. Tastiere, riff mielosi e testi d’amore, sono la prospettiva di “Don’t break my pride”, sorta di mid-time “rubata” agli SHERIFF.
Si chiude con “Change his life” sempre sotto il segno dell’AoR degli anni ottanta, dove DIVING FOR PEARLS e ALIEN sembrano essersi mischiati per l’occasione.

Insomma, tanta melodia, tante tastiere e tanti luoghi comuni legati ai classici testi d’amore. I Frontline ci riprovano e riescono anche stavolta ad ammaliare il pubblico più melodico. Forse, se mi è permesso fare una critica, la voce è troppo effettata e, talvolta, il mixaggio risente di suoni troppo pastosi, riducendo così l’attenzione dell’ascoltatore.
I tedeschi sono sempre in prima fila e, pure stavolta, sembra non cedere nemmeno questo luogo comune…loro sanno amare e suonare tale genere…bisognerà farcene una ragione!
Marco Paracchini



www.manges.it



 

THE MANGES
"’R’ Good Enough"
2001 – Stardumb Records

Aloha from Las Pezia! Dopo i PEAWEES, recensiti qualche tempo fa, è per me un vero piacere parlarvi di un’altra band della west coast italica, THE MANGES, anch’essi accasati presso la Stardumb Records. ‘R’ Good Enough, dopo una lunga gavetta di singoli, split e compilation è il primo vero e proprio album del gruppo ligure, attivo sin dal 1993.

Registrato a NY e prodotto da Guru Kowalski, il platter presenta 12 pezzi di three-chords punk rock molto gradevoli suonati a tutta birra con attitudine e perizia. Illustri gli ospiti: Mike Hoffman (ex VACANT LOT), Steve Boltz, Joe King (THE QUEERS) e Kitty dei KOWALSKIS, che presta la sua voce nella cover di CYNDI LAUPER “The Goonies ‘R’ Good Enough”.

L’opener “I’m a Monkey” mi ricorda molto le prime cose dei SOCIAL DISTORTION, con un testo pazzoide à-la RAMONES, principale influenza della punk band nostrana, innamorata dell’immaginario 50’s, di Elvis e di Happy Days. E più ascolto questo CD è più mi convinco che andrebbe suonato in un bel Juke Box vintage, magari nel locale di Alfred!
I pezzi si susseguono l’uno dopo l’altro urgenti e dinamitardi, superando raramente i 3 minuti, e inanellano riff scuoti chiappe a go-go, e vi assicuro che dal vivo sono davvero irresistibili! Tra le mie preferite, oltre alla già citata “I’m a Monkey”, ci metto “Blame Game”, “Miss Evil”, “Elvis Has Left The Building” e “Rumble In Chinatown”, anche se tutte le song sono di ottima qualità e meritano di essere ascoltate, magari in una spensierata corsa verso il mare!

So bene che questo gruppo, come molte altre band che scelgo di recensire, è un ascolto un po’ distante dalla maggior parte delle cose trattate in Slam!, ma mi auguro che non vi lasciate scappare questo disco, del resto se vi piacciono ‘BABIES, GLUECIFER, AMERICAN HEARTBREAK, DONNAS, STP & Co. non avete davvero scuse!!
Simone Parato

www.silentrageonline.com



 

SILENT RAGE
“Still alive”
2002 Z Records / Le energie

Impreparato a contenere una tale emozione, alla notizia che i S.R. erano ormai ritornati, mi sono lanciato come un fulmine dal mio negoziante di fiducia. Ansioso non vedevo l’ora di raggiungere lo stereo di casa mia. Getto via le mie cose, mi precipito in camera e immetto il succoso Cd nell’Hi-Fi.

Mi aspetta così un lungo viaggio e si presenta da subito bello, visto che ad aprire le danze è “I’m still alive”, un bel pezzo sullo stile dei WHITE SNAKE d’un tempo. La seconda traccia non tradisce le alte aspettative e, firmata da Dianne Warren, “Unchained” ripercorre fedele le coordinate dei S.R. lasciati ormai 13 anni fa! La terza e semi-acustica traccia si intitola “Whiskey woman” e, sorpassata abbastanza celermente, si giunge al pezzo “cool” dell’intero album, forse singolo d’altri tempi e sicuro hit da infarto: “Livin’ for the moment”. Il pezzo esalta le capacità dichiaratamente easy-listening dei quattro americani, che non cedono certo alle mode, dandoci in pasto una song piena di cori trascinanti e riff potenti quanto basta. E’ forse un loro vecchio pezzo? Penso di sì, un testo simile pare esageratamente “fuori luogo” per degli ultra-quarantenni quali ormai rappresentano, ma a noi va bene ugualmente…non ci limitiamo a certe cose. Si prosegue con la settantiana “At my command” che dà luce a nuove direzioni hard&heavy della band. E’ poi il turno della cover “Is it my body”, riesumazione di uno dei primissimi pezzi di Alice Cooper, quando ancora non era un fenomeno da grand-guignol.

Ballad retrò e senza troppe innovazioni alla carta, ecco apparire “When the night is over”, altro brano dalle possibili influenze del tempo che fu lasciando poi spazio alla mediocre “The hunger” ove la masterizzazione non pare equilibrata col resto dell’album. Si continua a rockare che è un piacere con “Remember me” che pare, credetemi, una sorta di mix tra ciò fatto da BILLY IDOL e gli ultimi BON JOVI. Chiude il full-lenght il pezzo “I’m back”, insipido e debole quanto basta per rovinare il come-back di questo gruppo. Registrato in cantina e riproposto, forse, per riempire, il pezzo non chiude il lavoro perché ci pensa la ghost-track “Whiskey woman” che è esattamente uguale alla terza traccia…non ho ancora capito l’utilità…pensavo almeno avessero cambiato alcune note, invece nulla di tutto ciò...boh, forse è stato un errore.

