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HINDER
"Extreme
Behavior"
Universal - 2005
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Una delle soprese più piacevoli
di fine 2005 per il sottoscritto è stato l’esordio
di questo quintetto da Oklahoma City, arrivato al
contratto con una major come la Universal grazie ad
una manciata di pezzi davvero convincenti.
Leggendo la lista dei credits dell’album
si trovano Mike Fraser, Randy Staub e George Marino…
3 pezzi da novanta che da par loro hanno contribuito
a rendere il tutto molto interessante. Apro una parentesi:
il genere degli Hinder è per me difficilmente
catalogabile... si potrebbe parlare di modern-rock
con influenze eighties... oppure di arena rock con
sonorità moderne… anche se mi rendo conto
che la cosa migliore è ascoltare il tutto...
per non restare fuorviati da catalogazioni che trovano
il tempo che trovano.
Quello che è fuori di dubbio
è che gli Hinder sono una band con le idee
chiare e soprattutto con un cantante, Austin Winkler,
che impreziosisce i pezzi con una prestazione maiuscola.
“Get Stoned” apre l’album e non
per niente è stato scelto come primo singolo
dell’album, pezzo molto radiofonico, paragonabile
alle cose dei 3 Doors Down con quell’incedere
melodico/malinconico che ha fatto la fortuna della
band del Mississippi.“How Long” è
una delle song migliori dell’intero cd, coro
trascinante e riffone da highway ne fanno un manifesto
sonoro della nuova generazione di rockers d’oltreoceano,
doppiata da “Nothin’ Good About Goodbye”
potenziale hit-single da paura.
Non manca la ballata, “Better
Than Me” ricorda ancora 3 Doors Down
con un pizzico di Nickelback
ma è la traccia numero 7, “Room 21”
a svelare alcune delle influenze della band... infatti
il pezzo avrebbe potuto benissimo far parte del nuovo
album dei Silvertide tanto è
sguaiato nel suo incedere con un Austin Winkler sulle
orme di sua attitudine Josh Todd.
Chiudo segnalandovi “Homecoming
Queen”, altro mid-tempo da ascoltare a tutto
volume sulla vostra decappottabile in una afosa giornata
d’estate... e fa niente se fuori c’è
la neve... il merito degli Hinder è doppio
in questo caso.
Se lo avessi avuto prima il cd avrebbe sicuramente
meritato di figurare nella mia personale top-five
del 2005... date una possibilità al nuovo suono
proveniente dagli States, almeno in questo caso non
ve ne pentirete... e se ve lo dice un “vecchio”
rocker…
Federico Martinelli
top
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MACH 5
"Meet
Mach 5"
Lawless Records –
2005
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Torna alla carica uno dei migliori
frontman che il Rock’n’Roll abbia mai
avuto, nonché uno dei miei preferiti in assoluto,
Mr. “Cowboy” Mach Bell, e lo fa alla grande
chiamando a se tre dei migliori elementi della scena
di Boston (l’ex Real Kids Jimmy
Birmingham, batteria – l’ex Sugabomb
e The Johnnies Dee Stroy, chitarra
– Jeff Thomas, basso) per dar vita ai Mach 5,
sorta di “All-Star band” che, senza tanti
fronzoli, prende allegramente a calci in culo gran
parte delle bands in circolazione da un po’
di tempo a questa parte.
La cosa non sorprenderà di certo
chi conosce le gesta dei Thundertrain,
attivi per un’estemporanea reunion fino all’anno
scorso ed apparentemente archiviati, così come
non sorprenderà chi ha avuto il piacere di
ascoltare i The Johnnies del chitarrista Dee Stroy,
axeman veramente dotato e capace di sfornare riffs
“assassini” in ogni brano. La parola chiave
per definire i 4 ragazzacci è sempre e solo
una: Attitudine! Ne hanno da vendere ed hanno scelto
il mio modo preferito per farlo capire chiaramente:
non è Metal pur avendone la potenza ed a tratti
(perché no) la perizia tecnica, non è
Punk ma ha la carica oltraggiosa, la veemenza e l’urgenza
elementare di quei tre benedetti accordi, non è
Garage ma ne possiede genuinità e spirito (la
cover del Cd la dice lunga)… si signori, è
ancora e “solo” grande, abrasivo, fottuto
Rock’n’Roll!
