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MOTLEY CRUE
"Red,
White and Crue"
Motley Records/ Universal
- 2004
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Motley Crue, The world’s most
infamous rock band... così recita l’adesivo
attaccato al doppio cd che segna il ritorno dei Crue
sulle scene. Attesa, rimandata, osteggiata... la reunion
è finalmente arrivata e per celebrare il tour
mondiale (li vedremo anche in Italia il 12 giugno
a Bologna nell’ambito del Gods of Metal) e l’uscita
prossima del film tratto dall’autobiografia
“The Dirt “, ecco uscire una doppia raccolta
contenente ben 37 canzoni, di cui 3 inedite.
Visto che mi sembra perfettamente inutile stare a
parlare di pezzi del calibro di "Live Wire",
"Girls, Girls, Girls", "Shout at The
devil" o "Kickstart My Heart", ben
conosciuti da tutti, andiamo dunque ad esaminare le
3 nuove canzoni inserite nella compilation.
Ad essere precisi poi i veri inediti
sono due, in quanto una delle nuove canzoni altro
non è che la cover (per altro ben fatta) di
“Street Fighting Man” dei Rolling
Stones.
Cominciamo dal singolo, “If I Die Tomorrow”,
pezzo giocato su un riff massiccio dalle sonorità
“moderne” e dotato di un ritornello facilmente
assimilabile dopo pochi ascolti, brano che personalmente
reputo all’altezza della situazione, se poi
vi dovesse capitare di vedere il relativo video-clip...
beh... ammetto che un certo effetto me ho fatto...
decisamente.
L’altro inedito è "Sick Love Song",
che paradossalmente richiama l’unico album dei
Crue senza Vince Neil, l’omonimo lavoro datato
1994, in cui emerge un gran lavoro della sezione ritmica
con un Tommy Lee potente come al solito.
E’ chiaro che due canzoni sono
poche per dare un giudizio sui “nuovi”
Crue, credo comunque che la strada intrapresa sia
quella giusta... inutile essere nostalgici e poco
credibili... meglio proporsi per quello che si è
veramente... anche se poi la gente dal vivo vorrà
solo i pezzi vecchi, e da un certo punto di vista
è giusto anche questo.
Non ho la minima idea di quanto durerà la reunion,
se veramente in prossimità del film i nostri
ci regaleranno un nuovo album o meno... quello che
so per certo è che sentivamo la mancanza di
una band come questa... loro sono la storia... tutto
il resto è relativo.
Federico Martinelli
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Y & T
"In
Rock We Trust"
Majestic Rock - 2005
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Cominciamo questa recensione con un
grazie sentito alla Majestic Rock, etichetta inglese
che spesso si cimenta in ristampe di vecchi classici
e che ha ristampato proprio recentemente ben 3 albums
della formazione americana degli Y & T, ovvero
"In Rock We Trust" (1984), "Open
Fire" (1985) e "Down for the Count"
(1985).
Grazie perché come gli appassionati sapranno
al reperibilità in cd dei suddetti albums era
praticamente nulla, se escludiamo costosissime versioni
giapponesi rintracciabili a qualche convention o su
internet, e ora possiamo godere di questi 3 classici
a prezzi contenuti.
Ho scelto di parlare in modo approfondito di “In
Rock We Trust”, ma avrei potuto farlo anche
degli altri due, essendo la qualità dei lavori
molto elevata in tutti e tre i casi.
Ho scelto questo perché contiene
almeno 3-4 canzoni di altissimo livello, che personalmente
annovero tra le loro migliori composizioni, a cominciare
dall’opener, “Rock & Roll Gonna Save
The World”, con quel riff vagamente AC/DC
che poi esplode in un pezzo di puro e incontaminato
Hard Rock a stelle e strisce, con un Dave Meniketti
splendido con quel suo timbro bluesy a condurre on
coro stellare… grande pezzo... senza dubbio.
“Life Life Life” e “ Masters and
Slaves” son altre 2 bordate di fumante Hard
Rock in cui risalta anche l’ottimo lavoro della
coppia Meniketti/Alves alla chitarra, mentre “I’ll
Keep on Believin” è uno di quei classici
di cui vi parlavo, brano molto melodico, una sorta
di semi-ballad che ci riporta alla mente grandi bands
come Journey o Foreigner,
con grande uso di cori che risultano a conti fatti
come una delle caratteristiche principali di tutto
il cd.
Altro momento di grande coinvolgimento
e “Break Out Tonight”, giocato, guarda
un po’, su un altro coro accattivante alternato
a break bluesy di grande effetto. Segnalazione obbligatoria
poi per “Lipstick and Leather”, tipico
mid-tempo anni ’80 con refrain ripetuto all’infinito,
vero anthem di un tempo che fu.
Chiudo questo ripescaggio con “This Time”,
posta in chiusura di album e ballad di tutto rispetto
con ancora una volta una prestazione di Meniketti
sopra le righe.
Da segnalare infine che la produzione rimane tuttora
uno degli esempi più brillanti di quegli anni,
opera di quel Tom Allom che ha legato il suo nome
a quello dei maestri Judas Priest,
e che dona a questo album dopo 20 anni e passa una
“freschezza” davvero invidiabile.
Disco assolutamente da riscoprire e da fare proprio.