Band spettacolare ai tempi, appare un po’ goffa ai giorni nostri, contando anche il fatto che pantaloni attillati e fisic du role non appartengono più a loro, ma solo al loro passato.
Triste a dirsi ma, le foto, dimostrano l’amara verità.
Un album che sarebbe passato inosservato se solo la band avesse avuto altri componenti, quindi…beh, fate i doverosi calcoli col vostro “sentimentalismo” nei confronti di questi rocciosi e simpatici SILENT RAGE!
Marco Paracchini



 

THE SONG RAMONES THE SAME
A Tribute To The Ramones
2002 – White Jazz

I RAMONES hanno esordito nel 1974 e da allora hanno segnato la storia del rock’n’roll, influenzando generazioni di gruppi anche molto diversi tra loro (ma in fondo chi non ama il quartetto newyorkese?). Se, qualche anno dopo e oltre oceano, i SEX PISTOLS davano una immagine scioccante e caricaturale del punk per poi svanire malamente, mentre i CLASH bruciavano la propria ansia creativa andando oltre i confini dei 3-chords in 5 dischi (non considero certo “Cut The Crap” un disco dei Clash!) epocali, i fratellini sono sempre, testardamente, rimasti uguali a se stessi per più di trent’anni. Mi piace immaginare i RAMONES come quattro monelli scazzati vestiti con chiodo e blue jeans strappati che non vogliono proprio saperne di crescere, un po’ come sono stati splendidamente immortalati nella pellicola “Rock’nRoll Highschool”, trash-college movie spassosissimo, una sorta di “Animal House” in versione punk.

Interessante dunque l’iniziativa dell’etichetta svedese, che rende omaggio alla band mettendo assieme gruppi più e meno famosi della scena rock odierna. Tra le band meno conosciute un plauso va alle SAHARA HOTNIGHTS (che al concerto di Biella dello scorso anno hanno messo in ombra le ben più conosciute, e cicciottelle, DONNAS) che aprono il CD con una versione al fulmicotone di “Rockaway Beach”, e ai MARYSLIM, presenti con “I Believe In Miracles”. Per quanto riguarda le band più blasonate, buone le song di D.A.D e HELLACOPTERS e molte fedeli le versioni di DICTATORS e SATOR, mentre riescono ancora a sorprendere i BACKYARD BABIES con una versione stravolta e molto bella di “Pet Semetary”. Le cover interpretate da WHALE, WOLF e WAYNE KRAMER, invece, mi fanno davvero schifo!
In chiusura di CD mi rende molto felice trovare JESSE MALIN, singer dei mai troppo rimpianti D-GENERATION, che canta la struggente “Questioningly”.
Gabba gabba hey Joey n Dee Dee. RIP
Simone Parato



www.valensia.com



 

VALENSIA
“Blue Album”
Avalon/Marquee - 2002

Dopo un anno di silenzio dovuto a quanto pare alla decisione di abbandonare l’attività di musicista, a causa dello scarso interesse dimostrato dall’industria discografica nei suoi confronti, torna sulle scene Valensia, che con la sua prima omonima release, solo in Giappone uscì con il titolo “Gaia”, diede alle stampe il cd che sta in vetta alla mia classifica personale di sempre.

Sono passati 9 anni da allora, ma è evidente come le coordinate stilistiche entro cui si muove il polistrumentista olandese siano rimaste inalterate. Il suo come-back reca il titolo “Blue Album”, e finalmente dopo la mezza delusione di “Gaia II” e dell’ ep “Luna Luna” sembra che il nostro Valens abbia ritrovato un’ottima vena compositiva. Lo si evince subito dall’opener “Mayte” che mi ha riportato alla mente i momenti migliori di “Kosmos” (sua seconda release).
“Hello pianist” e “Ishallah” sembrano arrivate direttamente dal suo primo capolavoro con i loro espliciti riferimenti a songs come “The sun” e “Scarabouska”.

“The echo” dà il titolo ad un bellissimo intro di piano e archi, mentre con “Alyssa” si ha la conferma di avere di nuovo un Valensia in stato di grazia come non lo era dai tempi di “My heart is in your hands” o “Bleeding”. La prima vera novità compositiva la si ha con “Life is a killer” che insieme a “The line” viene apertamente dichiarato un amore sviscerato per il pop anni’ 80 e soprattutto per i Duran Duran, di cui, tra l’altro, aveva coverizzato “A view to a kill” nell’ep “The white album”. Si chiude con “Valensian jazz” in cui la voce di Valensia, come in nella song “Gaia”, sembra quella di una bambina di 12 anni, voce resa ancora più dolce da una melodia da sogno.

Purtroppo la copia promozionale in mio possesso non mi permette di analizzare le liriche di “Blue album”; altro aspetto da sempre molto rilevante nelle composizioni “Valensiane”, ricche di neologismi (T’kylah, agilar, agrata... per citarne alcuni....) e di significati molto particolari. Unica pecca dell’album è un eccessivo uso di suoni campionati e sintetizzati, aspetto, tuttavia, che per quanto mi riguarda nulla toglie alla mia più totale ammirazione per questo incredibile musicista.
Ben tornato Valens!!!!
Umberto Sartini




 

GEOFF TATE
“Geoff Tate”
Sanctuary - 2002

Considero i Queensryche uno dei gruppi più intelligenti che il panorama hard rock progressive abbia offerto negli ultimi 15/20 anni… ed è con grande entusiasmo che accolgo questo primo solo album del singer Geoff Tate. Qualcosa mi diceva che in questa sua prima avventura solista Geoff avrebbe lasciato da parte le coordinate stilistiche da lui offerte insieme alla band di Seattle, così è stato.

A dimostrare ciò sta, tra l’altro, il grande spazio concesso all’elettronica, e lo si può subito sentire in “Flood” track che apre le danze con il suo incedere modernista con vaghe eco alla “Promised Land”. E’ chiaro l’intento, da parte di Geoff Tate di scrollarsi di dosso la nomea di metal screamer, tuttavia la sua voce rimane sempre inconfondibile sia se sorretta da groove lounge come quelli di "Forever” o se inserita in una canzone come “Helpless”, eccezionale pop song ottantiana con eleganti inserti di chitarra classica.

