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L.A. GUNS
“Waking The Dead”
2002
– Spitfire
Hey, bitch is back in
town: gli LA Guns sono tornati con le unghie più
che mai affilate, e sono decisi a piantarvele nella
carne! Messo da parte il mood rilassato di “Man
on the Moon”, questo nuovo “Waking the
Dead” si colloca idealmente a cavallo tra l’oscura
malizia di “Hollywood Vampires” e la cattiveria
metallica di “Vicious Circle”. Tracii
è il solito monello metallaro, e scommetto
che nell’intro dell’opener “Don’t
Look At Me That Way” si diverte come un matto
a fare il verso a un guitar lick a caso degli…
IRON MAIDEN! Quando Phil attacca
a cantare l’alchimia è perfetta e definitiva,
e i brividi incominciano a rincorrersi sulla pelle.
La title track incomincia
con un riff lento pesante come un Tir, per poi trasformarsi
in una sassaiola impazzita, e la successiva “Revolution”
è, ehm, 110% LA Guns, melodica e trascinante,
sorretta da un chorus killer. Non può mancare
il lentone, mica a caso intitolato “The Ballad”
(!), ma le corde vocali di Phil Lewis possono trasformare
in oro anche gli stornelli di uno scalcagnato coro
parrocchiale, e se a ciò aggiungiamo i solos
ispirati di Tracii Guns... beh, devo aggiungere altro?
I veri rockers sono bastardi
dentro, per cui “Psychopatic Eyes”, dal
tiro quasi hardcore, ruggisce assassina come una custom
car cromata, mentre le conclusive “City Of Angels”
(vi basta se dico che è bellissima??) e “Don’t
You Cry” mettono il sigillo a un gran bel disco,
segno che ci sono ancora grandi band che sanno risorgere
dalle proprie ceneri (io i dischi senza Phil Lewis
non li ho nemmeno ascoltati!!!) e, senza tanti giri
di parole, spaccare il culo! Ok, Let’s Roll
Simone Parato
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FRONTLINE
“Against the world”
2002
Point Music / AOR Heaven / Warner-Chappel / Frontiers
Rec.
Dopo diverso tempo dedicato
al “silenzio” i teutonici Frontline ritornano
con un disco interamente prodotto, elaborato e mixato
dal chitarrista e fondatore Robert Boebel.
Le coordinate seguite dai quattro melodic-rockers
sono sempre direzionate nella schiera dei fedelissimi
dell’AoR. Sprazzi di energia à là
JADED HEART compaiono nel pezzo d’apertura
“Against the world” ma, è la voce
di Stephan Kaemmerer a dettare legge e quindi, melodie
su melodie, si termina per aprire in una canzone davvero
retrò, “My destiny” con una tastiera
cadenzata che ricorda gli ASIA o
i primissimi lavori dei BON JOVI.
Si prosegue con “Lightining
eyes” e “Time stood still” che sottolineano
l’attaccamento affettivo a questo genere duro
a morire. “I don’t know” e “Man
with a broken heart”, oltre ad essere molto
old-style, hanno in comune il significato dei testi,
centrato sui classici problemi di cuore che ogni rocker,
almeno una volta nella vita, ha provato. Leggera e
scaltra è “One night” che scivola
via leggera in un sound debitore ai BAD ENGLISH,
per non parlare di “You should know me”
che pare essere stata scritta dai FAIR WARNING
più melodici. Tastiere, riff mielosi e testi
d’amore, sono la prospettiva di “Don’t
break my pride”, sorta di mid-time “rubata”
agli SHERIFF.
Si chiude con “Change his life” sempre
sotto il segno dell’AoR degli anni ottanta,
dove DIVING FOR PEARLS e ALIEN
sembrano essersi mischiati per l’occasione.
Insomma, tanta melodia,
tante tastiere e tanti luoghi comuni legati ai classici
testi d’amore. I Frontline ci riprovano e riescono
anche stavolta ad ammaliare il pubblico più
melodico. Forse, se mi è permesso fare una
critica, la voce è troppo effettata e, talvolta,
il mixaggio risente di suoni troppo pastosi, riducendo
così l’attenzione dell’ascoltatore.
I tedeschi sono sempre in prima fila e, pure stavolta,
sembra non cedere nemmeno questo luogo comune…loro
sanno amare e suonare tale genere…bisognerà
farcene una ragione!
Marco Paracchini
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THE MANGES
"’R’ Good Enough"
2001
– Stardumb Records
Aloha from Las Pezia!
Dopo i PEAWEES, recensiti qualche
tempo fa, è per me un vero piacere parlarvi
di un’altra band della west coast italica, THE
MANGES, anch’essi accasati presso la Stardumb
Records. ‘R’ Good Enough, dopo una lunga
gavetta di singoli, split e compilation è il
primo vero e proprio album del gruppo ligure, attivo
sin dal 1993.
Registrato a NY e prodotto
da Guru Kowalski, il platter presenta 12 pezzi di
three-chords punk rock molto gradevoli suonati a tutta
birra con attitudine e perizia. Illustri gli ospiti:
Mike Hoffman (ex VACANT LOT), Steve
Boltz, Joe King (THE QUEERS) e Kitty
dei KOWALSKIS, che presta la sua
voce nella cover di CYNDI LAUPER
“The Goonies ‘R’ Good Enough”.
L’opener “I’m
a Monkey” mi ricorda molto le prime cose dei
SOCIAL DISTORTION, con un testo pazzoide
à-la RAMONES, principale influenza
della punk band nostrana, innamorata dell’immaginario
50’s, di Elvis e di Happy Days. E più
ascolto questo CD è più mi convinco
che andrebbe suonato in un bel Juke Box vintage, magari
nel locale di Alfred!
I pezzi si susseguono l’uno dopo l’altro
urgenti e dinamitardi, superando raramente i 3 minuti,
e inanellano riff scuoti chiappe a go-go, e vi assicuro
che dal vivo sono davvero irresistibili! Tra le mie
preferite, oltre alla già citata “I’m
a Monkey”, ci metto “Blame Game”,
“Miss Evil”, “Elvis Has Left The
Building” e “Rumble In Chinatown”,
anche se tutte le song sono di ottima qualità
e meritano di essere ascoltate, magari in una spensierata
corsa verso il mare!
So bene che questo gruppo,
come molte altre band che scelgo di recensire, è
un ascolto un po’ distante dalla maggior parte
delle cose trattate in Slam!, ma mi auguro che non
vi lasciate scappare questo disco, del resto se vi
piacciono ‘BABIES, GLUECIFER, AMERICAN
HEARTBREAK, DONNAS, STP & Co. non avete
davvero scuse!!
Simone Parato
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SILENT RAGE
“Still alive”
2002 Z Records / Le energie
Impreparato a contenere
una tale emozione, alla notizia che i S.R. erano ormai
ritornati, mi sono lanciato come un fulmine dal mio
negoziante di fiducia. Ansioso non vedevo l’ora
di raggiungere lo stereo di casa mia. Getto via le
mie cose, mi precipito in camera e immetto il succoso
Cd nell’Hi-Fi.
