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MOTLEY CRUE
"Red, White and Crue"
Motley Records/ Universal - 2004

Motley Crue, The world’s most infamous rock band... così recita l’adesivo attaccato al doppio cd che segna il ritorno dei Crue sulle scene. Attesa, rimandata, osteggiata... la reunion è finalmente arrivata e per celebrare il tour mondiale (li vedremo anche in Italia il 12 giugno a Bologna nell’ambito del Gods of Metal) e l’uscita prossima del film tratto dall’autobiografia “The Dirt “, ecco uscire una doppia raccolta contenente ben 37 canzoni, di cui 3 inedite.
Visto che mi sembra perfettamente inutile stare a parlare di pezzi del calibro di "Live Wire", "Girls, Girls, Girls", "Shout at The devil" o "Kickstart My Heart", ben conosciuti da tutti, andiamo dunque ad esaminare le 3 nuove canzoni inserite nella compilation.

Ad essere precisi poi i veri inediti sono due, in quanto una delle nuove canzoni altro non è che la cover (per altro ben fatta) di “Street Fighting Man” dei Rolling Stones.
Cominciamo dal singolo, “If I Die Tomorrow”, pezzo giocato su un riff massiccio dalle sonorità “moderne” e dotato di un ritornello facilmente assimilabile dopo pochi ascolti, brano che personalmente reputo all’altezza della situazione, se poi vi dovesse capitare di vedere il relativo video-clip... beh... ammetto che un certo effetto me ho fatto... decisamente.
L’altro inedito è "Sick Love Song", che paradossalmente richiama l’unico album dei Crue senza Vince Neil, l’omonimo lavoro datato 1994, in cui emerge un gran lavoro della sezione ritmica con un Tommy Lee potente come al solito.

E’ chiaro che due canzoni sono poche per dare un giudizio sui “nuovi” Crue, credo comunque che la strada intrapresa sia quella giusta... inutile essere nostalgici e poco credibili... meglio proporsi per quello che si è veramente... anche se poi la gente dal vivo vorrà solo i pezzi vecchi, e da un certo punto di vista è giusto anche questo.
Non ho la minima idea di quanto durerà la reunion, se veramente in prossimità del film i nostri ci regaleranno un nuovo album o meno... quello che so per certo è che sentivamo la mancanza di una band come questa... loro sono la storia... tutto il resto è relativo.
Federico Martinelli

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Y & T
"In Rock We Trust"
Majestic Rock - 2005

Cominciamo questa recensione con un grazie sentito alla Majestic Rock, etichetta inglese che spesso si cimenta in ristampe di vecchi classici e che ha ristampato proprio recentemente ben 3 albums della formazione americana degli Y & T, ovvero "In Rock We Trust" (1984), "Open Fire" (1985) e "Down for the Count" (1985).
Grazie perché come gli appassionati sapranno al reperibilità in cd dei suddetti albums era praticamente nulla, se escludiamo costosissime versioni giapponesi rintracciabili a qualche convention o su internet, e ora possiamo godere di questi 3 classici a prezzi contenuti.
Ho scelto di parlare in modo approfondito di “In Rock We Trust”, ma avrei potuto farlo anche degli altri due, essendo la qualità dei lavori molto elevata in tutti e tre i casi.

Ho scelto questo perché contiene almeno 3-4 canzoni di altissimo livello, che personalmente annovero tra le loro migliori composizioni, a cominciare dall’opener, “Rock & Roll Gonna Save The World”, con quel riff vagamente AC/DC che poi esplode in un pezzo di puro e incontaminato Hard Rock a stelle e strisce, con un Dave Meniketti splendido con quel suo timbro bluesy a condurre on coro stellare… grande pezzo... senza dubbio.
“Life Life Life” e “ Masters and Slaves” son altre 2 bordate di fumante Hard Rock in cui risalta anche l’ottimo lavoro della coppia Meniketti/Alves alla chitarra, mentre “I’ll Keep on Believin” è uno di quei classici di cui vi parlavo, brano molto melodico, una sorta di semi-ballad che ci riporta alla mente grandi bands come Journey o Foreigner, con grande uso di cori che risultano a conti fatti come una delle caratteristiche principali di tutto il cd.

Altro momento di grande coinvolgimento e “Break Out Tonight”, giocato, guarda un po’, su un altro coro accattivante alternato a break bluesy di grande effetto. Segnalazione obbligatoria poi per “Lipstick and Leather”, tipico mid-tempo anni ’80 con refrain ripetuto all’infinito, vero anthem di un tempo che fu.
Chiudo questo ripescaggio con “This Time”, posta in chiusura di album e ballad di tutto rispetto con ancora una volta una prestazione di Meniketti sopra le righe.
Da segnalare infine che la produzione rimane tuttora uno degli esempi più brillanti di quegli anni, opera di quel Tom Allom che ha legato il suo nome a quello dei maestri Judas Priest, e che dona a questo album dopo 20 anni e passa una “freschezza” davvero invidiabile.
Disco assolutamente da riscoprire e da fare proprio.
Federico Martinelli

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DECADENZA
"EP '05"
Self Produced - 2004

Con il termine "decadenza" di solito si indica quella fase storica di una cultura, di una civiltà o di uno stile, in cui la produzione artistica non conosce ulteriori sviluppi rispetto alla fase precedente ma si sofferma solo su stanche ripetizioni di maniera. Nel caso del quintetto romano è avvenuto l'esatto contrario perchè rispetto al primo cd della band "Anime" c'è un'evoluzione compositiva e di suoni notevolessima e l'unica pecca che può avere questo mini CD è il numero di canzoni, solo 4!
Sono passati ormai 5 anni dal loro primo Ep e un paio di cose sono cambiate da allora: si è aggiunto alla band un nuovo chitarrista (Jonna) e dal cantato in italiano si è passati a quello in inglese che li ha portati anche a registrare "Dead By X-Mas” degli Hanoi Rocks per la compilation natalizia della Perris Records "The Glam That Stole Christmas".