Dieci pezzi per altrettanti “sganassoni”
dritti dritti sui vostri brutti ceffi, uno dietro
l’altro senza darvi respiro, ma - e qui si sentono
qualità, capacità ed esperienza –
senza perdere di vista melodia e refrain, che in alcuni
brani è assolutamente vincente. Caldo e roccioso
Hard’n’Roll nell’opener “Get
It Up” ed in “Kandyland”; torbido
Blues impreziosito da una lancinante e sofferta armonica
in “Deadly Combination”, “Through
To You” è selvaggia quanto basta ma con
un refrain che non se ne va più dalla zucca,
“Quincy Girl” è puro e sboccato
N.Y. Sound, tra Dictators e Ramones,
gran pezzo ed altro refrain azzeccato. Tre le cover
in scaletta: il bel power pop “They Don’t
Know” (Kristy McColl), il graffiante
Blues urbano “If You’re Goin’ To
The City” (Mose Allison) ed
una versione “da paura” di “Under
My Wheels” (A. Cooper), infine
è grande boogie/glam in “25 Hours A Day”,
sospeso fra Slade e N.Y.Dolls,
ed hard-punk di classe nella conclusiva ed anthemica
“Kenmore Square”.
“Siamo stati tutti pesantemente
influenzati dalle canzoni più dure e rockeggianti
dei fifties, sixties, seventies ed eighties. Non sono
certo di cosa sia successo al Rock nei nineties…”
Parole sante, Cowboy, e meno male che all’alba
del 2006 esiste ancora gente col fuoco dentro come
te… Hell Tonite! Buy it or Die!
Gaetano Fezza
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LIVING THINGS
"Ahead
of the Lions"
Jive Records - 2005
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Un progetto di successo creato ‘Tutto
in famiglia’. Tre fratelli di St. Louis escono
vincenti da una lotta contro etichette discografiche
e il music business che li hanno tenuti all’oscuro
per quasi due anni. “Bombs Below” è
una canzone che si rifà al punk rock, ma che
ha anche referenze agli onnipotenti AC/DC.
Una voce ruvida. Chitarre distorte e efficaci batteria,
che accompagnano dei testi super critici sulla realtà
politica Americana; è così che ci si
presenta la band su questo demo.
Attraverso un video che riprende l’era
della musica psichedelica, i ‘Living Things’
lanciano il loro primo singolo “Bom Bom Bom”,
un traccia di puro e genuine rock and roll settantiano.
Il cui ritmo richiama classici dei maestri Rolling
Stones, e soprattutto i loro attraenti ed
orecchiabili cori.
I fratelli Berlins non sono probabilmente i più
geniali compositori di musica rock, quando per esempio
cantano “We are gonna bom bom bom”, ma,
alla fine dei conti, quando mai i testi delle rock
band sono stati ingegnosi, intelligenti o pieni di
sigificato? La parola chiave qui rimane orecchiabilità.
“Keep It Til You Fold”,è la canzone
melodica del demo, guidata dall’affascinante
voce del cantante Lillian. “On All Fours”
e “No New Jesus” sono le canzoni più
stimolanti della band. L’ultima è accompagnata
da forsti referenze politiche (probabilmente un appello
constro un America addormentata!), e la parte principale
stavolta va tutta al batterista, Bosh, che si ribella
tumultuosamente sulle pelli.
La prima, invece, è probabilmente
la traccia più dura che la band propone sul
demo, una canzone tirata nel ritmo, che richiama,
ancora una volta, il punk rock con un efficace coro
e distorsione di chitarre a fare da protagonisti.