Mi aspetta così
un lungo viaggio e si presenta da subito bello, visto
che ad aprire le danze è “I’m still
alive”, un bel pezzo sullo stile dei WHITE
SNAKE d’un tempo. La seconda traccia
non tradisce le alte aspettative e, firmata da Dianne
Warren, “Unchained” ripercorre fedele
le coordinate dei S.R. lasciati ormai 13 anni fa!
La terza e semi-acustica traccia si intitola “Whiskey
woman” e, sorpassata abbastanza celermente,
si giunge al pezzo “cool” dell’intero
album, forse singolo d’altri tempi e sicuro
hit da infarto: “Livin’ for the moment”.
Il pezzo esalta le capacità dichiaratamente
easy-listening dei quattro americani, che non cedono
certo alle mode, dandoci in pasto una song piena di
cori trascinanti e riff potenti quanto basta. E’
forse un loro vecchio pezzo? Penso di sì, un
testo simile pare esageratamente “fuori luogo”
per degli ultra-quarantenni quali ormai rappresentano,
ma a noi va bene ugualmente…non ci limitiamo
a certe cose. Si prosegue con la settantiana “At
my command” che dà luce a nuove direzioni
hard&heavy della band. E’ poi il turno della
cover “Is it my body”, riesumazione di
uno dei primissimi pezzi di Alice Cooper, quando ancora
non era un fenomeno da grand-guignol.
Ballad retrò e
senza troppe innovazioni alla carta, ecco apparire
“When the night is over”, altro brano
dalle possibili influenze del tempo che fu lasciando
poi spazio alla mediocre “The hunger”
ove la masterizzazione non pare equilibrata col resto
dell’album. Si continua a rockare che è
un piacere con “Remember me” che pare,
credetemi, una sorta di mix tra ciò fatto da
BILLY IDOL e gli ultimi BON
JOVI. Chiude il full-lenght il pezzo “I’m
back”, insipido e debole quanto basta per rovinare
il come-back di questo gruppo. Registrato in cantina
e riproposto, forse, per riempire, il pezzo non chiude
il lavoro perché ci pensa la ghost-track “Whiskey
woman” che è esattamente uguale alla
terza traccia…non ho ancora capito l’utilità…pensavo
almeno avessero cambiato alcune note, invece nulla
di tutto ciò...boh, forse è stato un
errore.
Band spettacolare
ai tempi, appare un po’ goffa ai giorni nostri,
contando anche il fatto che pantaloni attillati e
fisic du role non appartengono più a loro,
ma solo al loro passato.
Triste a dirsi ma, le foto, dimostrano l’amara
verità.
Un album che sarebbe passato inosservato se solo la
band avesse avuto altri componenti, quindi…beh,
fate i doverosi calcoli col vostro “sentimentalismo”
nei confronti di questi rocciosi e simpatici SILENT
RAGE!
Marco Paracchini
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THE SONG RAMONES THE SAME
A Tribute To The Ramones
2002
– White Jazz
I RAMONES hanno esordito
nel 1974 e da allora hanno segnato la storia del rock’n’roll,
influenzando generazioni di gruppi anche molto diversi
tra loro (ma in fondo chi non ama il quartetto newyorkese?).
Se, qualche anno dopo e oltre oceano, i SEX
PISTOLS davano una immagine scioccante e
caricaturale del punk per poi svanire malamente, mentre
i CLASH bruciavano la propria ansia
creativa andando oltre i confini dei 3-chords in 5
dischi (non considero certo “Cut The Crap”
un disco dei Clash!) epocali, i fratellini sono sempre,
testardamente, rimasti uguali a se stessi per più
di trent’anni. Mi piace immaginare i RAMONES
come quattro monelli scazzati vestiti con chiodo e
blue jeans strappati che non vogliono proprio saperne
di crescere, un po’ come sono stati splendidamente
immortalati nella pellicola “Rock’nRoll
Highschool”, trash-college movie spassosissimo,
una sorta di “Animal House” in versione
punk.
Interessante dunque l’iniziativa
dell’etichetta svedese, che rende omaggio alla
band mettendo assieme gruppi più e meno famosi
della scena rock odierna. Tra le band meno conosciute
un plauso va alle SAHARA HOTNIGHTS
(che al concerto di Biella dello scorso anno hanno
messo in ombra le ben più conosciute, e cicciottelle,
DONNAS) che aprono il CD con una
versione al fulmicotone di “Rockaway Beach”,
e ai MARYSLIM, presenti con “I
Believe In Miracles”. Per quanto riguarda le
band più blasonate, buone le song di D.A.D
e HELLACOPTERS e molte fedeli le
versioni di DICTATORS e SATOR,
mentre riescono ancora a sorprendere i BACKYARD
BABIES con una versione stravolta e molto
bella di “Pet Semetary”. Le cover interpretate
da WHALE, WOLF e WAYNE KRAMER,
invece, mi fanno davvero schifo!
In chiusura di CD mi rende molto felice trovare JESSE
MALIN, singer dei mai troppo rimpianti D-GENERATION,
che canta la struggente “Questioningly”.
Gabba gabba hey Joey n Dee Dee. RIP
Simone Parato
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www.valensia.com
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VALENSIA
“Blue Album”
Avalon/Marquee - 2002
Dopo un anno di silenzio
dovuto a quanto pare alla decisione di abbandonare
l’attività di musicista, a causa dello
scarso interesse dimostrato dall’industria discografica
nei suoi confronti, torna sulle scene Valensia, che
con la sua prima omonima release, solo in Giappone
uscì con il titolo “Gaia”, diede
alle stampe il cd che sta in vetta alla mia classifica
personale di sempre.
Sono passati 9 anni da
allora, ma è evidente come le coordinate stilistiche
entro cui si muove il polistrumentista olandese siano
rimaste inalterate. Il suo come-back reca il titolo
“Blue Album”, e finalmente dopo la mezza
delusione di “Gaia II” e dell’ ep
“Luna Luna” sembra che il nostro Valens
abbia ritrovato un’ottima vena compositiva.
Lo si evince subito dall’opener “Mayte”
che mi ha riportato alla mente i momenti migliori
di “Kosmos” (sua seconda release).
“Hello pianist” e “Ishallah”
sembrano arrivate direttamente dal suo primo capolavoro
con i loro espliciti riferimenti a songs come “The
sun” e “Scarabouska”.
“The echo”
dà il titolo ad un bellissimo intro di piano
e archi, mentre con “Alyssa” si ha la
conferma di avere di nuovo un Valensia in stato di
grazia come non lo era dai tempi di “My heart
is in your hands” o “Bleeding”.
La prima vera novità compositiva la si ha con
“Life is a killer” che insieme a “The
line” viene apertamente dichiarato un amore
sviscerato per il pop anni’ 80 e soprattutto
per i Duran Duran, di cui, tra l’altro,
aveva coverizzato “A view to a kill” nell’ep
“The white album”. Si chiude con “Valensian
jazz” in cui la voce di Valensia, come in nella
song “Gaia”, sembra quella di una bambina
di 12 anni, voce resa ancora più dolce da una
melodia da sogno.
