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RICH ROBINSON
"Paper"
Keyhole Records - 2005
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Nell’attesa di un nuovo lavoro
dei Black Crowes, questo album di
Rich Robinson ci ricorda come la band di Atlanta sia
una delle migliori espressioni del caldo e avvolgente
suono del sud degli States e di come il signore in
questione ne sia di fatto il motore.
Prodotto dall’immancabile Rick Rubin,
colui che ha contribuito non poco alla crezione del
sopracitato sound, l’album si apre con "Yesterday
I Saw You", e fin dal riff iniziale siamo catapultati
indietro di una trentina d’anni, il suono caldo
della Stratocaster di Rich fa da cornice ad un cantato
che molto deve al fratello ma che ci fa apprezzare
il biondo anche in questa veste.
“Enemy” potrebbe essere
un possibile singolo con quel suo incedere ipnotico
che tanto deve alle grandi big-bands dei seventies,
mentre Black Crowes allo stato puro
è “Leave It Alone”, uno slow di
grande spessore e ottimamente interpretato ancora
una volta da un musicista che riesce a regalarci emozioni
in ogni fraseggio di chitarra.
Altri pezzi da segnalare la quasi country “Forgiven
Song”con un ottimo lavoro di Donnie Herron al
violino e alla steel guitar e l’acustica When
You Will... chiudendo gli occhi possiamo davvero vedere
le lunghe distese di cotone del sud.
Uno dei momenti più caldi del
cd è sicuramente “PlaceS”, 7 minuti
di grande blues psichedelico che richiama alla mente
la band madre di “Three Snakes and One Charm”,
ovvero nel suo periodo più “jam”.
Doverosa segnalazione anche per “Falling Away”,
altra ballata semi-acustica di grande impatto e per
“Answers”, in cui fanno la loro comparsa
violini a profusione per un risultato di grande effetto
e coinvolgimento.
Un album consigliato a tutti gli amanti dei Black
Crowes e delle polverose sonorità
del sud degli States, e a tutti coloro a cui non dispiacciono
atmosfere rilassate, presenti in grande quantità
soprattutto nella seconda metà dell’album.
Federico Martinelli
top
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THE ROXYDOLLS
"Sex
Sex Sex"
Self Produced - 2005
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BAD BOYZ ARE BACK!!! NO GRUNGE!!! NO
ALTERNATIVE!!! THIS IS KICK-ASS FUCKIN’ SLEAZY
ROCK’N’ROLL!
Ecco. E se il loro biglietto da visita recita così
(questo è quanto appare sul retro del loro
CD) chi osa dire altro? Via... disco nel lettore senza
indugi. Questi glamsters dagli occhi a mandorla sono
quanto di più scontato si possa sentire, con
tutti gli stereotipi del caso, beninteso, ma... provate
per un momento ad immaginare, che so... gli Hanoi
Rocks che cantano le sigle dei cartoni giapponesi,
quelle indimenticabili sigle di chiusura delle serie
dei robot degli anni ’80: questi sono i Roxydolls.
Divertenti veramente, soprattutto grazie
al cantato in giapponese e, anche se la comprensione
delle liriche non è propriamente immediata,
vengono in nostro soccorso i cori in un sogghignante
inglese che ben pochi dubbi lasciano sui temi trattati
(Shake & shake hip lady... Looking for love...
Looking for kiss, tanto per capirci).
Nel mucchio delle 6 tracce che, nel complesso presentano
tutti gli ingredienti necessari per un tributo al
glam con i fiocchi, dalle chitarre sleazy ai ritornelli
zuccherosi spicca l’ammiccante “Beauty
Star”, hair-filastrocca del nuovo millennio.
Divertenti, ma niente più. Dedicato a chi è
musicalmente settato sull’anno di uscita di
“Leather Boyz With Electric Toyz”.
