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HINDER
"Extreme Behavior"
Universal - 2005

Una delle soprese più piacevoli di fine 2005 per il sottoscritto è stato l’esordio di questo quintetto da Oklahoma City, arrivato al contratto con una major come la Universal grazie ad una manciata di pezzi davvero convincenti.

Leggendo la lista dei credits dell’album si trovano Mike Fraser, Randy Staub e George Marino… 3 pezzi da novanta che da par loro hanno contribuito a rendere il tutto molto interessante. Apro una parentesi: il genere degli Hinder è per me difficilmente catalogabile... si potrebbe parlare di modern-rock con influenze eighties... oppure di arena rock con sonorità moderne… anche se mi rendo conto che la cosa migliore è ascoltare il tutto... per non restare fuorviati da catalogazioni che trovano il tempo che trovano.

Quello che è fuori di dubbio è che gli Hinder sono una band con le idee chiare e soprattutto con un cantante, Austin Winkler, che impreziosisce i pezzi con una prestazione maiuscola. “Get Stoned” apre l’album e non per niente è stato scelto come primo singolo dell’album, pezzo molto radiofonico, paragonabile alle cose dei 3 Doors Down con quell’incedere melodico/malinconico che ha fatto la fortuna della band del Mississippi.“How Long” è una delle song migliori dell’intero cd, coro trascinante e riffone da highway ne fanno un manifesto sonoro della nuova generazione di rockers d’oltreoceano, doppiata da “Nothin’ Good About Goodbye” potenziale hit-single da paura.

Non manca la ballata, “Better Than Me” ricorda ancora 3 Doors Down con un pizzico di Nickelback ma è la traccia numero 7, “Room 21” a svelare alcune delle influenze della band... infatti il pezzo avrebbe potuto benissimo far parte del nuovo album dei Silvertide tanto è sguaiato nel suo incedere con un Austin Winkler sulle orme di sua attitudine Josh Todd.

Chiudo segnalandovi “Homecoming Queen”, altro mid-tempo da ascoltare a tutto volume sulla vostra decappottabile in una afosa giornata d’estate... e fa niente se fuori c’è la neve... il merito degli Hinder è doppio in questo caso.
Se lo avessi avuto prima il cd avrebbe sicuramente meritato di figurare nella mia personale top-five del 2005... date una possibilità al nuovo suono proveniente dagli States, almeno in questo caso non ve ne pentirete... e se ve lo dice un “vecchio” rocker…
Federico Martinelli

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MACH 5
"Meet Mach 5"
Lawless Records – 2005

Torna alla carica uno dei migliori frontman che il Rock’n’Roll abbia mai avuto, nonché uno dei miei preferiti in assoluto, Mr. “Cowboy” Mach Bell, e lo fa alla grande chiamando a se tre dei migliori elementi della scena di Boston (l’ex Real Kids Jimmy Birmingham, batteria – l’ex Sugabomb e The Johnnies Dee Stroy, chitarra – Jeff Thomas, basso) per dar vita ai Mach 5, sorta di “All-Star band” che, senza tanti fronzoli, prende allegramente a calci in culo gran parte delle bands in circolazione da un po’ di tempo a questa parte.

La cosa non sorprenderà di certo chi conosce le gesta dei Thundertrain, attivi per un’estemporanea reunion fino all’anno scorso ed apparentemente archiviati, così come non sorprenderà chi ha avuto il piacere di ascoltare i The Johnnies del chitarrista Dee Stroy, axeman veramente dotato e capace di sfornare riffs “assassini” in ogni brano. La parola chiave per definire i 4 ragazzacci è sempre e solo una: Attitudine! Ne hanno da vendere ed hanno scelto il mio modo preferito per farlo capire chiaramente: non è Metal pur avendone la potenza ed a tratti (perché no) la perizia tecnica, non è Punk ma ha la carica oltraggiosa, la veemenza e l’urgenza elementare di quei tre benedetti accordi, non è Garage ma ne possiede genuinità e spirito (la cover del Cd la dice lunga)… si signori, è ancora e “solo” grande, abrasivo, fottuto Rock’n’Roll!