Purtroppo la copia promozionale
in mio possesso non mi permette di analizzare le liriche
di “Blue album”; altro aspetto da sempre
molto rilevante nelle composizioni “Valensiane”,
ricche di neologismi (T’kylah, agilar, agrata...
per citarne alcuni....) e di significati molto particolari.
Unica pecca dell’album è un eccessivo
uso di suoni campionati e sintetizzati, aspetto, tuttavia,
che per quanto mi riguarda nulla toglie alla mia più
totale ammirazione per questo incredibile musicista.
Ben tornato Valens!!!!
Umberto Sartini
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GEOFF TATE
“Geoff Tate”
Sanctuary - 2002
Considero i Queensryche
uno dei gruppi più intelligenti che il panorama
hard rock progressive abbia offerto negli ultimi 15/20
anni… ed è con grande entusiasmo che
accolgo questo primo solo album del singer Geoff Tate.
Qualcosa mi diceva che in questa sua prima avventura
solista Geoff avrebbe lasciato da parte le coordinate
stilistiche da lui offerte insieme alla band di Seattle,
così è stato.
A dimostrare ciò
sta, tra l’altro, il grande spazio concesso
all’elettronica, e lo si può subito sentire
in “Flood” track che apre le danze con
il suo incedere modernista con vaghe eco alla “Promised
Land”. E’ chiaro l’intento, da parte
di Geoff Tate di scrollarsi di dosso la nomea di metal
screamer, tuttavia la sua voce rimane sempre inconfondibile
sia se sorretta da groove lounge come quelli di "Forever”
o se inserita in una canzone come “Helpless”,
eccezionale pop song ottantiana con eleganti inserti
di chitarra classica.
“Every move we make”
mi ha ricordato molto Seal,a mio avviso uno dei più
grandi artisti di sempre, mentre in “other words”
la somiglianza vocale con David Bowie
si fa sentire come non mai. Finalmente un po’
di hard rock, mooolto alternativo sia chiaro…..
è infatti con “Off the TV” che
Geoff ci ricorda le sue origini, anche se molti puristi
intransigenti storceranno non poco il naso di fronte
al sound ultra modernista di questa song, stesso discorso
vale per “Grain of faith” dove l’elettronica
la fa da padrone.
Un album che richiede sicuramente più di un
ascolto per essere apprezzato appieno, ma soprattutto
occorre una discreta apertura mentale verso nuove
soluzioni musicali. Ragazzi siamo nel 2002…….
Umberto Sartini
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ACT
“IMAGINARY
FRIENDS”
MTM - 2001
Anche
se con un po’ di ritardo (li ho scoperti solo
ora) mi appresto a recensire questo ”Imaginary
friends” ad opera del quintetto svedese ACT.
Comincio col dire che per il sottoscritto questo “Imaginary…”
rappresenta una vera sorpresa, infatti gli ACT riescono
a fondere in maniera più che egregia le caratteristiche
stilistiche (perdonate la rima) di alcune delle realtà
musicali che amo di più, e mi riferisco agli
Harem Scarem (di “Voice
of Reason”), i TNT, Royal
Hunt e soprattutto l’immenso Valensia,
quest’ultimo, di cui sta per uscire il nuovo
cd, infatti rappresenta la maggiore fonte di ispirazione
per gli ACT.
Credo
che il cd in questione non abbia bisogno di essere
analizzato song by song, ma se amate le band sopracitate,
e in particolar modo Valensia non esitate ad acquistare
“Imaginary Friends” la cui forza, oltre
che nella proposta musicale, sta nella composizione
di songs mai scontate e caratterizzate da grandi melodie
sebbene sorrette da arrangiamenti a volte un po’troppo
barocchi o prolissi, inevitabili tuttavia se considerata
la forte componente progressive del cd.
Umberto Sartini
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HOLLYWOOD HAIRSPRAY
“Volume 1”
Perris Records - 2002
Grand bella compilation
quella fatta uscire dall'etichetta texana in cui raccoglie
14 artisti che non hanno mai sfondato, ma che si ostinano
a tenere alta la bandiera del LA metal.
Si parte alla grande con l'inedita "Backseat
Shake" dei PRETTY BOY FLOYD,
solito glam rock come Steve Summers ci ha sempre fatto
sentire, segue "Feel It" interpretata dai
RAZAMANAZ che se non sbaglio vedi
nelle sue fila membri di BRITNY FOX
e in effetti le influenze si sentono... Alla numero
3 triviamo i JETBOY con il coinvolgente
street glam di "Burning Down The Backroads",
mentre di seguito ci sono i NASTY IDOLS e
i grandi BIG BANG BABIES con "Heroes
For Sale" e "Lets Go".
"Kids In America"
sembra un'altra song dei FLOYD, ma
invece è il buon Alexxx con i suoi SHAMELESS
che si impossessano dello stereo, ma ecco che alla
7 arriva l'attesissimo KRISTY KRASH MAJORS
con il suo progetto solista che ci propone "Broken
Dreams" un mix tra la sua band madre, gli HANOI
ROCKS e i T-REX. L'ex-Tigertailz
STEEVI JAIMZ ci offre la graziosa
"Cat On A Hot Tin Roof", i CHERRY
STREET la superstradaiola "Hellraiser"
e i ROXX "Pint Of Blues",
uno dei brani migliori della compilation, glam rock'n'roll
d'altri tempi!!!
A chiudere il CD i miei beniamini, gli STAMPEDE
QUEEN con lo street r'n'r di "Woman
In The Fast Car", THE SCREAM CLAN con la rocciosa
"American Hair", i VAMP
con "Mispent Youth" e i coloratissimi SICK
SIX CRUSH con la PEPPERMINT CREEPSiana
"Problem".
Se siete stanchi delle solite raccolte dei dinosauri
degli 80's ecco un bel disco che portarà una
bell'ondata di freschezza!!
Moreno Lissoni
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STEVE VAI
“THE ELUSIVE LIGHT AND SOUND VOL. 1”
FAVOURED NATION - 2002
Esce per la Favoured Nations,
etichetta personale di Steve Vai, questo “The
elusive light and sound Vol.1” che altro non
è che la tanto attesa raccolta delle colonne
sonore realizzate dal dio delle 7 corde per alcuni
film come il celeberrimo Crossroads dove lo stesso
Steve recitava nei panni di un chitarrista demoniaco.
Con “Elusive…” ci troviamo di fronte
ad una compilazione particolarmente eterogenea dove
si alternano hard rock songs come la sensualissima
“Love blood” ispirata a Steve dalla lettura
di Intervista col Vampiro di Anne Rice a duelli chitarristici
all’ultimo sangue tratti appunto da “Cross
Roads”.
Dal film “Bill
and Ted’s Bogus Journey” (di cui
consiglio l’intera sound track con inediti di
Winger e Slaughter
tra gli altri….) viene ripresa “The Reaper”,
un vero massacro chitarristico, mentre molto divertenti
risultano essere le Van Haleniane
“Drive the hell out of here” e “Get
the hell out of here” tratte dal film Encino
man suonate tra l’altro da Greg Bissonette alla
batteria.