“Every move we make” mi ha ricordato molto Seal,a mio avviso uno dei più grandi artisti di sempre, mentre in “other words” la somiglianza vocale con David Bowie si fa sentire come non mai. Finalmente un po’ di hard rock, mooolto alternativo sia chiaro….. è infatti con “Off the TV” che Geoff ci ricorda le sue origini, anche se molti puristi intransigenti storceranno non poco il naso di fronte al sound ultra modernista di questa song, stesso discorso vale per “Grain of faith” dove l’elettronica la fa da padrone.
Un album che richiede sicuramente più di un ascolto per essere apprezzato appieno, ma soprattutto occorre una discreta apertura mentale verso nuove soluzioni musicali. Ragazzi siamo nel 2002…….
Umberto Sartini




 

ACT
IMAGINARY FRIENDS”
MTM - 2001

Anche se con un po’ di ritardo (li ho scoperti solo ora) mi appresto a recensire questo ”Imaginary friends” ad opera del quintetto svedese ACT. Comincio col dire che per il sottoscritto questo “Imaginary…” rappresenta una vera sorpresa, infatti gli ACT riescono a fondere in maniera più che egregia le caratteristiche stilistiche (perdonate la rima) di alcune delle realtà musicali che amo di più, e mi riferisco agli Harem Scarem (di “Voice of Reason”), i TNT, Royal Hunt e soprattutto l’immenso Valensia, quest’ultimo, di cui sta per uscire il nuovo cd, infatti rappresenta la maggiore fonte di ispirazione per gli ACT.

Credo che il cd in questione non abbia bisogno di essere analizzato song by song, ma se amate le band sopracitate, e in particolar modo Valensia non esitate ad acquistare “Imaginary Friends” la cui forza, oltre che nella proposta musicale, sta nella composizione di songs mai scontate e caratterizzate da grandi melodie sebbene sorrette da arrangiamenti a volte un po’troppo barocchi o prolissi, inevitabili tuttavia se considerata la forte componente progressive del cd.
Umberto Sartini



www.perrisrecords.com



 

HOLLYWOOD HAIRSPRAY
“Volume 1”
Perris Records - 2002

Grand bella compilation quella fatta uscire dall'etichetta texana in cui raccoglie 14 artisti che non hanno mai sfondato, ma che si ostinano a tenere alta la bandiera del LA metal.
Si parte alla grande con l'inedita "Backseat Shake" dei PRETTY BOY FLOYD, solito glam rock come Steve Summers ci ha sempre fatto sentire, segue "Feel It" interpretata dai RAZAMANAZ che se non sbaglio vedi nelle sue fila membri di BRITNY FOX e in effetti le influenze si sentono... Alla numero 3 triviamo i JETBOY con il coinvolgente street glam di "Burning Down The Backroads", mentre di seguito ci sono i NASTY IDOLS e i grandi BIG BANG BABIES con "Heroes For Sale" e "Lets Go".

"Kids In America" sembra un'altra song dei FLOYD, ma invece è il buon Alexxx con i suoi SHAMELESS che si impossessano dello stereo, ma ecco che alla 7 arriva l'attesissimo KRISTY KRASH MAJORS con il suo progetto solista che ci propone "Broken Dreams" un mix tra la sua band madre, gli HANOI ROCKS e i T-REX. L'ex-Tigertailz STEEVI JAIMZ ci offre la graziosa "Cat On A Hot Tin Roof", i CHERRY STREET la superstradaiola "Hellraiser" e i ROXX "Pint Of Blues", uno dei brani migliori della compilation, glam rock'n'roll d'altri tempi!!!
A chiudere il CD i miei beniamini, gli STAMPEDE QUEEN con lo street r'n'r di "Woman In The Fast Car", THE SCREAM CLAN con la rocciosa "American Hair", i VAMP con "Mispent Youth" e i coloratissimi SICK SIX CRUSH con la PEPPERMINT CREEPSiana "Problem".
Se siete stanchi delle solite raccolte dei dinosauri degli 80's ecco un bel disco che portarà una bell'ondata di freschezza!!
Moreno Lissoni



www.vai.com



 

STEVE VAI
“THE ELUSIVE LIGHT AND SOUND VOL. 1”

FAVOURED NATION - 2002

Esce per la Favoured Nations, etichetta personale di Steve Vai, questo “The elusive light and sound Vol.1” che altro non è che la tanto attesa raccolta delle colonne sonore realizzate dal dio delle 7 corde per alcuni film come il celeberrimo Crossroads dove lo stesso Steve recitava nei panni di un chitarrista demoniaco.
Con “Elusive…” ci troviamo di fronte ad una compilazione particolarmente eterogenea dove si alternano hard rock songs come la sensualissima “Love blood” ispirata a Steve dalla lettura di Intervista col Vampiro di Anne Rice a duelli chitarristici all’ultimo sangue tratti appunto da “Cross Roads”.

Dal film “Bill and Ted’s Bogus Journey” (di cui consiglio l’intera sound track con inediti di Winger e Slaughter tra gli altri….) viene ripresa “The Reaper”, un vero massacro chitarristico, mentre molto divertenti risultano essere le Van Haleniane “Drive the hell out of here” e “Get the hell out of here” tratte dal film Encino man suonate tra l’altro da Greg Bissonette alla batteria.
Discorso a parte va fatto per le 21 tracce che compongono la ST del movie “CPU” (voi lo conoscete?….io no), la cui durata media non supera il minuto scarso e il cui senso compositivo mi è del tutto ignoto, del resto credo sia difficile apprezzare a pieno dei sottofondi muicali, come lo sono queste 21 mini composizioni, senza poter vedere le immagini per cui sono stati composti.
Solo per i più incalliti fan di Mr. Vai.
Umberto Sartini



www.perrisrecords.com



 

HARD KNOX
“Combat Alley”
Perris Records - 2002

Periodo di ristampe di cult band per la Perris che è andata ha ripescare il materiale di questo quartetto del Tennessee che vedeva nella figura del vocalist Gene Hadley, leader indiscusso del gruppo che da 1985 al 1989 produsse un poker di album all'insegna di un glam metal molto di moda in quei tempi.

Questa raccolta prevede sette tracce estrapolate dalle loro uscite discografiche (fuori solo su vinile!) con l'aggiunta di cinque bonus track recuperate da vecchi demo e ora rimasterizzate, ma con un suono ancora scadente. Fortunatamente avevo già avuto modo di ascoltare qualche loro brano dopo aver scaricato degli mp3 dal loro sito e mi fa un'enorme piacere rivedermi su un CD song come "Love's Out Of Season" perché mi balzano indietro di 15 anni quando i CRUE e poi i GUNS devastavano il Sunset con i loro show.