Federico Martinelli
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DECADENZA
"EP
'05"
Self Produced - 2004
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Con il termine "decadenza"
di solito si indica quella fase storica di una cultura,
di una civiltà o di uno stile, in cui la produzione
artistica non conosce ulteriori sviluppi rispetto
alla fase precedente ma si sofferma solo su stanche
ripetizioni di maniera. Nel caso del quintetto romano
è avvenuto l'esatto contrario perchè
rispetto al primo cd della band "Anime"
c'è un'evoluzione compositiva e di suoni notevolessima
e l'unica pecca che può avere questo mini CD
è il numero di canzoni, solo 4!
Sono passati ormai 5 anni dal loro primo Ep e un paio
di cose sono cambiate da allora: si è aggiunto
alla band un nuovo chitarrista (Jonna) e dal cantato
in italiano si è passati a quello in inglese
che li ha portati anche a registrare "Dead By
X-Mas” degli Hanoi Rocks per
la compilation natalizia della Perris Records "The
Glam That Stole Christmas".
La partenza è delle migliori,
"Hey Man!", un riuscitissimo pezzo di derivazione
scandinava, dove i BACKYARD BABIES
giocano un ruolo fondamentale... davvero un gran bel
pezzo, così come "No Hay Banda",
stesse coordinate sonore ma questa volta il vocalist
Killo ci concede qualche passaggio... MANSON-iano.
Da "Anime" viene ripresa "Maelstrom
'04", riveduta sia a livello di sonorità
che di cantato (la nuova versione è in inglese)
e a chiudere questo poker d'assi tocca alla cover
di "Deuce" (vi devo dire anche di chi è?!?!
No vero?!?), non troppo distante dall'originale e
che consacra i Decadenza come una della migliori realtà
della scena capitolina!!
Moreno Lissoni
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MAMA KIN
"Rock
N Roll"
Self Produced - 2004
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Dal nord, insieme al freddo e alla
neve di questi giorni, è arrivato anche il
nuovo demo degli svedesi Mama Kin, già autori
di altri due mini CD ("Three Is Company"
e "Partytime") che mostra una leggera
maturazione a livello compositivo del trio di Karlstad.
Non è difficile inquadrare il sound: street
rock ottantiano con una piccolissima percentuale di
sonorità scandinave e ce lo dimostrano subito
con la title-track, ma è con la seconda traccia
("Stick it out") che i Mama Kin riescono
ad esprimere meglio le loro capacità, hard
rock stradaiolo che fonde Motley Crue
con Kiss.
La terza e ultima canzone ha il titolo di "Devil
Dance", stesse influenze delle precedenti per
un'altra discreta prova di Eddie Arena, Chris Action
e Rixie.
Moreno Lissoni
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GEOFF STARR
"Parafinns
& Princesses"
Sew knee records -
2004
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Chi si rivede! Il rocker platinato
dalla terra d'Albione (Albione/Albino eh eh eh), che
come molti di voi ricorderanno, ci deliziò
della sua presenza al Glam Attack 2004. A dir la verità
a me non deliziò più di tanto in sede
live, preceduto oltretutto da bands italiane di spessore
ben più elevato, ma questo è un'altro
discorso...
Mr. Starr torna a far parlare di se con un mini di
4 tracks + Bonus, che poco si scosta da ciò
che avevo sentito a Torino: speed rock 'n roll molto
vicino al punk con punte veramente vicine ai Sex
Pistols che furono.
Le tre songs d'apertura, della durata
media di 2 minuti, potrebbero essere inglobate in
un'unica canzone, data la staticita' della sezione
ritmica, sempre concentrata a "pestare"
sui 150 bpm di metronomo senza deviare minimamente;
soprattutto il suono di chitarra zanzaroso e 78 punk
risulta, a tratti fastidioso e poco azzeccato. Con
la successiva "Fallin' from Grace" si cambiano
finalmente connotati, e si parte con un buon arpeggio
che lascia presagire ad un inizio più variegato
e leggermente piu' pesante; anche il riff che lo segue
è di buona fattura e originalità (io
continuerei su questa strada), ma poi si approda nei
soliti lidi punk che in troppi ci hanno già
proposto ed in troppi ripropongono con più
stile ed esperienza.
Si chiude con la cover dei Dolls
"Looking for a kiss", che potrete trovare
sulla compilation tributo della FastLane Records,
e che poco aggiunge alla qualità del dischetto.
Mi dispiace non poter giudicare positivamente questo
mini di Geoff Starr, ma la cosa che mi lascia più
amarezza è la nostra consueta esterofilia (che
spesso è anche la mia malattia!) che ci porta
a credere che un rocker sia più talentuoso
se viene, per esempio, dalla Gran Bretagna.
Paolo Pirola
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ATWOOD
"Atwood"
Self Produced - 2004
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Interessante il promo di questi cinque
rocker italiani, che con un'autoproduzione senza troppe
pretese colpiscono il bersaglio dell'originalità
e della voglia di provare ad uscire da certi schemi.
In netta evidenza le doti chitarristiche con l'opener
"Live my Life", canzone dallo stampo stoner
in cui a farla da padrone e' la voce roca e vissuta
del buon Davide, un piccolo Lemmy
di provincia, che mi ha lasciato letteralmente sbalordito
per la cattiveria e lo stile con cui affronta le lyrics.
Anche le successive "Fuck the dreams", "Life
is Strange" e "Away from me" restano
sulle stesse coordinate, introspettive e decadenti
al punto giusto, contornate da una aggressività
mai fine a se stessa ma spinta dalla chiara voglia
di suonare del rock grezzo e senza compromessi.
Interessante la scelta di aprire la
già citata "Life is Strange" con
un arpeggio che ricorda molto da vicino, sia per quanto
riguarda la scelta delle armonie e dei suoni, gli
Scorpions delle migliori ballads.