Discorso a parte va fatto per le 21 tracce che compongono
la ST del movie “CPU” (voi lo conoscete?….io
no), la cui durata media non supera il minuto scarso
e il cui senso compositivo mi è del tutto ignoto,
del resto credo sia difficile apprezzare a pieno dei
sottofondi muicali, come lo sono queste 21 mini composizioni,
senza poter vedere le immagini per cui sono stati
composti.
Solo per i più incalliti fan di Mr. Vai.
Umberto Sartini
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HARD KNOX
“Combat Alley”
Perris Records - 2002
Periodo di ristampe di
cult band per la Perris che è andata ha ripescare
il materiale di questo quartetto del Tennessee che
vedeva nella figura del vocalist Gene Hadley, leader
indiscusso del gruppo che da 1985 al 1989 produsse
un poker di album all'insegna di un glam metal molto
di moda in quei tempi.
Questa raccolta prevede
sette tracce estrapolate dalle loro uscite discografiche
(fuori solo su vinile!) con l'aggiunta di cinque bonus
track recuperate da vecchi demo e ora rimasterizzate,
ma con un suono ancora scadente. Fortunatamente avevo
già avuto modo di ascoltare qualche loro brano
dopo aver scaricato degli mp3 dal loro sito e mi fa
un'enorme piacere rivedermi su un CD song come "Love's
Out Of Season" perché mi balzano indietro
di 15 anni quando i CRUE e poi i
GUNS devastavano il Sunset con i
loro show.
Per farvi capire meglio
a quale tipo di band ci troviamo di fronte posso dire
che gli HARDKNOX recuperano la vena sleaze r'n'r dei
JETBOY ("Get Up") e la
uniscono allo street patinato dei RATT ("You're
Gonna Love It") confezionando delle buone canzoni
come il class-street di "Combat Alley",
la power ballad "Take It If You Want It"
o il glam metal di "Back Out In The Heat"
molto vicini ai primi MOTLEY CRUE.
Solo per gli amanti dell'hair metal-era!
Moreno Lissoni
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www.satriani.com
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JOE SATRIANI
“STRANGE BEAUTIFUL MUSIC”
SONY/EPIC 2002
Dopo il controverso “Engine
of creation”, che ha spiazzato non pochi ascoltatori
con il suo incedere forse esageratamente tecnologico
ed elettronico, il nostro Satch torna a farsi sentire
con questo “Strange beautiful music”….
e lo fa alla grande davvero con un album che gode
di un songwriting ispiratissimo, come non lo si sentiva
dai tempi dell’immenso “The Extremist”.
Ad accompagnare Joe in questo nuovo “guitar
trip” troviamo il fedelissimo drummer Jeff Campitelli
e Matt Bissonette al basso, mentre tra gli special
guest vanno citati Greg Bissonette alla batteria,
Robert Fripp alla chitarra e Pia Vai (moglie di un
certo Steve..) all’arpa.
Un oscro riff introduce
“Oriental melody”, titolo quantomai eloquente
per una song che fonde atmosfere orientali, per l’appunto,
melodie spettacolari e solos da brivido. Segue “Belly
Dancer” dove Satriani torna a rockare come solo
lui sa fare, la tecnica chitarrista è, manco
a dirlo, da brividi senza mai strafare ma sempre rispettando
un’ideale economia compositiva. “Starry
night” è una pregevole ballad tra l’elettrico
e l’unplugged mentre “Mind Storm”
dà il titolo al primo vero capolavoro contenuto
in “Strange..”, si tratta di una heavy
song resa ancora più potente dalla 7 corde
che dà origine ad un riff coinvolgente come
non mai, la parte solista è caratterizzata
da parti melodiche stratosferiche e sequenze di sweep
picking da manuale, una vera killer live song.
“New last jam”
fonde un riffing alla Led Zeppelin con melodie particolarmente
felici, non manca ovviamente un magnifico solo centrale;
ma è “Montain song” il secondo
high light del cd, anche questa volta i paragoni con
“The extremist” si sprecano, non mancano
del resto i riferimenti a “Flying in a blue
dream”, ascoltare per credere. Rilassiamoci
con l’allegro blues di “Hill groove”
per passare all’ennesimo masterpiece che risponde
al nome di “The traveller” introdotto
da una ritmica quasi fusion che lascia spazio ad un’inciso
(strumentale s’intende) di raro gusto e sensibilità….
Da avere a tutti i costi! Chitarristi e non….
Umberto Sartini
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www.perrisrecords.com
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ROXX
"Diamonds & Rust"
Perris
Records - 2002
Non è affatto facile
fare una recensione quando non si ha nessuna nota
di copertina, ma solo un CD promozionale con i titoli
dei brani, e anche se ho cercato di documentarmi su
questo quintetto di New York, mi è stato praticamente
impossibile trovare delle notizie in quell'immensa
fonte di informazioni che è internet.
percui vado subito
al sodo parlandovi di questo "Diamond &
Rust", disco composto da 13 brani registrati
tra il 1985 e il 1989 dal vocalist George Hall, dal
chitarristi Franky Novello e Randi Ferri, dal bassista
Mark Skovran e dal batterista Marko Soccoli dove il
gruppo ci propone il suo party rock nato dall'influenze
di KISS e AEROSMITH
e portato avanti da gruppi come POISON, MOTLEY
CRUE e RATT.
Dalla prima traccia alla
sei è un vero e proprio orgasmo di cori e ritmiche
sculettanti come nella song d'apertura intitolata
"Breakdown" dove il five-pieces suona come
i CATS IN BOOTS, invece "Better
Of Dead", "Too Little Too Late", "Rockin'
In The City", "Lickity Split" e "Rock
Steady" condensano D'MOLLS con
il gruppo di Stephen Pearcy.
"Hot Sweet" è una classica hair metal
song partorita dall'amore per i MOTLEY CRUE,
"Kidz Rock" mescola BULLETBOYS
e POISON mentre "For You"
è un bel lento con la voce di George Hall che
scimmiotta quella di Vince Neil.
Moreno Lissoni
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cflorido@hotmail.com
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CHRIS
“Take Me Away”
Autoproduzione - 2002
Mini CD acustico per Christian,
mente, braccia e palle del fanclub italiano dei 69
Eyes.
Chitarra e voce, il nostro amico ci racconta un po’
di sè, con semplicità e trasporto, un
po’ alla maniera di Tyla, assieme
ai Quireboys e naturalmente ai Dogs
fonte di ispirazione per il rocker romano. Nessun
orpello, una registrazione volutamente scarna ed essenziale,
3 pezzi di rock’n’roll introspettivo color
rosso vinaccia.
“I don’t Wish
to be a Star” ci ricorda quanto sia importante
avere vicino qualcuno che ti vuole bene, è
al di fuori dei riflettori che siede la felicità.
