Old review: BACK NEXT


www.dokken.net

 

DOKKEN
"Hell To Pay"
T & T - 2004

E’ assodato che recensire una delle proprie band preferite è molto più difficile che recensire una band a cui non si è attaccati per motivi affettivi o di cui non conosce molto.
Per questo motivo ho deciso di aspettare qualche settimana prima di parlarvi del nuovo lavoro della band californiana e di non fare una recensione di “getto” ma ragionata dopo svariati ascolti.
Devo dire che questa volta non è servito a molto..l’impressione iniziale è rimasta sostanzialmente la stessa anche dopo queste settimane di ripetuti ascolti... "Hell To Pay" è un buonissimo lavoro.
e adesso vi spiego perché.
Quando si parla dei Dokken è consuetudine dividere al carriera in due parti ben separate: dagli inizi al primo scioglimento (più o meno nel 1989 dopo il tour di "Back for the Attack" e relativo live-album) e dalla reunion nel 1994 alla attuale formazione.

La cosa fondamentale è che negli ultimi 10 anni i Dokken hanno cambiato ben 5 chitarristi... George Lynch, Reb Beach, John Norum, Alex De Rosso (solo live) e Jon Levin (ex-Warlock) che suona su questo nuovo album.
A seconda di chi era il chitarrista gli album dei Dokken negli ultimi anni hanno sempre avuto un suono diverso, e questo più che le composizioni ha avuto un peso importante nell’economia stessa del disco... mi spiego... "Long Way Home" è un buon disco, ma è innegabile che in alcune parti il suono di John Norum fosse troppo “cattivo” per il contesto... anche se il buon Don Dokken recentemente ha dichiarato che durante le registrazioni di suddetto cd Norum fosse orientato a suonare molto bluesy... beh, francamente non è che si notasse molto... anzi...
Comunque... tutto questo per dire che il nuovo lavoro è quello che più di tutti suona alla “vecchia”... anche se non aspettatevi un ritorno agli anni ’80..sarebbe quantomeno patetico.

A dire il vero non è che l’album parta alla grande... anzi... "The Last Goodbye" non è certo il miglior pezzo del disco, perlomeno posto in apertura risulta un pochino troppo "tranquillo" ...ma subito i dubbi vengono spazzati via da “’Don’t Bring Me Down”, pezzo roccioso con gran lavoro di Mick Brown alla batteria e immagino ideale opener per i live-shows.
“Escape” è il primo singolo e potrete capire perché Jon Levin è l’anello mancante... suono pressoché identico a quello di mr. Lynch a cesellare un gran pezzo in cui il buon Don pilota un coro degno dei tempi che furono... e quando arriva l’assolo... beh... giù il cappello signori..
Altri pezzi che voglio segnalare sono “Prozac Nation” molto “moderno” nel suo incedere, la ballad “Care For You” (riproposta alla fine anche in versione unplugged) con un cantato molto ispirato e “Still I’m Sad”, uno degli highlights del disco con gran lavoro della sezione ritmica in cui fa bella figura Barry Sparks, bassista che non ha bisogno di molte presentazioni..
Anno 2004... questi sono i Dokken... una delle poche band sopravissute ai gloriosi anni ’80... il cd in questione dimostra il perché..
Federico Martinelli

top


www.unclesid.com

 

UNCLE SID
"Rock In The Universe"
Self Produced - 2004

Non credevo che i Canadesi suonassero così... europei. Appena messo il cd nel lettore dalle casse escono riffoni da gruppo hard'n heavy teutonico, mentre gli accostamenti oltreoceano piu' immediati sono probabilmente DOKKEN, primi RATT & co.
La proposta e' appetibile fin dall' iniziale "Break N' Free", dove risultano gia' chiari gli ingredienti della musica degli UNCLE SID: voce incazzata, grandi chitarrismi e tanta melodia, anche se con il trascorrere del tempo le composizioni risultano forse un po' monotone e scontate.
"R.I.T.U" e' un continuo alternarsi di mid-tempos, senza lode ne infamia, inframezzati dalla ballad "Let me Go", senza dubbio il pezzo meno riuscito, forse perche' perde di quel mordente che la chitarra di Henry Seto "dona" costantemente ai brani.

Il difetto maggiore di questo album credo che sia, come ho già detto, la ripetitivita' di una certa formuletta magica composta da riff iniziale, strofa ponte e ritornello, assolo e via dicendo; non per questo non fara' comunque felice gli amanti più accaniti del genere perche' in piu' di un' occasione ti fà muovere la testa su e giù.
Buona la produzione, buono il packaging (anche se l'occhio in copertina lascia un po' a "desiderare") e buona la qualita' del trio di Vancouver; forse una ricerca compositiva meno scontata permetterebbe agli UNCLE SID di fare un bel passo in avanti.
Paolo Pirola

top


perfectpictureonline.com

 

PERFECT PICTURE
"Welcome to... Sex Town"
Self Produced - 2004

In questo periodo di revival anni 80, anche l'Italia sta avendo un ruolo molto importante per la scena underground, infatti il numero di gruppi che propone sonorità care ai lettori di SLAM! sta aumentando notevolmente e se spesso capita che i prodotti manchino un pò d'anima e originalità, questa volta posso dire che possiamo contare su un'altro valido combo in ambito street hard rock perchè questi giovanissimi Perfect Pictures hanno realizzato un prodotto più che dignitoso grazie alla loro abilità come strumentisti e alla registrazione.
Il quartetto nasce a Bari nel 2000 e proponeva del progressive/hard rock, ma solo dopo vari cambi di formazione e con l’entrata del cantante Rachel O'Neill e del chitarrista Niko Loseto, la band prende un indirizzo decisamente più americaneggiante sulla scia dei vari Mr.Big, Skid Row e Slaughter.

