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www.dokken.net
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DOKKEN
"Hell
To Pay"
T & T - 2004
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E’ assodato che recensire una
delle proprie band preferite è molto più
difficile che recensire una band a cui non si è
attaccati per motivi affettivi o di cui non conosce
molto.
Per questo motivo ho deciso di aspettare qualche settimana
prima di parlarvi del nuovo lavoro della band californiana
e di non fare una recensione di “getto”
ma ragionata dopo svariati ascolti.
Devo dire che questa volta non è servito a
molto..l’impressione iniziale è rimasta
sostanzialmente la stessa anche dopo queste settimane
di ripetuti ascolti... "Hell To Pay" è
un buonissimo lavoro.
e adesso vi spiego perché.
Quando si parla dei Dokken è consuetudine dividere
al carriera in due parti ben separate: dagli inizi
al primo scioglimento (più o meno nel 1989
dopo il tour di "Back for the Attack" e
relativo live-album) e dalla reunion nel 1994 alla
attuale formazione.
La cosa fondamentale è che negli
ultimi 10 anni i Dokken hanno cambiato ben 5 chitarristi...
George Lynch, Reb Beach, John Norum, Alex De Rosso
(solo live) e Jon Levin (ex-Warlock)
che suona su questo nuovo album.
A seconda di chi era il chitarrista gli album dei
Dokken negli ultimi anni hanno sempre avuto un suono
diverso, e questo più che le composizioni ha
avuto un peso importante nell’economia stessa
del disco... mi spiego... "Long Way Home"
è un buon disco, ma è innegabile che
in alcune parti il suono di John Norum fosse troppo
“cattivo” per il contesto... anche se
il buon Don Dokken recentemente ha dichiarato che
durante le registrazioni di suddetto cd Norum fosse
orientato a suonare molto bluesy... beh, francamente
non è che si notasse molto... anzi...
Comunque... tutto questo per dire che il nuovo lavoro
è quello che più di tutti suona alla
“vecchia”... anche se non aspettatevi
un ritorno agli anni ’80..sarebbe quantomeno
patetico.
A dire il vero non è che l’album
parta alla grande... anzi... "The Last Goodbye"
non è certo il miglior pezzo del disco, perlomeno
posto in apertura risulta un pochino troppo "tranquillo"
...ma subito i dubbi vengono spazzati via da “’Don’t
Bring Me Down”, pezzo roccioso con gran lavoro
di Mick Brown alla batteria e immagino ideale opener
per i live-shows.
“Escape” è il primo singolo e potrete
capire perché Jon Levin è l’anello
mancante... suono pressoché identico a quello
di mr. Lynch a cesellare un gran pezzo in cui il buon
Don pilota un coro degno dei tempi che furono... e
quando arriva l’assolo... beh... giù
il cappello signori..
Altri pezzi che voglio segnalare sono “Prozac
Nation” molto “moderno” nel suo
incedere, la ballad “Care For You” (riproposta
alla fine anche in versione unplugged) con un cantato
molto ispirato e “Still I’m Sad”,
uno degli highlights del disco con gran lavoro della
sezione ritmica in cui fa bella figura Barry Sparks,
bassista che non ha bisogno di molte presentazioni..
Anno 2004... questi sono i Dokken... una delle poche
band sopravissute ai gloriosi anni ’80... il
cd in questione dimostra il perché..
Federico Martinelli
top
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www.unclesid.com
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UNCLE SID
"Rock
In The Universe"
Self Produced - 2004
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Non credevo che i Canadesi suonassero
così... europei. Appena messo il cd nel lettore
dalle casse escono riffoni da gruppo hard'n heavy
teutonico, mentre gli accostamenti oltreoceano piu'
immediati sono probabilmente DOKKEN,
primi RATT & co.
La proposta e' appetibile fin dall' iniziale "Break
N' Free", dove risultano gia' chiari gli ingredienti
della musica degli UNCLE SID: voce incazzata, grandi
chitarrismi e tanta melodia, anche se con il trascorrere
del tempo le composizioni risultano forse un po' monotone
e scontate.
"R.I.T.U" e' un continuo alternarsi di mid-tempos,
senza lode ne infamia, inframezzati dalla ballad "Let
me Go", senza dubbio il pezzo meno riuscito,
forse perche' perde di quel mordente che la chitarra
di Henry Seto "dona" costantemente ai brani.
Il difetto maggiore di questo album
credo che sia, come ho già detto, la ripetitivita'
di una certa formuletta magica composta da riff iniziale,
strofa ponte e ritornello, assolo e via dicendo; non
per questo non fara' comunque felice gli amanti più
accaniti del genere perche' in piu' di un' occasione
ti fà muovere la testa su e giù.
Buona la produzione, buono il packaging (anche se
l'occhio in copertina lascia un po' a "desiderare")
e buona la qualita' del trio di Vancouver; forse una
ricerca compositiva meno scontata permetterebbe agli
UNCLE SID di fare un bel passo in avanti.
Paolo Pirola
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perfectpictureonline.com
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PERFECT PICTURE
"Welcome
to... Sex Town"
Self Produced - 2004
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In questo periodo di revival anni 80,
anche l'Italia sta avendo un ruolo molto importante
per la scena underground, infatti il numero di gruppi
che propone sonorità care ai lettori di SLAM!
sta aumentando notevolmente e se spesso capita che
i prodotti manchino un pò d'anima e originalità,
questa volta posso dire che possiamo contare su un'altro
valido combo in ambito street hard rock perchè
questi giovanissimi Perfect Pictures hanno realizzato
un prodotto più che dignitoso grazie alla loro
abilità come strumentisti e alla registrazione.
Il quartetto nasce a Bari nel 2000 e proponeva del
progressive/hard rock, ma solo dopo vari cambi di
formazione e con l’entrata del cantante Rachel
O'Neill e del chitarrista Niko Loseto, la band prende
un indirizzo decisamente più americaneggiante
sulla scia dei vari Mr.Big, Skid
Row e Slaughter.