“Gipsy of Life” è un piccolo tributo
ai Doors e Jim Morrison,
vecchio amore di Chris, ma direi che il cantato “sciamanico”
e la citazione di “Break on Through” non
lasciano spazio a dubbi!
“Take me Away”, davvero ben riuscita,
chiude il CD e saluta tutti gli amici conosciuti viaggiando
attraverso l’Europa, compresi coloro che Chris,
da buon rocker, ha derubato sul treno! Scherzo!
Insomma, si tratta di
un esordio interessante anche se ancora un po’
acerbo: sono sicuro che una produzione migliore (io
avrei abbassato e “limato” un po’
la chitarra…) e soprattutto un po’ più
di varietà in sede di arrangiamenti si possano
fare passi avanti. Una doverosa tirata d’orecchie
invece per il packaging davvero troppo “casereccio”!
Hey Chris, sarà una mia impressione ma la foto
in copertina mi ricorda la posa di Jussi in “Bump’n’Grind”!!!!
Good luck
Simone Parato
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www.tommylee.tv
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TOMMY LEE
"Never dull a Moment"
MCA - 2002
Messi da parte, speriamo
per sempre, i Methods of Mayhem, ecco che il nostro
Tommy “T-Bone” Lee si riaffaccia sul mercato
discografico con il suo primo cd solista ufficiale.
Che dire..... la produzione è eccezionale,
affidata tra l’altro a Scott Humphrey, già
producer dei White Zombie, ma le
composizioni rasentano la banalità più
disarmante.
“Never dull a moment”
altro non è che un continuo groove infarcito
di chitarre ultra pesanti e inserti elettronici, mentre
il drumming di Tommy è talmente filtrato e
triggerato da renderlo a volte difficilmente distinguibile
tra loops e drummachines vari.
Un cyber metal dunque, che molto deve ad acts quali
Ministry, Marylin Manson e White
Zombie, appunto, ma privo a mio avviso di
quella componente che ha reso importanti e riconoscibili
le bands sopracitate, ovvero la Canzone. E’
infatti la vena melodica a mancare completamente in
“Never...”sebbene il povero Tommy ci voglia
convincere di saper scrivere delle ballads degne di
tale nome dando luogo ad imbarazzanti pastrocchi come
“Hold me down”, di cui potete vedere il
video nella traccia multimediale, “Ashamed”
o “Blue”, che molto mi ha ricordato i
Crue periodo Corabi.
Per il resto vedo “Never...”
particolarmente adatto ad essere suonato in un qualche
club alternativecyborgnuindustrialmetalcore, dove
sicuramente riscuoterebbe un gran successo, mentre
a Tommy consiglierei vivamente... bravi! Mi avete
letto nel pensiero!
Umberto Sartini
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www.kju-music.de
www.cmm-online.de
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KJU
"Draw Lines on"
SWELL KREEK RECORDS 2002
Devo ammettere di aver
avuto non pochi dubbi nell’inserire, o meno,
la recensione di “Draw lines on” all’interno
di un portale come Slam, sì perché la
musica proposta da questo 4 pieces di Hannover è
quanto mai distante da certe sonorità hard
rock ottantiane, et similia, a cui Slam è devoto.
Purtuttavia sempre di hard rock si occupano i nostri
Kju, e sebbene nella loro press kit si parli di un
non meglio identificato “traditional, modern,
grooving, EMO, heavy-rock”, lasciamo per una
volta da parte etichette e catalogazioni varie e occupiamoci
della qualità del prodotto in sé.
Il trait d’union
che lega le composizioni contenute in “Draw
lines on” è sicuramente una rimarchevole
pesantezza ed agilità del guitar working affiancate
da melodie vocali ora particolarmente cupe e decadenti,
ora anthemiche e dinamiche.
“Iodine” ha il compito di aprire le danze
con un riffing dall’incedere molto intrigante,
“Draw the lines” mi ha ricordato nella
strofa i Placebo, subito messi da
parte con un urlatissimo inciso, mentre con “Eclipse”
ci troviamo senza dubbio di fronte al momento migliore
dell’intero platter, una sorta di incrocio tra
Creed e Linkin Park
che se usufruisse di un adeguato airplay riscuoterebbe
di certo grande successo.
Il resto del cd prosegue mantenendosi su ottimi livelli
qualitativi come l’ipnotica “Your merit”
o “Bliss” che mette tra l’altro
in evidenza un puntualissimo drumming ad opera di
Peter Klapproth.
Un cd, in definitiva,
sicuramente non per gli incalliti die hard fans dell’AOR
o dell’ FM Rock ma per tutti coloro in grado
di apprezzare la musica senza paraocchi e inutili
sovrastrutture.
Umberto Sartini
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www.dokken.net
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DOKKEN
"Long Way Home"
2002 Sanctuary Records/Audioglobe
“Long way home”
apre un nuovo capitolo degli storici Dokken, aprendo
dunque anche un nuovo capitolo nella vita di tutti
i loro fans.
Curioso all’ennesima potenza di come potesse
essere questo nuovo lavoro, mi son gettato a capofitto
sul loro nuovo full-lenght, assaporandone tutta l’energia
e la melodia da essi scaturita.
Già, perché
anche di melodia si tratta. Negli ultimi due lavori
dei Dokken era chiara l’intenzione di tener
alto il nome gettandosi sul modernismo e quindi cercandosi
un posto nella nicchia dei veterani degli eighties.
Ebbene, fallita la loro missione, ci hanno riprovato
quest’anno, in compagnia di John Norum (ex Europe
e già chitarrista di Don solista – nda),
Barry Sparks che sostituisce egregiamente jeff Pilson
e lo storico Mick Brown alle pelli. I dieci pezzi
presenti si allontanano molto dalle ultime loro produzioni,
pur mantenendo un suono abbastanza in linea col presente.
La melodia appare più insita nelle composizioni
e ci lascia stupefatti nelle ballads ben riuscite
che portano i nomi di “Goodbye my friend”,
“There was a time” e l’ultima “I’ve
found”. Tre ballads dal sapore retrò
che lanciano un Don rinnovato nelle aree più
intimiste toccate nella loro storia. L’energia
non manca di certo e la opener “Sunless days”,
in compagnia della nona “Under the gun”,
riallacciano quanto fatto in passato al presente con
sempre viva la voglia di spaccare i timpani con riff
pesanti e ritmi taglienti.
Strane invece, alle mie orecchie, alcune songs dal
sapore zeppelliniano come “Little girl”
e “Heart full of soul”, senza contare
la bella “Everybody needs” che sembra
appartenere al filone modernista dei Bon Jovi.
Dieci canzoni che ripercorrono
l’attuale voglia di vivere del rinato Don che,
in compagnia anche di Kelly Keeling,
scrive liriche apprezzabilissime dal popolo rockettaro
che non ha mai smesso di sperare nelle qualità
di questo singer monocorde che, a modo suo, ha tenuto
alto il nome del Class Rock e Pop Metal del decennio
ottanta.
Al missaggio Michael Wagener, un
nome una garanzia.
Consigliato ai fans più accaniti.