Dopo un demo di tre pezzi dal titolo "Speedball" rieccoli con questo "Welcome to... Sex Town" con tanto di biondona in copertina (ahimè 'censurata'!), un mini di 5 brani all'insegna appunto di un hard rock stradaiolo che, anche se non brilla per originalità sa come farsi apprezzare grazie a brani come "Sex Town Nite", "Rock N' Roll Fever" o la lenta "Have To Choose".
Se siete stanchi di sentire per l'ennesima volta RATT o i vari HEAVY BONES o BABYLON A.D., provate a dare un'ascoltata a questa band pugliese, non si sa mai che per una volta tanto soddisferete le vostre orecchie senza andare a ripescare qualche "dinosauro".
Moreno Lissoni

top


www.harlech.it

 

HARLECH
"Demo"
Self Produced - 2004

Recente formazione composta da 6 elementi, gli Harlech, nonostante la giovane eta', ci propongono un puro hard rock di stampo settantiano, che pesca a piene mani dai nomi gloriosi della scena inglese quali RAINBOW, DEEP PURPLE e JUDAS PRIEST e dalla compagine dei noti fratelli YOUNG.
E' proprio dalle note dell' opener "The Air Sometimes Changes" che si scorgono i piu' forti richiami ai preti di Giuda, impostata su di un riff semplice e schietto ma graffiante e ben studiato, un po' alla "Desert Plains" per intendersi.
Le successive "Reptile" e "Steel Bristles", pur avendo titoli richiamanti il metal piu' classico, non si discostano dal genere sopracitato, anche se a mio avviso risultano meno incisive e qualitativamente inferiori, sia dal punto di vista compositivo che esecutivo, nonostante siano presenti dei buoni solos di chitarra e si incominci a delineare una certa personalita'.
La conclusiva "Voodoo Child" del buon JIMI HENDRIX e' resa a dovere, nelle giuste proporzioni del caso, e sottolinea una volta più le influenze dei rockers bergamaschi.
In definitiva, considerata la giovane eta' degli elementi, ci troviamo di fronte ad una band che lascia ben sperare per il futuro, che con una maggiore cura delle parti vocali e ritmiche potrebbe presentarci a breve un altro buon lavoro.
Avanti così!
Paolo Pirola

top


www.lostreflection.com

 

LOST REFLECTION
"Nu Hard Rock"
Self Produced - 2004

Dalle righe della breve bio inviataci dai LOST REFLECTION, apprendiamo che il combo romano si forma nell'ormai lontano 1996 e vanta un precedente demo intitolato "Watch out" piu' svariati gigs come cover band nell' area romana.
Le influenze dichiarate della band sono Ratt e Bon Jovi, "mixati" a Billy Idol, Him e Ramones, ma devo ammettere onestamente che da una band così longeva mi aspettavo qualcosa in piu', e che delle influenze sopra citate ho notato solamente qualche richiamo al vecchio hard rock ottantiano della West Coast.

L'iniziale "Bad Love" e' forse il pezzo con maggiori potenzialita', ma la voce di Fabrizio non rende il necessario a tramutare una song in una buona song. Con "On your skin" e "I fall in love" i nostri approdano su lidi gothic e piu' moderni, restando comunque in una "terra di nessuno" che rischia di non soddisfare alcun tipo di pubblico. Il cd si conclude con la lenta e riflessiva "Nitefall", eseguita da voce e chitarra acustica, che non salva e non affonda la resa generale del demo.

Credo che la questione vocale, affiancata alle parti di chitarra troppo retro' e immature, siano il problema principale dei L.R., senza contare che un demo, seppur concepito per il puro scopo promozionale, non puo' presentarsi con una registrazione così "casalinga". Il mio giudizio, assolutamente contestabile, e' che forse la band e' ancora immatura per registrare delle composizioni proprie; probabilmente serve ancora un po' di lavoro in sala prove e magari ulteriori gig per affinare le proprie capacita' tecniche.
Per il momento restano "rimandati a settembre"... aspettiamo il prossimo materiale.
Paolo Pirola

top


www.landslideladies.com

 

LAND$LIDE LADIE$
"$ix $tring$ & Cigarette$"
Self Produced - 2004

Ritornano le "Signorine Valanga" dopo il buon potenziale espresso con "Loud, Lou$y & Loo$e" che purtroppo constava di una registrazione poco dignitosa... Staccate le spine, impugnata una chitarra acustica, con un bicchiere di birra e una sigaretta, ecco che Mr. Gold e il vocalist Lester ci deliziano di 6 composioni tra cui le cover di "Little Bit Of Whore" di JOHNNY THUNDERS e "Hammersmith Palais" tratta dall'album dei DEMOLITION 23.

Premetto che gli album acustici di solito mi fanno un pò cadere le palle salvo poche eccezioni ("Five Man Acoustical Jam" dei Tesla o "Starkers In Tokyo" dei Whitesnake e pochi altri...), ma in questo caso non posso affatto dire che il duo mi abbia annoiato, anzi, sarà per le foglie che cadono, per il grigiore autunnale, per il buco nell'ozono, non lo so... ma questo "$ix $tring$ & Cigarette$" riesce a mettermi addosso sensazioni contrastanti, da una parte mi coccola come se stessi sotto le coperte in un freddo giorno invernale assorto in una specie di malinconia riflessiva, dall'altra invece mi fa stampare sul volto un sorrino ebete post sbornia... bah...

Le canzoni!?!? ...Allora apre proprio la cover del defunto chitarrista dei New York Dolls e si chiude con quella del cantante degli Hanoi Rocks che per l'occasione viene interpretata in coppia con JANY JAMES, nel mezzo fanno la loro porca figura "Pain in The Ass" e "RNR Overdose" (le mie preferite!), "Alcoolics Dudes" e "Stardust" ...Band in crescita e una delle più valide tra le nuove leve!
Moreno Lissoni

top


www.theblackmollys.com

 

THE BLACK MOLLYS
"Overnight Disgrace"
Vital Records - 2004

Sulla nuova andata americana ecco spuntare questi Black Mollys originari di Kansas City, Missouri, ma con base operativa in California dove capita spesso di ascoltarli al Viper Room di Johnny Depp e conosciuti dal grande pubblico per aver aperto gli show del 2002 del tour estivo di David Lee Roth/Sammy Hagar e alcuni concerti dei Goo Goo Dolls.