Claudia Schiavone
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LOUD 'N' NASTY
"Too
much Ain't Enough"
Perris Records - 2005
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Uscito originariamente nel 2002 su
vinile, e ora con l'aggiunta di 2 bonus track risalenti
al 1999 riecco qui il trio svedese fresco di capatina
in Italia in compagnia dei Vain.
Un look che farebbe impallidire i Wrathchild
con cotonature degne dei migliori Tigertailz
e i riff rubacchiati a Motley Crue
("Sweet sixteen") e Kiss
sono le carte che si giocano Chris Loud,
Rob Nasty e T-Bone in questo "Too much Ain't
Enough", 8 pezzi che sembrano usciti direttamente
da metà anni 80 e che sono sicuro accontenteranno
tutti i fanatici del genere.
Non è disco dell'anno intendiamoci,
sono in ritardo di un paio di decenni su quello che
propongono e gente come Psycho Gypsy
o Suicide Alley li aveva anticipati
(se così si può dire) di almeno 10 anni,
ma c'è da dire a loro favore che pur proponendo
la solita solfa, almeno la sanno fare bene come granitiche
cavalcate glam metal come "Hellbound" e
"Leave me alone" o episodi più scanzonati
e sculettosi come per esempio i party rock di "Me
and the boys" e "Little miss pretty".
Io un ascolto glielo darei, tanto a rispolverare "Too
Fast For Love" siete sempre in tempo...
Moreno Lissoni
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NASTY KIXX
"Hometown
Blues"
Shotgun Generation
Records – 2005
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Bravi i Nasty Kixx! A metà tra
Hellacopters e Backyard Babies,
più cattivi dei primi, più grezzi, meno
stilosi, meno originali ma, a modo loro, più
diretti dei secondi, il quintetto scandinavo nato
nel 1998 ci regala un sorprendentemente buono full-length.
“Hometown Blues” segue i due
precedenti demo, del 2002 e 2003, dai quali riesuma
qualche brano e lascia libero sfogo alla creatività
glam-punk della band.
Tutti i brani sono un buon concentrato
di ritmo ed energia. Partenza a tutto gas con una
“Junkyard Scene” che è scan rock
nudo e crudo con più di un rimando alle sonorità
degli zii Backyard Babies. Ottime
“Ain’t It A Shame” e “A Bastard
Song” (già sentite in versione demo)
e, soprattutto, “You Were Right”, fortissima
attitudine punk e botta adrenalinica niente male.
Da sottolineare il perfetto inserimento delle tastiere,
che non solo conferiscono un pizzico di originalità
in più, ma permettono anche di ammorbidire
un pò il sound. Promossa a pieni voti la chitarra
di Fabio Esteban.
Discorso a parte va fatto per la cover
di “Tragedy”, nello stesso tempo aggressiva
ed ipnotica, ancora una volta grazie alle tastiere
del buon Burt Backfire, con quella punta di ostentato
punk che non guasta affatto. Il punto su cui si può
(si deve) lavorare ancora molto sono i cori, in verità
proprio deboli un pò in tutto l’album,
ed è un peccato perchè una scelta più
curata potrebbe fare ulteriormente la differenza.Provare
per credere, la Scandinavia non delude (quasi) mai.
Claudia Schiavone
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JACKVIPER
"Demo"
Self Produced - 2005
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Se vi sono piaciuti i canadesi Stampede
Queen gradirete senza alcun dubbio questo
demo di 3 pezzi realizzato da questi 4 londinesi che
hanno nelle loro vene Guns N' Roses,
Van Halen e Motley Crue.
Hard'n'roll senza ghirigori seguendo la vecchia scuola
americana che ci permettono di apprezzare le discrete
capacità della band inglese: si parte in quarta
con la rocciosa “Junkie Queen”, un solido
rock n'roll dove primeggia la chitarra di Ed Cooper
e la voce al vetriolo di Jay R, non da meno risulta
la successiva "Whiskey Town" che mi da ragione
sul paragone con la band autrice di "A Night
At The Cockfights".