Marco Paracchini
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www.crystall-ball.ch
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CRYSTALL BALL
“Virtual Empire”
2002 Nuclear Blast/Audioglobe
Gli elvetici C.B. sembra
non vogliano saperne di star fermi a guardare I loro
colleghi svizzeri (Gotthard e Shakra), lanciandosi
in un terzo full-lenght molto potente e diretto che
credo dia un po’ di confusione ai loro fans.
Abbandonate le sonorità hard rock già
dal secondo disco, questi cinque capelloni si lanciano
in un class metal incline ai passaggi speed, senza
comunque dimenticare il loro esordio e, quindi, la
melodia. Tommy Newton (ex Victory)
ormai lanciatosi in veste di produttore da diversi
anni, accompagna la squadra elvetica al loro terzo
contributo al metal ma senza cogliere un punto in
comune tra i dodici brani presenti.
Confusi su quale strada
intraprendere, la band si lancia in disperate canzoni
eguali ai GAMMA RAY o percependo
al minimo storico, qualche battuta di riffoni rubati
ai loro connazionali GOTTHARD. Un
lavoro che qualitativamente può pretendere
qualche punto positivo ma che nella originalità
lascia un po’ a desiderare. Il singer Mark Sweeney
abbandona la voce stridula per cimentarsi in alcuni
acuti che spesso imbrocca con qualche sbavatura, cercando
di scopiazzare l’ex ugola d’oro degli
HELLOWEEN (vedere “Am I free?”).
Il chitarrista Scott Leach non riceve più molta
sintonia tra le sue emozioni e le sue dita, dandoci
in pasto bei solos ma riff piuttosto ripetitivi e
noiosi.
Scelta anche una grafica
spaziale che poco c’entra con la loro proposta,
credo proprio che con questo cd il loro numero di
vendite si abbasserà progressivamente o, magari,
si rialzerà con l’aiuto di pre-adolescenti
che cercano in ogni disco una sinfonia metal piuttosto
che speed, per apparire più forti e più
grezzi agli occhi degli altri.
Deludente alle mie orecchie, potrebbe magari essere
esaltante alle Vostre.
Ascoltare prima dell’acquisto!
Marco Paracchini
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101 SOUTH
“Roll of the Dice”
2002 Atenzia Records/Frontiers records
L’abile tastierista
Roger Scott Craig produce un altro disco dei suoi
101 South, cercando di dare per certo che la loro
coerenza all’insegna dell’Adult Oriented
Rock, non cesserà mai. Assoldato sempre il
grande singer Gregory Lynn Hall, ci vengono “donate”
11 canzoni dal sapore dei primissimi eighties’,
quando SURVIVOR, ASIA e STARSHIPS
davano il meglio della loro energia.
Purtoppo, l’unica
nota stonata dell’intero album, è forse
il missaggio che, in sparuti momenti, fa rilevare
una netta differenza di registrazione tra un brano
ed un altro. Superato questo ostacolo, le undici tracce
ultra melodiche sapranno coinvolgerVi. Gli spazi,
le armonie, i testi e il pathos che rappresentano
questi due personaggi, sono invidiabili, anche per
la loro cultura musicale che non vuole cedere al mercato
odierno.
Dopo le fortunate vendite
e le ottime votazioni ricevute da tutte le riviste
del settore (nazionali ed estere) per il primo loro
Lp, forse ci si aspettava qualcosa di più ma,
certi brividi vengono lo stesso, solo per il coinvolgimento
che la calda e roca voce di Gregory ci dona.
Chiamati alcuni musicisti a sorreggere tutto il lavoro,
il cd presenta anche venature blues, mai entrate in
scena prima di oggi (nel loro background artistico,
intendo – nda). “Get up and go”
ne rappresenta l’esempio lampante, dando prova
che anche l’AoR si può ben amalgamare
con altre filosofie musicali.
Lavoro non ottimale e, senza dubbio, inferiore al
precedente disco d’esordio ma comunque, un ottimo
investimento per la vostra fonoteca!
Marco Paracchini
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WASP
"Dying for the world"
Metal-is (Sanctuary Records) 2002
Tornano i WASP!!! Si parte
con "Shadow man"... apertura al'insegna
di quello che sarà il riff portante di tutto
il brano; cupo, cattivo, quasi una preparazione ad
una esplosione di rabbia che si manifesta puntuale
nel ritornello. La voce di Blackie è incisiva
e i commenti sussurrati durante alcuni momenti di
apparente stasi ricordano molto la malvagità
di cui era permeato l'oscuro KFD...una vera killer
trak!! Il suono è un perfetto incrocio tra
Kfd e gli ultimi "Helldorado" - "Unholy
terror"; gli inserimenti di Roberts (nuova chitarra)
sono molto interessanti, si integrano bene senza disturbare
l'andamento del brano e il solo, nonostante la semplicità,
mi pare molto incisivo...del tutto simile a quanto
avrebbe potuto proporre l'ex- Chris Holmes.
Non c'è tempo di riprendersi ed ecco partire
"My wicked Heart", gemella bastarda di quel
capolavoro che è "Cocaine Cowboys";
Blackie scatena l'inferno e la sezione ritmica lo
asseconda in pieno con quel martellare tipico del
basso di Mike Duda; buoni i cori e la ripresa delle
urla di Blackie in una tonalità più
alta sono da brivido!!! Il solo è una cavalcata
metal che ricorda "Headless Children" ma
senza i richiami "maideniani" della seconda.
Veniamo poi ad "Hallowed Ground" forse l'unica
degna erede della leggendaria "Sleeping in the
fire": una partenza con un arpeggio lento come
nei momenti più riflessivi di "Crimson",
il basso che fa capolino giusto per dettare la tonalità,
la voce pulita... poi tutto sfocia in un urlo di disperazione
che non può passare inosservato dopo i disastrosi
eventi dei mesi scorsi; il solo, di nuovo indovinato,
ricalca quello di Bob Kulic in "The Idol".
Irrompe "Hell for eternity", presentata
da Blackie con un irriverente "1-2 fuck you!!";
atmosfera "Helldorado" con tanto di urletti,
anche se il ritornello è un po' tirato per
i capelli...una vocina mi sussurra "Saturday
night cockfight"; non mi sembra un pezzo irresistibile...
E' la volta di "Stone cold killer": pezzo
minaccioso, ritornello in pieno WASP stile; compare
anche l'Hammond a cementarne la struttura. Per sonorità
e impatto lo accosterei a"Goodbye America"
del sottovalutato "Still not Black..."
A ruota segue "Revengeance (be thy name)"
che si presenta con un riff pesante inserito su un
inizio alla"Chainsaw Charlie"; veramente
sinistro lo stacco in cui ritorna l'Hammond e si insinua
la voce vendicativa del vecchio Blackie; l'assolo
è di nuovo molto coinvolgente, anche se ha
un sapore già sentito...
"Trail of tears" non è altro che
una nuova "Charisma"che contribuisce a mio
parere ad abbassare i toni di un disco sin qui piuttosto
incisivo...la successiva" Black bone torso"
appesantisce la situazione oltremodo; è una
via di mezzo tra gli episodi più lenti e pachidermici
di Kfd e Charisma, con la chitarra di Roberts che
tesse un solo continuo come sottofondo. Gradevole,
corto (2':30") e probabilmente ideale se sostituito
alla traccia precedente anzichè essere accostato...