"Overnight Disgrace" è stato registrato ai Sound City studio (dove sono passati Nirvana, Cheap Trick, Queens Of Stone Age, ecc...) con il produttore di Sheryl Crow e Joan Osborne, John Paterno. Il genere proposto è una via di mezzo tra il modern rock da MTV imbastardito con il power pop di scuola CHEAP TRICK-iana, per un'ascolto disimpegnato e allegro di queste 13 composizioni che hanno nella ripetitività il loro punto debole... sia chiaro, solo "Fool" mi annoia a morte, ma il resto è ok, anche se le song tendono ad assomigliarsi.

Picchi del disco sono l'opener "Call Me A Drag", "Every Other Day", "Turn you Off" e "Rock Whore" con quel coretto che sa molto di BLINK 182... CD molto piacevole, magari fatto su misura per le chart d'oltreoceano, ma con alcuni spunti davvero notevoli.
Moreno Lissoni

top


www.hollywoodkillerz.com

 

HOLLYWOOD KILLERZ
"Hittin' The Star"
Self Produced - 2004

Nascono nel 1996, ma con solo un Ep all'attivo, ecco che ritornano i torinesi Hollywood Killerz con una nuova formazione e nuove sonorità. Scordatevi quindi il glam metal di "Back to Devastation Boulevard" perchè ora Harry Kill Kill, Traxy, Snakey e i nuovi innesti Deadend e Simon Boy si lanciano verso un glam punk ruvido e incazzato che per contraddizione con il loro nome è più vicino a quello new yorkese dei D-GENERATION piuttosto che alla vecchia ondata hair metal losangelina.

Dopo aver avuto la dimostrazione che in ambito live riescono davvero a trasmettere moltissima energia e aver promosso a pieni voti la nuova direzione intrapresa, li devo però rimproverare per la resa sonora di questo mini di 3 pezzi che a mio avviso non rende giustizia a pezzi come "Hittin' The Star" o "Lovecrash" che sentiti dal vivo hanno tutt'altro impatto. E'un vero peccato perchè la prima è un gran bel pezzo incentrato sul lavoro delle chitarre, ma mancano ancora quelle backing vocals che riuscirebbero secondo me a farla stampare subito in testa a chi l'ascolta, cosa che succede invece nella seguente "Lovecrash", uno dei pezzi migliori prodotti da questi 5 loschi piemontesi dalla loro nascita.

Anche "Somewhere Out Of This Mind" ha un bel potenziole ma per le motivazioni spiegate sopra perde quella freschezza che avevo riscontrato dopo averla ascoltata dal vivo. Non so se sia un pregio o un difetto, ma li preferisco on stage.
Un plauso per l'artwork e la cura del design cosa che dovrebbero iniziare a fare molti altri gruppi.
Moreno Lissoni

top


www.saxon747.com

 

SAXON
"Lionheart"
SPV Steamhammer - 2004

Gli inglesi SAXON ritornano sul mercato con questo potente “Lionheart” per riportare in auge il vecchio metal di cui sono stati, in parte, fondatori e sostenitori negli anni addietro.
Induritisi negli ultimi sette anni per questioni di mercato, la band del Regno Unito ci spara addosso un’energia che impallidisce. Nonostante l’età e le miriadi di dischi fatti, Byff Byford & Co. lasciano col fiato sospeso per un’oretta circa con riff al fulmicotone e batterie che spezzano i tempi in modo perfetto. Nove canzoni dedite all’Hard&Heavy di vecchio stampo più due brani minuscoli e insignificanti (“The Return” e “Jack Tars”) che segnano un grande ritorno sempre in seno alla casa discografica SPV. Ormai tedeschi di adozione i nostri defenders non dimenticano di ringraziare, a loro modo, anche l’Italia, inserendo in un brano la città di Monza e la manifestazione del GODS OF METAL (“Flying on the edge”).

Protagonisti dell’era del NWOBHM i SAXON non hanno scordato comunque le coordinate stilistiche dei primi albums quelli che, per intenderci, soddisfavano in pieno metallari esigenti e rockettari un po’ più duri e meno soft della combricola, rilasciando perle di un rock d’altri tempi come la seconda traccia “Man and machine”, che nulla più è di una sorta di DEEP PURPLE’s song con sotto i coglioni e la bella e forte “English man ‘o’ war” sempre in sintonia con caratteristiche dei seventies. La leggerezza giunge nelle melodie di “Beyond the grave” che nella sua semplicità dà un ampio respiro al resto dell’album e riporta alla mente gli HELLOWEEN più soft. Una bella canzone eseguita con insert moderni ma completa sotto ogni profilo artistico.
Bella e fuori dai soliti cliché metal la canzone che da il titolo all’album, “Lionheart” che, nel suo incedere pesante, non scorda un rock fatto di sudore, un prog fatto di piccoli accorgimenti ed un hard rock di un certo tipo.
Non mancano (purtroppo/nda) le speed-songs per poter accedere di prepotenza in tutti i Festivals Metal tedeschi e Italiani della prossima estate (ahò, devono pur magnà, no? /nda) con brani à là MANOWAR (“Justice”) o alla IRON MAIDEN vecchia scuola (“To live by the sword”).
Nel contesto di “SLAM!” questo disco poco c’entra ma per la sua freschezza e la sua energia mi sento di consigliarlo a chi, tra i glamsters e rockers un po’ più di larghe vedute, non disdegnano anche un po’ di potenza dell’heavy metal che fu, che è e che resterà…
Marco Paracchini

top


www.janyjames.com

 

JANY JAMES
"Fuck!"
Self Produced - 2004

Nell'attesa che esca il secondo album “Decadence & Chaos” abbiamo l'opportunità di gustarci in anteprima 3 nuovi brani partoriti dai simpatici banditi capitanati dal vocalist Jany. Non è affatto facile fare questa recensione, primo perchè la band vede per l'ultima volta nelle sue fila il bassista Roby Siganakis e se devo essere sincero la sua dipartita mi mette un pò di malinconia e secondo perchè so che chi la legge penserà che sono di parte perchè Jany è un Amico da anni.
Provo ugualmente ad essere obiettivo e a raccontare quello che dicono le canzoni...