Per farvi capire meglio a quale tipo di band ci troviamo di fronte posso dire che gli HARDKNOX recuperano la vena sleaze r'n'r dei JETBOY ("Get Up") e la uniscono allo street patinato dei RATT ("You're Gonna Love It") confezionando delle buone canzoni come il class-street di "Combat Alley", la power ballad "Take It If You Want It" o il glam metal di "Back Out In The Heat" molto vicini ai primi MOTLEY CRUE.
Solo per gli amanti dell'hair metal-era!
Moreno Lissoni



www.satriani.com



 

JOE SATRIANI
STRANGE BEAUTIFUL MUSIC
SONY/EPIC 2002

Dopo il controverso “Engine of creation”, che ha spiazzato non pochi ascoltatori con il suo incedere forse esageratamente tecnologico ed elettronico, il nostro Satch torna a farsi sentire con questo “Strange beautiful music”…. e lo fa alla grande davvero con un album che gode di un songwriting ispiratissimo, come non lo si sentiva dai tempi dell’immenso “The Extremist”.
Ad accompagnare Joe in questo nuovo “guitar trip” troviamo il fedelissimo drummer Jeff Campitelli e Matt Bissonette al basso, mentre tra gli special guest vanno citati Greg Bissonette alla batteria, Robert Fripp alla chitarra e Pia Vai (moglie di un certo Steve..) all’arpa.

Un oscro riff introduce “Oriental melody”, titolo quantomai eloquente per una song che fonde atmosfere orientali, per l’appunto, melodie spettacolari e solos da brivido. Segue “Belly Dancer” dove Satriani torna a rockare come solo lui sa fare, la tecnica chitarrista è, manco a dirlo, da brividi senza mai strafare ma sempre rispettando un’ideale economia compositiva. “Starry night” è una pregevole ballad tra l’elettrico e l’unplugged mentre “Mind Storm” dà il titolo al primo vero capolavoro contenuto in “Strange..”, si tratta di una heavy song resa ancora più potente dalla 7 corde che dà origine ad un riff coinvolgente come non mai, la parte solista è caratterizzata da parti melodiche stratosferiche e sequenze di sweep picking da manuale, una vera killer live song.

“New last jam” fonde un riffing alla Led Zeppelin con melodie particolarmente felici, non manca ovviamente un magnifico solo centrale; ma è “Montain song” il secondo high light del cd, anche questa volta i paragoni con “The extremist” si sprecano, non mancano del resto i riferimenti a “Flying in a blue dream”, ascoltare per credere. Rilassiamoci con l’allegro blues di “Hill groove” per passare all’ennesimo masterpiece che risponde al nome di “The traveller” introdotto da una ritmica quasi fusion che lascia spazio ad un’inciso (strumentale s’intende) di raro gusto e sensibilità…. Da avere a tutti i costi! Chitarristi e non….
Umberto Sartini



www.perrisrecords.com



 

ROXX
"Diamonds & Rust"
Perris Records - 2002

Non è affatto facile fare una recensione quando non si ha nessuna nota di copertina, ma solo un CD promozionale con i titoli dei brani, e anche se ho cercato di documentarmi su questo quintetto di New York, mi è stato praticamente impossibile trovare delle notizie in quell'immensa fonte di informazioni che è internet.

percui vado subito al sodo parlandovi di questo "Diamond & Rust", disco composto da 13 brani registrati tra il 1985 e il 1989 dal vocalist George Hall, dal chitarristi Franky Novello e Randi Ferri, dal bassista Mark Skovran e dal batterista Marko Soccoli dove il gruppo ci propone il suo party rock nato dall'influenze di KISS e AEROSMITH e portato avanti da gruppi come POISON, MOTLEY CRUE e RATT.

Dalla prima traccia alla sei è un vero e proprio orgasmo di cori e ritmiche sculettanti come nella song d'apertura intitolata "Breakdown" dove il five-pieces suona come i CATS IN BOOTS, invece "Better Of Dead", "Too Little Too Late", "Rockin' In The City", "Lickity Split" e "Rock Steady" condensano D'MOLLS con il gruppo di Stephen Pearcy.
"Hot Sweet" è una classica hair metal song partorita dall'amore per i MOTLEY CRUE, "Kidz Rock" mescola BULLETBOYS e POISON mentre "For You" è un bel lento con la voce di George Hall che scimmiotta quella di Vince Neil.
Moreno Lissoni



cflorido@hotmail.com



 

CHRIS
“Take Me Away”
Autoproduzione - 2002

Mini CD acustico per Christian, mente, braccia e palle del fanclub italiano dei 69 Eyes.
Chitarra e voce, il nostro amico ci racconta un po’ di sè, con semplicità e trasporto, un po’ alla maniera di Tyla, assieme ai Quireboys e naturalmente ai Dogs fonte di ispirazione per il rocker romano. Nessun orpello, una registrazione volutamente scarna ed essenziale, 3 pezzi di rock’n’roll introspettivo color rosso vinaccia.

“I don’t Wish to be a Star” ci ricorda quanto sia importante avere vicino qualcuno che ti vuole bene, è al di fuori dei riflettori che siede la felicità. “Gipsy of Life” è un piccolo tributo ai Doors e Jim Morrison, vecchio amore di Chris, ma direi che il cantato “sciamanico” e la citazione di “Break on Through” non lasciano spazio a dubbi!
“Take me Away”, davvero ben riuscita, chiude il CD e saluta tutti gli amici conosciuti viaggiando attraverso l’Europa, compresi coloro che Chris, da buon rocker, ha derubato sul treno! Scherzo!

Insomma, si tratta di un esordio interessante anche se ancora un po’ acerbo: sono sicuro che una produzione migliore (io avrei abbassato e “limato” un po’ la chitarra…) e soprattutto un po’ più di varietà in sede di arrangiamenti si possano fare passi avanti. Una doverosa tirata d’orecchie invece per il packaging davvero troppo “casereccio”! Hey Chris, sarà una mia impressione ma la foto in copertina mi ricorda la posa di Jussi in “Bump’n’Grind”!!!! Good luck
Simone Parato



www.tommylee.tv



 

TOMMY LEE
"Never dull a Moment"

MCA - 2002

Messi da parte, speriamo per sempre, i Methods of Mayhem, ecco che il nostro Tommy “T-Bone” Lee si riaffaccia sul mercato discografico con il suo primo cd solista ufficiale.
Che dire..... la produzione è eccezionale, affidata tra l’altro a Scott Humphrey, già producer dei White Zombie, ma le composizioni rasentano la banalità più disarmante.