Il terzo ed ultimo pezzo "Dog
Days" non si discosta molto da quanto proposto
fino ad ora, una sano e alcolico hard'n'roll dalle
venature stradaiole che mi lascia ben sperare per
un eventuale esordio sulla lunga distanza... quindi
non mi resta che fare i complimenti ai JackViper augurandomi
di sentire presto altre composizioni!
Moreno Lissoni
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BALLBREAKER
"Hangman’s
tree"
Self Produced - 2005
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Brutti, ma brutti forte. Il cantante
è uno di quelli per cui vale il vecchio adagio
“Ci sono momenti in cui un uomo DEVE tagliarsi
i capelli”, il bassista sembra il fratello di
Rick Parfitt degli Status Quo e gli
altri non sono da meno. I Ballbreaker sono una delle
tante bands che infiammano i palchi dei bar delle
loro zone, sanno che non avranno mai successo ma non
mollano e continuano a pestare come delle bestie.
Se ne fregano delle mode e popolano il sottobosco
che tiene viva la scena del rock ‘n’ roll.
Il cosiddetto zoccolo duro di irriducibili che lavorano
da lunedì a venerdì e nei week end montano
sul furgone per tornare a casa puzzolenti, ubriachi
e contenti.
Sono nati come cover band degli AC/DC
e si sente: l’opener “Two pump
chump” ne è la conferma e “Snakebite
blues” è l’incrocio fra "The
Jack" e “Rocker”. Per il resto è
fortissima l’influenza degli anni 80: “Burn
the sky” ne è la prova e “When
the hammer comes down” la vedrei bene in un
video con auto in fiamme e ballerine post atomiche
coi vestiti a brandelli.
“Little misunderstood”, la mia preferita,
richiama molto i “Four horsemen” mentre
per il finale è stato scelto “Fight for
your right to party” dei Beastie Boys
attentamente ripulita dalle parti rappate.
Niente di eclatante in questo “Hangman’s
tree” ma il disco scorre bene e poi vanno
premiati impegno e abnegazione.
Matteo Pinton
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LES BONDAGE
"The
Guys That Put You in Bondage"
Prod. Les Bondage -
2005
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Non ci è dato sapere molto di
questi Les Bondage: dall’indirizzo email direi
italiani, dalle date pubblicate sul sito direi romagnoli...
ma alla fine che importa?!? Let the music do the talking,
come disse a suo tempo qualcuno che di musica se ne
intende più del sottoscritto…
E a settare le coordinate della band ci pensa “Undertaker”,
la prima traccia di questo “The Guys That
Put You in Bondage”, coordinate che vengono
poi chiarite e confermate dalle 5 tracce successive
(+ outro): anzitutto il nuovo stampo r&r di gente
come Jet e Hives,
poi Cramps (soprattutto in “super
Sexy Go! Go! Go!), Weezer e
New York Dolls (rigorosamente dopo una doccia)
sono le band di riferimento dei Les Bondage, e i ragazzi
ricalcano al loro meglio le orme dei maestri, senza
proporre nulla di nuovo ma con con qualche spunto
divertente.
Nota positiva per la resa sonora del disco, con suoni
non particolarmente curati ma adatti al genere proposto.
Carina anche l’idea del concept legato tanto
al monicker scelto dalla band quanto al titolo ed
alla copertina, ma qualche nota in più sul
booklet o sul sito non avrebbe fatto del male…
Simone Piva
top
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SHA-BOOM
"The
Race Is On"
AOR Heaven - 2005
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Mi sono approcciato a questo disco
più per la copertina che per altro. Mi piaceva
la dimensione “racing” che strideva assolutamente
con una “V-road” (che corsaiola proprio
non è…) travestita da “moto gp”.
La scoperta è stata assolutamente piacevole
e mi sono trovato tra le mani un disco di “party
rock” incredibilmente strano.
Gli Sha Boom sono un progetto di Dag Finn che dell’allegria
e della spensieratezza musicale ha fatto uno stile
di vita.