E' la title-track ad aprire i battenti e non riesco proprio a considerarla una nuova composizione perchè credo siano un paio di anni che la vedo eseguire dal vivo e mi è entrata subito in testa dopo il primo ascolto grazie a quel "gentile" invito fatto dal nostro rocker a vari personaggi politici e non. Canzone molto diretta ma che preferisco in ambito live. Discorso opposto invece per la QUIREBOYS-iana "Welcome" che dal vivo non mi aveva troppo convinto, ma che riascoltandola con un paio di cuffie riesco a sentire molte di quelle "sfumature" che mi erano sfuggite, unica pecca la durata, troppo lunga a mio avviso.

Il tris di song è chiuso da "Wild Town's Blues", il pezzo che preferisco che riassume in se tutti i classici elementi che caratterizzano il background musicale del rocker parmense... se non avete ancora capito: 3 brani di "solo" rockn'n'roll, che potranno annoiare si, i lettori più metallari o punkettosi di SLAM!, ma che allo stesso tempo faranno godere quelli che viaggiano a suon di ROCK CITY ANGELS, GRAVEYARD TRAIN, ecc...
Moreno Lissoni

top


www.lonnyblaster.it

 

LONNY BLASTER
"Finally Rock!"
Self Produced - 2004

Era parecchio tempo che non mi capitava di ascoltare una band del settore proveniente dal sud Italia e tutto questo non può farmi che piacere sopratutto perchè il quartetto in questione mi sembra valido e preparato. Per chi non avesse letto l'intervista vi rinfresco un pò la memoria raccontandovi brevemente chi sono questi Lonny Blaster: nascono nella primavera del 2000 con l'intento di ricreare le tipiche atmosfere anni ’80 con una miscela di street, glam e hard rock che li ha portati a suonare di supporto anche a grossi act come Gilby Clark e Virgin Steele e alla realizzazione di 3 demo.

"Finally Rock!" consta di 7 pezzi più una traccia video ed è caratterizzato dalla sporca timbrica vocale di John Seventh e dal buon lavoro dei suoi tre compagni (Simon P., Kris Rollo e Fabian P.) che riprendono le sonorità yankee in voga a fine Eighties: ritmiche saltellanti, chitarra trita-riff e corettoni da stadio, tutti ingredienti ascoldabili sin dall'iniziale title-track, un grazioso e sculettante hard rock stradaiolo a stelle e strisce. La KISS-iana "Baby Smile" apre le porte alla volgare "Kamasutra Girl" che se non fosse per la voce, non starebbe male in qualche album dei TUFF.

In "She's Like Lady" si scontrano JUNKYARD e SLAUGHTER, mentre a dare un break al disco ci pensa il lento strappamutante "My Little Star", fatto solo per la voce di Seventh e il piano di Rollo. "Dangerous" e "C.N.C.S." sono gli altri due pezzi che chiudono la track list, ma che non mi hanno convinto pienamente.
In conclusione una buona prova che non deluderà gli amanti di gruppi come McQUEEN STREET e compagnia bella, ma che ha bisogno ancora di qualche ritoccatina sopratutto a livello di testi.
Moreno Lissoni

top


www.socialdistortion.com

 

SOCIAL DISTORTION
"Sex, Love & Rock'N'Roll"
Kungfu - 2004

In una vecchia intervista, Mike Ness parlava di un passato in cui le sue energie si perdevano tra droghe, risse, rapine, e di un presente felice in cui aveva imparato ad incanalarle tutte nella sua musica. Signori, e’ bello portare buone notizie, e con estremo piacere vi confermo che, nell’Anno di Nostro Signore del Rock’n’Roll 2004, quell’energia e’ ancora intatta. Anzi, si riproduce, si moltiplica ed esplode in undici perle come quelle di “Sex, Love & Rock’n’roll”.
Il nuovo album dei Social Distortion ha la potenza, la passione e la poesia dei fuochi d’artificio sulla spiaggia in una notte di fine estate. Uno per uno questi pezzi esplodono nel cielo, colorano il mondo di un caldo rosso, un sorridente rosa, un malinconico blu, giallo solare, accompagnati dalla chitarra e dal caldo abbraccio delle persone e delle memorie che porterai sempre nel cuore.

Lontana da uno scenario di onde e falo’, su un grigio vagone di metro londinese, lo metto in cuffia e all’improvviso gli anonimi passeggeri pulsano di vita, mi sembra quasi di vederli sorridere, al punto che mi angoscia l’idea che le batterie mi abbandonino o arrivi la mia fermata, che spegnendo il lettore i colori fuggano via con la musica e torni il bianco e nero...
Lo so, non vi ho detto molto dell’album finora eh? O forse vi ho detto tutto. In un’era in cui la maggior parte della produzione musicale e’ assolutamente sterile di emozioni, quello che vogliamo e’ proprio un album che faccia vibrare le nostre corde interiori. In un’era in cui i Guns’n’Roses diventano Velvet Revolver e si continua ad aspettare Chinese Democracy, quello che speriamo e’ che i nostri vecchi eroi ancora una volta non ci tradiscano. Quanto detto finora e’ per rassicurarvi su questi punti: Mike Ness e’ compagni, ora come allora, ci mettono ancora il cuore, sono ancora veri, hanno ancora qualcosa da dire, insomma, finalmente un cd che non e’ una spesa ma un investimento.