La partenza è delle migliori, "Hey Man!", un riuscitissimo pezzo di derivazione scandinava, dove i BACKYARD BABIES giocano un ruolo fondamentale... davvero un gran bel pezzo, così come "No Hay Banda", stesse coordinate sonore ma questa volta il vocalist Killo ci concede qualche passaggio... MANSON-iano. Da "Anime" viene ripresa "Maelstrom '04", riveduta sia a livello di sonorità che di cantato (la nuova versione è in inglese) e a chiudere questo poker d'assi tocca alla cover di "Deuce" (vi devo dire anche di chi è?!?! No vero?!?), non troppo distante dall'originale e che consacra i Decadenza come una della migliori realtà della scena capitolina!!
Moreno Lissoni

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MAMA KIN
"Rock N Roll"
Self Produced - 2004

Dal nord, insieme al freddo e alla neve di questi giorni, è arrivato anche il nuovo demo degli svedesi Mama Kin, già autori di altri due mini CD ("Three Is Company" e "Partytime") che mostra una leggera maturazione a livello compositivo del trio di Karlstad. Non è difficile inquadrare il sound: street rock ottantiano con una piccolissima percentuale di sonorità scandinave e ce lo dimostrano subito con la title-track, ma è con la seconda traccia ("Stick it out") che i Mama Kin riescono ad esprimere meglio le loro capacità, hard rock stradaiolo che fonde Motley Crue con Kiss.
La terza e ultima canzone ha il titolo di "Devil Dance", stesse influenze delle precedenti per un'altra discreta prova di Eddie Arena, Chris Action e Rixie.
Moreno Lissoni

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GEOFF STARR
"Parafinns & Princesses"
Sew knee records - 2004

Chi si rivede! Il rocker platinato dalla terra d'Albione (Albione/Albino eh eh eh), che come molti di voi ricorderanno, ci deliziò della sua presenza al Glam Attack 2004. A dir la verità a me non deliziò più di tanto in sede live, preceduto oltretutto da bands italiane di spessore ben più elevato, ma questo è un'altro discorso...
Mr. Starr torna a far parlare di se con un mini di 4 tracks + Bonus, che poco si scosta da ciò che avevo sentito a Torino: speed rock 'n roll molto vicino al punk con punte veramente vicine ai Sex Pistols che furono.

Le tre songs d'apertura, della durata media di 2 minuti, potrebbero essere inglobate in un'unica canzone, data la staticita' della sezione ritmica, sempre concentrata a "pestare" sui 150 bpm di metronomo senza deviare minimamente; soprattutto il suono di chitarra zanzaroso e 78 punk risulta, a tratti fastidioso e poco azzeccato. Con la successiva "Fallin' from Grace" si cambiano finalmente connotati, e si parte con un buon arpeggio che lascia presagire ad un inizio più variegato e leggermente piu' pesante; anche il riff che lo segue è di buona fattura e originalità (io continuerei su questa strada), ma poi si approda nei soliti lidi punk che in troppi ci hanno già proposto ed in troppi ripropongono con più stile ed esperienza.

Si chiude con la cover dei Dolls "Looking for a kiss", che potrete trovare sulla compilation tributo della FastLane Records, e che poco aggiunge alla qualità del dischetto.
Mi dispiace non poter giudicare positivamente questo mini di Geoff Starr, ma la cosa che mi lascia più amarezza è la nostra consueta esterofilia (che spesso è anche la mia malattia!) che ci porta a credere che un rocker sia più talentuoso se viene, per esempio, dalla Gran Bretagna.
Paolo Pirola

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ATWOOD
"Atwood"
Self Produced - 2004

Interessante il promo di questi cinque rocker italiani, che con un'autoproduzione senza troppe pretese colpiscono il bersaglio dell'originalità e della voglia di provare ad uscire da certi schemi. In netta evidenza le doti chitarristiche con l'opener "Live my Life", canzone dallo stampo stoner in cui a farla da padrone e' la voce roca e vissuta del buon Davide, un piccolo Lemmy di provincia, che mi ha lasciato letteralmente sbalordito per la cattiveria e lo stile con cui affronta le lyrics. Anche le successive "Fuck the dreams", "Life is Strange" e "Away from me" restano sulle stesse coordinate, introspettive e decadenti al punto giusto, contornate da una aggressività mai fine a se stessa ma spinta dalla chiara voglia di suonare del rock grezzo e senza compromessi.