Il genere è riconducibile all’AOR
melodico nordico, roba tipo Evenrude
o Wig Wam: melodie leggere, chitarre
ben presenti e cori sparati a manetta che diffondono
ritornelli facili facili e di sicura presa. Sono della
partita un congruo numero di nomi della scena rock
scandinava, uno per tutti: Kee Marcello.
La cosa più strana è
che nel disco si riscontrano dei riferimenti che,
presi singolarmente ne farebbero un cd buono per livellare
un tavolo zoppo o per farne un sotto bicchiere mentre
qui sono miscelati in modo tale da creare un prodotto
assolutamente leggero e godibile.
L’apertura non lascia dubbi circa le intenzioni
degli Sha Boom: “Blah blah blah” coi suoi
la-la-la e na-na-na introduce immediatamente un’atmosfera
scazzata e festaiola. “Somewhere in the dark”
ha qualcosa che fa venire in mente la disco italiana
anni 80, quella made in Cinisello Balsamo, non so
perché mi gira in testa il nome di Dan
Harrow… sarà il caldo. In “My
home town” c’è qualcosa degli Abba,
in “The race is on”, uno degli episodi
migliori, ci avrei visto bene lo zampino di Jeff Lynne
degli E.L.O. e “22nd of october”
ricorda molto i Def Leppard.
La festa è nel pieno, le lattine
strabordano dal bidone dei rifiuti e “Get the
party started” è il massimo per far casino.
In “The message of love” altro pezzo allegro
e in “Here I am”, ballatona, c’è
qualcosa dei Bee Gees. Tra coretti,
frizzi e lazzi si prosegue fino alla fine del disco.
Come si può vedere, tutti i riferimenti affiorati
durante l’ascolto poco e male si addicono ad
un disco di rock‘n‘roll, eppure “The
race is on” si rivela divertentissimo. Sarà
che con l’estate non ho voglia di menate, fatto
sta che i miei vicini di casa sono stanchi di sentire
il rumore della mia falciatrice accompagnato dagli
Sha Boom.
Matteo Pinton
top
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HANGFACE
"Freak
Show"
SurfDog/Frontiers -
2005
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Non mi capitava da parecchio di ascoltare
una band scandinava che non suonasse scan rock, gothic
o così via, perchè questi Hangface a
parte la nazionalità hanno ben poco da spartire
con le band connazionali, dal momento che suonano
un moderno hard rock in bilico tra VELVET
REVOLVER e AUDIOSLAVE, e
potrebbero essere nati benissimo a Seattle che nessuno
ci farebbe caso.
Non propongono nulla di nuovo e probabilmente
non passeranno mai alla storia, ma sono dei musicisti
capaci (il bassista Hogne Rundberg ha anche suonato
insieme a Slash nel progetto "Sing
a Song of Six Strings") e sanno come scrivere
dei discreti pezzi valorizzati dalla produzione del
leggendario Eddie Kramer (Hendrix,
KISS, Beatles, Zeppelin, Bowie, Stones...).
Una versione hard rock degli Stone Temple
Pilots potrebbero essere definiti e non a
caso in "Freak Show" troviamo anche
la cover di "Down" ripescata dal quarto
album della band di Weiland e soci.
Il disco scorre via bene, anche se
mancano i picchi che potrebbero farlo decollare e
anche se si ascolta volentieri, alla fine rimane in
bocca un pò di amaro perchè risulta
abbastanza ripetitivo. Tra i brani posso segnalare
title-track che, nonostante le sue radici prettamente
Seattle-iane riesce a convincermi si dal primo ascolto
così anche nella cupa "Northern Lights"
e nelle più radiofoniche "It Could Be
You" e "Please".