Non c’e’ una canzone brutta o noiosa, e’ uno di quei rari album in cui trovi un nuovo pezzo preferito ad ogni ascolto. Il mio primo e’ stato “Live before I die”, il titolo dice tutto, basta stare a guardare, vivere vivere vivere! Poi c’e’ l’intensissima “Winners and losers”, sulle scelte fatte e da farsi, e la splendida “Angel Wings” (anche presente in versione acustica), perfetta per trovare conforto e calore in un momento triste. Scommetterei che molti di voi impazziranno per “Born to follow”, e forse “Don’t take me for granted”. E attenzione anche a “Nickels & dimes”. Che dire, potevano farne venti di pezzi che se erano tutti a questo livello l’avrei comprato anche doppio dal Giappone, e sicuramente ne hanno nel cassetto di poesie e melodie scarabocchiate su un tour bus... Ma ecco l’artista, ecco la persona vera, ecco la passione genuina, che ti fa condividere le tue creature con il mondo solo quando ritieni di avere qualcosa da dire. Qualita’, non quantita’. Nel 2004 praticamente un miracolo.
Cristina Massei

top


blackrose-rockband.co.uk

 

AK-47
"Damage Limitation"
Self Produced - 2004

Dopo aver scoperto che i Black Rose (NWOBHM band inglese con all'attivo 2 album negli anni 80) nell'ottobre del 2003 si erano riformati e che tra i membri era stato inserito Kiko Rivers degli Scritt Scrat, non ho resistito alla tentazione di scrivere al leader della "rosa nera" Steve Bardsley per saperne di più su questa reunion e sono venuto a sapere che la band sta scrivendo del nuovo materiale e che nel frattempo, insieme a Kiko porta avanti questo progetto chiamato AK-47.

La qualità sonora non è delle migliori anche perchè si tratta solamente di un demo Ep di 4 pezzi dove si recuperano sonorità di stampo ottantiano e dove fanno capolino gli STRYPER, sopratutto in Bardsley che ha un modo di cantare molto simile a quello di Michael Sweet.
"Fight Fire With Fire" è la canzone che apre il CD e come ho appena detto, al primo ascolto mi ha portato indietro fino a "To Hell With The Devil", stessa sensazione che mi viena anche dopo l'ascolto di "Heads I Lose Tails You Win"...
"If It's Too Loud You're Too Old" sa di già sentito con quell'incedere alla "Purple haze" e non riesce per nulla a catturare la mia attenzione, mentre va molto meglio con la lenta "I Believed In You" che non brillerà certo per originalità, ma che nella sua semplicità si fa ben ascoltare.
Solo per appassionati del genere!
Moreno Lissoni

top


www.van-halen.com

 

VAN HALEN
"The best of the both worlds"
Warner Bros. - 2004

PREFAZIONE: 26 anni di attività, 11 dischi, due “best of” alle spalle, dozzine di premi agli MTV Awards, critiche, pettegolezzi, onori e gloria, non hanno fermato i fratelli V.H. che, attendendo l’attimo giusto per far uscire il nuovo materiale (ma è da quattro lunghi anni che lo posticipano/nda), han pensato bene di far rimembrare a vecchi e piccini, tutta la loro energia in due meravigliosi dischi.

DISC ONE: Il succoso primo cd è quello che comprende le tre inedite di cui si fa cenno anche nelle pubblicità televisive. Ebbene, niente David Lee Roth, le novità sono scritte e arrangiate in compagnia di Sammy Hagar che, nonostante la sua attività solista, ha compreso che per mangiare e nutrire tutta la famiglia, ha dovuto riprendere le sorti degli amati/odiati fratellastri di origine olandese. Dopo l’opener “Eruption” si da il via alle tre bonus tracks. “It’s about time” da così il nuovo buongiorno ai fans, distribuendo rock moderno nei principali riff ma rilanciandosi nella melodia tipica dei primi dischi in cui appariva Hagar: ritornello di grande presa e ottima interpretazione. Prosegue “Up for breakfast” sempre in sintonia con album come OU812 e F.U.C.K.
Il rock n roll si fa sentire ma è la voce di Hagar che fa impallidire: genuino mix tra le sue canoniche capacità e qualche ricordo vocale tipico del Diamond Dave che è sempre mancato ai fans più accaniti. Il virtuosismo di Edward si sente e si intreccia in composizioni molto eighties.
La terza chicca porta il titolo di “Learning to see” che ripropone una ballad in vecchio stile seppur sorretta da un riff introduttivo molto metal che non c’entra nulla col resto della song. Anche qui il sapore retrò si respira in ogni strofa e ci si chiede se siano effettivamente cose nuove o vecchie b-sides riproposte con un sound un po’ più moderno.
Proseguono altre 15 canzoni che non starò ad elencare ma, penso sia ovvio a chiunque stia leggendo, trattasi di vecchie hits come “Jump”, “Unchained”, “Pretty Woman”, “Poundcake” etc. etc.
La cosa curiosa che persiste anche nel secondo cd è che non sono stati fatti torti ne a Hagar ne a Lee Roth; una canzone a testa, senza nemmeno stare a guardare le date di realizzazione, dal ’78 si passa al ’90 senza nessuna logica di ricostruzione storica.

DISC TWO: a differenza del primo cd le canzoni presenti sono inferiori di numero e se ne contano 17. Nessuna bonus tracks solo vecchie perle argentate dai loro premi, dai loro innumerevoli passaggi radiofonici, siglate nel Mondo del Rock con dischi di platino vinti in Europa, Asia e America. “Panama”, “Runaround”, “Why can’t this be love”, “Runnin’ with the devil” e molte altre segnano un grande disco per rimembrare passaggi storici della fortunata band.
Le tre canzoni che chiudono l’album sono state disposte in assetto live, estrapolate dal loro unico album dal vivo intitolato “Right here, right now”, seguito anche, all’epoca, da una raccolta di video-clips.