Dopo un demo di tre pezzi dal titolo
"Speedball" rieccoli con questo
"Welcome to... Sex Town" con tanto
di biondona in copertina (ahimè 'censurata'!),
un mini di 5 brani all'insegna appunto di un hard
rock stradaiolo che, anche se non brilla per originalità
sa come farsi apprezzare grazie a brani come "Sex
Town Nite", "Rock N' Roll Fever" o
la lenta "Have To Choose".
Se siete stanchi di sentire per l'ennesima volta RATT
o i vari HEAVY BONES o BABYLON
A.D., provate a dare un'ascoltata a questa
band pugliese, non si sa mai che per una volta tanto
soddisferete le vostre orecchie senza andare a ripescare
qualche "dinosauro".
Moreno Lissoni
top
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www.harlech.it
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HARLECH
"Demo"
Self Produced - 2004
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Recente formazione composta da 6 elementi,
gli Harlech, nonostante la giovane eta', ci propongono
un puro hard rock di stampo settantiano, che pesca
a piene mani dai nomi gloriosi della scena inglese
quali RAINBOW, DEEP PURPLE
e JUDAS PRIEST e dalla compagine
dei noti fratelli YOUNG.
E' proprio dalle note dell' opener "The Air Sometimes
Changes" che si scorgono i piu' forti richiami
ai preti di Giuda, impostata su di un riff semplice
e schietto ma graffiante e ben studiato, un po' alla
"Desert Plains" per intendersi.
Le successive "Reptile" e "Steel Bristles",
pur avendo titoli richiamanti il metal piu' classico,
non si discostano dal genere sopracitato, anche se
a mio avviso risultano meno incisive e qualitativamente
inferiori, sia dal punto di vista compositivo che
esecutivo, nonostante siano presenti dei buoni solos
di chitarra e si incominci a delineare una certa personalita'.
La conclusiva "Voodoo Child" del buon JIMI
HENDRIX e' resa a dovere, nelle giuste proporzioni
del caso, e sottolinea una volta più le influenze
dei rockers bergamaschi.
In definitiva, considerata la giovane eta' degli elementi,
ci troviamo di fronte ad una band che lascia ben sperare
per il futuro, che con una maggiore cura delle parti
vocali e ritmiche potrebbe presentarci a breve un
altro buon lavoro.
Avanti così!
Paolo Pirola
top
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www.lostreflection.com
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LOST REFLECTION
"Nu
Hard Rock"
Self Produced - 2004
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Dalle righe della breve bio inviataci
dai LOST REFLECTION, apprendiamo che il combo romano
si forma nell'ormai lontano 1996 e vanta un precedente
demo intitolato "Watch out" piu' svariati
gigs come cover band nell' area romana.
Le influenze dichiarate della band sono Ratt
e Bon Jovi, "mixati" a
Billy Idol, Him e
Ramones, ma devo ammettere onestamente
che da una band così longeva mi aspettavo qualcosa
in piu', e che delle influenze sopra citate ho notato
solamente qualche richiamo al vecchio hard rock ottantiano
della West Coast.
L'iniziale "Bad Love" e'
forse il pezzo con maggiori potenzialita', ma la voce
di Fabrizio non rende il necessario a tramutare una
song in una buona song. Con "On your skin"
e "I fall in love" i nostri approdano su
lidi gothic e piu' moderni, restando comunque in una
"terra di nessuno" che rischia di non soddisfare
alcun tipo di pubblico. Il cd si conclude con la lenta
e riflessiva "Nitefall", eseguita da voce
e chitarra acustica, che non salva e non affonda la
resa generale del demo.
Credo che la questione vocale, affiancata
alle parti di chitarra troppo retro' e immature, siano
il problema principale dei L.R., senza contare che
un demo, seppur concepito per il puro scopo promozionale,
non puo' presentarsi con una registrazione così
"casalinga". Il mio giudizio, assolutamente
contestabile, e' che forse la band e' ancora immatura
per registrare delle composizioni proprie; probabilmente
serve ancora un po' di lavoro in sala prove e magari
ulteriori gig per affinare le proprie capacita' tecniche.
Per il momento restano "rimandati a settembre"...
aspettiamo il prossimo materiale.
Paolo Pirola
top
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www.landslideladies.com
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LAND$LIDE LADIE$
"$ix
$tring$ & Cigarette$"
Self Produced - 2004
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Ritornano le "Signorine Valanga"
dopo il buon potenziale espresso con "Loud,
Lou$y & Loo$e" che purtroppo constava
di una registrazione poco dignitosa... Staccate le
spine, impugnata una chitarra acustica, con un bicchiere
di birra e una sigaretta, ecco che Mr. Gold e il vocalist
Lester ci deliziano di 6 composioni tra cui le cover
di "Little Bit Of Whore" di JOHNNY
THUNDERS e "Hammersmith Palais"
tratta dall'album dei DEMOLITION 23.
Premetto che gli album acustici di
solito mi fanno un pò cadere le palle salvo
poche eccezioni ("Five Man Acoustical Jam"
dei Tesla o "Starkers In
Tokyo" dei Whitesnake e
pochi altri...), ma in questo caso non posso affatto
dire che il duo mi abbia annoiato, anzi, sarà
per le foglie che cadono, per il grigiore autunnale,
per il buco nell'ozono, non lo so... ma questo "$ix
$tring$ & Cigarette$" riesce a mettermi
addosso sensazioni contrastanti, da una parte mi coccola
come se stessi sotto le coperte in un freddo giorno
invernale assorto in una specie di malinconia riflessiva,
dall'altra invece mi fa stampare sul volto un sorrino
ebete post sbornia... bah...
Le canzoni!?!? ...Allora apre proprio
la cover del defunto chitarrista dei New York
Dolls e si chiude con quella del cantante
degli Hanoi Rocks che per l'occasione
viene interpretata in coppia con JANY JAMES,
nel mezzo fanno la loro porca figura "Pain in
The Ass" e "RNR Overdose" (le mie preferite!),
"Alcoolics Dudes" e "Stardust"
...Band in crescita e una delle più valide
tra le nuove leve!