Moreno Lissoni
top
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NASTY SUICIDE
"Rocket
Girl"
Black Rock Promotion
- 2005
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“Down in Deep South”: con
questa intro ci si presentano i Nasty Suicide, band
di Taranto attiva da qualche anno con qualche lieve
cambio di line up; ma non tanto per presentare un
handicap geografico (tale forse per poter presenziare
a gran parte dei concerti in italia), quanto per affermare
che anche nel profondo sud è possibile proporre
del buon rock n roll di stampo tutt’altro che
locale.
Chi crede (come me, tra l’altro) di trovarsi,
per via del nome, davanti ad una band “a la
Hanoi Rocks” sarà costretto
a cambiare idea: i ragazzi citano tra le loro influenze
Motorhead, Hellacopters
e Stooges, miscelate con un po’
di stoner e… rock n roll.
Oltre al citato intro, la opener “Nasty
Hospital” spicca per un ritornello vigliacco
ed una piacevole sezione chitarristica, mentre “Radio
Cemetary” parte funkeggiante per rivelarsi lievemente
ipnotica nel chorus… riprende la stessa linea
mid tempo “Rocket Girl” (forse un po’
ripetive queste ultime due nelle ritmiche) con un
tocco di grezzume in più che non guasta!
Chiude la part II di “Down in Deep South”,
altri 50 secondi di atmosfere da film western. In
coda al CD vengono ripescate 2 tracce dal precedente
promo datato 2003: “Suicide Blues” e “Wild
Roses”, superflua la prima (ossessivo e un tantino
scontato il coretto), quanto decisamente più
azzeccata la seconda, di stampo decisamente
Hellacopters!
Discreta la produzione, che di certo non valorizza
i pezzi ma non arriva a penalizzarli.
Un lavoro breve ma nel quale sono contenute le premesse
per far bene, attendiamo la band alla prova del disco;
in bocca al lupo.
Simone Piva
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MR. NASTY
"Ain't
Dead Yet"
Mr. Nasty/Hardline
Records - 2005
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Sono passati almeno 10 anni da quando
acquistai il vinile di ".38 Caliber Kisses"
alla fiera del disco di Novegro, ora, a distanza di
15 anni dal loro esordio discografico ritornano con
un nuovo album dal titolo "Ain't Dead Yet".
Formati a New York alla fine degli anni 80 i Mr. Nasty
mi sono sempre rimasti in mente per l'assomiglianza
della voce di Dee Dee Sweet con quella di Taime
Downe e il loro sporco street rock in bilico
tra Faster Pussycat e Spread
Eagle.
Dei 5 della formazione originale ora divenuta a 4
sono rimasti solo il cantante Dee Dee Sweet e il chitarrista
Scott Bittner (per chi non lo sapesse sul loro primo
LP ci suonò anche Doug Banx dei Rock
City Angels), ma la carica e l'energia non
sono andate perse in tutto questo tempo infatti il
nuovo lavoro si fa ascoltare senza indugi e ci mostra
come si può suonare dell'ottimo street metal
nel 2005.
Vengono ripescate alcune tracce da
"The Fine Art Of Self Destruction"
e si sente l'impronta Eighties di alcune canzoni...
la partenza è di quelle con i fiocchi con la
trascinante "Rock N Roll Man" che potrebbe
essere scambiata benissimo per un pezzo dei FASTER
PUSSYCAT con Dee Dee Sweet a scimiottare
le "fastidiose" tonalità di Downe,
si prosegue con "The Hardline", street metal
d'altri tempi con i primi 30 secondi da plagio ai
NASTY IDOLS... niente di nuovo, ma
se vi piace la band di "Cruel Intentions"
o i Daddy Dynamite sarà pane
per i vostri denti.
Nella sculettante "Joyride" non posso non
fare ancora il nome Faster Pussycat così
come in "Self Destruction" devo rinominare
i Nasty Idols, altra movimentata
rock n roll song dal sapore... ottantiano.
I Mr. Nasty ci regalano anche 2 cover: "Loose"
degli Stooges e "Wild World"
di Cat Stevens, la seconda quella
riuscita meglio a mio avviso, che da pezzo lento diventa
una marcia rock song.