“Never dull a moment” altro non è che un continuo groove infarcito di chitarre ultra pesanti e inserti elettronici, mentre il drumming di Tommy è talmente filtrato e triggerato da renderlo a volte difficilmente distinguibile tra loops e drummachines vari.
Un cyber metal dunque, che molto deve ad acts quali Ministry, Marylin Manson e White Zombie, appunto, ma privo a mio avviso di quella componente che ha reso importanti e riconoscibili le bands sopracitate, ovvero la Canzone. E’ infatti la vena melodica a mancare completamente in “Never...”sebbene il povero Tommy ci voglia convincere di saper scrivere delle ballads degne di tale nome dando luogo ad imbarazzanti pastrocchi come “Hold me down”, di cui potete vedere il video nella traccia multimediale, “Ashamed” o “Blue”, che molto mi ha ricordato i Crue periodo Corabi.

Per il resto vedo “Never...” particolarmente adatto ad essere suonato in un qualche club alternativecyborgnuindustrialmetalcore, dove sicuramente riscuoterebbe un gran successo, mentre a Tommy consiglierei vivamente... bravi! Mi avete letto nel pensiero!
Umberto Sartini



www.kju-music.de
www.cmm-online.de



 

KJU
"Draw Lines on"

SWELL KREEK RECORDS 2002

Devo ammettere di aver avuto non pochi dubbi nell’inserire, o meno, la recensione di “Draw lines on” all’interno di un portale come Slam, sì perché la musica proposta da questo 4 pieces di Hannover è quanto mai distante da certe sonorità hard rock ottantiane, et similia, a cui Slam è devoto. Purtuttavia sempre di hard rock si occupano i nostri Kju, e sebbene nella loro press kit si parli di un non meglio identificato “traditional, modern, grooving, EMO, heavy-rock”, lasciamo per una volta da parte etichette e catalogazioni varie e occupiamoci della qualità del prodotto in sé.

Il trait d’union che lega le composizioni contenute in “Draw lines on” è sicuramente una rimarchevole pesantezza ed agilità del guitar working affiancate da melodie vocali ora particolarmente cupe e decadenti, ora anthemiche e dinamiche.
“Iodine” ha il compito di aprire le danze con un riffing dall’incedere molto intrigante, “Draw the lines” mi ha ricordato nella strofa i Placebo, subito messi da parte con un urlatissimo inciso, mentre con “Eclipse” ci troviamo senza dubbio di fronte al momento migliore dell’intero platter, una sorta di incrocio tra Creed e Linkin Park che se usufruisse di un adeguato airplay riscuoterebbe di certo grande successo.
Il resto del cd prosegue mantenendosi su ottimi livelli qualitativi come l’ipnotica “Your merit” o “Bliss” che mette tra l’altro in evidenza un puntualissimo drumming ad opera di Peter Klapproth.

Un cd, in definitiva, sicuramente non per gli incalliti die hard fans dell’AOR o dell’ FM Rock ma per tutti coloro in grado di apprezzare la musica senza paraocchi e inutili sovrastrutture.
Umberto Sartini



www.dokken.net



 

DOKKEN
"Long Way Home"

2002 Sanctuary Records/Audioglobe

Long way home” apre un nuovo capitolo degli storici Dokken, aprendo dunque anche un nuovo capitolo nella vita di tutti i loro fans.
Curioso all’ennesima potenza di come potesse essere questo nuovo lavoro, mi son gettato a capofitto sul loro nuovo full-lenght, assaporandone tutta l’energia e la melodia da essi scaturita.

Già, perché anche di melodia si tratta. Negli ultimi due lavori dei Dokken era chiara l’intenzione di tener alto il nome gettandosi sul modernismo e quindi cercandosi un posto nella nicchia dei veterani degli eighties. Ebbene, fallita la loro missione, ci hanno riprovato quest’anno, in compagnia di John Norum (ex Europe e già chitarrista di Don solista – nda), Barry Sparks che sostituisce egregiamente jeff Pilson e lo storico Mick Brown alle pelli. I dieci pezzi presenti si allontanano molto dalle ultime loro produzioni, pur mantenendo un suono abbastanza in linea col presente. La melodia appare più insita nelle composizioni e ci lascia stupefatti nelle ballads ben riuscite che portano i nomi di “Goodbye my friend”, “There was a time” e l’ultima “I’ve found”. Tre ballads dal sapore retrò che lanciano un Don rinnovato nelle aree più intimiste toccate nella loro storia. L’energia non manca di certo e la opener “Sunless days”, in compagnia della nona “Under the gun”, riallacciano quanto fatto in passato al presente con sempre viva la voglia di spaccare i timpani con riff pesanti e ritmi taglienti.
Strane invece, alle mie orecchie, alcune songs dal sapore zeppelliniano come “Little girl” e “Heart full of soul”, senza contare la bella “Everybody needs” che sembra appartenere al filone modernista dei Bon Jovi.

Dieci canzoni che ripercorrono l’attuale voglia di vivere del rinato Don che, in compagnia anche di Kelly Keeling, scrive liriche apprezzabilissime dal popolo rockettaro che non ha mai smesso di sperare nelle qualità di questo singer monocorde che, a modo suo, ha tenuto alto il nome del Class Rock e Pop Metal del decennio ottanta.
Al missaggio Michael Wagener, un nome una garanzia.
Consigliato ai fans più accaniti.
Marco Paracchini



www.crystall-ball.ch



 

CRYSTALL BALL
“Virtual Empire”
2002 Nuclear Blast/Audioglobe

Gli elvetici C.B. sembra non vogliano saperne di star fermi a guardare I loro colleghi svizzeri (Gotthard e Shakra), lanciandosi in un terzo full-lenght molto potente e diretto che credo dia un po’ di confusione ai loro fans.
Abbandonate le sonorità hard rock già dal secondo disco, questi cinque capelloni si lanciano in un class metal incline ai passaggi speed, senza comunque dimenticare il loro esordio e, quindi, la melodia. Tommy Newton (ex Victory) ormai lanciatosi in veste di produttore da diversi anni, accompagna la squadra elvetica al loro terzo contributo al metal ma senza cogliere un punto in comune tra i dodici brani presenti.

Confusi su quale strada intraprendere, la band si lancia in disperate canzoni eguali ai GAMMA RAY o percependo al minimo storico, qualche battuta di riffoni rubati ai loro connazionali GOTTHARD. Un lavoro che qualitativamente può pretendere qualche punto positivo ma che nella originalità lascia un po’ a desiderare. Il singer Mark Sweeney abbandona la voce stridula per cimentarsi in alcuni acuti che spesso imbrocca con qualche sbavatura, cercando di scopiazzare l’ex ugola d’oro degli HELLOWEEN (vedere “Am I free?”). Il chitarrista Scott Leach non riceve più molta sintonia tra le sue emozioni e le sue dita, dandoci in pasto bei solos ma riff piuttosto ripetitivi e noiosi.