Moreno Lissoni
top
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www.theblackmollys.com
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THE BLACK MOLLYS
"Overnight
Disgrace"
Vital Records - 2004
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Sulla nuova andata americana ecco
spuntare questi Black Mollys originari di Kansas City,
Missouri, ma con base operativa in California dove
capita spesso di ascoltarli al Viper Room di Johnny
Depp e conosciuti dal grande pubblico per
aver aperto gli show del 2002 del tour estivo di David
Lee Roth/Sammy Hagar e alcuni
concerti dei Goo Goo Dolls.
"Overnight Disgrace"
è stato registrato ai Sound City studio (dove
sono passati Nirvana, Cheap Trick, Queens Of Stone
Age, ecc...) con il produttore di Sheryl Crow e Joan
Osborne, John Paterno. Il genere
proposto è una via di mezzo tra il modern rock
da MTV imbastardito con il power pop di scuola CHEAP
TRICK-iana, per un'ascolto disimpegnato e
allegro di queste 13 composizioni che hanno nella
ripetitività il loro punto debole... sia chiaro,
solo "Fool" mi annoia a morte, ma il resto
è ok, anche se le song tendono ad assomigliarsi.
Picchi del disco sono l'opener "Call
Me A Drag", "Every Other Day", "Turn
you Off" e "Rock Whore" con quel coretto
che sa molto di BLINK 182... CD molto
piacevole, magari fatto su misura per le chart d'oltreoceano,
ma con alcuni spunti davvero notevoli.
Moreno Lissoni
top
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www.hollywoodkillerz.com
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HOLLYWOOD KILLERZ
"Hittin'
The Star"
Self Produced - 2004
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Nascono nel 1996, ma con solo un Ep
all'attivo, ecco che ritornano i torinesi Hollywood
Killerz con una nuova formazione e nuove sonorità.
Scordatevi quindi il glam metal di "Back
to Devastation Boulevard" perchè
ora Harry Kill Kill, Traxy, Snakey e i nuovi innesti
Deadend e Simon Boy si lanciano verso un glam punk
ruvido e incazzato che per contraddizione con il loro
nome è più vicino a quello new yorkese
dei D-GENERATION piuttosto che alla
vecchia ondata hair metal losangelina.
Dopo aver avuto la dimostrazione che
in ambito live riescono davvero a trasmettere moltissima
energia e aver promosso a pieni voti la nuova direzione
intrapresa, li devo però rimproverare per la
resa sonora di questo mini di 3 pezzi che a mio avviso
non rende giustizia a pezzi come "Hittin' The
Star" o "Lovecrash" che sentiti dal
vivo hanno tutt'altro impatto. E'un vero peccato perchè
la prima è un gran bel pezzo incentrato sul
lavoro delle chitarre, ma mancano ancora quelle backing
vocals che riuscirebbero secondo me a farla stampare
subito in testa a chi l'ascolta, cosa che succede
invece nella seguente "Lovecrash", uno dei
pezzi migliori prodotti da questi 5 loschi piemontesi
dalla loro nascita.
Anche "Somewhere Out Of This
Mind" ha un bel potenziole ma per le motivazioni
spiegate sopra perde quella freschezza che avevo riscontrato
dopo averla ascoltata dal vivo. Non so se sia un pregio
o un difetto, ma li preferisco on stage.
Un plauso per l'artwork e la cura del design cosa
che dovrebbero iniziare a fare molti altri gruppi.
Moreno Lissoni
top
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www.saxon747.com
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SAXON
"Lionheart"
SPV Steamhammer - 2004
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Gli inglesi SAXON ritornano sul mercato
con questo potente “Lionheart” per riportare
in auge il vecchio metal di cui sono stati, in parte,
fondatori e sostenitori negli anni addietro.
Induritisi negli ultimi sette anni per questioni di
mercato, la band del Regno Unito ci spara addosso
un’energia che impallidisce. Nonostante l’età
e le miriadi di dischi fatti, Byff Byford & Co.
lasciano col fiato sospeso per un’oretta circa
con riff al fulmicotone e batterie che spezzano i
tempi in modo perfetto. Nove canzoni dedite all’Hard&Heavy
di vecchio stampo più due brani minuscoli e
insignificanti (“The Return” e “Jack
Tars”) che segnano un grande ritorno sempre
in seno alla casa discografica SPV. Ormai tedeschi
di adozione i nostri defenders non dimenticano di
ringraziare, a loro modo, anche l’Italia, inserendo
in un brano la città di Monza e la manifestazione
del GODS OF METAL (“Flying on the edge”).
Protagonisti dell’era del NWOBHM
i SAXON non hanno scordato comunque le coordinate
stilistiche dei primi albums quelli che, per intenderci,
soddisfavano in pieno metallari esigenti e rockettari
un po’ più duri e meno soft della combricola,
rilasciando perle di un rock d’altri tempi come
la seconda traccia “Man and machine”,
che nulla più è di una sorta di DEEP
PURPLE’s song con sotto i coglioni
e la bella e forte “English man ‘o’
war” sempre in sintonia con caratteristiche
dei seventies. La leggerezza giunge nelle melodie
di “Beyond the grave” che nella sua semplicità
dà un ampio respiro al resto dell’album
e riporta alla mente gli HELLOWEEN più
soft. Una bella canzone eseguita con insert moderni
ma completa sotto ogni profilo artistico.
Bella e fuori dai soliti cliché metal la canzone
che da il titolo all’album, “Lionheart”
che, nel suo incedere pesante, non scorda un rock
fatto di sudore, un prog fatto di piccoli accorgimenti
ed un hard rock di un certo tipo.
Non mancano (purtroppo/nda) le speed-songs per poter
accedere di prepotenza in tutti i Festivals Metal
tedeschi e Italiani della prossima estate (ahò,
devono pur magnà, no? /nda) con brani à
là MANOWAR (“Justice”)
o alla IRON MAIDEN vecchia scuola
(“To live by the sword”).
Nel contesto di “SLAM!” questo disco poco
c’entra ma per la sua freschezza e la sua energia
mi sento di consigliarlo a chi, tra i glamsters e
rockers un po’ più di larghe vedute,
non disdegnano anche un po’ di potenza dell’heavy
metal che fu, che è e che resterà…
Marco Paracchini
top
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www.janyjames.com
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JANY JAMES
"Fuck!"