Con il supporto di Steve Albini alla
produzione (già con Nirvana, PJ Harvey and
The Pixies), la band completa un ecellente demo, che
rimanda sia ai spensierati Ramones
sia ai classici Rolling Stones.
Urlando forte e combattendo contro false istituzioni
e simbolismi, i ‘Living Things’ sono i
nuovi rivoluzionari del ventunesimo secolo, pronti
a spaccare il mondo!
I Berlin hanno già conquistato il rispetto
di band del calibro di Velvet Revolver
e Melissa Auf der Maur, con cui hanno
anche condiviso palchi in giro tutta Europa e America.
Laura Delnevo
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BOMBSHELL ROCKS
"The
Conclusion"
Combat Rock Industry
- 2006
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Forse non sono la persona più
indicata per recensire il ritorno dei Bombshell Rocks
dal momento che si parla di punk rock... A molti lettori
di SLAM! il nome Bombshell Rocks dirà ben poco
quindi vi accenno brevemente le tappe fondamentali
della loro storia: nascono nel 1995 sotto il nome
di Down And Out, l'anno successivo
si autoproducono il loro primo promo di 6 pezzi, seguono
una serie di mini CD che vedranno anche la partecipazione
di Mathias Färm dei dei Millencolin,
e finalmente nel novembre del 1998 escono con il primo
vero full-length CD dal titolo "Street Art
Gallery".
Dopo un tour promozionale di oltre
150 date, nel 2000 tornano di nuovo in studio per
la Burning Heart e incidono "Cityrats &
Alleycats" (che ho giusto scoperto l'altro
giorno di avere a casa...), ma dopo il 7" "Radio
control" e l'album "From here and
on" del 2002, il cantante Mårten Cedergran
lascia la band e passa così alla voce il chitarrista
Crippe Määttä a cui segue "Love
For The Microphone" del 2004, quindi rieccoli
con questo "The Conclusion", titolo
che non fa riferimento ad un futuro scioglimento del
gruppo, ma richiama la canzone conclusiva dell'album,
dove il chitarrista dice la sua riguardo al mondo
e la merda che lo circonda.
Come ho già detto i Bombshell
Rocks suonano punk rock, molto più californiano
di quanto si posso pensare, con canzoni veloci e orecchiabili
che richiamano in certi casi i Rancid e
non rischiano proprio di annoiare l'ascoltatore. Tra
gli episodi più azzeccati troviamo "Bloodbrothers",
"Blind", "Teenagers" e la riflessiva
"My Conclusion", ma c'è anche un
pò d'Italia in questo CD con il pezzo dal titolo
"Roma 2005". Un disco che rimane costante
su buoni livelli per tutta la sua durata.
Moreno Lissoni
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TOO SOPHISTICATED
"The
Sweet King Of Rock N' Roll"
Self Produced - 2005
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Li avevo persi di vista dopo la compilation
"Finnish Rock N' Roll Freakshow '98"
e mi sono riapparsi magicamente un paio di mesi fa
nella casella postale con il nuovo mini CD intitolato
"The Sweet King Of Rock N' Roll".
Il risultato finale non dispiace anche se si tratta
di uno scontatuccio glam sleazy rock inquinato da
Dogs D'Amour, Smack
e Hanoi Rocks, ma pur muovendosi
all’interno di coordinate ben definite a volte
sembra mancare quell'incisività che occorrebbe
per suonare questo genere.
Cinque i pezzi presenti, ma sono 3 quelli che mi hanno
meglio convinto: "Down On My Knees", "I'm
The Sweet King Of Rock N' Roll" e la ruffiana
"20000 Dollars A Day" che non offrono nulla
di nuovo, ma che potrebbero piacere ai seguaci di
Tyla & Co.
Provate magari ad ascoltare gli mp3 sul loro sito
e se vi ispirano, fateci un pensierino.
Moreno Lissoni
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GLASS WOLF
"Predator/Lifeforce"
Philip Wolfe Music
- 2005
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Sono due le proposte discografiche
attualmente disponibili sul sito del keyboards wizard
losangeleno Phil Wolfe. Partiamo dal nuovo disco dei
Glass Wolfe, dal titolo Predator.