Come avrete capito ci troviamo di fronte all' ennesima
interessante realta' italiana, che con un prodotto
low-budget mette in evidenza tutte le proprie doti
e si fa largo nel crescente panorama rock.
Un consiglio: continuate a battere la strada dell'
originalità.
Paolo Pirola
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BILLY IDOL
"Devil’s
playground"
Sanctuary - 2005
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Billy Idol è tornato. Assente
dalle scene da dieci anni aveva bisogno di rigenerarsi.
Me lo vedo: lunghe passeggiate in montagna, tisane
e sedute di yoga. Già, è proprio il
tipo.
“Devil’s playground” parte subito
col pedale schiacciato a fondo: “Super overdrive”
è un punkattack in pieno stile Billy Idol.
La successiva “World comin’ down”
fa il verso al punk pop che imperversa nelle charts
americane ma, sarà che Billy Idol sta roba
l’ha inventata lui, sarà che gli altri
non hanno Steve Stevens alla chitarra , fatto sta
che Offspring e Blink 182
un pezzo così se lo sognano. “Rat race”
nel ritmo e nell’uso della chitarra richiama
“Eyes without a face” mentre “Sherry”
è un pezzo di ampio respiro.
Intensa e coinvolgente “Plastic
Jesus”, con un ritornello bastardissimo è
quasi una ballad e potrebbe tranquillamente essere
un singolo, se solo nelle radio ci fosse gente con
un minimo di cervello. “Scream” invece
è il primo singolo estratto da questo disco:
perfettamente realizzato allo scopo di diventare un
hit, ha il suo bel riffone di chitarra col Billy che
strilla “make me scream woooman, woooman”,
Un futuro must per tutte le discoteche rock del globo.
“Yellin’ at the Xmas Tree” è
un gioiellino: campane e ritornello ficcante, non
capisco perché non sia stata proposta come
canzone natalizia, sono sicuro che sarebbe stata un
tormentone. Le successive “Romeo’s waiting”
e “Body snatcher” pur mantenendosi su
un buono standard scorrono senza graffiare ed “Evil
eye” ci riporta il Billy tutto sesso e perversione
di sempre.
“Lady do or die Cherie”
è un brano strano, fa venire in mente il Johnny
Cash degli ultimi dischi ed è tra
gli episodi migliori del disco. Chiudono “Summer
running”, la musica che avrebbe fatto Idol se
fosse vissuto negli anni sessanta e l’ultimo
brano, del quale sul mio promo non c’è
il titolo, parte soft ma poi si incazza per tornare
di nuovo soft.
La beauty farm ha giovato a Billy Idol, dieci anni
sono tanti ma forse è valsa la pena aspettare:
il ragazzo è in forma smagliante, ci regala
un disco di rock cazzuto, molto più rock e
meno pop del passato. Vergini di tutto il mondo tremate,
la testa più bionda del rock è di nuovo
tra noi, pronta a spargervi addosso secchiate di testosterone.
Matteo Pinton
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SHADY LADY
"Raving
Mad"
Rave Up - 2004
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Abbiamo dovuto aspettare più
di 30 anni per ascoltare questo disco, che colloco
a buon diritto fra i migliori mai prodotti in ambito
Glam Rock/Proto Punk nei favolosi 70’s, e mi
rende orgoglioso il fatto che la prima stampa ufficiale
venga dal nostro paese, tanto bistrattato da certa
“stampa” indigena (e non) in ambito Rock,
quanto ostinatamente continua a dare a tutti i livelli
per portare alta la bandiera della nostra musica preferita.
Per l’ennesima volta quindi un
bravo a Pier, boss della Rave Up records, sia per
il coraggio che per la tenacia con cui ha condotto
la trattativa, e complimenti per il risultato finale
che ci consegna un autentico “gioiellino”
in vinile rosso trasparente a tiratura limitata, con
le registrazioni complete tratte dai master originali
incisi dal 1970 al 1972. Shady Lady: un nome, una
leggenda, la band da cui cominciò al di la
di ogni ragionevole dubbio la Glam invasion negli
Stati Uniti in anticipo su tutti gli altri, prima
che si formassero le Dolls i Kiss
e gli Zolar X, prima dell’osannato
“Ziggy Stardust” di Bowie
(forse il miglior parto di un artista che, pur avendo
il grande merito di aver portato il Glam Rock a vette
di popolarità clamorose, all’epoca era
spettatore di lusso agli show dei Lady).
Purtroppo come spesso accade la fama
e la gloria non vanno di pari passo con la bravura
e la brillantezza di un artista, per cause contingenti
(vi rimando all’intervista con il singer Stefen
per saperne di più www.slamrocks.com/shadylady.htm)
il disco ha visto la luce solo a fine 2004, ma che
disco ragazzi! Non vorrei ripetere pedissequamente
quanto detto nella recensione del 5 tracks promo (rileggetela
qui),
non mi resta quindi che ribadire, alla luce dei 5
brani che ancora non conoscevo - “All Night
Long”, “Save Me”, “The Move”,
“Down To Dirty” e “Raving Mad”-
l’assoluto valore di questa seminale e sfortunata
band. Finalmente anche gli Shady Lady possono essere
apprezzati da tutti gli amanti del rock’n’roll
con la R maiuscola, quello che gli Stones,
partendo da radici comuni, hanno portato alle vette
e che di lì a poco esploderà in tutto
il suo fragore generando un’ondata di bands
che, sotto la scintillante bandiera del Glam Rock,
dominerà a lungo le charts di mezzo mondo ed
il cui eco, deogratia, non si è ancora spento.