Scelta anche una grafica spaziale che poco c’entra con la loro proposta, credo proprio che con questo cd il loro numero di vendite si abbasserà progressivamente o, magari, si rialzerà con l’aiuto di pre-adolescenti che cercano in ogni disco una sinfonia metal piuttosto che speed, per apparire più forti e più grezzi agli occhi degli altri.
Deludente alle mie orecchie, potrebbe magari essere esaltante alle Vostre.
Ascoltare prima dell’acquisto!
Marco Paracchini





 

101 SOUTH
“Roll of the Dice”
2002 Atenzia Records/Frontiers records

L’abile tastierista Roger Scott Craig produce un altro disco dei suoi 101 South, cercando di dare per certo che la loro coerenza all’insegna dell’Adult Oriented Rock, non cesserà mai. Assoldato sempre il grande singer Gregory Lynn Hall, ci vengono “donate” 11 canzoni dal sapore dei primissimi eighties’, quando SURVIVOR, ASIA e STARSHIPS davano il meglio della loro energia.

Purtoppo, l’unica nota stonata dell’intero album, è forse il missaggio che, in sparuti momenti, fa rilevare una netta differenza di registrazione tra un brano ed un altro. Superato questo ostacolo, le undici tracce ultra melodiche sapranno coinvolgerVi. Gli spazi, le armonie, i testi e il pathos che rappresentano questi due personaggi, sono invidiabili, anche per la loro cultura musicale che non vuole cedere al mercato odierno.

Dopo le fortunate vendite e le ottime votazioni ricevute da tutte le riviste del settore (nazionali ed estere) per il primo loro Lp, forse ci si aspettava qualcosa di più ma, certi brividi vengono lo stesso, solo per il coinvolgimento che la calda e roca voce di Gregory ci dona.
Chiamati alcuni musicisti a sorreggere tutto il lavoro, il cd presenta anche venature blues, mai entrate in scena prima di oggi (nel loro background artistico, intendo – nda). “Get up and go” ne rappresenta l’esempio lampante, dando prova che anche l’AoR si può ben amalgamare con altre filosofie musicali.
Lavoro non ottimale e, senza dubbio, inferiore al precedente disco d’esordio ma comunque, un ottimo investimento per la vostra fonoteca!
Marco Paracchini




 

WASP
"Dying for the world"

Metal-is (Sanctuary Records) 2002

Tornano i WASP!!! Si parte con "Shadow man"... apertura al'insegna di quello che sarà il riff portante di tutto il brano; cupo, cattivo, quasi una preparazione ad una esplosione di rabbia che si manifesta puntuale nel ritornello. La voce di Blackie è incisiva e i commenti sussurrati durante alcuni momenti di apparente stasi ricordano molto la malvagità di cui era permeato l'oscuro KFD...una vera killer trak!! Il suono è un perfetto incrocio tra Kfd e gli ultimi "Helldorado" - "Unholy terror"; gli inserimenti di Roberts (nuova chitarra) sono molto interessanti, si integrano bene senza disturbare l'andamento del brano e il solo, nonostante la semplicità, mi pare molto incisivo...del tutto simile a quanto avrebbe potuto proporre l'ex- Chris Holmes.
Non c'è tempo di riprendersi ed ecco partire "My wicked Heart", gemella bastarda di quel capolavoro che è "Cocaine Cowboys"; Blackie scatena l'inferno e la sezione ritmica lo asseconda in pieno con quel martellare tipico del basso di Mike Duda; buoni i cori e la ripresa delle urla di Blackie in una tonalità più alta sono da brivido!!! Il solo è una cavalcata metal che ricorda "Headless Children" ma senza i richiami "maideniani" della seconda.
Veniamo poi ad "Hallowed Ground" forse l'unica degna erede della leggendaria "Sleeping in the fire": una partenza con un arpeggio lento come nei momenti più riflessivi di "Crimson", il basso che fa capolino giusto per dettare la tonalità, la voce pulita... poi tutto sfocia in un urlo di disperazione che non può passare inosservato dopo i disastrosi eventi dei mesi scorsi; il solo, di nuovo indovinato, ricalca quello di Bob Kulic in "The Idol".
Irrompe "Hell for eternity", presentata da Blackie con un irriverente "1-2 fuck you!!"; atmosfera "Helldorado" con tanto di urletti, anche se il ritornello è un po' tirato per i capelli...una vocina mi sussurra "Saturday night cockfight"; non mi sembra un pezzo irresistibile...
E' la volta di "Stone cold killer": pezzo minaccioso, ritornello in pieno WASP stile; compare anche l'Hammond a cementarne la struttura. Per sonorità e impatto lo accosterei a"Goodbye America" del sottovalutato "Still not Black..."
A ruota segue "Revengeance (be thy name)" che si presenta con un riff pesante inserito su un inizio alla"Chainsaw Charlie"; veramente sinistro lo stacco in cui ritorna l'Hammond e si insinua la voce vendicativa del vecchio Blackie; l'assolo è di nuovo molto coinvolgente, anche se ha un sapore già sentito...
"Trail of tears" non è altro che una nuova "Charisma"che contribuisce a mio parere ad abbassare i toni di un disco sin qui piuttosto incisivo...la successiva" Black bone torso" appesantisce la situazione oltremodo; è una via di mezzo tra gli episodi più lenti e pachidermici di Kfd e Charisma, con la chitarra di Roberts che tesse un solo continuo come sottofondo. Gradevole, corto (2':30") e probabilmente ideale se sostituito alla traccia precedente anzichè essere accostato...
Siamo all'epilogo!!! Puntuale "Rubberman" si apre con un riff tipo "sega elettrica", strumento gradito da Lawless; spariscono Hammond e parti acustiche. Solo due chitarre, batteria, basso, tanto volume e quella voce maleducata, disperata e rabbiosa che tanto ci piace!! Torna la sezione ritmica martellante, sostenuta dal metronomo Banali, gli accordi sono lasciati andare liberi durante il refrain come nella migliore tradizione dei "Sexual perverts" (qualcuno ha detto "School daze"??). L'ultima traccia è la versione acustica di "Sleeping in the...oooppss!!! volevo dire di "Hallowed ground"...
Insomma, un degno finale per un disco che, partito veramente bene, conosce solo un paio di tonfi, mantenendosi nel complesso all'altezza delle aspettative. Dopo 20 anni la rabbia oltraggiosa degli esordi rimane intatta e a tratti è addirittura più intensa; il grande pregio è che viene
convogliata verso tematiche di un certo spessore. Intelligenza, coerenza col proprio passato e nessun compromesso con le mode.
Vincenzo Santoleri

www.69eyes.com
www.pariskills.com



 