L’album è fortemente caratterizzato dalla
timbrica vocale della cantante Maria Glass. Un’impostazione
interpretativa sicuramente peculiare e difficilmente
accostabile a possibili termini di paragone, che può
piacere o meno ma che si rivela sicuramente originale,
si innesta su un’ottima base strumentale, curata
da svariati musicisti tra cui figurano Howie Simon
(J.S.Soto) e Dario Seixas (Firehouse).
Rispetto al primo album, "Predator"
si presenta molto più omogeneo e maturo in
fase compositiva, con un sound compatto ma pregno
d’atmosfera e da un forte flavour retrò,
che potrebbe piacere agli estimatori del primo Ozzy,
anche per via dell’incedere talvolta cantilenante
della vocalist Maria.
Di tutt’altro genere Lifeforce,
progetto solista di Phil che raccoglie composizioni
da lui realizzate agli inizi degli anni ’90,
quando gravitava attorno alla corte di Blackie Lawless
(WASP). Qui siamo su coordinate molto
più prossime all’hard rock melodico,
e sbaglia chi si aspetta un lavoro essenzialmente
strumentale. La collaborazione con Mark Weitz (Eyes,
Josh Ramos), cui è affidata
la cura della stesura dei testi ed il ruolo di vocalist,
determina come risultato un album niente male che
merita l’attenzione degli appassionati del genere
melodico.
Alessandro Lilli
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MOTORCITY LOSERS
"Our
Drunken'N'Fastest Fairy Tales"
Nicotine Records -
2005
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Avevo sentito parlare di loro per
la prima volta lo scorso anno in occasione del Glam
Attakk e dopo averli visti esibirsi, la prima impressione
fu positiva, così come è positivo il
mio giudizio sul loro primo CD "Our Drunken'N'Fastest
Fairy Tales" prodotto dalla Nicotine Records.
Fronte (voce e chitarra), Borzo (voce
e chitarra) e G. Lee (basso) e Steve Cemento (batteria)
nascono come Motorcity Losers nell'estate del 2003
a Torino e ci propongono un punk rock'n'roll che vede
come influenza principale i RAMONES,
con richiami a BONES e MOTORHEAD,
sonorità senza troppi fronzoli ma efficaci.
Niente di straordinario o di particolarmente innovativo,
ci mancherebbe, ma vi sfido a rimanere immobili sulle
note di “Another Bad Morning” o nel minuto
e 49 secondi di "Cinder In the Street".
Gli insegnamenti delle band sopracitate
sembrano essere state ben assimilate e da bravi scolari
punk rocker ci propongono un lotto di canzoni dirette
e della durata media di 2 minuti che a mio parere
ottengono il meglio con pezzi come "Sweet Baby
Doll", "Motorcity Losers (Hals Of Love)"
e "Criminal Sad Bop". Insomma, una prova
più che soddisfacente per i nostri 'perdenti'
torinesi.
Moreno Lissoni
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KEG
"Creatures
Of The Night"
Promo - 2005
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Non è mai bello parlare male
di un disco, soprattutto quando si tratta di musicisti
emergenti, si corre sempre il rischio che questi possano
prendere nel modo sbagliato le critiche, ma con tutta
la mia buona volontà, non riesco proprio a
consigliare questo CD ai lettori di SLAM! e lo dico
con rammarico, perchè Kris Kegley si è
dimostrata una persona disponibile e alla mano.
La sua storia artistica nasce nel 2002 e incide un
Ep l'anno seguente dove suona tutti gli strumenti
ispirato da artisti come Andrew WK
e miscelando glam e punk (ma con risultati poco convincenti).
Il suo nuovo lavoro, "Creatures
Of The Night", presenta canzoni che già
di per sè non sono delle gemme del genere,
se poi ci aggiungiamo una registrazione imbarazzante,
davvero faccio fatica ad arrivare alla dodicesima
traccia e credo che non mi succedesse neanche con
alcuni demo in cassetta di 15 anni fa...