Dieci pezzi per altrettanti “sganassoni” dritti dritti sui vostri brutti ceffi, uno dietro l’altro senza darvi respiro, ma - e qui si sentono qualità, capacità ed esperienza – senza perdere di vista melodia e refrain, che in alcuni brani è assolutamente vincente. Caldo e roccioso Hard’n’Roll nell’opener “Get It Up” ed in “Kandyland”; torbido Blues impreziosito da una lancinante e sofferta armonica in “Deadly Combination”, “Through To You” è selvaggia quanto basta ma con un refrain che non se ne va più dalla zucca, “Quincy Girl” è puro e sboccato N.Y. Sound, tra Dictators e Ramones, gran pezzo ed altro refrain azzeccato. Tre le cover in scaletta: il bel power pop “They Don’t Know” (Kristy McColl), il graffiante Blues urbano “If You’re Goin’ To The City” (Mose Allison) ed una versione “da paura” di “Under My Wheels” (A. Cooper), infine è grande boogie/glam in “25 Hours A Day”, sospeso fra Slade e N.Y.Dolls, ed hard-punk di classe nella conclusiva ed anthemica “Kenmore Square”.

“Siamo stati tutti pesantemente influenzati dalle canzoni più dure e rockeggianti dei fifties, sixties, seventies ed eighties. Non sono certo di cosa sia successo al Rock nei nineties…” Parole sante, Cowboy, e meno male che all’alba del 2006 esiste ancora gente col fuoco dentro come te… Hell Tonite! Buy it or Die!
Gaetano Fezza

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LIVING THINGS
"Ahead of the Lions"
Jive Records - 2005

Un progetto di successo creato ‘Tutto in famiglia’. Tre fratelli di St. Louis escono vincenti da una lotta contro etichette discografiche e il music business che li hanno tenuti all’oscuro per quasi due anni. “Bombs Below” è una canzone che si rifà al punk rock, ma che ha anche referenze agli onnipotenti AC/DC. Una voce ruvida. Chitarre distorte e efficaci batteria, che accompagnano dei testi super critici sulla realtà politica Americana; è così che ci si presenta la band su questo demo.

Attraverso un video che riprende l’era della musica psichedelica, i ‘Living Things’ lanciano il loro primo singolo “Bom Bom Bom”, un traccia di puro e genuine rock and roll settantiano. Il cui ritmo richiama classici dei maestri Rolling Stones, e soprattutto i loro attraenti ed orecchiabili cori.
I fratelli Berlins non sono probabilmente i più geniali compositori di musica rock, quando per esempio cantano “We are gonna bom bom bom”, ma, alla fine dei conti, quando mai i testi delle rock band sono stati ingegnosi, intelligenti o pieni di sigificato? La parola chiave qui rimane orecchiabilità.
“Keep It Til You Fold”,è la canzone melodica del demo, guidata dall’affascinante voce del cantante Lillian. “On All Fours” e “No New Jesus” sono le canzoni più stimolanti della band. L’ultima è accompagnata da forsti referenze politiche (probabilmente un appello constro un America addormentata!), e la parte principale stavolta va tutta al batterista, Bosh, che si ribella tumultuosamente sulle pelli.

La prima, invece, è probabilmente la traccia più dura che la band propone sul demo, una canzone tirata nel ritmo, che richiama, ancora una volta, il punk rock con un efficace coro e distorsione di chitarre a fare da protagonisti.
Con il supporto di Steve Albini alla produzione (già con Nirvana, PJ Harvey and The Pixies), la band completa un ecellente demo, che rimanda sia ai spensierati Ramones sia ai classici Rolling Stones.
Urlando forte e combattendo contro false istituzioni e simbolismi, i ‘Living Things’ sono i nuovi rivoluzionari del ventunesimo secolo, pronti a spaccare il mondo!
I Berlin hanno già conquistato il rispetto di band del calibro di Velvet Revolver e Melissa Auf der Maur, con cui hanno anche condiviso palchi in giro tutta Europa e America.
Laura Delnevo

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BOMBSHELL ROCKS
"The Conclusion"
Combat Rock Industry - 2006

Forse non sono la persona più indicata per recensire il ritorno dei Bombshell Rocks dal momento che si parla di punk rock... A molti lettori di SLAM! il nome Bombshell Rocks dirà ben poco quindi vi accenno brevemente le tappe fondamentali della loro storia: nascono nel 1995 sotto il nome di Down And Out, l'anno successivo si autoproducono il loro primo promo di 6 pezzi, seguono una serie di mini CD che vedranno anche la partecipazione di Mathias Färm dei dei Millencolin, e finalmente nel novembre del 1998 escono con il primo vero full-length CD dal titolo "Street Art Gallery".