Siamo all'epilogo!!! Puntuale "Rubberman"
si apre con un riff tipo "sega elettrica",
strumento gradito da Lawless; spariscono Hammond e
parti acustiche. Solo due chitarre, batteria, basso,
tanto volume e quella voce maleducata, disperata e
rabbiosa che tanto ci piace!! Torna la sezione ritmica
martellante, sostenuta dal metronomo Banali, gli accordi
sono lasciati andare liberi durante il refrain come
nella migliore tradizione dei "Sexual perverts"
(qualcuno ha detto "School daze"??). L'ultima
traccia è la versione acustica di "Sleeping
in the...oooppss!!! volevo dire di "Hallowed
ground"...
Insomma, un degno finale per un disco che, partito
veramente bene, conosce solo un paio di tonfi, mantenendosi
nel complesso all'altezza delle aspettative. Dopo
20 anni la rabbia oltraggiosa degli esordi rimane
intatta e a tratti è addirittura più
intensa; il grande pregio è che viene
convogliata verso tematiche di un certo spessore.
Intelligenza, coerenza col proprio passato e nessun
compromesso con le mode.
Vincenzo Santoleri
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www.69eyes.com
www.pariskills.com
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THE 69 EYES
"Paris Kills"
Roadrunner Records - 2002
Oramai
lo sanno anche le suore di clausura: i 69 Eyes si
sono dimenticati di essere uno dei più seducenti
diamanti grezzi della scena rock scandinava di metà
anni 90. Anzi, voglio dirvi una cosa: quando ancora
I BACKYARD BABIES stavano cercando le droghe
e gli accordi giusti per quella bomba che è
"Total 13", I 69ers se ne erano già
usciti con 2 dischi pazzeschi come "Savage
Garden" e "Wrap Your Troubles in
Dreams"
e tutti a urlare come psychopatici
che erano "the real thing". Poi l'infatuazione
goth, e il voltagabbana fino a rifiutarsi persino
di suonare il vecchio materiale, con buona pace dei
vecchi fan e il visibile godimento delle gothic girls
della porta accanto. Sarà perché sono
ancora affezionato (romantic fool!!) alle sensazioni
che mi ha regalato anni fa questa band, o perché
oggi è un mercoledì di Giugno freddo
e piovoso che di estivo ha ben poco, ma ho deciso
di comprarmelo lo stesso 'sto CD, so let's the music
do the talkin'.
Imbarazzante, non mi viene
in mente parola migliore
ma come si fa a iniziare
tutte e 10 le songs con un pianoforte che puzza di
PARADISE LOST d'annata? E, please, avrò
anche il cervello spappolato dai micidiali coca &
rhum del buon Carlo ma a me quel riff sembra di averlo
già sentito in dodici canzoni dei DEPECHE
MODE
e, mon Dieu (si scriverà così?
boh
), ma che razza di porcheria è "Dance
D'Amour"?? Ok, "Crashing High" è
caruccia, e ha anche un bel testo
ma dopo un
paio di ascolti ho già la certezza che questo
album finirà presto di girare nel mio lettore.
10 canzoni di manierismo gotico decisamente easy listening,
insomma, una ottima colonna sonora mentre siete impegnati
a imparare il Padre Nostro al contrario. Ma cazzo,
basta guardare la foto - imbarazzante anche questa,
e sowwwy se mi ripeto - all'interno del booklet per
capire tutto: questi finlandesi nerovestiti sono vecchi
e stanchi. E io sono stanco di sentire minchiate del
genere. Se proprio volete sputtanare un po' di Euro
cercatevi questo disco i prossimi giorni nelle bancarelle
dell'usato qui a Torino, oppure - venghino signori
venghino!! - imbustate i soldini al sottoscritto:
mi impegno a realizzare i vostri sogni più
reconditi consegnandovi una preziosa bottiglia dell'elisir
che ha reso così dannatamente sexy gli STIKKI
FIKK. Oh Yeah.
Simone "Christ Right Hand"
Parato
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www.poisonweb.com
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POISON
"Hollyweird"
Cyanide Records - 2002
Chi non attendeva in nuovo
lavoro dei Poison con il rientrante CC DeVille?
Chi non si è mai interrogato su cosa avrebbero
proposto musicalmente i Poison nel 2002?
Dopo questi interrogativi
finalmente ho avuto una risposta e ne sono rimasto
molto contento perché fortunatamente ci troviamo
di fronte ad un disco dei POISON che, non sarà
uno delle loro migliori produzioni, ma come ho appena
detto: è un disco dei POISON!
Il lavoro del funanbolico chitarrista si fa sentire
subito dalle prime note della title-trak, dove il
suono di chitarra è quasi metal, ma il cantato
è dannamente Poison-style, segue il primo singolo,
la cover degli WHO "Squeezy Box",
ma sinceramente preferisco la versione dei ROXY
BLUE. "Shooting Star" e "Wasteland"
sembrano uscite dalle jam session di "Flesh
& Blood", invece "Whishful Thinkin'"
ha molto del Bret Michaels solista, mentre "Get
'Ya Some" sembra la nuova versione di "Uskinny
Bop".
Inevitabili gli accostamenti
di "Emperor's New Clothes" e "Livin'
In The Now" con i SAMANTHA 7, grazie ad
un sound molto attuale e che il nuovo pubblico di
teenager non disdegnerebbe, discorso inverso per "Devil
Woman" classico brano di scuola Poison-iana con
tanto di armonica.
"Stupid,Stoned & Dumb" è spettacolare!
Una canzone che dopo 30 secondi ti ha già preso
e che non ti mollerà più, ascoltare
per credere! Siamo alla fine ed ecco arrivare le due
versioni di "Home", un brano quasi punkeggiante
interpretato rispettivamente da Bret e CC (il testo
cantato dal frontman davvero geniale!) e la bonus
track di "Rockstar" che molti di voi avranno
già potuto scaricare dal loro sito.
Per concludere un ritorno decisamente positivo, che
ha molte pecche in fase di produzione, ma che sono
sicuro renderà molto da vivo!
Moreno Lissoni
Ed
eccoci ad una recensione di non facile fattura.
Il cd dei Poison è forse l'icona musicale che
tutti i glamsters e rockers attendevano con trepidazione.
Dopo lo scialbo e modernista "Power to the
people", Bret e soci si cimentano nuovamente
in 12 pezzi di sano rock 'n' roll, non dimenticando
comunque qualche sprazzo di nu-rock.
"Hollyweird" comporta, oltre ad un
doveroso acquisto anche, ahimè, una doverosa
recensione all'altezza. Credo che chiunque dello staff
di SLAM! sia rimasto con la voglia tra le dita di
pigiare i tasti del proprio pc ed inviare una review
coi fiocchi ma
con una certa fifa.