Speriamo che in futuro si riesca almeno ad arrivare
a una resa sonora accettabile delle song in modo da
riuscire a trovarne qualche lato positivo, altrimenti
sarò costretto a ribocciare la sua release...
Moreno Lissoni
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NORTH MISSISSIPPI ALLSTAR
"Electric
Blue watermelon"
Ato Records - 2005
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Mi ricordo perfettamente come ho scoperto
i North Mississippi Allstar ormai sei anni fa. Curiosando
nel catalogo della “Tone cool” mi sono
imbattuto in “Shake hands with shorty”,
il disco appena pubblicato da una misconosciuta band
del Mississippi. Poteva essere una solenne fregatura
ma la copertina era invitante, solo gente cresciuta
sulle rive del “green river” avrebbe messo
sul proprio cd una foto tanto brutta quanto significativa.
Una volta tanto avevo visto giusto: i NMA si rivelarono
una folgorazione, e “Shake hands with shorty”
fu probabilmente il mio disco preferito per quell’
anno. Poi i fratelli Dickinson, figli di Jim
Dickinson, un mito per la musica del sud,
si sono un po’ persi per strada con “51
Phantom” e “Polaris”, due dischi
decisamente sotto tono che hanno lasciato l’amaro
in bocca a chi, come me, aveva visto in loro degli
astri nascenti.
Dopo la pubblicazione di “Hill
Country revue” un live fenomenale tornano ora
con “Electric Blue watermelon”
un lavoro di studio che li riporta a pieno diritto
nel firmamento della musica southern.
In un disco apparentemente confuso mescolano tutto
quello che ha fatto parte delle loro radici, tutto
quello che un musicista legato alle proprie tradizioni
può respirare sul delta del Mississippi. C’è
il blues, quello sfasciato, sporco, puzzolente ("Mississippi
boll weevil"), c’è quello che loro
ritengono essere figlio del blues, il rap, che però
dosano con sapienza riuscendo a far si che non rompa
mai troppo le palle (no no). Ci sono riff funkeggianti
("stompin’ my foot") c’è
Lucinda Williams che duetta magnificamente
con la voce di Luther Dickinson ("hurry up sunrise"),
ci sono effluvi alcolici e piatti di gumbo mangiati
in riva al bajou ("bang bang lulu") e si
finisce con una marcetta che pare suonata dall’orchestrina
fantasma di uno steam boat da incubo uscito dalla
versione southern di “Shining” di Stanley
Kubrick. Se cercate un disco semplice state
alla larga, se siete assidui lettori di James
Lee Burke, c’è pane per i vostri
denti.
Matteo Pinton
top
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MAD MAX
"Night
Of White Rock"
AOR Heaven - 2006
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Il titolo di questo sesto lavoro di Micheal Voss e
soci rispecchia a pieno quanto suonato: la passione,
la melodia e il senso positivo rappresentano il riassunto
dell’intero ascolto di poco meno di tre quarti
d’ora di durata.
Melodic rock tipico tedesco con spunti più
metallici ottantiani ci fanno venire alla mente band
quali Stryper (per alcuni momenti
melodiosi e soprattutto per le lyrics scritte dal
chitarrista Jürgen Breforth di chiaro e voluto
sapore Christian Rock), Scorpions
(ad esempio nella song "Dad Day in Heaven")
e Jaded Heart (ricordiamo che il
batterista Axel Kurske ha suonato in Helluva Time).
Tra le songs che bisogna ricordare si possono citare:
"To Hell And Back", "Bad Day In Heaven",
"Night of White Rock".