Interessante la scelta di aprire la già citata "Life is Strange" con un arpeggio che ricorda molto da vicino, sia per quanto riguarda la scelta delle armonie e dei suoni, gli Scorpions delle migliori ballads.
Come avrete capito ci troviamo di fronte all' ennesima interessante realta' italiana, che con un prodotto low-budget mette in evidenza tutte le proprie doti e si fa largo nel crescente panorama rock.
Un consiglio: continuate a battere la strada dell' originalità.
Paolo Pirola

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BILLY IDOL
"Devil’s playground"
Sanctuary - 2005

Billy Idol è tornato. Assente dalle scene da dieci anni aveva bisogno di rigenerarsi. Me lo vedo: lunghe passeggiate in montagna, tisane e sedute di yoga. Già, è proprio il tipo.
“Devil’s playground” parte subito col pedale schiacciato a fondo: “Super overdrive” è un punkattack in pieno stile Billy Idol. La successiva “World comin’ down” fa il verso al punk pop che imperversa nelle charts americane ma, sarà che Billy Idol sta roba l’ha inventata lui, sarà che gli altri non hanno Steve Stevens alla chitarra , fatto sta che Offspring e Blink 182 un pezzo così se lo sognano. “Rat race” nel ritmo e nell’uso della chitarra richiama “Eyes without a face” mentre “Sherry” è un pezzo di ampio respiro.

Intensa e coinvolgente “Plastic Jesus”, con un ritornello bastardissimo è quasi una ballad e potrebbe tranquillamente essere un singolo, se solo nelle radio ci fosse gente con un minimo di cervello. “Scream” invece è il primo singolo estratto da questo disco: perfettamente realizzato allo scopo di diventare un hit, ha il suo bel riffone di chitarra col Billy che strilla “make me scream woooman, woooman”, Un futuro must per tutte le discoteche rock del globo.
“Yellin’ at the Xmas Tree” è un gioiellino: campane e ritornello ficcante, non capisco perché non sia stata proposta come canzone natalizia, sono sicuro che sarebbe stata un tormentone. Le successive “Romeo’s waiting” e “Body snatcher” pur mantenendosi su un buono standard scorrono senza graffiare ed “Evil eye” ci riporta il Billy tutto sesso e perversione di sempre.

“Lady do or die Cherie” è un brano strano, fa venire in mente il Johnny Cash degli ultimi dischi ed è tra gli episodi migliori del disco. Chiudono “Summer running”, la musica che avrebbe fatto Idol se fosse vissuto negli anni sessanta e l’ultimo brano, del quale sul mio promo non c’è il titolo, parte soft ma poi si incazza per tornare di nuovo soft.
La beauty farm ha giovato a Billy Idol, dieci anni sono tanti ma forse è valsa la pena aspettare: il ragazzo è in forma smagliante, ci regala un disco di rock cazzuto, molto più rock e meno pop del passato. Vergini di tutto il mondo tremate, la testa più bionda del rock è di nuovo tra noi, pronta a spargervi addosso secchiate di testosterone.
Matteo Pinton

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SHADY LADY
"Raving Mad"
Rave Up - 2004

Abbiamo dovuto aspettare più di 30 anni per ascoltare questo disco, che colloco a buon diritto fra i migliori mai prodotti in ambito Glam Rock/Proto Punk nei favolosi 70’s, e mi rende orgoglioso il fatto che la prima stampa ufficiale venga dal nostro paese, tanto bistrattato da certa “stampa” indigena (e non) in ambito Rock, quanto ostinatamente continua a dare a tutti i livelli per portare alta la bandiera della nostra musica preferita.

Per l’ennesima volta quindi un bravo a Pier, boss della Rave Up records, sia per il coraggio che per la tenacia con cui ha condotto la trattativa, e complimenti per il risultato finale che ci consegna un autentico “gioiellino” in vinile rosso trasparente a tiratura limitata, con le registrazioni complete tratte dai master originali incisi dal 1970 al 1972. Shady Lady: un nome, una leggenda, la band da cui cominciò al di la di ogni ragionevole dubbio la Glam invasion negli Stati Uniti in anticipo su tutti gli altri, prima che si formassero le Dolls i Kiss e gli Zolar X, prima dell’osannato “Ziggy Stardust” di Bowie (forse il miglior parto di un artista che, pur avendo il grande merito di aver portato il Glam Rock a vette di popolarità clamorose, all’epoca era spettatore di lusso agli show dei Lady).

Purtroppo come spesso accade la fama e la gloria non vanno di pari passo con la bravura e la brillantezza di un artista, per cause contingenti (vi rimando all’intervista con il singer Stefen per saperne di più www.slamrocks.com/shadylady.htm) il disco ha visto la luce solo a fine 2004, ma che disco ragazzi! Non vorrei ripetere pedissequamente quanto detto nella recensione del 5 tracks promo (rileggetela qui), non mi resta quindi che ribadire, alla luce dei 5 brani che ancora non conoscevo - “All Night Long”, “Save Me”, “The Move”, “Down To Dirty” e “Raving Mad”- l’assoluto valore di questa seminale e sfortunata band. Finalmente anche gli Shady Lady possono essere apprezzati da tutti gli amanti del rock’n’roll con la R maiuscola, quello che gli Stones, partendo da radici comuni, hanno portato alle vette e che di lì a poco esploderà in tutto il suo fragore generando un’ondata di bands che, sotto la scintillante bandiera del Glam Rock, dominerà a lungo le charts di mezzo mondo ed il cui eco, deogratia, non si è ancora spento.