“VAN HALEN III”: ebbene, scivolone della Warner Bros, appare l’assoluta mancanza di ricordi legati alla band dell’album con alla voce Gary Cherone (correva l’anno 1998/ndr). L’assurdità è che anche nelle tre paginette storiche non ve ne è traccia e nessuno ricorda i singoli “Once” e “Fire in the Hole”.
Ok, saremo d’accordo che Cherone (ex EXTREME/ndr) poco c’entrava con i V.H. e saremo anche d’accordo che il flop commerciale aveva avuto anche un suo perché ma, non citarlo mi sembra proprio una cosa bastarda. Dopo tutte le smorfie, le denuncie e le parolacce che i fratelli Eddy & Alex hanno usato nei confronti di David Lee Roth (prima) e di Sammy Hagar (dopo), ritrovatisi nella condizione di aver trovato un nuovo singer avevano assicurato che la cosa poteva essere temporanea così come definitiva e invece? L’album “III” non è nemmeno citato nella loro discografia ufficiale! Pazzesco! Questa l’ho trovata come l’ennesima mossa insensata della band che, da almeno 20 anni a questa parte, ci ha abituato a sentirne di tutti i colori…

EPILOGO: 26 anni di attività con 26 canzoni per sancire il loro vociferato ritorno sul mercato discografico, due cd che riassumono al meglio le coordinate stilistiche che hanno reso il chitarrismo di Eddy uno tra i migliori del mondo e la sintonia così speciale tra la band che, ahimè, si respira solo nei dischi. Due album densi di emozioni che hanno costruito parte della Storia del Rock.
Unico difetto: la mancanza dei pezzi inerenti l’ultimo studio album con Cherone. Se potete passarci sopra l’acquisto diventa obbligatorio.
Marco Paracchini

top


www.highthrill.net

 

HIGH THRILL
"High Thrill 2004"
Self Produced - 2004

Dopo i veronesi Bullfrog recensiti qualche mese fa su queste pagine, ecco un'altro combo dedito all'hard rock di stampo settantiano, sempre italiano, ma con sede a Ravenna. Produzione e registrazione ottimi così come la preparazione tecnica del quartetto composta da Mirco Bagnari (voce), Davide Solano (basso), Alberto Argelli (chitarra), Francesco Stoppa (batteria) che si cimenta in 4 pezzi che risentono delle loro marcate influenze di Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath e Lynyrd Skynyrd.

Si inizia bene con "Lady killer" dove si mette subito in evidenza il guitar work di Argelli, segue a ruota "Seasons" con quel riff che... che mi ricorda qualcosa, ma dopo svariati ascolti non riesco ancora ad identificare la sua provenienza... pezzo molto carico che si "spezza" verso la fine per lasciare spazio ad un intermezzo acustico. "Reach Up For The Sky" e "Crazy Show" sono altri due canzoni dove primeggia il solito Argelli e anche se il volume della chitarra sovrasta la sezione ritmica, per una questione di mixaggio, forse, la prova rimane molto positiva.
Moreno Lissoni

top


www.sixshots.com

 

SIXSHOTS
"Promo 2004"
Self Produced - 2004

Sembra davvero che il panorama glam rock mondiale stia rivivendo un seconda giovinezza dal momento che sono sempre più numerose le band a cimentarsi con questo genere e trova nella Svezia uno degli stati più proliferi degli ultimi anni.Ad aggiungersi alla già copiosa lista di band scandinave ci pensa questo giovane quintetto di Malmo formato dalla batterista Billie Jean, dal chitarrista Reddie Rampage, dal bassista L.A. Knoxx, dal tastierista Dusty Broom e dal cantante Sleezy.

Il promo di 3 pezzi registrato nei the Mean Music Machine Studios la scorsa primavera ci regala una prova abbastanza buona con composizioni che si orientano verso un glam di matrice settantiana, dove le keyboards di Broom giocano un ruolo molto importante nel sound degli SixShots.
"Glitterpaved Superstar" è il brano che apre il CD e si denota immediatamente quanto detto, mentre nelle seguenti "Tabledancer" e "Wanna Go Out" si evidenziano ulteriormente queste caratteristiche. Aspettiamo fiduciosi un loro full length CD, per il momento vi consiglio di tenerli d'occhio: www.sixshots.com.
Moreno Lissoni

top


www.zamarro.com

 

ZAMARRO
"Lust in Translation"
Supermodern - 2004

Gira su buoni livelli il disco degli svizzeri Zamarro prodotto niente di meno che da Jack Endino (Nirvana, Soundgarden, Mudhoney, Zeke, Therapy, Supersucker, Zen Guerilla, ecc...) e uscito per la tedesca Supermodern Records, etichetta che ha tra le sue fila anche i Danko Jones. Il trio nasce nel 2000 con il nome di Zorro, ma solo nel 2002 la formazione diventa stabile con Markus Gisin (Voce e chitarra), Marco Redolfi (basso) e Michael Hediger (batteria) e poi via verso la West Coast a registrare "Lust in Translation", un album che mescola sonorità care ai nostri ZEN GUERILLA, GLUECIFER, fuse con lo stoner e il punk.

Il lavoro è molto omogeneo ad eccezion fatta per "Laku Noc" dalle atmosfere CURE-iane e per l'ipnotica "Zagreb" e degli 11 pezzi che lo compongono, l'unico brano un pò sotto le righe mi è sembrato "Glow".
L'immagine proposta dalla band ricorda molto quella dei BAD DOG BOOGIE che tra l'altro divideranno nel loro "EUROPEAN WEEK-END DESTRUCTION".
Moreno Lissoni

top


www.underride.net

 

UNDERRIDE
"Necessary Evil"
Sel Produced - 2004

Mi erano stati descritti come "kick-ass rock & roll" con influenze che andavano da Aerosmith, Guns N' Roses, Soundgarden, Stone Temple Pilots e Audioslave, ma a dir la verità dei primi due act non c'è proprio ombra, e mi accingo a recensire il loro secondo lavoro con più di una perplessità, perchè musicalmente non sono proprio vicini allo standard Slam!...