Dopo un tour promozionale di oltre 150 date, nel 2000 tornano di nuovo in studio per la Burning Heart e incidono "Cityrats & Alleycats" (che ho giusto scoperto l'altro giorno di avere a casa...), ma dopo il 7" "Radio control" e l'album "From here and on" del 2002, il cantante Mårten Cedergran lascia la band e passa così alla voce il chitarrista Crippe Määttä a cui segue "Love For The Microphone" del 2004, quindi rieccoli con questo "The Conclusion", titolo che non fa riferimento ad un futuro scioglimento del gruppo, ma richiama la canzone conclusiva dell'album, dove il chitarrista dice la sua riguardo al mondo e la merda che lo circonda.

Come ho già detto i Bombshell Rocks suonano punk rock, molto più californiano di quanto si posso pensare, con canzoni veloci e orecchiabili che richiamano in certi casi i Rancid e non rischiano proprio di annoiare l'ascoltatore. Tra gli episodi più azzeccati troviamo "Bloodbrothers", "Blind", "Teenagers" e la riflessiva "My Conclusion", ma c'è anche un pò d'Italia in questo CD con il pezzo dal titolo "Roma 2005". Un disco che rimane costante su buoni livelli per tutta la sua durata.
Moreno Lissoni

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TOO SOPHISTICATED
"The Sweet King Of Rock N' Roll"
Self Produced - 2005

Li avevo persi di vista dopo la compilation "Finnish Rock N' Roll Freakshow '98" e mi sono riapparsi magicamente un paio di mesi fa nella casella postale con il nuovo mini CD intitolato "The Sweet King Of Rock N' Roll". Il risultato finale non dispiace anche se si tratta di uno scontatuccio glam sleazy rock inquinato da Dogs D'Amour, Smack e Hanoi Rocks, ma pur muovendosi all’interno di coordinate ben definite a volte sembra mancare quell'incisività che occorrebbe per suonare questo genere.

Cinque i pezzi presenti, ma sono 3 quelli che mi hanno meglio convinto: "Down On My Knees", "I'm The Sweet King Of Rock N' Roll" e la ruffiana "20000 Dollars A Day" che non offrono nulla di nuovo, ma che potrebbero piacere ai seguaci di Tyla & Co.
Provate magari ad ascoltare gli mp3 sul loro sito e se vi ispirano, fateci un pensierino.
Moreno Lissoni

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GLASS WOLF
"Predator/Lifeforce"
Philip Wolfe Music - 2005

Sono due le proposte discografiche attualmente disponibili sul sito del keyboards wizard losangeleno Phil Wolfe. Partiamo dal nuovo disco dei Glass Wolfe, dal titolo Predator.
L’album è fortemente caratterizzato dalla timbrica vocale della cantante Maria Glass. Un’impostazione interpretativa sicuramente peculiare e difficilmente accostabile a possibili termini di paragone, che può piacere o meno ma che si rivela sicuramente originale, si innesta su un’ottima base strumentale, curata da svariati musicisti tra cui figurano Howie Simon (J.S.Soto) e Dario Seixas (Firehouse). Rispetto al primo album, "Predator" si presenta molto più omogeneo e maturo in fase compositiva, con un sound compatto ma pregno d’atmosfera e da un forte flavour retrò, che potrebbe piacere agli estimatori del primo Ozzy, anche per via dell’incedere talvolta cantilenante della vocalist Maria.

Di tutt’altro genere Lifeforce, progetto solista di Phil che raccoglie composizioni da lui realizzate agli inizi degli anni ’90, quando gravitava attorno alla corte di Blackie Lawless (WASP). Qui siamo su coordinate molto più prossime all’hard rock melodico, e sbaglia chi si aspetta un lavoro essenzialmente strumentale. La collaborazione con Mark Weitz (Eyes, Josh Ramos), cui è affidata la cura della stesura dei testi ed il ruolo di vocalist, determina come risultato un album niente male che merita l’attenzione degli appassionati del genere melodico.
Alessandro Lilli

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MOTORCITY LOSERS
"Our Drunken'N'Fastest Fairy Tales"
Nicotine Records - 2005

Avevo sentito parlare di loro per la prima volta lo scorso anno in occasione del Glam Attakk e dopo averli visti esibirsi, la prima impressione fu positiva, così come è positivo il mio giudizio sul loro primo CD "Our Drunken'N'Fastest Fairy Tales" prodotto dalla Nicotine Records.