A questo punto, vista la rapidità con cui i titoli Rave Up fanno “Sold Out”, vi consiglio di prenotarne al più presto una copia direttamente sul sito www.petrosh.it/raveup, basta pensare che “voci attendibili” ne danno una copia prenotata da una certa Nina Antonia per rendersi conto dell’eccezionalità dell’evento. Rocker avvisato... Amen.
Gaetano Fezza

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ENUFF Z’ NUFF
"?"
Frontiers Records - 2005

Una genesi strana per questo disco degli Enuff z’ nuff: la formazione originale si riunisce per la prima volta dopo tanti anni, Donnie Vie, Chip Z’Nuff, Derek Frigo e Vic Foxx registrano una manciata di pezzi composti in varie epoche della ormai quindicennale carriera. Poco dopo Frigo perde la vita e così “?” si trasforma in una specie di tributo da parte dei vecchi compagni di avventure ad un chitarrista spesso sottovalutato ma di grande valore.

Proprio il fatto che le canzoni siano state scritte nel corso degli anni ci permette una interessante panoramica della varie fasi evolutive della band. Nati in pieno periodo hair metal gli Enuff z’ Nuff sono stati subito accomunati ad altre bands con un sound molto più hard senza tener conto delle forti venature melodiche che caratterizzavano la loro musica.
Le influenze musicali sono chiare: si pensa subito ai Beatles ed è evidente che i ragazzi sono cresciuti a pane e Cheap Trick. L’ opener “Gorgeous” dopo un’ intro di piano anni ’30 si sviluppa intorno ad un ritornello facile facile e la seguente “Home tonight” nelle aperture porta alla mente “Sister golden hair” degli America.

“No place home” ha un ritmo cadenzato con un bel controcanto, “Harleya” è una canzone d’ amore mentre “Hang on for life” ci introduce il lato più “tirato” degli Enuff z’ nuff. “Man with a woman” potrebbe ben figurare su “Let love rule” di Lenny Kravitz o meglio ancora su un disco dei Maggie’s dream. Interessanti la ballad “How are you” e la moderna "Jony Woni" mentre è assolutamente insignificante la cover di “Stone cold crazy” dei Queen.
“?” non è sicuramente il capolavoro degli Enuff z’ Nuff ma è un album molto gradevole, consigliato a chi ama le melodie ed i ritornelli che ti si stampano nel cervello e non ti mollano per tutto il giorno.
Matteo Pinton

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TOMMY FUNDERBURK
"Anything For You"
Frontiers Records - 2005

Alla maggior parte di voi il nome di di Tommy Funderburk risulterà sconosciuto, ma il musicista del North Carolina ha alle spalle una carriera e delle collaborazioni con numerose celebrità del genere... in ordine cronologico, quella con Jay Graydon e David Foster con gli Airplay e poi con gruppi del calibro di Whitesnake, Motley Crue, Boston, Yes, Steve Lukather, Richard Marx, Amy Grant, Rick Springfield, Starship, REO Speedwagon, Coverdale Page, ecc... Nel 1984 incontra Bob Wilson e forma i The Front mentre nel 1988 con Bruce Gaitsch inizia a scrivere del materiale che finirà poi a far parte del progetto King of Hearts.

Oggi, con Fabrizio V. Zee Grossi (Glenn Hughes, House of Lords) dietro alla consolle da alle stampe "Anything For You", tutto fuorchè un brutto album, anzi, 10 pezzi dove classe e melodia vanno a braccetto. Con l'aiuto di illustri ospiti come Michael Thompson, lo stesso Bruce Gaitsch e Greg Mathieson, Funderburk realizza brani che sembrano essere stati partoriti nel periodo d'oro del genere come nel caso dell'opener “Learning How To Love”, ma in tutto il disco si riscontra un gran gusto per la melodia con le tastiere mai troppo invadenti che fanno di "Anything For You" un vero oggetto di ricerca per chi ama queste sonorità in bilico tra l'aor e il melodic rock. Se vi è piaciuto il disco solista di James Christian, Brave o King of Hearts amerete anche "Anything For You" e la bella voce di Tommy (un'ibrido tra il cantante degli House Of Lords e Knut Erik Oestgaard dei norvegesi Return). Solo per i palati più fini.
Moreno Lissoni

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TALISMAN
"Five Men Live"
Frontiers Records - 2005

Ritengo Jeff Scott Soto uno dei migliori vocalist nel panorama hard & heavy mondiale, un personaggio che con la sua voce ha aiutato a far conoscere gruppi come Eyes, Takara e ovviamente Talisman. Ricordo di averli visti nel maggio del 2003 in una serata andata un pò così così per via della scarsa affluenza di pubblico e per il torrido caldo dell'Indian's Saloon di Bresso che, freschi di stampa del contratto con la Frontiers e la pubblicazione di "Cats & Dogs" riuscirono ugualmente ad eseguire uno show degno di tale nome con un Soto carismatico e una band perfettamente amalgamata.