Anche se nel loro curriculum vantano diversi show in compagnia di Quiet Riot, Gene Loves Jezebel, Duff McKagan, Faster Pussycat e Great White, la band di Rock St. Eddie, Rex Nomad, The Rev, Pondscum e T-Bone ci propone un'energico grunge che hai più questa parola farò storcere il naso, ma allo stesso tempo non si può negare che questo "Necessary Evil" sia un bell'album, perchè l'hard rock seattlesiano che esce dallo casse dello stereo si fa ben ascoltare e brani come "Slow Crawl", "One Way", "Super Glue" e "Glass Eye" hanno quell'incedere PILOTS-iano che me li fa piacere.

Siccome la ex band di Scott Weiland è una delle poche che salvo di quell'ondata di tristezza, ed essendo un delle principali fonti di influenza di questo quintetto americano, non posso far altro che consigliare il CD solo a quelli che nella loro discografia hanno album come "Core" o i dischi di ALICE IN CHAINS o SOUNDGARDEN!
Moreno Lissoni

top


www.starletsuicide.com

 

STARLET SUICIDE
"Broken Doll"
Demo - 2004

Lasciati da parte gli Swindle-A-Go-Go, Jennifer Star continua la proprio carriera musicale con un nuovo progetto chiamato Starlet Suicide. Ad accompagnarla in questa avventura troviamo il bassista Rikki Riot e due ex Paradice: Theodor Paine was e Karl Thunder.
La proposta musicale si allontana un pò da quella della sua vecchia band avvicinandosi di più ad un alternative / punk rock che vede in Courtney Love la principale musa ispiratrice.

I 4 brani contenuti in questo "Broken Doll" hanno la stessa arroganza dell'ex HOLE e pur preferendo di gran lunga gli Swindle-A-Go-Go, un paio di brani si fanno ben ascoltare come ad esempio l'opener "It´s A Disease" dove sbucano i BUBBLE e "You Make My Heart Go" in cui è sempre presente l'ombra dell'ex signora Cobain.
Moreno Lissoni

top


www.paulshortino.com
www.jknorthrup.com

 

SHORTINO / NORTHRUP
"Afterlife"
MTM / SPV - 2004

Dopo il successo ottenuto con la ristampa dell’album partorito da questi due rockers dieci anni or sono, la MTM si è sentita sicura di lanciare sul mercato il seguito ideale del duo, producendo e distribuendo questo “Afterlife”.
Shortino (Quiet Riot / Shortino – ndr), con il suo timbro basso e denso di energia, è ormai un’icona dell’hard classico e dopo le miriadi di collaborazioni e di dischi fatti nel suo passato, eccolo in gran forma seppur più indirizzato verso lidi melodici. Jk, virtuoso della sei corde, ci propone undici pezzi scritti e arrangiati da lui, a volte aiutato dal buon ex vocalist Johnny Edwards.

In “Mark my words” esclude Paul dal microfono per cimentarsi in un lungo ed intenso brano strumentale che mi ricorda i primi lavori di Satriani. Nonostante questo brano, negli altri non esclude mai le restanti parti strumentali dando molta libertà di movimento anche a Paul. La bellissima canzone che da il titolo all’album è segnata da un ottimo refrain melodico che, impreziosito dalla voce di Paul, fuoriesce dalle casse dello stereo per dirigersi direttamente nei cuori degli ascoltatori. La traccia che segue, “Like a stone”, lascia di nuovo spazio alla melodia, graziato da un pianoforte che enfatizza ancora di più la voce roca e profonda del singer, dandoci in pasto una ballata molto orecchiabile. Le restanti songs odorano di già sentito, di riff un po’ flosci e di strizzatine d’occhio ad un rock un po’ più moderno nel songwriting ma sempre di grande qualità.

Le abilità del duo sono fuori discussione, la qualità del disco è sopra le righe e ogni parte è ben sottolineata senza coprire altri strumenti e/o suoni ma l’unica cosa su cui la MTM zoppica è la grafica del booklet. Aperto il cd mi ritrovo tre foto scandalose del duo, fatte nel giardino di casa di Paul, scattate dalla moglie (e pure orgogliosi di scriverlo! – ndr) in cui paiono “Carmelo e la sua band del liscio” …un po’ di ritegno. Se le foto servono al fine di vendere un prodotto e al look si deve dare, forse, ancora spazio, un minimo di decenza è comunque richiesta anche dal fan più sfegatato (e lo dice uno che i dischi solisti di Paul li ha sciupati! – ndr).
Marco Paracchini

top


www.lionsheart.com

 

LIONSHEART
"Abyss"
Frontiers Records - 2004

Chi tra Voi ricorda l’intramontabile ugola d’oro di Steve Grimmet? I più vecchi di Voi sicuramente lo ricorderanno in esibizioni al limite dell’heavy metal dei primi anni ottanta mentre, altri, lo ricorderanno pieno d’energia nella sua rinascita hard rock dei primissimi anni novanta proprio con il come-back a nome LIONSHEART. Dedito a vocalizzi à là David Coverdale, ha prestato anche la sua voce per diverse songs nell’unico tributo ai WHITE SNAKE presente sul mercato (che scovai a San Francisco ma che non so se in Italia ve ne sia traccia… recensito cmq sulle pagine di Slam! – ndr). Dopo la figuraccia fatta coi FRICTION, melodic rock registrato un paio d’anni fa come fosse un demo-tape, ritorna grazie alla partenopea Frontiers ricalcando in pieno l’energia che lo aveva reso più o meno celebre coi primi due dischi (da avere assolutamente! – ndr).