Self Produced - 2004
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Nell'attesa che esca il secondo album
“Decadence & Chaos” abbiamo
l'opportunità di gustarci in anteprima 3 nuovi
brani partoriti dai simpatici banditi capitanati dal
vocalist Jany. Non è affatto facile fare questa
recensione, primo perchè la band vede per l'ultima
volta nelle sue fila il bassista Roby Siganakis e
se devo essere sincero la sua dipartita mi mette un
pò di malinconia e secondo perchè so
che chi la legge penserà che sono di parte
perchè Jany è un Amico da anni.
Provo ugualmente ad essere obiettivo e a raccontare
quello che dicono le canzoni...
E' la title-track ad aprire i battenti
e non riesco proprio a considerarla una nuova composizione
perchè credo siano un paio di anni che la vedo
eseguire dal vivo e mi è entrata subito in
testa dopo il primo ascolto grazie a quel "gentile"
invito fatto dal nostro rocker a vari personaggi politici
e non. Canzone molto diretta ma che preferisco in
ambito live. Discorso opposto invece per la QUIREBOYS-iana
"Welcome" che dal vivo non mi aveva troppo
convinto, ma che riascoltandola con un paio di cuffie
riesco a sentire molte di quelle "sfumature"
che mi erano sfuggite, unica pecca la durata, troppo
lunga a mio avviso.
Il tris di song è chiuso da
"Wild Town's Blues", il pezzo che preferisco
che riassume in se tutti i classici elementi che caratterizzano
il background musicale del rocker parmense... se non
avete ancora capito: 3 brani di "solo" rockn'n'roll,
che potranno annoiare si, i lettori più metallari
o punkettosi di SLAM!, ma che allo stesso tempo faranno
godere quelli che viaggiano a suon di ROCK
CITY ANGELS, GRAVEYARD TRAIN,
ecc...
Moreno Lissoni
top
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www.lonnyblaster.it
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LONNY BLASTER
"Finally
Rock!"
Self Produced - 2004
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Era parecchio tempo che non mi capitava
di ascoltare una band del settore proveniente dal
sud Italia e tutto questo non può farmi che
piacere sopratutto perchè il quartetto in questione
mi sembra valido e preparato. Per chi non avesse letto
l'intervista vi rinfresco un pò la memoria
raccontandovi brevemente chi sono questi Lonny Blaster:
nascono nella primavera del 2000 con l'intento di
ricreare le tipiche atmosfere anni ’80 con una
miscela di street, glam e hard rock che li ha portati
a suonare di supporto anche a grossi act come Gilby
Clark e Virgin Steele e
alla realizzazione di 3 demo.
"Finally Rock!"
consta di 7 pezzi più una traccia video ed
è caratterizzato dalla sporca timbrica vocale
di John Seventh e dal buon lavoro dei suoi tre compagni
(Simon P., Kris Rollo e Fabian P.) che riprendono
le sonorità yankee in voga a fine Eighties:
ritmiche saltellanti, chitarra trita-riff e corettoni
da stadio, tutti ingredienti ascoldabili sin dall'iniziale
title-track, un grazioso e sculettante hard rock stradaiolo
a stelle e strisce. La KISS-iana
"Baby Smile" apre le porte alla volgare
"Kamasutra Girl" che se non fosse per la
voce, non starebbe male in qualche album dei TUFF.
In "She's Like Lady" si scontrano
JUNKYARD e SLAUGHTER,
mentre a dare un break al disco ci pensa il lento
strappamutante "My Little Star", fatto solo
per la voce di Seventh e il piano di Rollo. "Dangerous"
e "C.N.C.S." sono gli altri due pezzi che
chiudono la track list, ma che non mi hanno convinto
pienamente.
In conclusione una buona prova che non deluderà
gli amanti di gruppi come McQUEEN STREET
e compagnia bella, ma che ha bisogno ancora di qualche
ritoccatina sopratutto a livello di testi.
Moreno Lissoni
top
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www.socialdistortion.com
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SOCIAL DISTORTION
"Sex,
Love & Rock'N'Roll"
Kungfu - 2004
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In una vecchia intervista, Mike Ness
parlava di un passato in cui le sue energie si perdevano
tra droghe, risse, rapine, e di un presente felice
in cui aveva imparato ad incanalarle tutte nella sua
musica. Signori, e’ bello portare buone notizie,
e con estremo piacere vi confermo che, nell’Anno
di Nostro Signore del Rock’n’Roll 2004,
quell’energia e’ ancora intatta. Anzi,
si riproduce, si moltiplica ed esplode in undici perle
come quelle di “Sex, Love & Rock’n’roll”.
Il nuovo album dei Social Distortion ha la potenza,
la passione e la poesia dei fuochi d’artificio
sulla spiaggia in una notte di fine estate. Uno per
uno questi pezzi esplodono nel cielo, colorano il
mondo di un caldo rosso, un sorridente rosa, un malinconico
blu, giallo solare, accompagnati dalla chitarra e
dal caldo abbraccio delle persone e delle memorie
che porterai sempre nel cuore.
Lontana da uno scenario di onde e falo’,
su un grigio vagone di metro londinese, lo metto in
cuffia e all’improvviso gli anonimi passeggeri
pulsano di vita, mi sembra quasi di vederli sorridere,
al punto che mi angoscia l’idea che le batterie
mi abbandonino o arrivi la mia fermata, che spegnendo
il lettore i colori fuggano via con la musica e torni
il bianco e nero...
Lo so, non vi ho detto molto dell’album finora
eh? O forse vi ho detto tutto. In un’era in
cui la maggior parte della produzione musicale e’
assolutamente sterile di emozioni, quello che vogliamo
e’ proprio un album che faccia vibrare le nostre
corde interiori. In un’era in cui i Guns’n’Roses
diventano Velvet Revolver e si continua
ad aspettare Chinese Democracy, quello che
speriamo e’ che i nostri vecchi eroi ancora
una volta non ci tradiscano. Quanto detto finora e’
per rassicurarvi su questi punti: Mike Ness e’
compagni, ora come allora, ci mettono ancora il cuore,
sono ancora veri, hanno ancora qualcosa da dire, insomma,
finalmente un cd che non e’ una spesa ma un
investimento.