A questo punto, vista la rapidità
con cui i titoli Rave Up fanno “Sold Out”,
vi consiglio di prenotarne al più presto una
copia direttamente sul sito
www.petrosh.it/raveup, basta pensare che “voci
attendibili” ne danno una copia prenotata da
una certa Nina Antonia per rendersi
conto dell’eccezionalità dell’evento.
Rocker avvisato... Amen.
Gaetano Fezza
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ENUFF Z’ NUFF
"?"
Frontiers Records -
2005
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Una genesi strana per questo disco
degli Enuff z’ nuff: la formazione originale
si riunisce per la prima volta dopo tanti anni, Donnie
Vie, Chip Z’Nuff, Derek Frigo e Vic Foxx registrano
una manciata di pezzi composti in varie epoche della
ormai quindicennale carriera. Poco dopo Frigo perde
la vita e così “?” si trasforma
in una specie di tributo da parte dei vecchi compagni
di avventure ad un chitarrista spesso sottovalutato
ma di grande valore.
Proprio il fatto che le canzoni siano
state scritte nel corso degli anni ci permette una
interessante panoramica della varie fasi evolutive
della band. Nati in pieno periodo hair metal gli Enuff
z’ Nuff sono stati subito accomunati ad altre
bands con un sound molto più hard senza tener
conto delle forti venature melodiche che caratterizzavano
la loro musica.
Le influenze musicali sono chiare: si pensa subito
ai Beatles ed è evidente che
i ragazzi sono cresciuti a pane e Cheap Trick.
L’ opener “Gorgeous” dopo un’
intro di piano anni ’30 si sviluppa intorno
ad un ritornello facile facile e la seguente “Home
tonight” nelle aperture porta alla mente “Sister
golden hair” degli America.
“No place home” ha un ritmo
cadenzato con un bel controcanto, “Harleya”
è una canzone d’ amore mentre “Hang
on for life” ci introduce il lato più
“tirato” degli Enuff z’ nuff. “Man
with a woman” potrebbe ben figurare su “Let
love rule” di Lenny Kravitz o meglio ancora
su un disco dei Maggie’s dream. Interessanti
la ballad “How are you” e la moderna "Jony
Woni" mentre è assolutamente insignificante
la cover di “Stone cold crazy” dei Queen.
“?” non è sicuramente il capolavoro
degli Enuff z’ Nuff ma è un album molto
gradevole, consigliato a chi ama le melodie ed i ritornelli
che ti si stampano nel cervello e non ti mollano per
tutto il giorno.
Matteo Pinton
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TOMMY FUNDERBURK
"Anything
For You"
Frontiers Records -
2005
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Alla maggior parte di voi il nome
di di Tommy Funderburk risulterà sconosciuto,
ma il musicista del North Carolina ha alle spalle
una carriera e delle collaborazioni con numerose celebrità
del genere... in ordine cronologico, quella con Jay
Graydon e David Foster con
gli Airplay e poi con gruppi del
calibro di Whitesnake, Motley
Crue, Boston, Yes,
Steve Lukather, Richard Marx,
Amy Grant, Rick Springfield,
Starship, REO Speedwagon,
Coverdale Page, ecc... Nel 1984 incontra
Bob Wilson e forma i The
Front mentre nel 1988 con Bruce Gaitsch
inizia a scrivere del materiale che finirà
poi a far parte del progetto King of Hearts.
Oggi, con Fabrizio V. Zee Grossi (Glenn
Hughes, House of Lords)
dietro alla consolle da alle stampe "Anything
For You", tutto fuorchè un brutto
album, anzi, 10 pezzi dove classe e melodia vanno
a braccetto. Con l'aiuto di illustri ospiti come Michael
Thompson, lo stesso Bruce Gaitsch
e Greg Mathieson, Funderburk
realizza brani che sembrano essere stati partoriti
nel periodo d'oro del genere come nel caso dell'opener
“Learning How To Love”, ma in tutto il
disco si riscontra un gran gusto per la melodia con
le tastiere mai troppo invadenti che fanno di "Anything
For You" un vero oggetto di ricerca per
chi ama queste sonorità in bilico tra l'aor
e il melodic rock. Se vi è piaciuto il disco
solista di James Christian, Brave
o King of Hearts amerete anche "Anything
For You" e la bella voce di Tommy (un'ibrido
tra il cantante degli House Of Lords
e Knut Erik Oestgaard dei norvegesi Return).
Solo per i palati più fini.
Moreno Lissoni
top
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TALISMAN
"Five
Men Live"
Frontiers Records -
2005
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Ritengo Jeff Scott Soto uno dei migliori
vocalist nel panorama hard & heavy mondiale, un
personaggio che con la sua voce ha aiutato a far conoscere
gruppi come Eyes, Takara
e ovviamente Talisman. Ricordo di
averli visti nel maggio del 2003 in una serata andata
un pò così così per via della
scarsa affluenza di pubblico e per il torrido caldo
dell'Indian's Saloon di Bresso che, freschi di stampa
del contratto con la Frontiers e la pubblicazione
di "Cats & Dogs" riuscirono
ugualmente ad eseguire uno show degno di tale nome
con un Soto carismatico e una band perfettamente amalgamata.