Questo doppio CD dal vivo risale appunto a quel periodo e raccoglie le esibizioni dell'agosto del 2003 al Club Mondo di Stoccolma e quella dello Sweden Rock festival sempre dello stesso anno in cui il five-pieces mette in mostra tutta la loro bravura come musicisti (Jacob e Akesson sono non una, ma 2 spanne sopra la media) e ci fa ascoltare in versione live tutti i loro maggiori successi come la stupenda "I'll Be Waiting" cantata in duetto insieme al pubblico (con Soto che accenna i cori di pezzi di AC/DC, Bon Jovi e Europe), "Break Your Chians", "Mysterious", "Standing On Fire", la cover di Seal "Crazy" o il medley conclusivo di "I Don't Know/Crazy Train".
Sicuramente la buona resa sonora aiuta il risultato finale di "Five Men Live" consigliato agli aficionados della band scandinava.
Moreno Lissoni

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BABYLON BOMBS
"Cracked wide open and bruised"
Smilodon Records - 2005

Missione compiuta per gli svedesi Babylon Bombs che dopo il promettente promo dello scorso anno sono riusciti a trovare un mini contrattino con una label locale e hanno fatto uscire un disco che conferma quanto di buono detto in passato su di loro. Se è la prima volta che sentite parlare dei BB, allora mi tocca illustrarvi le tappe principali della loro storia: nascono a Stoccolma sul finire del 2001 e pubblicano un demo CD intitolato "Ten things you can't live without" (dove riprendono "So Cruel") e nel 2004 con un mini di 4 pezzi, un piccolo antipasto di quello che è ora "Cracked wide open and bruised", album riuscitissimo che metterà d'accordo gli amanti dello scan rock con quelli del più tradizionare rock'n'roll settantiano.

Backyard Babies, Hardcore Superstar, e dosi Hellacopters, Kiss e Faces sono gli ingredienti principali che compongono questo lavoro che fortunatamente si distingue dalla miriade di prodotti scan rock per il semplice fatto che le canzoni non sono una identica all'altra ed inoltre possono contare su pezzi dall'ottimo potenziale come "Let's Roll" (se Dio vuole anche sull'imminente compilation di SLAM!), la saloon 'n' roll "Every dog has its day" che vede The Duke Of Honk (Diamond Dogs) all'organo e le Seventies "Superstar" e "Lady Deny".
Ricordo inoltre il ripescaggio di altri 2 pezzi dal promo del 2004, la lenta e cadenzata "Crucify" e lo scan rock di "Delirious", per il resto un album tutto da ascoltare!!
Moreno Lissoni

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JAILHAWKS
"Straight to hell"
Self Produced - 2005

Sono parecchi anni ormai che circolano nei locali lombardi, tra alti, bassi e cambi di line-up. I più attenti di voi ricorderanno una vecchia recensione di "Back To The Wild" nella sezione New Bandz, 9 tracce all'insegna di un classico hard rock americano che però segnò anche la fine - momentanea - della band, ritornata on the road nei primi mesi del 2004 con una nuova formazione: Stevie Anders alla voce, William Hurts e Dizie "Hurri" Kane alle chitarre, Jacky "p.i.z." Jay al basso e Casio alla batteria.

Il risultato di quasi un anno di lavoro, concerti e ubriacature, è questo nuovo mini dal titolo "Straight to Hell", un demo di 5 brani registrati alla prima take che fanno si emergere la vena live e rozza del gruppo, ma al tempo stesso può far storcere il naso per una non perfetta resa sonora.
"This record is dedicated to the last rockers of the 80's" ecco come si presentano sull'artwork del CD e come avrete intuito, niente di nuovo sotto il sole, ed infatti nei 15 minuti o poco più della sua durata sono le vecchie sonorità stradaiole di derivazione losangelina a riempire le note di ogni singola canzone. La FASTER PUSSYCAT-iana "She's" e lo sleazy rock n'roll di "Nothing To Loose" (con tanto di armonica) sono i pezzi che preferisco, mentre le rimanenti tracce, pur seguendo i canoni dettati dallo street rock, sembrano mancare di quel non-so-che che li possa far uscire dalla media di un genere fin troppo spremuto. La strada per celebrare l'hair metal-era è quella giusta, il tempo e l'esperienza porteranno risultati ancor migliori e più maturi nel futuro.
Moreno Lissoni

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TISHAMINGO
"Wear N' Tear"
Magnatude Records - 2005

"Wear N' Tear" è il secondo lavoro dei Tishamingo dopo il disco di debutto, molto acclamato dalla critica. La southern rock band, che risiede in Georgia (ma originaria della Florida), è riuscita a sfornare un'altro bel lavoro, degno del primo. Il disco parte alla grande con l'energia di "Wastin' My Time", uno dei migliori brani del cd, che evoca l'aspetto più rock della band, così come l'ottima cover di "Poison Whiskey" dei Lynyrd Skynyrd.
Nel sound dei Tishamingo si nota un legame molto forte con la leggendaria Allman Brothers Band, più forte che con i Skynyrd. Infatti nel cd ci sono parti di basso funkeggianti e variazioni tipicamente classic rock anni '60 -'70.
Questo è il caso di "Hillibilly Wine", pezzo southern in cui la band riesce ad inserire in un improvvisazione jazz tipica degli A.B.B. Inutile dire che la canzone è eccelsa, dove il groove del bassista Stephen Spivey svolge un lavoro fantastico.