Fronte (voce e chitarra), Borzo (voce e chitarra) e G. Lee (basso) e Steve Cemento (batteria) nascono come Motorcity Losers nell'estate del 2003 a Torino e ci propongono un punk rock'n'roll che vede come influenza principale i RAMONES, con richiami a BONES e MOTORHEAD, sonorità senza troppi fronzoli ma efficaci. Niente di straordinario o di particolarmente innovativo, ci mancherebbe, ma vi sfido a rimanere immobili sulle note di “Another Bad Morning” o nel minuto e 49 secondi di "Cinder In the Street".

Gli insegnamenti delle band sopracitate sembrano essere state ben assimilate e da bravi scolari punk rocker ci propongono un lotto di canzoni dirette e della durata media di 2 minuti che a mio parere ottengono il meglio con pezzi come "Sweet Baby Doll", "Motorcity Losers (Hals Of Love)" e "Criminal Sad Bop". Insomma, una prova più che soddisfacente per i nostri 'perdenti' torinesi.
Moreno Lissoni

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KEG
"Creatures Of The Night"
Promo - 2005

Non è mai bello parlare male di un disco, soprattutto quando si tratta di musicisti emergenti, si corre sempre il rischio che questi possano prendere nel modo sbagliato le critiche, ma con tutta la mia buona volontà, non riesco proprio a consigliare questo CD ai lettori di SLAM! e lo dico con rammarico, perchè Kris Kegley si è dimostrata una persona disponibile e alla mano.
La sua storia artistica nasce nel 2002 e incide un Ep l'anno seguente dove suona tutti gli strumenti ispirato da artisti come Andrew WK e miscelando glam e punk (ma con risultati poco convincenti).

Il suo nuovo lavoro, "Creatures Of The Night", presenta canzoni che già di per sè non sono delle gemme del genere, se poi ci aggiungiamo una registrazione imbarazzante, davvero faccio fatica ad arrivare alla dodicesima traccia e credo che non mi succedesse neanche con alcuni demo in cassetta di 15 anni fa...
Speriamo che in futuro si riesca almeno ad arrivare a una resa sonora accettabile delle song in modo da riuscire a trovarne qualche lato positivo, altrimenti sarò costretto a ribocciare la sua release...
Moreno Lissoni

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NORTH MISSISSIPPI ALLSTAR
"Electric Blue watermelon"
Ato Records - 2005

Mi ricordo perfettamente come ho scoperto i North Mississippi Allstar ormai sei anni fa. Curiosando nel catalogo della “Tone cool” mi sono imbattuto in “Shake hands with shorty”, il disco appena pubblicato da una misconosciuta band del Mississippi. Poteva essere una solenne fregatura ma la copertina era invitante, solo gente cresciuta sulle rive del “green river” avrebbe messo sul proprio cd una foto tanto brutta quanto significativa. Una volta tanto avevo visto giusto: i NMA si rivelarono una folgorazione, e “Shake hands with shorty” fu probabilmente il mio disco preferito per quell’ anno. Poi i fratelli Dickinson, figli di Jim Dickinson, un mito per la musica del sud, si sono un po’ persi per strada con “51 Phantom” e “Polaris”, due dischi decisamente sotto tono che hanno lasciato l’amaro in bocca a chi, come me, aveva visto in loro degli astri nascenti.

Dopo la pubblicazione di “Hill Country revue” un live fenomenale tornano ora con “Electric Blue watermelon” un lavoro di studio che li riporta a pieno diritto nel firmamento della musica southern.
In un disco apparentemente confuso mescolano tutto quello che ha fatto parte delle loro radici, tutto quello che un musicista legato alle proprie tradizioni può respirare sul delta del Mississippi. C’è il blues, quello sfasciato, sporco, puzzolente ("Mississippi boll weevil"), c’è quello che loro ritengono essere figlio del blues, il rap, che però dosano con sapienza riuscendo a far si che non rompa mai troppo le palle (no no). Ci sono riff funkeggianti ("stompin’ my foot") c’è Lucinda Williams che duetta magnificamente con la voce di Luther Dickinson ("hurry up sunrise"), ci sono effluvi alcolici e piatti di gumbo mangiati in riva al bajou ("bang bang lulu") e si finisce con una marcetta che pare suonata dall’orchestrina fantasma di uno steam boat da incubo uscito dalla versione southern di “Shining” di Stanley Kubrick. Se cercate un disco semplice state alla larga, se siete assidui lettori di James Lee Burke, c’è pane per i vostri denti.
Matteo Pinton