Questo doppio CD dal vivo risale appunto
a quel periodo e raccoglie le esibizioni dell'agosto
del 2003 al Club Mondo di Stoccolma e quella dello
Sweden Rock festival sempre dello stesso anno in cui
il five-pieces mette in mostra tutta la loro bravura
come musicisti (Jacob e Akesson sono non una, ma 2
spanne sopra la media) e ci fa ascoltare in versione
live tutti i loro maggiori successi come la stupenda
"I'll Be Waiting" cantata in duetto insieme
al pubblico (con Soto che accenna i cori di pezzi
di AC/DC, Bon Jovi
e Europe), "Break Your Chians",
"Mysterious", "Standing On Fire",
la cover di Seal "Crazy"
o il medley conclusivo di "I Don't Know/Crazy
Train".
Sicuramente la buona resa sonora aiuta il risultato
finale di "Five Men Live" consigliato
agli aficionados della band scandinava.
Moreno Lissoni
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BABYLON BOMBS
"Cracked
wide open and bruised"
Smilodon Records -
2005
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Missione compiuta per gli svedesi
Babylon Bombs che dopo il promettente promo dello
scorso anno sono riusciti a trovare un mini contrattino
con una label locale e hanno fatto uscire un disco
che conferma quanto di buono detto in passato su di
loro. Se è la prima volta che sentite parlare
dei BB, allora mi tocca illustrarvi le tappe principali
della loro storia: nascono a Stoccolma sul finire
del 2001 e pubblicano un demo CD intitolato "Ten
things you can't live without" (dove riprendono
"So Cruel") e nel 2004 con un mini di 4
pezzi, un piccolo antipasto di quello che è
ora "Cracked wide open and bruised",
album riuscitissimo che metterà d'accordo gli
amanti dello scan rock con quelli del più tradizionare
rock'n'roll settantiano.
Backyard Babies, Hardcore
Superstar, e dosi Hellacopters,
Kiss e Faces sono
gli ingredienti principali che compongono questo lavoro
che fortunatamente si distingue dalla miriade di prodotti
scan rock per il semplice fatto che le canzoni non
sono una identica all'altra ed inoltre possono contare
su pezzi dall'ottimo potenziale come "Let's Roll"
(se Dio vuole anche sull'imminente compilation di
SLAM!), la saloon 'n' roll "Every dog has its
day" che vede The Duke Of Honk (Diamond
Dogs) all'organo e le Seventies "Superstar"
e "Lady Deny".
Ricordo inoltre il ripescaggio di altri 2 pezzi dal
promo del 2004, la lenta e cadenzata "Crucify"
e lo scan rock di "Delirious", per il resto
un album tutto da ascoltare!!
Moreno Lissoni
top
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JAILHAWKS
"Straight
to hell"
Self Produced - 2005
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Sono parecchi anni ormai che circolano
nei locali lombardi, tra alti, bassi e cambi di line-up.
I più attenti di voi ricorderanno una vecchia
recensione di "Back To The Wild"
nella sezione New
Bandz, 9 tracce all'insegna di un classico hard
rock americano che però segnò anche
la fine - momentanea - della band, ritornata on the
road nei primi mesi del 2004 con una nuova formazione:
Stevie Anders alla voce, William Hurts e Dizie "Hurri"
Kane alle chitarre, Jacky "p.i.z." Jay al
basso e Casio alla batteria.
Il risultato di quasi un anno di lavoro,
concerti e ubriacature, è questo nuovo mini
dal titolo "Straight to Hell",
un demo di 5 brani registrati alla prima take che
fanno si emergere la vena live e rozza del gruppo,
ma al tempo stesso può far storcere il naso
per una non perfetta resa sonora.
"This record is dedicated to the last rockers
of the 80's" ecco come si presentano sull'artwork
del CD e come avrete intuito, niente di nuovo sotto
il sole, ed infatti nei 15 minuti o poco più
della sua durata sono le vecchie sonorità stradaiole
di derivazione losangelina a riempire le note di ogni
singola canzone. La FASTER PUSSYCAT-iana
"She's" e lo sleazy rock n'roll di "Nothing
To Loose" (con tanto di armonica) sono i pezzi
che preferisco, mentre le rimanenti tracce, pur seguendo
i canoni dettati dallo street rock, sembrano mancare
di quel non-so-che che li possa far uscire dalla media
di un genere fin troppo spremuto. La strada per celebrare
l'hair metal-era è quella giusta, il tempo
e l'esperienza porteranno risultati ancor migliori
e più maturi nel futuro.
Moreno Lissoni
top
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TISHAMINGO
"Wear
N' Tear"
Magnatude Records -
2005
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"Wear N' Tear" è
il secondo lavoro dei Tishamingo dopo il disco di
debutto, molto acclamato dalla critica. La southern
rock band, che risiede in Georgia (ma originaria della
Florida), è riuscita a sfornare un'altro bel
lavoro, degno del primo. Il disco parte alla grande
con l'energia di "Wastin' My Time", uno
dei migliori brani del cd, che evoca l'aspetto più
rock della band, così come l'ottima cover di
"Poison Whiskey" dei Lynyrd Skynyrd.
Nel sound dei Tishamingo si nota un legame molto forte
con la leggendaria Allman Brothers Band,
più forte che con i Skynyrd.
Infatti nel cd ci sono parti di basso funkeggianti
e variazioni tipicamente classic rock anni '60 -'70.
Questo è il caso di "Hillibilly Wine",
pezzo southern in cui la band riesce ad inserire in
un improvvisazione jazz tipica degli A.B.B. Inutile
dire che la canzone è eccelsa, dove il groove
del bassista Stephen Spivey svolge un lavoro fantastico.
"Magic" fa calare un'atmosfera
molto intimista giocando su raffinate note blues,
mentre la traccia seguente, "Rome", è
una jam strumentale che fonde funk e jazz ed esalta
la sezione ritmica della band composta da Spivey e
Richard Proctor.