Un disco piuttosto lontano dalle sonorità
Casanova, e a parere mio, per questo
molto più ascoltabile e di facile presa. La
maggior parte delle songs parlano di speranza e positività
e in spirito Christian Rock di possibilità
di superare difficoltà avendo fede. Ancora,
un cambio piuttosto radicale dalle vecchie produzioni
ottantiane quali "Rollin’ Thunder",
"Stormchild" e "Night Of Passion"
con un tiro e una voglia ritrovati e una volontà
di poter lasciare un segno tangibile nell’entourage
discografico del 2006 che dopo l’ascolto di
Night Of White Rock ci fa sperare in un anno
di grande ritorno della melodia e del rock suonato
senza compromessi o mentalità di vendere e
piacere a tutti i costi.
Mauro Guarnieri
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BAD MOTHER FUNKERS
"Throughout
the N.E. City Shit"
Self Produced - 2005
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I BMF sono una giovane band di Trieste
nata da una costola dei Doppio Alibi.
Lasciato da parte il cantato in italiano, si cimentano
in un hard rock dalle tinte stradaiole e funkeggianti
in linea con gruppi come King Of The Hill,
Slammin' Gladys o Electric
Boys e con qualche spruzzata Guns
N' Roses-iana.
"Throughout the N.E. City Shit"
presenta 2 CD con 12 brani ciascuno (il secondo è
un bonus disc contenente 4 brani inediti più
8 versioni demo presenti sul primo), un bel passo
in avanti rispetto al precedente gruppo... forse perchè
non amo troppo il cantato in madrelingua... forse
perchè ne ho piene le scatole dei vari Ligabue,
Litfiba o Negrita...
ma sta di fatto che questa release mi è piaciuta.
"Bound Down Blind", "You
Can't Use The Others", "Skin & Bones"
e "White Trash Popcorn Blues" sono i brani
che preferisco, caratterizzati dal lavoro alla chitarra
di Dave e dalla voce di Alba. Tra pezzi hard funky
e altri più rock, non mancano le ballad e tra
queste, quelle che mi hanno colpito di più
sono le acustiche "Mother Song" e "The
Jester".
Probabilmente questo lavoro non rivoluzionerà
la scena hard rock nostrana, ma è sicuramente
un prodotto onesto e ben suonato.
Moreno Lissoni
top
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SUBSTITUTES
"The
Exploding Plastic Inevitable"
The Substitutes Music
Ltd - 2005
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E' passato ormai qualche anno da quando
mi misi a cercare notizie in rete per vedere che fine
avessero fatto i Blackboard Jungle e
fu allora che scoprì che il loro bassista Britt
aveva formato un nuovo gruppo chiamato Substitutes.
A distanza di qualche anno dalla loro formazione li
ritroviamo con il loro album d'esordio dal titolo
"The Exploding Plastic Inevitable"
e si autoetichettano con il motto The Doors Filtered
thru the Stones then re written by a horny old black
man ed in effetti il loro, è uno sporco
hard rock infarcito di riferimenti Seventies.
Un ascoltatore accanito della musica
rock anni ’70 troverà nei Substitutes
un bel modo per deliziare i propri timpani dove risaltano
i suoni ruvidi della Gibson di Joel Proto e la voce
maleducata di Britt. Le opening track "Taken
A Lifetime" e "First Thing I Want"
potrebbero essere le classiche song da ascolatare
in macchina sulle highway americane così anche
in "In The City" le atmosfere sono quelle
da colonna sonora a qualche film che ha come protagosti
selvaggi bikers.
Oltre 35 minuti di hard rock suonato alla vecchia
maniera, se vi piace il genere provate a spendere
5 minuti sul loro sito.
Moreno Lissoni
top
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TRANSEX
"Domino"
Tre Accordi Records
– 2005
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Voglio sperare non sia necessario ripresentare
ai lettori di Slam! i Transex, da tempo una delle
più belle realtà del Punk nostrano e
non, anche se “una vocina” mi dice che
più di qualcuno non ha ancora capito una ceppa
del “filo rosso” che lega il Rock’n’Roll
dagli anni ‘50 ai giorni nostri passando anche
per il ’77, e continuerà tranquillamente
a snobbare il genere incensando l’ennesima formazione
HollySprayDirtyKisseZ di serie B, beh, me ne sbatto
il “bandana”, se il termine “Punk”
vi urta voi urtate me, per cui sciò, passate
alla prossima!