THE 69 EYES
"Paris Kills"

Roadrunner Records - 2002

Oramai lo sanno anche le suore di clausura: i 69 Eyes si sono dimenticati di essere uno dei più seducenti diamanti grezzi della scena rock scandinava di metà anni 90. Anzi, voglio dirvi una cosa: quando ancora I BACKYARD BABIES stavano cercando le droghe e gli accordi giusti per quella bomba che è "Total 13", I 69ers se ne erano già usciti con 2 dischi pazzeschi come "Savage Garden" e "Wrap Your Troubles in Dreams"… e tutti a urlare come psychopatici che erano "the real thing". Poi l'infatuazione goth, e il voltagabbana fino a rifiutarsi persino di suonare il vecchio materiale, con buona pace dei vecchi fan e il visibile godimento delle gothic girls della porta accanto. Sarà perché sono ancora affezionato (romantic fool!!) alle sensazioni che mi ha regalato anni fa questa band, o perché oggi è un mercoledì di Giugno freddo e piovoso che di estivo ha ben poco, ma ho deciso di comprarmelo lo stesso 'sto CD, so let's the music do the talkin'.

Imbarazzante, non mi viene in mente parola migliore… ma come si fa a iniziare tutte e 10 le songs con un pianoforte che puzza di PARADISE LOST d'annata? E, please, avrò anche il cervello spappolato dai micidiali coca & rhum del buon Carlo ma a me quel riff sembra di averlo già sentito in dodici canzoni dei DEPECHE MODE… e, mon Dieu (si scriverà così? boh…), ma che razza di porcheria è "Dance D'Amour"?? Ok, "Crashing High" è caruccia, e ha anche un bel testo… ma dopo un paio di ascolti ho già la certezza che questo album finirà presto di girare nel mio lettore. 10 canzoni di manierismo gotico decisamente easy listening, insomma, una ottima colonna sonora mentre siete impegnati a imparare il Padre Nostro al contrario. Ma cazzo, basta guardare la foto - imbarazzante anche questa, e sowwwy se mi ripeto - all'interno del booklet per capire tutto: questi finlandesi nerovestiti sono vecchi e stanchi. E io sono stanco di sentire minchiate del genere. Se proprio volete sputtanare un po' di Euro cercatevi questo disco i prossimi giorni nelle bancarelle dell'usato qui a Torino, oppure - venghino signori venghino!! - imbustate i soldini al sottoscritto: mi impegno a realizzare i vostri sogni più reconditi consegnandovi una preziosa bottiglia dell'elisir che ha reso così dannatamente sexy gli STIKKI FIKK. Oh Yeah.
Simone "Christ Right Hand" Parato

www.poisonweb.com



 

POISON
"Hollyweird"
Cyanide Records - 2002

Chi non attendeva in nuovo lavoro dei Poison con il rientrante CC DeVille?
Chi non si è mai interrogato su cosa avrebbero proposto musicalmente i Poison nel 2002?

Dopo questi interrogativi finalmente ho avuto una risposta e ne sono rimasto molto contento perché fortunatamente ci troviamo di fronte ad un disco dei POISON che, non sarà uno delle loro migliori produzioni, ma come ho appena detto: è un disco dei POISON!
Il lavoro del funanbolico chitarrista si fa sentire subito dalle prime note della title-trak, dove il suono di chitarra è quasi metal, ma il cantato è dannamente Poison-style, segue il primo singolo, la cover degli WHO "Squeezy Box", ma sinceramente preferisco la versione dei ROXY BLUE. "Shooting Star" e "Wasteland" sembrano uscite dalle jam session di "Flesh & Blood", invece "Whishful Thinkin'" ha molto del Bret Michaels solista, mentre "Get 'Ya Some" sembra la nuova versione di "Uskinny Bop".

Inevitabili gli accostamenti di "Emperor's New Clothes" e "Livin' In The Now" con i SAMANTHA 7, grazie ad un sound molto attuale e che il nuovo pubblico di teenager non disdegnerebbe, discorso inverso per "Devil Woman" classico brano di scuola Poison-iana con tanto di armonica.
"Stupid,Stoned & Dumb" è spettacolare! Una canzone che dopo 30 secondi ti ha già preso e che non ti mollerà più, ascoltare per credere! Siamo alla fine ed ecco arrivare le due versioni di "Home", un brano quasi punkeggiante interpretato rispettivamente da Bret e CC (il testo cantato dal frontman davvero geniale!) e la bonus track di "Rockstar" che molti di voi avranno già potuto scaricare dal loro sito.
Per concludere un ritorno decisamente positivo, che ha molte pecche in fase di produzione, ma che sono sicuro renderà molto da vivo!
Moreno Lissoni

Ed eccoci ad una recensione di non facile fattura.
Il cd dei Poison è forse l'icona musicale che tutti i glamsters e rockers attendevano con trepidazione.
Dopo lo scialbo e modernista "Power to the people", Bret e soci si cimentano nuovamente in 12 pezzi di sano rock 'n' roll, non dimenticando comunque qualche sprazzo di nu-rock.
"Hollyweird" comporta, oltre ad un doveroso acquisto anche, ahimè, una doverosa recensione all'altezza. Credo che chiunque dello staff di SLAM! sia rimasto con la voglia tra le dita di pigiare i tasti del proprio pc ed inviare una review coi fiocchi ma… con una certa fifa.
Ebbene, con orgoglio, fifa ed emozione mi cimento nel dire ciò che penso di questo nuovo lavoro.