Non è da meno il lavoro dei due chitarristi
(nonchè cantanti), Cameron Williams e Jess
Franklin, molto abili nel colorare la canzone con
note mai scontate.
Nel disco troviamo anche 2 "classici" pezzi
southern, "Billy" e "Smoked Mullet"
(quest'ultima però presenta sfumature decisamente
orignali) molto piacevoli, mentre con "Willin'
To Die" si arriva al country tutto chicken pickin'.
La seguente traccia, "Worn Out Soul", ha
un andamento blues tipicamente sudista molto coinvolgente,
con belle parti di chitarra slide. Il disco chiude
con "Ain't Got Time", pezzo che ricorda
molto da vicino i Lynyrd Skynyrd
(in particolare "Dead Man Walking" sull'ultimo
cd) e con un bel brano di solo pianoforte, "Reprise".
"Wear N' Tear" è un
gran bel disco southern blues rock'n'roll, con puntate
jazz, classic '60 -'70 ed anche soul. Le voci, così
come le chitarre, soddisferanno pienamente gli amanti
del southern rock.
Disco impegnativo e piacevole, suonato in maniera
impeccabile da ottimi musicisti. Se vi piacciono band
come gli Allman Brothers o i più
recenti Gov't Mule prendete immediatamente
i Tishamingo, il disco vale ogni singolo centesimo.
Carlo Mazzoli
top
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CINDERELLA
"Rocked
Wired & Bluesed: The Greatest Hits"
Mercury/Universal -
2005
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Sto cominciando ad odiare i Cinderella.
Anni fa non vennero a suonare per i concerti già
programmati perché l’Italia era ad altissimo
rischio terroristico. Nel 2002 li ho visti fare il
sound check in un show del “Rock never stops
tour” ma poi si è scatenato un nubifragio
che ne costrinse l’annullamento. Nel 2003 vennero
rimpiazzati dai Dogs d’Amour
proprio all’ultimo momento per il Monster of
rock inglese… naturalmente quando io avevo già
preso i biglietti aerei. Probabilmente non è
destino che io riesca a vederli suonare dal vivo.
Questo mio accanimento pero’
dimostra quanto io ami questa band, e depone a favore
del fatto che dirò ogni male di questo “Rocked
Wired & Bluesed” non per antipatia
ma per validi motivi.
I Cinderella non sono mai stati una band prolifica,
in quasi 20 anni di carriera hanno dato alla luce
solo 4 full lenght albums. Posso capire i problemi
con le case discografiche che hanno costretto più
o meno tutti gli artisti alla pubblicazione di live
e greatest hits indesiderati, ma adesso qui si sta
esagerando. Una band con all’attivo 42 canzoni
non può pubblicare 4 live e 5 greatest hits
(sempre che non mi sfugga qualcosa): è una
presa in giro.
“Rocked Wired & Bluesed”,
a onor del vero un bel prodottino, contiene 17 brani
memorabili e niente di più nè un inedito
nè, che ne so, una cover. Un disco assolutamente
inutile che dimostra solo la volontà di raggranellare
qualche dollaro senza alcun rispetto per i fans, e
questo sicuramente è poco onorevole. Non dico
“bocciati!” perché sono stati un
vecchio amore, ma un bel “dietro alla lavagna
col cappello da asino” se lo meritano in pieno.
Matteo Pinton
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STARBREAKER
"Starbreaker"
Frontiers Records -
2005
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Sono sempre stato un estimatore di
Tony Harnell (cantante americano adottato dalla Norvegia
dopo i numerosi successi ottenuti con i TNT)
che non si è mai concesso una pausa portando
avanti diversi side-project: Morning Wood
e WestWorld prima e ora
questi Starbreaker, progetto che lo vede al fianco
di musicisti del calibro di Magnus Karlsson (Last
Tribe), John Macaluso (Riot,
Ark e Malmsteen)
e Fabrizio Grossi (Glenn Hughes/Chad
Smith, Dave Navarro,
POD, Dope, House
of Lords). Disco ineccepibile di class metal
moderno, in cui le ombre ottantiane della band di
"Intuition" si incontrano con i
MASTERPLAN.
La partenza è una di quelle
col botto e prende il nome di "Die For You",
un massiccio melodic metal dove tanto per cambiare
è la voce di Harnell che regna incontrastata
sul brano mentre "Lies" è un piccolo
gioiellino presente nel CD anche in versione video,
da non perdere! Si perde leggermente quota con "Break
My Bones", ma si ritorna a volare con la rabbiosa
e sinfonica "Crushed" e la power ballad
"Days of Confusion" dove troviamo frequenti
cambi di tempo e l'uso massiccio di keyboards, strumento
che la fa da padrone anche nell'intro gothicheggiante
di "Light at the End of the World" che per
un attimo mi ha fatto pensare ad un disco degli HIM,
ma subito smentito dopo la prima strofa.
Il melodic metal di "Underneath a Falling Sky"
precede "Turn it Off", senza dubbio il pezzo
più riconducibile al repertorio TNT
e Westworld. I fan del genere sono
avvertiti, consulatare il sito della Frontiers o della
band per averlo!
Moreno Lissoni
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FINAL FRONTIER
"High
Tension Wire"
Frontiers Records -
2005
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Con alle spalle due album riecco i
Final Frontiers, combo che gli amanti dell'aor sicuramente
conosceranno già, per la presenza nella line-up
di due veterani della scena nord americana come Rob
Moratti (non un parente del presidente dell'Inter
eh, ma lo ricordiamo con l'album sotto il monicker
di Moratti dal titolo "Desolation"
uscito nel 1996 per la Seagull International), Mladen
(già con Von Groove, Triumph
e 24k), Lawrence Falcomer (Sonic
X) e Michael Shotton (anche lui Von
Groove e voce negli The Outpatience
di West Arkeen).