Non c’e’ una canzone brutta
o noiosa, e’ uno di quei rari album in cui trovi
un nuovo pezzo preferito ad ogni ascolto. Il mio primo
e’ stato “Live before I die”, il
titolo dice tutto, basta stare a guardare, vivere
vivere vivere! Poi c’e’ l’intensissima
“Winners and losers”, sulle scelte fatte
e da farsi, e la splendida “Angel Wings”
(anche presente in versione acustica), perfetta per
trovare conforto e calore in un momento triste. Scommetterei
che molti di voi impazziranno per “Born to follow”,
e forse “Don’t take me for granted”.
E attenzione anche a “Nickels & dimes”.
Che dire, potevano farne venti di pezzi che se erano
tutti a questo livello l’avrei comprato anche
doppio dal Giappone, e sicuramente ne hanno nel cassetto
di poesie e melodie scarabocchiate su un tour bus...
Ma ecco l’artista, ecco la persona vera, ecco
la passione genuina, che ti fa condividere le tue
creature con il mondo solo quando ritieni di avere
qualcosa da dire. Qualita’, non quantita’.
Nel 2004 praticamente un miracolo.
Cristina Massei
top
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blackrose-rockband.co.uk
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AK-47
"Damage
Limitation"
Self Produced - 2004
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Dopo aver scoperto che i Black
Rose (NWOBHM band inglese con all'attivo
2 album negli anni 80) nell'ottobre del 2003 si erano
riformati e che tra i membri era stato inserito Kiko
Rivers degli Scritt Scrat, non ho
resistito alla tentazione di scrivere al leader della
"rosa nera" Steve Bardsley per saperne di
più su questa reunion e sono venuto a sapere
che la band sta scrivendo del nuovo materiale e che
nel frattempo, insieme a Kiko porta avanti questo
progetto chiamato AK-47.
La qualità sonora non è
delle migliori anche perchè si tratta solamente
di un demo Ep di 4 pezzi dove si recuperano sonorità
di stampo ottantiano e dove fanno capolino gli
STRYPER, sopratutto in Bardsley che ha un
modo di cantare molto simile a quello di Michael
Sweet.
"Fight Fire With Fire" è la canzone
che apre il CD e come ho appena detto, al primo ascolto
mi ha portato indietro fino a "To Hell With
The Devil", stessa sensazione che mi viena
anche dopo l'ascolto di "Heads I Lose Tails You
Win"...
"If It's Too Loud You're Too Old" sa di
già sentito con quell'incedere alla "Purple
haze" e non riesce per nulla a catturare
la mia attenzione, mentre va molto meglio con la lenta
"I Believed In You" che non brillerà
certo per originalità, ma che nella sua semplicità
si fa ben ascoltare.
Solo per appassionati del genere!
Moreno Lissoni
top
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www.van-halen.com
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VAN HALEN
"The
best of the both worlds"
Warner Bros. - 2004
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PREFAZIONE: 26 anni di attività,
11 dischi, due “best of” alle spalle,
dozzine di premi agli MTV Awards, critiche, pettegolezzi,
onori e gloria, non hanno fermato i fratelli V.H.
che, attendendo l’attimo giusto per far uscire
il nuovo materiale (ma è da quattro lunghi
anni che lo posticipano/nda), han pensato bene di
far rimembrare a vecchi e piccini, tutta la loro energia
in due meravigliosi dischi.
DISC ONE: Il succoso primo cd è
quello che comprende le tre inedite di cui si fa cenno
anche nelle pubblicità televisive. Ebbene,
niente David Lee Roth, le novità sono scritte
e arrangiate in compagnia di Sammy Hagar che, nonostante
la sua attività solista, ha compreso che per
mangiare e nutrire tutta la famiglia, ha dovuto riprendere
le sorti degli amati/odiati fratellastri di origine
olandese. Dopo l’opener “Eruption”
si da il via alle tre bonus tracks. “It’s
about time” da così il nuovo buongiorno
ai fans, distribuendo rock moderno nei principali
riff ma rilanciandosi nella melodia tipica dei primi
dischi in cui appariva Hagar: ritornello di grande
presa e ottima interpretazione. Prosegue “Up
for breakfast” sempre in sintonia con album
come OU812 e F.U.C.K.
Il rock n roll si fa sentire ma è la voce di
Hagar che fa impallidire: genuino mix tra le sue canoniche
capacità e qualche ricordo vocale tipico del
Diamond Dave che è sempre mancato ai fans più
accaniti. Il virtuosismo di Edward si sente e si intreccia
in composizioni molto eighties.
La terza chicca porta il titolo di “Learning
to see” che ripropone una ballad in vecchio
stile seppur sorretta da un riff introduttivo molto
metal che non c’entra nulla col resto della
song. Anche qui il sapore retrò si respira
in ogni strofa e ci si chiede se siano effettivamente
cose nuove o vecchie b-sides riproposte con un sound
un po’ più moderno.
Proseguono altre 15 canzoni che non starò ad
elencare ma, penso sia ovvio a chiunque stia leggendo,
trattasi di vecchie hits come “Jump”,
“Unchained”, “Pretty Woman”,
“Poundcake” etc. etc.
La cosa curiosa che persiste anche nel secondo cd
è che non sono stati fatti torti ne a Hagar
ne a Lee Roth; una canzone a testa, senza nemmeno
stare a guardare le date di realizzazione, dal ’78
si passa al ’90 senza nessuna logica di ricostruzione
storica.
DISC TWO: a differenza del primo cd
le canzoni presenti sono inferiori di numero e se
ne contano 17. Nessuna bonus tracks solo vecchie perle
argentate dai loro premi, dai loro innumerevoli passaggi
radiofonici, siglate nel Mondo del Rock con dischi
di platino vinti in Europa, Asia e America. “Panama”,
“Runaround”, “Why can’t this
be love”, “Runnin’ with the devil”
e molte altre segnano un grande disco per rimembrare
passaggi storici della fortunata band.
Le tre canzoni che chiudono l’album sono state
disposte in assetto live, estrapolate dal loro unico
album dal vivo intitolato “Right here, right
now”, seguito anche, all’epoca, da una
raccolta di video-clips.