Chiude ottimamente un'altro ripescaggio dal passato
"Moonlight Serenade" puro street metal anni
80 che farà godere più di un lettore
di SLAM!
Moreno Lissoni
top
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G.L.A.S.
"Eighteen"
Self Produced - 2005
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Non sono molte in Italia le band che
si dilettano nel filone melodic rock/Aor, tra queste
però ci sono i G.L.A.S., band formata dal bassista
Alex "Midnight" Moschini e dal batterista
Sergio Leonetti ben "18" anni fa con la
pubblicazione del mini LP "Audax Vincit"
nel 1988 che venne recensito anche dalla rivista inglese
Kerrang!. Dopo vari cambi di formazione, scioglimenti
e reunion rieccoli a dopo 14 anni con una nuova line-up
composta appunto da Alex "Midnight" Moschini
(Voce, basso) e Sergio Leonetti (Batteria), Massimo
Cappelli (Voce, chitarra ritmica) e dal bravissimo
ex H.A.R.E.M. Alessio Viani (Chitarra
ritmica e solista).
L'Aor è un genere che punta
fondamentalmente sulle melodie, su suoni puliti e
supportato quasi sempre da ottimi cantanti, caratteriste
che purtroppo non si trovano in questo "Eighteen"
che, pur essendo suonato bene e con alcune belle idee,
manca però di quelle peculiarità che
lo potrebbero far uscire dall'anonimato.
Cori e voce sono a mio avviso i punti deboli di questo
demo che, come ho appena detto, in un genere come
il rock melodico/aor sono le colonne portanti di una
canzone. Con una registrazione migliore e una perfomance
vocale più incisiva pezzi come "The sweet
sound of the hard falling rain" o "I cry
alone tonight" potrebbero dire la loro, mi aspettavo
molto di più da un gruppo con la loro esperienza...
Moreno Lissoni
top
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DRESSY BESSY
"Electrified"
Transdreamer Records
- 2005
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Quanti anni ’60 nell’ultima
fatica dei Dressy Bessy e tanta voglia di divertirsi,
le atmosfere sbarazzine e festaiole la fanno da padrone,
40 minuti di allegra energia che ti catapultano direttamente
sulla spiaggia sotto il sole a far casino tra amici,
in una dimensione dove la serietà ed i problemi
sono assolutamente vietati.
La formula del quartetto con vocalist femminile, già
ampiamente sperimentata e collaudata, si dimostra
ancora una volta vincente. Questa volta la protagonista
è Tanny Ealon, voce potente e profonda, estremamente
duttile che ha letteralmente trascinato il fidanzato
John Hill, ex Apples In Stereo a
buttarsi nel mondo Dressy Bessy e, ad occhio e croce,
ci ha preso.
Le loro canzoni, che tanto devono all’indie-pop,
sono un concentrato di suoni anche molto vintage,
di chitarre fuzz, condito con una punta di psichedelico
che non guasta. Tutte le 12 tracce alternano suoni
più smaccatamente indie, come “Aingalingaling”,
molto Blur degli esordi, “Hello
Hello” e soprattutto l’ottima “Second
Place”, mentre altri sono molto più 60’s
e psichedelici, in particolare “She likes it”
e “It Happens All The Time”. Un leggero
calo di tono con “Tay Tay Tay”, un pò
troppo cantilenante e “Call It Even”.
Non manca un pò di country nel pezzo di chiusura
“Who’d Stop The Rain”. Nessuna pretesa
di passare alla storia, ma questo sound cattura. Rimane
un godibilissimo episodio di musica di evasione. Sicuramente
i Dressy Bessy sono riusciti a scacciare il grigiume
e, almeno durante l’ascolto di questo disco,
il sole splende alto nel cielo del rock.