"High Tension Wire"
uscito inizialmente per la Marquee/Avalon è
ora sotto la nostrana Frontiers Records che per l'occasione
aggiunge la bonus track dal titolo "Let Me Be
The One". Palesemente influenzati da BOSTON,
ma soprattutto dai JOURNEY riescono
a produrre un album dalle sonorità che piaceranno
a tutti coloro che hanno seguito la band di Steve
Perry, e quella miriade di gruppi-clone come
Passion Street, Valentine
o Tall Stories... ascoltatevi pezzi
come "High Tension Wire" o la splendida
"Who's Going to Love You Now" o poi sappiatemi
dire a chi si rifanno...
"Beauty and the Beast", "Hollywood
Drama", "Listen to Your Heart", ecc...
portano indietro l'ascoltatore di 20 anni, quando
le grandi melodie e i tasti d'avorio erano le colonne
portanti di hit single da classifica. Aor fanatic,
un disco che fa per voi!
Moreno Lissoni
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SHY
"Sunset
and Vine"
MTM / Frontiers Rec.
- 2005
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L’uscita di un disco non è
più sensazionale come poteva esserlo un tempo…
ormai decine di albums si riversano per il nostro
piacere/dispiacere nelle vetrine dei negozi e, nonostante
l’hard rock, l’AoR, il glam e chi più
ne ha più ne metta, pare sempre che debba morire
e non risorgere più, ci ritroviamo a dover
recensire un sacco di dischi in uscita… talmente
tanti che alle volte o si evita per mancanza di tempo
o si fa in fretta.
La mole di lavoro quindi non manca e il melodic rock
gode di un periodo molto più ricco di quanto
si pensi. Le chance vengono date a grandi e piccini
e anche a chi, tra i Grandi, un po’ c’è
stato ed è stato poi subito dimenticato.
Gli SHY sono uno dei gruppi storici
della Bad Hair Era inglese, fautori di manciate di
canzoni al fulmicotone con arrangiamenti catchy e
stilosamente stuzzicanti nei ritornelli. Cresciuti
nei sobborghi della Gran Bretagna del sud, i “timidi”
si ritrovano a imbracciare gli strumenti già
giovanissimi per divenire nell’arco di qualche
anno (si parla ovviamente della prima metà
degli 80) famosi e abbastanza ricchi. Dopo il 1987,
anno in cui spopolarono ovunque, la loro carriera
si arrestò lentamente sino ad arrivare allo
scioglimento, alla reunion con un altro singer e infine,
dopo anni e anni di silenzio, un’ennesima reunion
ufficializzata dall’uscita di un album: “Unfinished
Business”. Erano tre anni fa, tre anni
passati con l’idea che fu solamente l’inizio
di una nuova fine e invece rieccoli nuovamente in
pista con un nuovo Cd decisamente bello.
L’introduzione, doverosa, era per delucidare
ai più giovani dell’esistenza di una
band che reputo importante per l’intero panorama
hard rock della decade ottanta. Sono tornati. Benritrovati,
dunque.
Sono dieci le canzoni che ci presentano
e niente di più mi verrebbe da dire se non
“grandi solos, ottime registrazioni e melodia
a gò-gò”. Già, riferendomi
ai soli di chitarra, devo dire che mi hanno lasciato
senza parole. Non sono veloci, non sono pressanti,
non sono prolissi ma melodici come da tempo non ne
sentivo. Curati da Harris in modo parsimonioso e pignolo,
gli inserti della chitarra solista ben si annidano
nelle intere composizioni, si fanno sentire nei tempi
giusti e si lasciano ammirare per la loro freschezza.
Brano dopo brano il momento clou (e lo dice uno che
dà più importanza alla voce…)
era proprio quello… ascoltavo tutto e al momento
del solo mi ripetevo “cazzo… è
giusto… interessante… sicuro… così
dannatamente semplice da farmi quasi incazzare!”.
La melodia ricopre il ruolo principale dell’intera
produzione e oltre ai suoni puliti e stilisticamente
in sintonia con quanto fatto dai JOURNEY
in passato, le canzoni sono orecchiabili e finiscono
per accontentare le aspettative. Le tastiere hanno,
ancor di più, uno spazio che nel 2005 sembra
strano aspettarsi; non si limitano agli intros o cose
simili ma spaziano nell’arco di ogni singola
canzone. La parte ritmica va avanti senza intoppi
e la produzione mette su buoni livelli tutti gli strumenti.
Ritornati in studio sanno esattamente come coprire
il loro ruolo e lo fanno decisamente bene.
Unica debolezza del disco è
forse l’eccessiva unicità dei brani.
Lasciando scorrere il disco ci si ritrova a perdersi
tra una traccia e l’altra. Alle volte la voce
di Mills ricuce in diversi passaggi le stesse armonie
e i cori dei ritornelli sono stati studiati tutti
in modo troppo similare, sino a renderli quasi eguali
in molte occasioni. Niente di nuovo dunque, gli SHY
hanno sempre dominato la scena proponendo passaggi
abbastanza simili l’uno con l’altro e
stavolta lo rifanno in maniera più saggia,
più accattivante e decisamente più melodica.