Transex dicevo, un nome una garanzia,
sai esattamente cosa aspettarti da loro e sai che
prima o poi te lo piazzano fra “capo e collo”,
beh, eccoti servito. Questo secondo lavoro prosegue
idealmente quanto iniziato un paio d’anni fa,
ma con alcune sostanziali differenze: la produzione,
l’esecuzione ed il livello compositivo sono
nettamente migliorati rispetto al pur convincente
esordio, e se compattezza e precisione della sezione
ritmica sono ormai un ”trademark”, un
plauso in più meritano la voce decisamente
“sugli scudi” di Ego ed l’ottimo
lavoro di Child alla chitarra, che macina pregevoli
(ma non masturbatorie) trame in tutti i brani. Ciò
nonostante la formula è – Deogratia-
quella ormai consolidata: Punk rock semplice e diretto,
senza tanti fronzoli e figlio del ’77 più
truce, volgare e sboccato, cui si rifà saltando
a piè pari le tre decadi trascorse e, soprattutto,
sbattendosene altamente le palle di gruppi, gruppettini
e cacacazzi che da troppo tempo si riempiono la bocca
col termine “punk” e sono financo convinti
di suonarlo, fracassandoci timpani, palle e purtroppo
anche la vista da quando c’è “mamma”
(un po’ troia invero) MTV.
Tutti i brani scorrono come una pinta
di McCaffreys nell’ugola di Bon Scott, sopra
la media “Suicide”, “Electric Chair”,
“Domino” e la conclusiva ed oscura “Young
Blood”. Se proprio devo trovare un “difettuccio”
direi che è il booklet inesistente, anche se
la foto di copertina è quanto di più
invitante e perverso abbia visto da tempo immemore.
Transex: brutti, sporchi, cattivi, scorretti e col
nome più “frocio” del pianeta:
come non amarli? Dimenticate la Epitaph e correte
a comprarlo.
Gaetano Fezza
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PAVIC
"Taste
Some Liberty"
Anteo Records - 2005
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Debutto discografico sulla lunga distanza
per Marko Pavic, chitarrista serbo adottato dalla
nsotra capitale, conosciuto ai lettori di SLAM! per
i demo "Restless Soul" del 1999,
"Night Life" del 2001 e per aver
collaborato recentemente alla realizzazione di "Freak
Out" di Chris Catena, che
qui troviamo come lead vocalist.
L’impatto delle 12 canzoni proposte
è sicuramente potente e melodico, seguendo
quel filone hard rock che strizza l'occhio agli anni
70, Rainbow e Deep Purple
tanto per citare un paio di nomi. La produzione è
veramente all’altezza e rende giustizia a pezzi
come "Summer Of '98", "Night Life"
e "Death Alley Driver" che sono a mio avviso
i brani che hanno quel qualcosina in più. Per
chiudere segnalo la cover dei Supertramp
di "Logical Song" e la presenza di numerose
guest come Kee Marcello (Europe,
K2), Tony Franklin (Blue Murder,
Whitesnake), Vitalij Kuprij (Artension,
Ring Of Fire), Daniel Flores (Mind's
Eye), Vivien Lalu (Lalu), Adolfo
Ramundo, Jimmy Bax, Sandro
Manicone, Patrizio Izzo,
Davide Matera, Chris Heaven.
In definitiva "Taste Some Liberty"
risulta essere un buon disco, ottimamente suonato
anche se manca di qualche potenziale hit, ma sicuramente
farà iniziare bene l'anno ai vecchi estimatori
del rock duro.