I Poison sono rimasti i Poison che avremmo voluto da sempre riascoltare. Le canzoni sono tutte col marchio di fabbrica di C.C. e del loro easy-style nell'arrangiare pezzi che parlano di donne, vita vissuta e storia… insomma, un cd ascoltabile, un cd che potrebbe rappresentare il vero seguito di "Look what the cat dragged in" con qualche kilo in più, vista l'età dei non più giovani VELENO.
Tutti i pezzi sono come una colonna sonora per qualche festa in riva al mare e, brani come "Shooting Star", "Devil Woman" e la stessa "Hollyweird" fanno il loro effetto al nostro non più abituato sistema cerebrale.
La voce di Bret è sempre la stessa, la sei corde di C.C. è tornata a tuonare come un tempo, le braccia di Rikki danno il loro contributo e le dita roventi di Bobby firmano il basso più caliente dell'estate.
Tutte le carte sono in regola perché i Vostri portafogli si possano aprire a questo che definirei un evento di non poca importanza.
I Poison sono tornati. Basta questo, no?
Non aggiungo altro.
Marco Paracchini


get.to/sonicboomboys




 

SONIC BOOM BOYS
"Generation 3"
Org Records - 2001

Dalle strade di Londra ecco arrivare questi Sonic Boom Boys capitanati dal vocalist Geoff Starr che i fedelissimi lettori di SLAM! hanno già avuto modo di conoscere grazie ai reportage di Cristina.

Prendete i BACKYARD BABIES, mischiateli con un pò di HANOI ROCKS e aggiungetevi un pizzico di FASTER PUSSYCAT, otterrete il sound di questo "Generation 3", un album di dieci pezzi, un concentrato di sleazy r'n'r da capogiro in cui il gruppo inglese dimostra di saper scrivere degli ottimi pezzi come nella già nota "Cheap'N'Nasty R'n'R" e in "You Ain't No Star" e "Ain't Gonna Bring Us Down" dove il Dregen sound la fa da padrone. Il MICHAEL MONROE solista si fa sentire nella stupenda "Rocket Boy" e in "Skull City", mentre è proprio la sua band madre a far capolino tra una song e l'altra, provate ad ascoltare ad esempio "Suicide"...

Non manca la cover, ed ecco la versione punk r'n'r di "C'mon Everybody" che suggella la buona prova del quartetto londinese con un disco che si fa apprezzare sin dal primo ascolto e che difficilmente toglierete dal vostro lettore!
Moreno Lissoni


www.tokendirect.com



 

TOKEN
"Tomorrowland"
2002 MTM / Frontiers Rec.

Rocciosi ma inclini alla melodia, questi giovanissimi TOKEN giungono dalla scuderia della ormai famosa MTM. I cinque rockettari del nord Europa ci danno dentro e vogliono far capire chi essi siano e cosa essi vogliano dal pubblico. I riff di chitarra sono forti e ben sostenuti dalla parte ritmica che non perde mai un colpo.

Tra i PANGEA, TEN e DAMNED NATION, questi ragazzi sfornano 12 pezzi al limite dell'energia rock con spunti classicheggianti e melodie barocche che ricordano, a volte, l'abile mano di John Sykes.
Le parti vocali sono curate dal singer H.B. Anderson che, nonostante la giovane età, sa destreggiarsi tra i riff al fulmicotone, cercando di imitare, in sparuti casi, l'abile ugola di David Coverdale.

"Tomorrowland" rappresenta un buon inizio per questo progetto e credo che non avranno problemi a riavere una seconda chance da parte della MTM, in quanto sicuri di se e molto attenti agli arrangiamenti. Niente di nuovo, certo ma tutto fatto con estrema fede al rock che fu.
Un dischetto che non sfigurerebbe tra gli altri nomi illustri della Vostra fonoteca.
Marco Paracchini




 

TOTAL STRANGERS
"Obsession"
2002 Escape Music / Frontiers Rec.

Acquistati senza sapere nulla, sono stato colto da una piacevole sorpresa; due cd al prezzo di uno.
I cinque membri di questa band si cimentano in un melodic rock d'altri tempi, dando ampio spazio alle parti ritmiche curate dal leader della band, Andre Pelletier, abile six-strings' man.

"Obsession" è formato da dieci pezzi molto ben delineati tra loro e smistati in modo pressoché perfetto. La seconda traccia (omonima al titolo dell'album) del cd pensavo fosse interpretata dagli WINGER ma, andato a controllare sul booklet, mi sono accorto di essere in errore. Ma non è l'unico esempio poiché anche "Rising sun" comporta una leggera eguaglianza ai sopraccitati. Il sound è molto ben rappresentato a livello strutturale ma la produzione risente di qualche missaggio non sempre all'altezza. In "Erotic" sembra che i LED ZEPPELIN e Kip Winger si siano trovati nello studio nello stesso istante. La ballad del full-lenght è riservata alla pianistica ed acustica "Mistaken ways" che sembra sempre essere un pezzo tra gli WINGER ed i DARE.

Il bonus cd raccoglie invece 13 tracce e credo rappresenti il disco d'esordio che non ha mai visto la luce. Il prodotto risale alla fine del 1996 ed il sound è molto più incline al class rock della seconda metà degli anni ottanta. Anche qui la produzione è abbastanza buona ma non assume forti tonalità espressive. Le qualità delle canzoni sono nella media e, la sperimentazione di assemblaggio tra il rock zeppeliniano ed ottantiano non è così presente come nel nuovo loro cd.
Posso solo consigliarVi di farci un pensierino se il prezzo esposto non è una ladrata. In fondo in fondo so che tra questi 20 pezzi troverete anche pane per i Vostri denti.
Marco Paracchini


www.ronnynorth.com



 

NORTH
"North"

NBN Records -2002

Ritorna il chitarrista californiano Ronny North già presentatosi lo scorso anno ai lettori italiani con un intervista e ora fuori con un Ep di 5 brani all'insegna di un gradevole melodic rock a stelle e strisce, in cui la chitarra e i cori fanno da colonne portanti.
Il mainstream rock di "All She Ever Wanted" apre dignitosamente il lavoro, ma è con la seguente "Inside Outside" che si alza il livello grazie al buon guitar work di North ed un coro di facile presa. Con "Young And Free" si viaggia su territori prettamente da party melodic metal a-là DANGER DANGER, ma è con il class metal di "Love You Better Than Before", che si raggiunge il picco più alto del CD.

Stilisticamente il four-pieces potrebbe essere accostato a gruppi come SLYBOYZ o ai primi WHITE LION, percui se siete degli amanti di queste sonorità non disdegnerete il lavoro della band americana.
Moreno Lissoni

top

---- by Slam! Production® 2001/2007 ----