Claudia Schiavone
top
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GOTTHARD
"Lipservice"
Nuclear Blast - 2005
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Essere andato al TRADATE IRON FEST
solo per i GOTTHARD, oltre ad aver visto un grande
show, mi ha sicuramente dato una spinta in più
ad acquistare il loro nuovo album che temevo fosse
una copia sbiadita del precedente “Human
Zoo”. Mi sbagliavo. Il 90% dei brani proposti
sul palcoscenico mi ha fatto rendere conto che il
quintetto elvetico ha di nuovo le carte in regola
per meritarsi il miglior voto dell’anno nella
categoria dell’Hard Rock Melodico.
Il disco, finalmente nelle mie mani, è fantastico.
Non ci sono mezzi termini questa volta.
La Nuclera Blast, stranamente nuova a questa direzione
musicale, ha investito tempo e soldi per un progetto
di valore che, ne sono certo, avrà i suoi positivi
riscontri.
Steve Lee, Leo Leoni, Marc Lynn e Hana Habegger si
fanno aiutare dal nuovo entrato Freddy Scherer che
aiuta con la sua sei corde a dar maggior risalto ai
brani. New entry anche sotto il profilo delle tastiere
che vede Nicolò Fragile ai tasti d’avorio.
Mi permetto di aggiungere che entrambi i nuovi musicisti
han dato prova di saper mantenere vivo l’interesse
e l’attenzione durante lo show dal vivo.
Gli svizzeri ci deliziano con immensa
generosità di 15 brani e un video-clip. Quasi
incredibile al giorno d’oggi poter avere così
tante canzoni da ascoltare! Tracce per altro tutte
ottimamente registrate ed esaltanti che sanno farci
amare i Gotthard come nei loro primi dischi.
La traccia iniziale la dice già lunga, “All
we are” apre infatti con riff hard rock esaltanti
che fa respirare aria di rinnovata energia. Si prosegue
con “Dream on”, altra chicca dell’album
per la sua vivacità, per lasciare spazio al
singolo “Lift U up” che, detto in onestà,
è forse il brano con minor pathos dell’intero
lavoro; una via di mezzo tra i QUEEN
e i ROLLING STONES sa comunque ammaliare
gli ascoltatori con un ritornello di facile presa.
Al quarto posto c’è la ballata spezzacuori
a nome di “Everything I want” che, se
non ricordo male, nella sessione live hanno proposto
come piano-ballad. Questa si muove su territori vicinissimi
al meglio delle ballate degli eighties ricordando
nelle strofe gli AEROSMITH e nel
ritornello melodico i WHITE LION.
“Cupid’s Arrow” fa marcia indietro
e si ritorna a rockare con un brano tipico del Gotthard-style
che lascia spazio a “I wonder”, mid-time
che ricorda il penultimo album. Il rock n roll venato
degli eighties si respira anche in “I’m
alive” che mi porta alla mente i primi movimenti
hard rock americani sulla scia di Y&T.
Accesa una sigaretta, appoggiato sulla poltrona, amareggiato
dalla vita, la speranza si riaccende con “I’ve
seen an angel cry”, suadente ballata che potrebbe
ben rappresentare un nuovo singolo che farebbe invidia
anche ai più noti BON JOVI.
“Stay for the night”, neanche farlo apposta,
pare proprio voler rinfacciare agli americani del
New Jersey citati qui sopra che l’Hard Rock
Melodico non è una prerogativa solamente statunitense!
E, dopo questa sana e spensierata song, si riapre
ad uno dei brani più metal dell’intero
disco. Con “Anytime Anywhere” spaziano
in territori decisamente meno easy-listening sapendo
però trovare sempre spunti melodici, ricordandomi
in parte molte cose fatte dai tedeschi BONFIRE.
Tra i KROKUS e la
nostalgia dei CASANOVA vecchio stile,
“Said and done” sembra farci dubitare
che sul calendario appare la data del 2005…semplicemente
ottima. Si rocka e ci si diverte un’altra volta,
alzando a tutto volume, la spensierata “The
other side of me” con un riff agghiacciante
alla AC/DC che trova nel supporto
vocale di Steve un’ottima miscela tra un Blues
Metal e la melodia dei tedeschi già nominati
qualche riga più sopra. Finita, eccoci in un
altro momento di melodia con “Nothing left at
all” che smorza le atmosfere per farci entrare
nel momento più intimista e triste del lavoro.