“VAN HALEN III”: ebbene,
scivolone della Warner Bros, appare l’assoluta
mancanza di ricordi legati alla band dell’album
con alla voce Gary Cherone (correva l’anno 1998/ndr).
L’assurdità è che anche nelle
tre paginette storiche non ve ne è traccia
e nessuno ricorda i singoli “Once” e “Fire
in the Hole”.
Ok, saremo d’accordo che Cherone (ex EXTREME/ndr)
poco c’entrava con i V.H. e saremo anche d’accordo
che il flop commerciale aveva avuto anche un suo perché
ma, non citarlo mi sembra proprio una cosa bastarda.
Dopo tutte le smorfie, le denuncie e le parolacce
che i fratelli Eddy & Alex hanno usato nei confronti
di David Lee Roth (prima) e di Sammy Hagar (dopo),
ritrovatisi nella condizione di aver trovato un nuovo
singer avevano assicurato che la cosa poteva essere
temporanea così come definitiva e invece? L’album
“III” non è nemmeno citato nella
loro discografia ufficiale! Pazzesco! Questa l’ho
trovata come l’ennesima mossa insensata della
band che, da almeno 20 anni a questa parte, ci ha
abituato a sentirne di tutti i colori…
EPILOGO: 26 anni di attività
con 26 canzoni per sancire il loro vociferato ritorno
sul mercato discografico, due cd che riassumono al
meglio le coordinate stilistiche che hanno reso il
chitarrismo di Eddy uno tra i migliori del mondo e
la sintonia così speciale tra la band che,
ahimè, si respira solo nei dischi. Due album
densi di emozioni che hanno costruito parte della
Storia del Rock.
Unico difetto: la mancanza dei pezzi inerenti l’ultimo
studio album con Cherone. Se potete passarci sopra
l’acquisto diventa obbligatorio.
Marco Paracchini
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www.highthrill.net
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HIGH THRILL
"High
Thrill 2004"
Self Produced - 2004
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Dopo i veronesi Bullfrog
recensiti qualche mese fa su queste pagine, ecco un'altro
combo dedito all'hard rock di stampo settantiano,
sempre italiano, ma con sede a Ravenna. Produzione
e registrazione ottimi così come la preparazione
tecnica del quartetto composta da Mirco Bagnari (voce),
Davide Solano (basso), Alberto Argelli (chitarra),
Francesco Stoppa (batteria) che si cimenta in 4 pezzi
che risentono delle loro marcate influenze di Led
Zeppelin, Deep Purple, Black
Sabbath e Lynyrd Skynyrd.
Si inizia bene con "Lady killer"
dove si mette subito in evidenza il guitar work di
Argelli, segue a ruota "Seasons" con quel
riff che... che mi ricorda qualcosa, ma dopo svariati
ascolti non riesco ancora ad identificare la sua provenienza...
pezzo molto carico che si "spezza" verso
la fine per lasciare spazio ad un intermezzo acustico.
"Reach Up For The Sky" e "Crazy Show"
sono altri due canzoni dove primeggia il solito Argelli
e anche se il volume della chitarra sovrasta la sezione
ritmica, per una questione di mixaggio, forse, la
prova rimane molto positiva.
Moreno Lissoni
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www.sixshots.com
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SIXSHOTS
"Promo
2004"
Self Produced - 2004
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Sembra davvero che il panorama glam
rock mondiale stia rivivendo un seconda giovinezza
dal momento che sono sempre più numerose le
band a cimentarsi con questo genere e trova nella
Svezia uno degli stati più proliferi degli
ultimi anni.Ad aggiungersi alla già copiosa
lista di band scandinave ci pensa questo giovane quintetto
di Malmo formato dalla batterista Billie Jean, dal
chitarrista Reddie Rampage, dal bassista L.A. Knoxx,
dal tastierista Dusty Broom e dal cantante Sleezy.
Il promo di 3 pezzi registrato nei
the Mean Music Machine Studios la scorsa primavera
ci regala una prova abbastanza buona con composizioni
che si orientano verso un glam di matrice settantiana,
dove le keyboards di Broom giocano un ruolo molto
importante nel sound degli SixShots.
"Glitterpaved Superstar" è il brano
che apre il CD e si denota immediatamente quanto detto,
mentre nelle seguenti "Tabledancer" e "Wanna
Go Out" si evidenziano ulteriormente queste caratteristiche.
Aspettiamo fiduciosi un loro full length CD, per il
momento vi consiglio di tenerli d'occhio: www.sixshots.com.
Moreno Lissoni
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www.zamarro.com
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ZAMARRO
"Lust
in Translation"
Supermodern - 2004
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Gira su buoni livelli il disco degli
svizzeri Zamarro prodotto niente di meno che da Jack
Endino (Nirvana, Soundgarden, Mudhoney, Zeke,
Therapy, Supersucker, Zen Guerilla, ecc...) e uscito
per la tedesca Supermodern Records, etichetta che
ha tra le sue fila anche i Danko Jones.
Il trio nasce nel 2000 con il nome di Zorro,
ma solo nel 2002 la formazione diventa stabile con
Markus Gisin (Voce e chitarra), Marco Redolfi (basso)
e Michael Hediger (batteria) e poi via verso la West
Coast a registrare "Lust in Translation",
un album che mescola sonorità care ai nostri
ZEN GUERILLA, GLUECIFER, fuse con
lo stoner e il punk.
Il lavoro è molto omogeneo ad
eccezion fatta per "Laku Noc" dalle atmosfere
CURE-iane e per l'ipnotica "Zagreb"
e degli 11 pezzi che lo compongono, l'unico brano
un pò sotto le righe mi è sembrato "Glow".
L'immagine proposta dalla band ricorda molto quella
dei BAD DOG BOOGIE che tra l'altro
divideranno nel loro "EUROPEAN WEEK-END DESTRUCTION".
Moreno Lissoni
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www.underride.net
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UNDERRIDE
"Necessary
Evil"
Sel Produced - 2004
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Mi erano stati descritti come "kick-ass
rock & roll" con influenze che andavano da
Aerosmith, Guns N' Roses,
Soundgarden, Stone Temple
Pilots e Audioslave, ma
a dir la verità dei primi due act non c'è
proprio ombra, e mi accingo a recensire il loro secondo
lavoro con più di una perplessità, perchè
musicalmente non sono proprio vicini allo standard
Slam!...