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MAD MAX
"Night Of White Rock"
AOR Heaven - 2006


Il titolo di questo sesto lavoro di Micheal Voss e soci rispecchia a pieno quanto suonato: la passione, la melodia e il senso positivo rappresentano il riassunto dell’intero ascolto di poco meno di tre quarti d’ora di durata.
Melodic rock tipico tedesco con spunti più metallici ottantiani ci fanno venire alla mente band quali Stryper (per alcuni momenti melodiosi e soprattutto per le lyrics scritte dal chitarrista Jürgen Breforth di chiaro e voluto sapore Christian Rock), Scorpions (ad esempio nella song "Dad Day in Heaven") e Jaded Heart (ricordiamo che il batterista Axel Kurske ha suonato in Helluva Time). Tra le songs che bisogna ricordare si possono citare: "To Hell And Back", "Bad Day In Heaven", "Night of White Rock".

Un disco piuttosto lontano dalle sonorità Casanova, e a parere mio, per questo molto più ascoltabile e di facile presa. La maggior parte delle songs parlano di speranza e positività e in spirito Christian Rock di possibilità di superare difficoltà avendo fede. Ancora, un cambio piuttosto radicale dalle vecchie produzioni ottantiane quali "Rollin’ Thunder", "Stormchild" e "Night Of Passion" con un tiro e una voglia ritrovati e una volontà di poter lasciare un segno tangibile nell’entourage discografico del 2006 che dopo l’ascolto di Night Of White Rock ci fa sperare in un anno di grande ritorno della melodia e del rock suonato senza compromessi o mentalità di vendere e piacere a tutti i costi.
Mauro Guarnieri

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BAD MOTHER FUNKERS
"Throughout the N.E. City Shit"
Self Produced - 2005

I BMF sono una giovane band di Trieste nata da una costola dei Doppio Alibi. Lasciato da parte il cantato in italiano, si cimentano in un hard rock dalle tinte stradaiole e funkeggianti in linea con gruppi come King Of The Hill, Slammin' Gladys o Electric Boys e con qualche spruzzata Guns N' Roses-iana.
"Throughout the N.E. City Shit" presenta 2 CD con 12 brani ciascuno (il secondo è un bonus disc contenente 4 brani inediti più 8 versioni demo presenti sul primo), un bel passo in avanti rispetto al precedente gruppo... forse perchè non amo troppo il cantato in madrelingua... forse perchè ne ho piene le scatole dei vari Ligabue, Litfiba o Negrita... ma sta di fatto che questa release mi è piaciuta.

"Bound Down Blind", "You Can't Use The Others", "Skin & Bones" e "White Trash Popcorn Blues" sono i brani che preferisco, caratterizzati dal lavoro alla chitarra di Dave e dalla voce di Alba. Tra pezzi hard funky e altri più rock, non mancano le ballad e tra queste, quelle che mi hanno colpito di più sono le acustiche "Mother Song" e "The Jester".
Probabilmente questo lavoro non rivoluzionerà la scena hard rock nostrana, ma è sicuramente un prodotto onesto e ben suonato.
Moreno Lissoni

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SUBSTITUTES
"The Exploding Plastic Inevitable"
The Substitutes Music Ltd - 2005

E' passato ormai qualche anno da quando mi misi a cercare notizie in rete per vedere che fine avessero fatto i Blackboard Jungle e fu allora che scoprì che il loro bassista Britt aveva formato un nuovo gruppo chiamato Substitutes.
A distanza di qualche anno dalla loro formazione li ritroviamo con il loro album d'esordio dal titolo "The Exploding Plastic Inevitable" e si autoetichettano con il motto The Doors Filtered thru the Stones then re written by a horny old black man ed in effetti il loro, è uno sporco hard rock infarcito di riferimenti Seventies.