Parlo di “And then goodbye” scritta per
intero da Leoni che sembra volerci far carpire anche
la sua parte poetica. Decisamente eccezionale e adatta
ai momenti down che fanno riflettere sulla vita.
Chiude l’album e pure questa recensione, la
bonus track arrangiata in modo molto modernista a
titolo “Can’t stop”.
Che altro aggiungere? Nulla, se non dirvi che i vostri
soldi non saranno spesi in maniera migliore se andate
cercando melodia, energia e “aria del passato”.
Da avere.
Marco Paracchini
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THE SHARD
"Make
Me Butterfly"
Self Produced- 2005
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Quando si dice varietà. In
soli 3 brani questi 5 ragazzotti inglesi riescono
a combinare rock e dark, glam e pop, con più
di una divagazione nel mondo indie, pur presentandosi
con un look parecchio simile ai migliori Orgy.
Et voilà. Frullare il tutto e servire con ghiaccio.
Si parte dal punkabilly della titletrack, un sound
alla Necromantix caratterizzato da un riff di chitarra
molto ’70 rivisitato in chiave moderna.
“Die Happy Picnic”, a mio
avviso il pezzo forte del menu Shard, in cui la base
iniziale punkettara-darkettona si accompagna ad una
chitarra dalle sembianze piuttosto metallare. Una
sorta di Green Day con Robert
Smith alla voce che vanno a braccetto con
i Megadeth, che detto così
potrebbe risultare vomitevole, ma il risultato è
assolutamente sorprendente. Il sipario si chiude con
“Le Petit Mort”. No, di dark davvero non
se ne parla, a dispetto del titolo, anzi si tratta
di un pezzo pop, da fare invidia ai migliori Pulp,
a tratti psichedelico. Poco in sintonia con i restanti
due brani in verità e non mi convince il cantato
di Laurence, in quest’occasione troppo sforzato.
Claudia Schiavone
top
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SERIAL KREEPERS
"Promo
Ep "
Self Produced- 2005
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Nonostante in ambiente punk non sia
molto ferrato, ho ugualmente goduto nell'ascoltare
il terzo prodotto di questa band pescarese che va
ad aggiungersi ai precedenti "Il cattivo
esempio" (2001) e "Ugly in this
world of beauty" (2003). Il gruppo nato
appunto nel 2001 ha già condiviso il palco
con personaggi del calibro di Sonny Vincent
e Hormonauts e ha partecipato alla
compilation "Fuck Yeah" uscita per la 8records
insieme a Turbo Ac's, River
City Rebels, Streetwakalkin' Cheetas,
ecc...
Avevo inserito il CD nel lettore senza
molte pretese, mi sembrava uno dei tanti demo che
mi arrivano, e invece la mia attenzione è stata
subito catturata dall'esplosiva opener "The Broken
Bones Blues", ruffiano punk rock'n'roll con tanto
di tasti d'avorio ad incorniciare un ottimo pezzo...
eh si, perchè Dan, Eddie Blue e Larry Falcone
sembra sappiano bene come scrivere ottimi pezzi e
ce lo dimostrano nelle rimanenti 5 canzoni che compongono
questo Ep.
Esempi? Il punk rock di "California
Is Fuckin' Far", la devastante "Taxi Drivin'",
il punk rock'n'roll di "Don't Worry About My
Soul" e l'inquieta "3-4-5 (I Don't Wanna
Die)... sono tutti pezzi che cagano sopra centi gruppetti
importati da Mtv, quindi se amate il vecchio e sporco
punck del '77 o gruppi come Clash,
Sex Pistols, New York Dolls
e US Bombs non esitate un
istante a contattarli!
Moreno Lissoni
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