Qui le dodici canzoni risentono della mancanza della ricchezza di gente del settore di anni fa ma il guitar work è denso e potente e la voce di Grimmet, sebbene risenta del tempo che passa, fa sempre il suo porco effetto. Oltre al sopraccitato Coverdale qui Steve tenta di divenire una nuova figura del Class Heavy simil DIO, intonando timbriche impressionanti e giocando sui vibrati in ottave come fosse un esercizio tranquillo tranquillo.
“Screaming” e “Nightmare”, le due apripista, danno già per scontato che l’album non sarà una passeggiata e che riffoni al fulmicotone sono una prerogativa dell’intero full lenght. “All I got” ritorna più sui canoni hard di fine ottanta mentre la quarta traccia è ovviamente dedicata all’amore e alla dolcezza…”I need love” apre così una parentesi melodica molto suadente che porta alla mente gruppi come GOTTHARD e BONFIRE. Nella sua scontatezza acustica e corale è comunque una ballata che non fa male ma che aiuta a pensare ai propri scazzi, ai propri sentimenti e, perché no? Ai propri sogni. Promossa a pieni voti.

Una canzone DOKKENiana appare invece “How can I tell you?” riproponendo poco dopo un sound corposo e violento alla DIO con “I’m alive”. Hard and Heavy appare invece “Don’t waste my time” in cui avrei visto cori più corposi e densi di emozioni. “If you cut me” riapre alla melodia e porta una song dolce ma densa di energia e di sfogo. La seguente “Save me” è un hard blues in cui Grimmet non sempre appare in ottima forma, nonostante urlacci e strofe cantate al limite della potenza. Chiudono “Wichcraft”, traccia sempre in sintonia col Serpente Bianco, “How Long” con il suo incedere slow metal e la veloce e dirompente “Abyss” che ripropone un heavy metal di vecchio stampo.
Una band che ha sempre cambiato line-up col passare degli albums ma che ha sempre proposto un robusto sound ai palati più difficili, mettendo d’accordo, anche oggi, popolo rocker e i vichinghi defenders.
Non indispensabile ma se siete alla ricerca di una buona dose di energia, il grasso Steve saprà come donarVi forti emozioni. Vecchio stile per persone che non ne vogliono sapere di guardare al futuro… musicalmente parlando!
Marco Paracchini

top


www.kickaxe.net

 

KICK AXE
"IV"
MTM / Frontiers Records - 2004

La band hard rock canadese che spopolò in madre patria nella metà degli anni ottanta, torna a sorpresa con il quarto album della loro carriera. Per festeggiare i 20 anni di attività sfornano un album di 14 canzoni, proponendo una nuova veste nel songwriting.
Ammetto che al di là dei primi due albums nulla so riguardo a questa band che lasciai in sordina per dare spazio a gruppi che, a mio modesto parere, valevano di più. Certo è che la loro carriera l’hanno fatta, la loro esperienza si vede e il loro sudore ha macchiato palchi di quasi tutto il mondo. Insomma, in sintesi, un gruppo con le palle che riscopro adesso.
Il loro ultimo sforzo discografico pesca un po’ dal passato primordiale dell’hard rock, pinzando qua e là nei seventies e negli eighties. Nonostante non mi senta in grado di premiare al 100% questo album debbo però spezzare una lancia a loro favore poiché hanno saputo mischiare generi e composizioni così dannatamente retrò rendendoli ancora legati al presente.

La prima traccia “Right Now” mi ricorda gli WINGER ma è la seconda che ha rubato letteralmente il mio cuore: niente di così esaltante, nessun miracolo, nessuna ballata strappalacrime, sto parlando di “Rockin’ Days” una corposa song legata ai suoni degli anni settanta ma con strofe anni ottanta che ha un dannato testo che fa quasi piangere… basta citare parte del ritornello “the show is over… your rockin days are gone…”. Così malinconica ma efficace che è una canzone che consiglierei a tutti di ascoltare. Dalla terza traccia “Consolation” parte quello spoglio su composizioni più vecchie e, nonostante qui ancora si sfiori un’uguaglainza a certe cose fatte dai LED ZEPPELIN, proseguendo nel disco, le affinità con mostri sacri come i ROLLING STONES e i sopraccitati, si sentono eccome.
Il tempo è passato per tutti ma i K.A. invece che misurarsi inutilmente con il modernismo imperante, decidono di guardarsi dentro e cercare le radici di quel sound che li portò a scrivere ed interpretare ottime heavy songs ai loro esordi. Qui si respira quindi una sorta di tributo alle loro radici che li hanno spinti a prendere in mano chitarre, basso e bacchette e, secondo me, riuscendoci anche bene.
Un disco che va ascoltato più volte per essere compreso al meglio e un disco che deve essere valorizzato per la scelta stilistica che i cinque rockers di vecchio stampo hanno deciso di lanciare.

Al di là della prima traccia e della canzone intitolata “Rock n roll dog”, spudoratamente anni ottanta nei testi e nelle melodie, credo si possa parlare di un bel mix di generi facenti parte comunque della stessa famiglia, il Rock. Mi sento di consigliare questo disco per le strane sensazioni che sa creare nello stato d’animo. Se cercate altri lidi, compattati da cori da stadio o riff potenti e stralunati, i Kick Axe non fanno per Voi ma se avete voglia di variare un po’ l’ascolto dai soliti riff copiati e stra-copiati, secondo me, questo potrebbe essere un bel dischetto.
Come detto per Shortino e per la quasi totalità dei dischi della MTM recensiti dal sottoscritto, anche qui la copertina e il booklet fanno stizzire dall’orrore degli errori di ortografia, palesi parole fuori da ogni cliché anglosassone e sbagli così evidenti da far sorridere… il bello è che di gruppo storico trattasi, fossero stati dei pivelli li avremmo bersagliati come non mai. Ma quand’è che l’etichetta tedesca lascerà fare a dei grafici competenti l’artwork?!
Marco Paracchini

top

---- by Slam! Production® 2001/2007 ----