Un ascoltatore accanito della musica rock anni ’70 troverà nei Substitutes un bel modo per deliziare i propri timpani dove risaltano i suoni ruvidi della Gibson di Joel Proto e la voce maleducata di Britt. Le opening track "Taken A Lifetime" e "First Thing I Want" potrebbero essere le classiche song da ascolatare in macchina sulle highway americane così anche in "In The City" le atmosfere sono quelle da colonna sonora a qualche film che ha come protagosti selvaggi bikers.
Oltre 35 minuti di hard rock suonato alla vecchia maniera, se vi piace il genere provate a spendere 5 minuti sul loro sito.
Moreno Lissoni

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TRANSEX
"Domino"
Tre Accordi Records – 2005

Voglio sperare non sia necessario ripresentare ai lettori di Slam! i Transex, da tempo una delle più belle realtà del Punk nostrano e non, anche se “una vocina” mi dice che più di qualcuno non ha ancora capito una ceppa del “filo rosso” che lega il Rock’n’Roll dagli anni ‘50 ai giorni nostri passando anche per il ’77, e continuerà tranquillamente a snobbare il genere incensando l’ennesima formazione HollySprayDirtyKisseZ di serie B, beh, me ne sbatto il “bandana”, se il termine “Punk” vi urta voi urtate me, per cui sciò, passate alla prossima!

Transex dicevo, un nome una garanzia, sai esattamente cosa aspettarti da loro e sai che prima o poi te lo piazzano fra “capo e collo”, beh, eccoti servito. Questo secondo lavoro prosegue idealmente quanto iniziato un paio d’anni fa, ma con alcune sostanziali differenze: la produzione, l’esecuzione ed il livello compositivo sono nettamente migliorati rispetto al pur convincente esordio, e se compattezza e precisione della sezione ritmica sono ormai un ”trademark”, un plauso in più meritano la voce decisamente “sugli scudi” di Ego ed l’ottimo lavoro di Child alla chitarra, che macina pregevoli (ma non masturbatorie) trame in tutti i brani. Ciò nonostante la formula è – Deogratia- quella ormai consolidata: Punk rock semplice e diretto, senza tanti fronzoli e figlio del ’77 più truce, volgare e sboccato, cui si rifà saltando a piè pari le tre decadi trascorse e, soprattutto, sbattendosene altamente le palle di gruppi, gruppettini e cacacazzi che da troppo tempo si riempiono la bocca col termine “punk” e sono financo convinti di suonarlo, fracassandoci timpani, palle e purtroppo anche la vista da quando c’è “mamma” (un po’ troia invero) MTV.

Tutti i brani scorrono come una pinta di McCaffreys nell’ugola di Bon Scott, sopra la media “Suicide”, “Electric Chair”, “Domino” e la conclusiva ed oscura “Young Blood”. Se proprio devo trovare un “difettuccio” direi che è il booklet inesistente, anche se la foto di copertina è quanto di più invitante e perverso abbia visto da tempo immemore. Transex: brutti, sporchi, cattivi, scorretti e col nome più “frocio” del pianeta: come non amarli? Dimenticate la Epitaph e correte a comprarlo.
Gaetano Fezza

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PAVIC
"Taste Some Liberty"
Anteo Records - 2005

Debutto discografico sulla lunga distanza per Marko Pavic, chitarrista serbo adottato dalla nsotra capitale, conosciuto ai lettori di SLAM! per i demo "Restless Soul" del 1999, "Night Life" del 2001 e per aver collaborato recentemente alla realizzazione di "Freak Out" di Chris Catena, che qui troviamo come lead vocalist.

L’impatto delle 12 canzoni proposte è sicuramente potente e melodico, seguendo quel filone hard rock che strizza l'occhio agli anni 70, Rainbow e Deep Purple tanto per citare un paio di nomi. La produzione è veramente all’altezza e rende giustizia a pezzi come "Summer Of '98", "Night Life" e "Death Alley Driver" che sono a mio avviso i brani che hanno quel qualcosina in più. Per chiudere segnalo la cover dei Supertramp di "Logical Song" e la presenza di numerose guest come Kee Marcello (Europe, K2), Tony Franklin (Blue Murder, Whitesnake), Vitalij Kuprij (Artension, Ring Of Fire), Daniel Flores (Mind's Eye), Vivien Lalu (Lalu), Adolfo Ramundo, Jimmy Bax, Sandro Manicone, Patrizio Izzo, Davide Matera, Chris Heaven.
In definitiva "Taste Some Liberty" risulta essere un buon disco, ottimamente suonato anche se manca di qualche potenziale hit, ma sicuramente farà iniziare bene l'anno ai vecchi estimatori del rock duro.
Moreno Lissoni