"Magic" fa calare un'atmosfera molto intimista giocando su raffinate note blues, mentre la traccia seguente, "Rome", è una jam strumentale che fonde funk e jazz ed esalta la sezione ritmica della band composta da Spivey e Richard Proctor.
Non è da meno il lavoro dei due chitarristi (nonchè cantanti), Cameron Williams e Jess Franklin, molto abili nel colorare la canzone con note mai scontate.
Nel disco troviamo anche 2 "classici" pezzi southern, "Billy" e "Smoked Mullet" (quest'ultima però presenta sfumature decisamente orignali) molto piacevoli, mentre con "Willin' To Die" si arriva al country tutto chicken pickin'.
La seguente traccia, "Worn Out Soul", ha un andamento blues tipicamente sudista molto coinvolgente, con belle parti di chitarra slide. Il disco chiude con "Ain't Got Time", pezzo che ricorda molto da vicino i Lynyrd Skynyrd (in particolare "Dead Man Walking" sull'ultimo cd) e con un bel brano di solo pianoforte, "Reprise".

"Wear N' Tear" è un gran bel disco southern blues rock'n'roll, con puntate jazz, classic '60 -'70 ed anche soul. Le voci, così come le chitarre, soddisferanno pienamente gli amanti del southern rock.
Disco impegnativo e piacevole, suonato in maniera impeccabile da ottimi musicisti. Se vi piacciono band come gli Allman Brothers o i più recenti Gov't Mule prendete immediatamente i Tishamingo, il disco vale ogni singolo centesimo.
Carlo Mazzoli

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CINDERELLA
"Rocked Wired & Bluesed: The Greatest Hits"
Mercury/Universal - 2005

Sto cominciando ad odiare i Cinderella. Anni fa non vennero a suonare per i concerti già programmati perché l’Italia era ad altissimo rischio terroristico. Nel 2002 li ho visti fare il sound check in un show del “Rock never stops tour” ma poi si è scatenato un nubifragio che ne costrinse l’annullamento. Nel 2003 vennero rimpiazzati dai Dogs d’Amour proprio all’ultimo momento per il Monster of rock inglese… naturalmente quando io avevo già preso i biglietti aerei. Probabilmente non è destino che io riesca a vederli suonare dal vivo.

Questo mio accanimento pero’ dimostra quanto io ami questa band, e depone a favore del fatto che dirò ogni male di questo “Rocked Wired & Bluesed” non per antipatia ma per validi motivi.
I Cinderella non sono mai stati una band prolifica, in quasi 20 anni di carriera hanno dato alla luce solo 4 full lenght albums. Posso capire i problemi con le case discografiche che hanno costretto più o meno tutti gli artisti alla pubblicazione di live e greatest hits indesiderati, ma adesso qui si sta esagerando. Una band con all’attivo 42 canzoni non può pubblicare 4 live e 5 greatest hits (sempre che non mi sfugga qualcosa): è una presa in giro.

Rocked Wired & Bluesed”, a onor del vero un bel prodottino, contiene 17 brani memorabili e niente di più nè un inedito nè, che ne so, una cover. Un disco assolutamente inutile che dimostra solo la volontà di raggranellare qualche dollaro senza alcun rispetto per i fans, e questo sicuramente è poco onorevole. Non dico “bocciati!” perché sono stati un vecchio amore, ma un bel “dietro alla lavagna col cappello da asino” se lo meritano in pieno.
Matteo Pinton

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STARBREAKER
"Starbreaker"
Frontiers Records - 2005

Sono sempre stato un estimatore di Tony Harnell (cantante americano adottato dalla Norvegia dopo i numerosi successi ottenuti con i TNT) che non si è mai concesso una pausa portando avanti diversi side-project: Morning Wood e WestWorld prima e ora questi Starbreaker, progetto che lo vede al fianco di musicisti del calibro di Magnus Karlsson (Last Tribe), John Macaluso (Riot, Ark e Malmsteen) e Fabrizio Grossi (Glenn Hughes/Chad Smith, Dave Navarro, POD, Dope, House of Lords). Disco ineccepibile di class metal moderno, in cui le ombre ottantiane della band di "Intuition" si incontrano con i MASTERPLAN.

La partenza è una di quelle col botto e prende il nome di "Die For You", un massiccio melodic metal dove tanto per cambiare è la voce di Harnell che regna incontrastata sul brano mentre "Lies" è un piccolo gioiellino presente nel CD anche in versione video, da non perdere! Si perde leggermente quota con "Break My Bones", ma si ritorna a volare con la rabbiosa e sinfonica "Crushed" e la power ballad "Days of Confusion" dove troviamo frequenti cambi di tempo e l'uso massiccio di keyboards, strumento che la fa da padrone anche nell'intro gothicheggiante di "Light at the End of the World" che per un attimo mi ha fatto pensare ad un disco degli HIM, ma subito smentito dopo la prima strofa.
Il melodic metal di "Underneath a Falling Sky" precede "Turn it Off", senza dubbio il pezzo più riconducibile al repertorio TNT e Westworld. I fan del genere sono avvertiti, consulatare il sito della Frontiers o della band per averlo!
Moreno Lissoni

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FINAL FRONTIER
"High Tension Wire"
Frontiers Records - 2005

Con alle spalle due album riecco i Final Frontiers, combo che gli amanti dell'aor sicuramente conosceranno già, per la presenza nella line-up di due veterani della scena nord americana come Rob Moratti (non un parente del presidente dell'Inter eh, ma lo ricordiamo con l'album sotto il monicker di Moratti dal titolo "Desolation" uscito nel 1996 per la Seagull International), Mladen (già con Von Groove, Triumph e 24k), Lawrence Falcomer (Sonic X) e Michael Shotton (anche lui Von Groove e voce negli The Outpatience di West Arkeen).