Anche se nel loro curriculum vantano
diversi show in compagnia di Quiet Riot,
Gene Loves Jezebel, Duff
McKagan, Faster Pussycat
e Great White, la band di Rock St.
Eddie, Rex Nomad, The Rev, Pondscum e T-Bone ci propone
un'energico grunge che hai più questa parola
farò storcere il naso, ma allo stesso tempo
non si può negare che questo "Necessary
Evil" sia un bell'album, perchè l'hard
rock seattlesiano che esce dallo casse dello stereo
si fa ben ascoltare e brani come "Slow Crawl",
"One Way", "Super Glue" e "Glass
Eye" hanno quell'incedere PILOTS-iano
che me li fa piacere.
Siccome la ex band di Scott
Weiland è una delle poche che salvo
di quell'ondata di tristezza, ed essendo un delle
principali fonti di influenza di questo quintetto
americano, non posso far altro che consigliare il
CD solo a quelli che nella loro discografia hanno
album come "Core" o i dischi di ALICE
IN CHAINS o SOUNDGARDEN!
Moreno Lissoni
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www.starletsuicide.com
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STARLET SUICIDE
"Broken
Doll"
Demo - 2004
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Lasciati da parte gli Swindle-A-Go-Go,
Jennifer Star continua la proprio carriera musicale
con un nuovo progetto chiamato Starlet Suicide. Ad
accompagnarla in questa avventura troviamo il bassista
Rikki Riot e due ex Paradice: Theodor
Paine was e Karl Thunder.
La proposta musicale si allontana un pò da
quella della sua vecchia band avvicinandosi di più
ad un alternative / punk rock che vede in Courtney
Love la principale musa ispiratrice.
I 4 brani contenuti in questo "Broken
Doll" hanno la stessa arroganza dell'ex HOLE
e pur preferendo di gran lunga gli Swindle-A-Go-Go,
un paio di brani si fanno ben ascoltare come ad esempio
l'opener "It´s A Disease" dove sbucano
i BUBBLE e "You Make My Heart
Go" in cui è sempre presente l'ombra dell'ex
signora Cobain.
Moreno Lissoni
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www.paulshortino.com
www.jknorthrup.com
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SHORTINO / NORTHRUP
"Afterlife"
MTM / SPV - 2004
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Dopo il successo ottenuto con la ristampa
dell’album partorito da questi due rockers dieci
anni or sono, la MTM si è sentita sicura di
lanciare sul mercato il seguito ideale del duo, producendo
e distribuendo questo “Afterlife”.
Shortino (Quiet Riot / Shortino
– ndr), con il suo timbro basso e denso di energia,
è ormai un’icona dell’hard classico
e dopo le miriadi di collaborazioni e di dischi fatti
nel suo passato, eccolo in gran forma seppur più
indirizzato verso lidi melodici. Jk, virtuoso della
sei corde, ci propone undici pezzi scritti e arrangiati
da lui, a volte aiutato dal buon ex vocalist Johnny
Edwards.
In “Mark my words” esclude
Paul dal microfono per cimentarsi in un lungo ed intenso
brano strumentale che mi ricorda i primi lavori di
Satriani. Nonostante questo brano,
negli altri non esclude mai le restanti parti strumentali
dando molta libertà di movimento anche a Paul.
La bellissima canzone che da il titolo all’album
è segnata da un ottimo refrain melodico che,
impreziosito dalla voce di Paul, fuoriesce dalle casse
dello stereo per dirigersi direttamente nei cuori
degli ascoltatori. La traccia che segue, “Like
a stone”, lascia di nuovo spazio alla melodia,
graziato da un pianoforte che enfatizza ancora di
più la voce roca e profonda del singer, dandoci
in pasto una ballata molto orecchiabile. Le restanti
songs odorano di già sentito, di riff un po’
flosci e di strizzatine d’occhio ad un rock
un po’ più moderno nel songwriting ma
sempre di grande qualità.
Le abilità del duo sono fuori
discussione, la qualità del disco è
sopra le righe e ogni parte è ben sottolineata
senza coprire altri strumenti e/o suoni ma l’unica
cosa su cui la MTM zoppica è la grafica del
booklet. Aperto il cd mi ritrovo tre foto scandalose
del duo, fatte nel giardino di casa di Paul, scattate
dalla moglie (e pure orgogliosi di scriverlo! –
ndr) in cui paiono “Carmelo e la sua band del
liscio” …un po’ di ritegno. Se le
foto servono al fine di vendere un prodotto e al look
si deve dare, forse, ancora spazio, un minimo di decenza
è comunque richiesta anche dal fan più
sfegatato (e lo dice uno che i dischi solisti di Paul
li ha sciupati! – ndr).
Marco Paracchini
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www.lionsheart.com
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LIONSHEART
"Abyss"
Frontiers Records -
2004
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Chi tra Voi ricorda l’intramontabile
ugola d’oro di Steve Grimmet? I più vecchi
di Voi sicuramente lo ricorderanno in esibizioni al
limite dell’heavy metal dei primi anni ottanta
mentre, altri, lo ricorderanno pieno d’energia
nella sua rinascita hard rock dei primissimi anni
novanta proprio con il come-back a nome LIONSHEART.
Dedito a vocalizzi à là David
Coverdale, ha prestato anche la sua voce
per diverse songs nell’unico tributo ai WHITE
SNAKE presente sul mercato (che scovai a
San Francisco ma che non so se in Italia ve ne sia
traccia… recensito cmq sulle pagine di Slam!
– ndr). Dopo la figuraccia fatta coi FRICTION,
melodic rock registrato un paio d’anni fa come
fosse un demo-tape, ritorna grazie alla partenopea
Frontiers ricalcando in pieno l’energia che
lo aveva reso più o meno celebre coi primi
due dischi (da avere assolutamente! – ndr).