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LEE ROCKER
"The curse of rockabilly"
Hypertension - 2005

Dopo la recente e trionfale reunion degli Stray Cats ecco che Lee Rocker se ne esce con un nuovo disco solista. “The curse of rockabilly” sembra partire col piede sbagliato, “Funny car graveyard” ha stile ma sembra un pò moscetta anche se le citazioni delle sigle di “Batman” e “The monsters” lasciano ben sperare. Le speranze sono ben riposte, con “Race track blues” il disco decolla e parte per una bella ricognizione negli spazi astrali del rockabilly.

“Rock this town” non è certo potente come nella versione degli Stray Cats ma col suo incedere swingato ci obbliga a schioccare le dita a tempo. Il disco scorre che è una meraviglia e vede gli episodi migliori con “Say when”, da ballare, e “Runnin’ from the hounds” uno sgangherato e divertente, passatemi il termine, swamp-a-billy. Lee Rocker non è Brian Setzer, non ha la stessa carica esplosiva ma ha classe da vendere e dopo qualche ascolto si finisce con l’ adorare questo disco. Acquistandolo direttamente in pre order dal sito riceverete una copia autografata.
Matteo Pinton

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PAUL BLACK'S L.A. GUNS
"Black List"
Black City Records - 2005

"Black List" è il titolo di questa release che vede l'originario lead vocalist Paul Black dietro il microfono degli L.A. Guns, formazione pre contratto discografico e debut album che vedeva alle chitarre Tracii Guns e Robert Stoddard (Dogs D'Amour), alla batteria Nickey Alexander (The Weirdos, Lords of The New Church) e al basso Mick Cripps. Le registrazioni di quel periodo sono state riprese e rimasterizzate con una resa sonora decente, il booklet curatissimo è composto da 16 pagine a colori con numerose foto inedite della band e tra queste uno sfizioso scatto con il duetto Paul Black/Axl Rose che, attribuisce a tutti gli effetti, un valore aggiunto a questo lavoro.

18 tracce tra cui troviamo alcuni brani in fase embrionale che in seguito diventeranno gli hit delle pistole di Los Angeles: "Show No Mercy" ("No Mercy"), "One More Reason to Die" ("One More Reason"), "Looking Over My Shoulder" ("Never Enough") e "Love & Hate" ("Sex Action") ed è strano sentirle interpretate da una voce che non è quella di Phil Lewis.
Tra le altre composizioni dell’album mi hanno colpito "L.A.P.D." dall'incedere tipicamente metal anni 80, "On and On" e "Love Is a Crime" che sembrano delle outtakes dei primi Icon, mentre "Word to the Wise Guy" e "Black City Breakdown" sono due discreti esempi di hard'n'roll.
"Black List" è una bella chicca per collezionisti e tutti gli amanti degli L.A. Guns.
Moreno Lissoni

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TRIPLE COBRA
"Little Black Heart"
Triple Ego Music - 2005

Dietro al monicker Triple Cobra si nascondono 4 musicisti provenienti da una delle più belle città d'America, San Francisco! Accompagnati on stage da altrettante fanciulle, ci propongono un CD di 3 pezzi che si rifanno al glitter/glam degli anni 70 con qualche cenno a Suede e Placibo, ma di quest'ultimi c'è veramente solo una piccola percentuale.

Il primo pezzo è quello che preferisco, "J-Hole": glam settantiano che se per un istante mi fa divagare riportandomi alla mente le attuali accuse a Gary Glitter per pedofilia, dall'altra mi invoglia a ripescare qualche vecchia compilation con lustrini e zatteroni in copertina.
Con "Love" si smorzano un pò i miei toni entusiastici, il brano non è brutto, ma non prende mai veramente il volo, forse un pò troppo lungo ed elaborato per i miei gusti, 'difetto' riscontrabile anche nell'ultima "Working Diamonds".
Non mi resta quindi che attendere il primo lavoro in studio sulla lunga distanza per vedere se continueranno a 'glitterare' oppure si perderanno in song di difficile assimilazione.
Moreno Lissoni

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