Ebbene, con orgoglio, fifa ed emozione mi cimento
nel dire ciò che penso di questo nuovo lavoro.
I Poison sono rimasti
i Poison che avremmo voluto da sempre riascoltare.
Le canzoni sono tutte col marchio di fabbrica di C.C.
e del loro easy-style nell'arrangiare pezzi che parlano
di donne, vita vissuta e storia
insomma, un
cd ascoltabile, un cd che potrebbe rappresentare il
vero seguito di "Look what the cat dragged
in" con qualche kilo in più, vista
l'età dei non più giovani VELENO.
Tutti i pezzi sono come una colonna sonora per qualche
festa in riva al mare e, brani come "Shooting
Star", "Devil Woman" e la stessa "Hollyweird"
fanno il loro effetto al nostro non più abituato
sistema cerebrale.
La voce di Bret è sempre la stessa, la sei
corde di C.C. è tornata a tuonare come un tempo,
le braccia di Rikki danno il loro contributo e le
dita roventi di Bobby firmano il basso più
caliente dell'estate.
Tutte le carte sono in regola perché i Vostri
portafogli si possano aprire a questo che definirei
un evento di non poca importanza.
I Poison sono tornati. Basta questo, no?
Non aggiungo altro.
Marco Paracchini
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get.to/sonicboomboys
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SONIC BOOM BOYS
"Generation 3"
Org Records - 2001
Dalle strade di Londra
ecco arrivare questi Sonic Boom Boys capitanati dal
vocalist Geoff Starr che i fedelissimi lettori di
SLAM! hanno già avuto modo di conoscere grazie
ai reportage di Cristina.
Prendete i BACKYARD
BABIES, mischiateli con un pò di HANOI
ROCKS e aggiungetevi un pizzico di FASTER PUSSYCAT,
otterrete il sound di questo "Generation 3",
un album di dieci pezzi, un concentrato di sleazy
r'n'r da capogiro in cui il gruppo inglese dimostra
di saper scrivere degli ottimi pezzi come nella già
nota "Cheap'N'Nasty R'n'R" e in "You
Ain't No Star" e "Ain't Gonna Bring Us Down"
dove il Dregen sound la fa da padrone. Il MICHAEL
MONROE solista si fa sentire nella stupenda "Rocket
Boy" e in "Skull City", mentre è
proprio la sua band madre a far capolino tra una song
e l'altra, provate ad ascoltare ad esempio "Suicide"...
Non manca la cover, ed
ecco la versione punk r'n'r di "C'mon Everybody"
che suggella la buona prova del quartetto londinese
con un disco che si fa apprezzare sin dal primo ascolto
e che difficilmente toglierete dal vostro lettore!
Moreno Lissoni
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www.tokendirect.com
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TOKEN
"Tomorrowland"
2002 MTM / Frontiers Rec.
Rocciosi
ma inclini alla melodia, questi giovanissimi TOKEN
giungono dalla scuderia della ormai famosa MTM. I
cinque rockettari del nord Europa ci danno dentro
e vogliono far capire chi essi siano e cosa essi vogliano
dal pubblico. I riff di chitarra sono forti e ben
sostenuti dalla parte ritmica che non perde mai un
colpo.
Tra i PANGEA,
TEN e DAMNED NATION, questi ragazzi
sfornano 12 pezzi al limite dell'energia rock con
spunti classicheggianti e melodie barocche che ricordano,
a volte, l'abile mano di John Sykes.
Le parti vocali sono curate dal singer H.B. Anderson
che, nonostante la giovane età, sa destreggiarsi
tra i riff al fulmicotone, cercando di imitare, in
sparuti casi, l'abile ugola di David Coverdale.
"Tomorrowland"
rappresenta un buon inizio per questo progetto e credo
che non avranno problemi a riavere una seconda chance
da parte della MTM, in quanto sicuri di se e molto
attenti agli arrangiamenti. Niente di nuovo, certo
ma tutto fatto con estrema fede al rock che fu.
Un dischetto che non sfigurerebbe tra gli altri nomi
illustri della Vostra fonoteca.
Marco Paracchini
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TOTAL
STRANGERS
"Obsession"
2002 Escape Music / Frontiers Rec.
Acquistati
senza sapere nulla, sono stato colto da una piacevole
sorpresa; due cd al prezzo di uno.
I cinque membri di questa band si cimentano in un
melodic rock d'altri tempi, dando ampio spazio alle
parti ritmiche curate dal leader della band, Andre
Pelletier, abile six-strings' man.
"Obsession"
è formato da dieci pezzi molto ben delineati
tra loro e smistati in modo pressoché perfetto.
La seconda traccia (omonima al titolo dell'album)
del cd pensavo fosse interpretata dagli WINGER
ma, andato a controllare sul booklet, mi sono accorto
di essere in errore. Ma non è l'unico esempio
poiché anche "Rising sun" comporta
una leggera eguaglianza ai sopraccitati. Il sound
è molto ben rappresentato a livello strutturale
ma la produzione risente di qualche missaggio non
sempre all'altezza. In "Erotic" sembra che
i LED ZEPPELIN e Kip Winger si siano
trovati nello studio nello stesso istante. La ballad
del full-lenght è riservata alla pianistica
ed acustica "Mistaken ways" che sembra sempre
essere un pezzo tra gli WINGER ed i DARE.
Il bonus cd raccoglie
invece 13 tracce e credo rappresenti il disco d'esordio
che non ha mai visto la luce. Il prodotto risale alla
fine del 1996 ed il sound è molto più
incline al class rock della seconda metà degli
anni ottanta. Anche qui la produzione è abbastanza
buona ma non assume forti tonalità espressive.
Le qualità delle canzoni sono nella media e,
la sperimentazione di assemblaggio tra il rock zeppeliniano
ed ottantiano non è così presente come
nel nuovo loro cd.
Posso solo consigliarVi di farci un pensierino se
il prezzo esposto non è una ladrata. In fondo
in fondo so che tra questi 20 pezzi troverete anche
pane per i Vostri denti.
Marco Paracchini
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www.ronnynorth.com
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NORTH
"North"
NBN Records -2002
Ritorna il chitarrista
californiano Ronny North già presentatosi lo
scorso anno ai lettori italiani con un intervista
e ora fuori con un Ep di 5 brani all'insegna di un
gradevole melodic rock a stelle e strisce, in cui
la chitarra e i cori fanno da colonne portanti.
Il mainstream rock di "All She Ever Wanted"
apre dignitosamente il lavoro, ma è con la
seguente "Inside Outside" che si alza il
livello grazie al buon guitar work di North ed un
coro di facile presa. Con "Young And Free"
si viaggia su territori prettamente da party melodic
metal a-là DANGER DANGER, ma è
con il class metal di "Love You Better Than Before",
che si raggiunge il picco più alto del CD.
Stilisticamente il four-pieces
potrebbe essere accostato a gruppi come SLYBOYZ
o ai primi WHITE LION, percui
se siete degli amanti di queste sonorità non
disdegnerete il lavoro della band americana.
Moreno Lissoni
top
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---- by Slam! Production® 2001/2007 ----
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