Qui le dodici canzoni risentono della
mancanza della ricchezza di gente del settore di anni
fa ma il guitar work è denso e potente e la
voce di Grimmet, sebbene risenta del tempo che passa,
fa sempre il suo porco effetto. Oltre al sopraccitato
Coverdale qui Steve tenta di divenire una nuova figura
del Class Heavy simil DIO, intonando
timbriche impressionanti e giocando sui vibrati in
ottave come fosse un esercizio tranquillo tranquillo.
“Screaming” e “Nightmare”,
le due apripista, danno già per scontato che
l’album non sarà una passeggiata e che
riffoni al fulmicotone sono una prerogativa dell’intero
full lenght. “All I got” ritorna più
sui canoni hard di fine ottanta mentre la quarta traccia
è ovviamente dedicata all’amore e alla
dolcezza…”I need love” apre così
una parentesi melodica molto suadente che porta alla
mente gruppi come GOTTHARD e BONFIRE.
Nella sua scontatezza acustica e corale è comunque
una ballata che non fa male ma che aiuta a pensare
ai propri scazzi, ai propri sentimenti e, perché
no? Ai propri sogni. Promossa a pieni voti.
Una canzone DOKKENiana
appare invece “How can I tell you?” riproponendo
poco dopo un sound corposo e violento alla DIO
con “I’m alive”. Hard and Heavy
appare invece “Don’t waste my time”
in cui avrei visto cori più corposi e densi
di emozioni. “If you cut me” riapre alla
melodia e porta una song dolce ma densa di energia
e di sfogo. La seguente “Save me” è
un hard blues in cui Grimmet non sempre appare in
ottima forma, nonostante urlacci e strofe cantate
al limite della potenza. Chiudono “Wichcraft”,
traccia sempre in sintonia col Serpente Bianco, “How
Long” con il suo incedere slow metal e la veloce
e dirompente “Abyss” che ripropone un
heavy metal di vecchio stampo.
Una band che ha sempre cambiato line-up col passare
degli albums ma che ha sempre proposto un robusto
sound ai palati più difficili, mettendo d’accordo,
anche oggi, popolo rocker e i vichinghi defenders.
Non indispensabile ma se siete alla ricerca di una
buona dose di energia, il grasso Steve saprà
come donarVi forti emozioni. Vecchio stile per persone
che non ne vogliono sapere di guardare al futuro…
musicalmente parlando!
Marco Paracchini
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www.kickaxe.net
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KICK AXE
"IV"
MTM / Frontiers Records
- 2004
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La band hard rock canadese che spopolò
in madre patria nella metà degli anni ottanta,
torna a sorpresa con il quarto album della loro carriera.
Per festeggiare i 20 anni di attività sfornano
un album di 14 canzoni, proponendo una nuova veste
nel songwriting.
Ammetto che al di là dei primi due albums nulla
so riguardo a questa band che lasciai in sordina per
dare spazio a gruppi che, a mio modesto parere, valevano
di più. Certo è che la loro carriera
l’hanno fatta, la loro esperienza si vede e
il loro sudore ha macchiato palchi di quasi tutto
il mondo. Insomma, in sintesi, un gruppo con le palle
che riscopro adesso.
Il loro ultimo sforzo discografico pesca un po’
dal passato primordiale dell’hard rock, pinzando
qua e là nei seventies e negli eighties. Nonostante
non mi senta in grado di premiare al 100% questo album
debbo però spezzare una lancia a loro favore
poiché hanno saputo mischiare generi e composizioni
così dannatamente retrò rendendoli ancora
legati al presente.
La prima traccia “Right Now”
mi ricorda gli WINGER ma è
la seconda che ha rubato letteralmente il mio cuore:
niente di così esaltante, nessun miracolo,
nessuna ballata strappalacrime, sto parlando di “Rockin’
Days” una corposa song legata ai suoni degli
anni settanta ma con strofe anni ottanta che ha un
dannato testo che fa quasi piangere… basta citare
parte del ritornello “the show is over…
your rockin days are gone…”. Così
malinconica ma efficace che è una canzone che
consiglierei a tutti di ascoltare. Dalla terza traccia
“Consolation” parte quello spoglio su
composizioni più vecchie e, nonostante qui
ancora si sfiori un’uguaglainza a certe cose
fatte dai LED ZEPPELIN, proseguendo
nel disco, le affinità con mostri sacri come
i ROLLING STONES e i sopraccitati,
si sentono eccome.
Il tempo è passato per tutti ma i K.A. invece
che misurarsi inutilmente con il modernismo imperante,
decidono di guardarsi dentro e cercare le radici di
quel sound che li portò a scrivere ed interpretare
ottime heavy songs ai loro esordi. Qui si respira
quindi una sorta di tributo alle loro radici che li
hanno spinti a prendere in mano chitarre, basso e
bacchette e, secondo me, riuscendoci anche bene.
Un disco che va ascoltato più volte per essere
compreso al meglio e un disco che deve essere valorizzato
per la scelta stilistica che i cinque rockers di vecchio
stampo hanno deciso di lanciare.
Al di là della prima traccia
e della canzone intitolata “Rock n roll dog”,
spudoratamente anni ottanta nei testi e nelle melodie,
credo si possa parlare di un bel mix di generi facenti
parte comunque della stessa famiglia, il Rock. Mi
sento di consigliare questo disco per le strane sensazioni
che sa creare nello stato d’animo. Se cercate
altri lidi, compattati da cori da stadio o riff potenti
e stralunati, i Kick Axe non fanno per Voi ma se avete
voglia di variare un po’ l’ascolto dai
soliti riff copiati e stra-copiati, secondo me, questo
potrebbe essere un bel dischetto.
Come detto per Shortino e per la quasi totalità
dei dischi della MTM recensiti dal sottoscritto, anche
qui la copertina e il booklet fanno stizzire dall’orrore
degli errori di ortografia, palesi parole fuori da
ogni cliché anglosassone e sbagli così
evidenti da far sorridere… il bello è
che di gruppo storico trattasi, fossero stati dei
pivelli li avremmo bersagliati come non mai. Ma quand’è
che l’etichetta tedesca lascerà fare
a dei grafici competenti l’artwork?!
Marco Paracchini
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by Slam! Production® 2001/2007
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