Moreno Lissoni
top
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LEE ROCKER
"The
curse of rockabilly"
Hypertension - 2005
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Dopo la recente e trionfale reunion
degli Stray Cats ecco che Lee Rocker
se ne esce con un nuovo disco solista. “The
curse of rockabilly” sembra partire col
piede sbagliato, “Funny car graveyard”
ha stile ma sembra un pò moscetta anche se
le citazioni delle sigle di “Batman” e
“The monsters” lasciano ben sperare. Le
speranze sono ben riposte, con “Race track blues”
il disco decolla e parte per una bella ricognizione
negli spazi astrali del rockabilly.
“Rock this town” non è
certo potente come nella versione degli Stray
Cats ma col suo incedere swingato ci obbliga
a schioccare le dita a tempo. Il disco scorre che
è una meraviglia e vede gli episodi migliori
con “Say when”, da ballare, e “Runnin’
from the hounds” uno sgangherato e divertente,
passatemi il termine, swamp-a-billy. Lee Rocker non
è Brian Setzer, non ha la
stessa carica esplosiva ma ha classe da vendere e
dopo qualche ascolto si finisce con l’ adorare
questo disco. Acquistandolo direttamente in pre order
dal sito riceverete una copia autografata.
Matteo Pinton
top
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PAUL BLACK'S L.A. GUNS
"Black
List"
Black City Records
- 2005
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"Black List" è
il titolo di questa release che vede l'originario
lead vocalist Paul Black dietro il microfono degli
L.A. Guns, formazione pre contratto discografico e
debut album che vedeva alle chitarre Tracii Guns e
Robert Stoddard (Dogs D'Amour), alla
batteria Nickey Alexander (The Weirdos,
Lords of The New Church) e al basso
Mick Cripps. Le registrazioni di quel periodo sono
state riprese e rimasterizzate con una resa sonora
decente, il booklet curatissimo è composto
da 16 pagine a colori con numerose foto inedite della
band e tra queste uno sfizioso scatto con il duetto
Paul Black/Axl Rose che, attribuisce a tutti gli effetti,
un valore aggiunto a questo lavoro.
18 tracce tra cui troviamo alcuni brani
in fase embrionale che in seguito diventeranno gli
hit delle pistole di Los Angeles: "Show No Mercy"
("No Mercy"), "One More Reason to Die"
("One More Reason"), "Looking Over
My Shoulder" ("Never Enough") e "Love
& Hate" ("Sex Action") ed è
strano sentirle interpretate da una voce che non è
quella di Phil Lewis.
Tra le altre composizioni dell’album mi hanno
colpito "L.A.P.D." dall'incedere tipicamente
metal anni 80, "On and On" e "Love
Is a Crime" che sembrano delle outtakes dei primi
Icon, mentre "Word to the Wise
Guy" e "Black City Breakdown" sono
due discreti esempi di hard'n'roll.
"Black List" è una bella
chicca per collezionisti e tutti gli amanti degli
L.A. Guns.
Moreno Lissoni
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TRIPLE COBRA
"Little
Black Heart"
Triple Ego Music -
2005
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Dietro al monicker Triple Cobra si
nascondono 4 musicisti provenienti da una delle più
belle città d'America, San Francisco! Accompagnati
on stage da altrettante fanciulle, ci propongono un
CD di 3 pezzi che si rifanno al glitter/glam degli
anni 70 con qualche cenno a Suede
e Placibo, ma di quest'ultimi c'è
veramente solo una piccola percentuale.
Il primo pezzo è quello che
preferisco, "J-Hole": glam settantiano che
se per un istante mi fa divagare riportandomi alla
mente le attuali accuse a Gary Glitter
per pedofilia, dall'altra mi invoglia a ripescare
qualche vecchia compilation con lustrini e zatteroni
in copertina.
Con "Love" si smorzano un pò i miei
toni entusiastici, il brano non è brutto, ma
non prende mai veramente il volo, forse un pò
troppo lungo ed elaborato per i miei gusti, 'difetto'
riscontrabile anche nell'ultima "Working Diamonds".
Non mi resta quindi che attendere il primo lavoro
in studio sulla lunga distanza per vedere se continueranno
a 'glitterare' oppure si perderanno in song di difficile
assimilazione.
Moreno Lissoni
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