"High Tension Wire" uscito inizialmente per la Marquee/Avalon è ora sotto la nostrana Frontiers Records che per l'occasione aggiunge la bonus track dal titolo "Let Me Be The One". Palesemente influenzati da BOSTON, ma soprattutto dai JOURNEY riescono a produrre un album dalle sonorità che piaceranno a tutti coloro che hanno seguito la band di Steve Perry, e quella miriade di gruppi-clone come Passion Street, Valentine o Tall Stories... ascoltatevi pezzi come "High Tension Wire" o la splendida "Who's Going to Love You Now" o poi sappiatemi dire a chi si rifanno...
"Beauty and the Beast", "Hollywood Drama", "Listen to Your Heart", ecc... portano indietro l'ascoltatore di 20 anni, quando le grandi melodie e i tasti d'avorio erano le colonne portanti di hit single da classifica. Aor fanatic, un disco che fa per voi!
Moreno Lissoni

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SHY
"Sunset and Vine"
MTM / Frontiers Rec. - 2005

L’uscita di un disco non è più sensazionale come poteva esserlo un tempo… ormai decine di albums si riversano per il nostro piacere/dispiacere nelle vetrine dei negozi e, nonostante l’hard rock, l’AoR, il glam e chi più ne ha più ne metta, pare sempre che debba morire e non risorgere più, ci ritroviamo a dover recensire un sacco di dischi in uscita… talmente tanti che alle volte o si evita per mancanza di tempo o si fa in fretta.
La mole di lavoro quindi non manca e il melodic rock gode di un periodo molto più ricco di quanto si pensi. Le chance vengono date a grandi e piccini e anche a chi, tra i Grandi, un po’ c’è stato ed è stato poi subito dimenticato.

Gli SHY sono uno dei gruppi storici della Bad Hair Era inglese, fautori di manciate di canzoni al fulmicotone con arrangiamenti catchy e stilosamente stuzzicanti nei ritornelli. Cresciuti nei sobborghi della Gran Bretagna del sud, i “timidi” si ritrovano a imbracciare gli strumenti già giovanissimi per divenire nell’arco di qualche anno (si parla ovviamente della prima metà degli 80) famosi e abbastanza ricchi. Dopo il 1987, anno in cui spopolarono ovunque, la loro carriera si arrestò lentamente sino ad arrivare allo scioglimento, alla reunion con un altro singer e infine, dopo anni e anni di silenzio, un’ennesima reunion ufficializzata dall’uscita di un album: “Unfinished Business”. Erano tre anni fa, tre anni passati con l’idea che fu solamente l’inizio di una nuova fine e invece rieccoli nuovamente in pista con un nuovo Cd decisamente bello.
L’introduzione, doverosa, era per delucidare ai più giovani dell’esistenza di una band che reputo importante per l’intero panorama hard rock della decade ottanta. Sono tornati. Benritrovati, dunque.

Sono dieci le canzoni che ci presentano e niente di più mi verrebbe da dire se non “grandi solos, ottime registrazioni e melodia a gò-gò”. Già, riferendomi ai soli di chitarra, devo dire che mi hanno lasciato senza parole. Non sono veloci, non sono pressanti, non sono prolissi ma melodici come da tempo non ne sentivo. Curati da Harris in modo parsimonioso e pignolo, gli inserti della chitarra solista ben si annidano nelle intere composizioni, si fanno sentire nei tempi giusti e si lasciano ammirare per la loro freschezza. Brano dopo brano il momento clou (e lo dice uno che dà più importanza alla voce…) era proprio quello… ascoltavo tutto e al momento del solo mi ripetevo “cazzo… è giusto… interessante… sicuro… così dannatamente semplice da farmi quasi incazzare!”. La melodia ricopre il ruolo principale dell’intera produzione e oltre ai suoni puliti e stilisticamente in sintonia con quanto fatto dai JOURNEY in passato, le canzoni sono orecchiabili e finiscono per accontentare le aspettative. Le tastiere hanno, ancor di più, uno spazio che nel 2005 sembra strano aspettarsi; non si limitano agli intros o cose simili ma spaziano nell’arco di ogni singola canzone. La parte ritmica va avanti senza intoppi e la produzione mette su buoni livelli tutti gli strumenti. Ritornati in studio sanno esattamente come coprire il loro ruolo e lo fanno decisamente bene.