Il disco è quindi ben votato dal sottoscritto
ma il consiglio è quello di prenderlo in considerazione
solo se siete stati dei loro fans. In caso contrario,
la musica è buona e sicuramente può
far scuola a chi, per le primissime volte, si appresta
al mondo AOReggiante del nuovo millennio, la produzione
è sopra le righe per il genere e… la
creatività è ridotta all’osso
ma è quell’osso che rende più
saporito un bel piatto di rock melodico coi controca..i.
Marco Paracchini
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THE LIZARDS
"Cold
Blooded Kings"
Hyperspace Records
- 2004
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Ad accompagnare le date del tour italiano
di Glenn Hughes troveremo i Lizards,
freschi autori del loro terzo album dal titolo "Cold
Blooded Kings", e a mio avviso, spalla perfetta
per l'ex Deep Purple. Per gli ascoltatori
più datati i Lizards non suoneranno affatto
come un nome nuovo per il semplice motivo che dietro
le pelli troviamo un veterano della scena hard rock
e cioè quel Bobby Rondinelli (da poco uscito
dai Blue Oyster Cult e in passato
con Black Sabbath, Rainbow,
Sun Red Sun, Doro
e Quiet Riot) e altri nomi conosciuti
come Mike DiMeo (Riot) alla voce,
Randy Pratt (The Fuzztones) al basso
e Patrick Klein.
La band annovera tra le sue influenze
principali act come Led Zeppelin,
Rainbow, Deep Purple,
Free, e bisogna dire che in "Cold
Blooded Kings" si sentono tutte per l'intera
durata delle 9 composizioni. I pezzi che mi hanno
maggiormente colpito sono sicuramente gli hard rock
settantiani della title-track e di "Magic Cloud",
le 2 semi power ballad (se così si possono
definire) "Take A Ride" e "Down",
ma la palma del miglior pezzo spetta alla sudista
"Rising Star". Disco consigliato a più
'vecchietti'.
Moreno Lissoni
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STARS OF THE SILVERSCREEN
"Drop
Dead Alibi” / “ Delirious"
Self-produced - 2004/2005
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La Svezia pare un luogo ricco di rock
n roll eppure, se stiamo ad ascoltare le parole di
tutti i diretti interessati, leggiamo sempre le stesse
cose, ovvero che in Scandinavia la situazione è
triste e povera di idee. Ok, intanto ai nostri occhi
appare tutto il contrario. La maggior parte delle
nuove leve del Glam Rock moderno giungono da là
(senza contare le band metal e gotiche/ndr).
Gli S.O.T.S.S. arrivano anch’essi da quei freddi
luoghi e la loro unica passione sfocia in un rock
sanguigno da pelle d’oca. Grazie ad una segnalazione
pervenutagli da una mia amica e collega (beh…
lei è più famosa di me e ha anche diritto
a cd gratis… mannaggia a te!!!…), il singer
della band, Jonas Lofroth, mi ha spedito due demos,
gli stessi che li hanno portati al contratto con la
tedesca Shock Rock Records, per il nuovo album che
dovrebbe uscire tra poco più di un mese.
In attesa di questo evento, colgo l’occasione
per presentarveli, con l’aiuto di questo interessante
Cd.
Dalle ceneri dei gruppi Lushes&Tramps
e Abhinanda, nasce questo
progetto fonografico che è l’ensemble
di uno sforzo di gruppo perdurato per più di
due anni di continuo lavoro live e di ricercatezza
per un sound, come lo chiamano loro, del “futuro”.
Premettendo che li trovo molto validi non sono così
d’accordo sul loro modo di promuoversi…
i ntendiamoci, se il sound viene definito futuristico
a me sembra invece un bel pugno nello stomaco a tutti
coloro che pensavano che il glam rock n roll anni
settanta fosse morto. Le sonorità proposte,
oltre ad essere ben supportate dalla base ritmica
formata da Magnus Nilsson (bs) e Par Hansson (bt),
godono di riff di chitarra molto retrò ma decisamente
ben suonati dal chitarrista Peter Haligren, supportato
anche dalla ritmica di Jonas. I brani del primo demo
sono cinque e mi incuriosisce la decisa convinzione
che demo sono e demo resteranno. Mi spiego: le canzoni
lasciano il loro segno ma non durano mai più
di due minuti e mezzo o tre… insomma, un lavoro
musicale che viene lodato anche per l’eccelsa
capacità di riassumere le loro capacità
senza sbrodolare in soli infiniti (e, alle volte,
parecchio inutili in questo genere) o in intro d’effetto
che possono rimanere destinati al full lenght decisivo.
Il Glam Rock anni 70 si respira in ogni nota del primo
demo, formato dalle songs a titolo “Drop deal
alibi”, “Electric movement”, “Fades
away”, “Charming boy” e “Nothing
new”. Tra i KISS, MARC
BOLAN e un pizzico di grinta à là
ROLLING STONES dei primi due albums,
posso riassumere le giuste coordinate artistiche dei
quattro nordici.
Il secondo demo, che ha solo tre tracce
(“Delirious”, “Into nothing”
e “Past all red lights”), ripropone le
stesse sonorità, non eccedendo mai in picchi
di originalità ma lasciando il giusto e meritato
spazio alle emozioni che questo tipo di sound può
donarci. Tra continui richiami ai seventies, intimismo
in alcuni passaggi e strafottenza in altri, la voce
MORRISON-iana del singer potrebbe
indurvi a curiosare un pò di più nella
loro carriera… sebbene non esista un sito posso
cmq lasciarVi per un eventuale ordine; la loro email.
In caso contrario attendete il loro nuovo album!
Marco Paracchini
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by Slam! Production® 2001/2007
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