Unica debolezza del disco è forse l’eccessiva unicità dei brani. Lasciando scorrere il disco ci si ritrova a perdersi tra una traccia e l’altra. Alle volte la voce di Mills ricuce in diversi passaggi le stesse armonie e i cori dei ritornelli sono stati studiati tutti in modo troppo similare, sino a renderli quasi eguali in molte occasioni. Niente di nuovo dunque, gli SHY hanno sempre dominato la scena proponendo passaggi abbastanza simili l’uno con l’altro e stavolta lo rifanno in maniera più saggia, più accattivante e decisamente più melodica. Il disco è quindi ben votato dal sottoscritto ma il consiglio è quello di prenderlo in considerazione solo se siete stati dei loro fans. In caso contrario, la musica è buona e sicuramente può far scuola a chi, per le primissime volte, si appresta al mondo AOReggiante del nuovo millennio, la produzione è sopra le righe per il genere e… la creatività è ridotta all’osso ma è quell’osso che rende più saporito un bel piatto di rock melodico coi controca..i.
Marco Paracchini

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THE LIZARDS
"Cold Blooded Kings"
Hyperspace Records - 2004

Ad accompagnare le date del tour italiano di Glenn Hughes troveremo i Lizards, freschi autori del loro terzo album dal titolo "Cold Blooded Kings", e a mio avviso, spalla perfetta per l'ex Deep Purple. Per gli ascoltatori più datati i Lizards non suoneranno affatto come un nome nuovo per il semplice motivo che dietro le pelli troviamo un veterano della scena hard rock e cioè quel Bobby Rondinelli (da poco uscito dai Blue Oyster Cult e in passato con Black Sabbath, Rainbow, Sun Red Sun, Doro e Quiet Riot) e altri nomi conosciuti come Mike DiMeo (Riot) alla voce, Randy Pratt (The Fuzztones) al basso e Patrick Klein.

La band annovera tra le sue influenze principali act come Led Zeppelin, Rainbow, Deep Purple, Free, e bisogna dire che in "Cold Blooded Kings" si sentono tutte per l'intera durata delle 9 composizioni. I pezzi che mi hanno maggiormente colpito sono sicuramente gli hard rock settantiani della title-track e di "Magic Cloud", le 2 semi power ballad (se così si possono definire) "Take A Ride" e "Down", ma la palma del miglior pezzo spetta alla sudista "Rising Star". Disco consigliato a più 'vecchietti'.
Moreno Lissoni

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STARS OF THE SILVERSCREEN
"Drop Dead Alibi” / “ Delirious"
Self-produced - 2004/2005

La Svezia pare un luogo ricco di rock n roll eppure, se stiamo ad ascoltare le parole di tutti i diretti interessati, leggiamo sempre le stesse cose, ovvero che in Scandinavia la situazione è triste e povera di idee. Ok, intanto ai nostri occhi appare tutto il contrario. La maggior parte delle nuove leve del Glam Rock moderno giungono da là (senza contare le band metal e gotiche/ndr).
Gli S.O.T.S.S. arrivano anch’essi da quei freddi luoghi e la loro unica passione sfocia in un rock sanguigno da pelle d’oca. Grazie ad una segnalazione pervenutagli da una mia amica e collega (beh… lei è più famosa di me e ha anche diritto a cd gratis… mannaggia a te!!!…), il singer della band, Jonas Lofroth, mi ha spedito due demos, gli stessi che li hanno portati al contratto con la tedesca Shock Rock Records, per il nuovo album che dovrebbe uscire tra poco più di un mese.
In attesa di questo evento, colgo l’occasione per presentarveli, con l’aiuto di questo interessante Cd.

Dalle ceneri dei gruppi Lushes&Tramps e Abhinanda, nasce questo progetto fonografico che è l’ensemble di uno sforzo di gruppo perdurato per più di due anni di continuo lavoro live e di ricercatezza per un sound, come lo chiamano loro, del “futuro”.
Premettendo che li trovo molto validi non sono così d’accordo sul loro modo di promuoversi… i ntendiamoci, se il sound viene definito futuristico a me sembra invece un bel pugno nello stomaco a tutti coloro che pensavano che il glam rock n roll anni settanta fosse morto. Le sonorità proposte, oltre ad essere ben supportate dalla base ritmica formata da Magnus Nilsson (bs) e Par Hansson (bt), godono di riff di chitarra molto retrò ma decisamente ben suonati dal chitarrista Peter Haligren, supportato anche dalla ritmica di Jonas. I brani del primo demo sono cinque e mi incuriosisce la decisa convinzione che demo sono e demo resteranno. Mi spiego: le canzoni lasciano il loro segno ma non durano mai più di due minuti e mezzo o tre… insomma, un lavoro musicale che viene lodato anche per l’eccelsa capacità di riassumere le loro capacità senza sbrodolare in soli infiniti (e, alle volte, parecchio inutili in questo genere) o in intro d’effetto che possono rimanere destinati al full lenght decisivo. Il Glam Rock anni 70 si respira in ogni nota del primo demo, formato dalle songs a titolo “Drop deal alibi”, “Electric movement”, “Fades away”, “Charming boy” e “Nothing new”. Tra i KISS, MARC BOLAN e un pizzico di grinta à là ROLLING STONES dei primi due albums, posso riassumere le giuste coordinate artistiche dei quattro nordici.

Il secondo demo, che ha solo tre tracce (“Delirious”, “Into nothing” e “Past all red lights”), ripropone le stesse sonorità, non eccedendo mai in picchi di originalità ma lasciando il giusto e meritato spazio alle emozioni che questo tipo di sound può donarci. Tra continui richiami ai seventies, intimismo in alcuni passaggi e strafottenza in altri, la voce MORRISON-iana del singer potrebbe indurvi a curiosare un pò di più nella loro carriera… sebbene non esista un sito posso cmq lasciarVi per un eventuale ordine; la loro email. In caso contrario attendete il loro nuovo album!
Marco Paracchini

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