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MOLLY HATCHET
"Warriors Of The Rainbow Bridge"
SPV - 2005

Ad agosto sono stato a vedere i Molly Hatchet in un club di motociclisti. Prima di loro suonava una agguerritissima cover band dal significativo nome di Big Engine e, guarda guarda, al basso c’era Banner Thomas, membro della formazione originale dei… Molly Hatchet.

Strano? Assolutamente normale per i gruppi di southern rock, un genere dove le formazioni cambiano in continuazione con abbondante turn over di musicisti. Emblematico è il caso di Rickey Medlocke prima alla batteria con i Lynyrd Skynyrd, poi alla voce nei Blackfoot ed ora di nuovo alla chitarra coi Lynyrd Skynyrd. Perfettamente in linea con questa tendenza, della formazione originale, nei Molly Hatchet non è rimasto nessuno ma, dal punto di vista musicale, da 20 anni a questa parte, nulla è cambiato.
Quando è stato il momento di salire sul palco i ragazzi di Bobby Ingram hanno subito reso l’ idea di quello che sanno fare: cazzuti, quadrati, patriottici, in un certo modo sembravano tutti il wrestler JBL… steroidi a profusione.

Warriors of the rainbow bridge”, fin dalla copertina, non si discosta un millimetro dai clichè a cui siamo stati abituati e l’opener “Son of the south” è un robusto manifesto di orgoglio sudista. Il disco si sviluppa su buoni standard anche se manca quel guizzo che, ad onor del vero difficilmente abbiamo trovato nella produzione più recente dei Molly Hatchet. Tra i pezzi migliori “Moonlight dancing on the bayou”, il southern boogie di “Hell has no fury” ed il gran finale con “Raimbow bridge”, dedicata alla moglie di Ingram, recentemente scomparsa, una canzone che, (fatte le debite, debitissime proporzioni) nella struttura richiama il capolavoro dei Lynyrd Skynyrd “Free bird”.
Se vi piace il southern rock muscolare, ruvido e granitico qui c’è pane per i vostri denti.
Matteo Pinton

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BABYRUTH
"Mr. Right Hand Man"
GoDown records - 2005

Ebbene si, alla fine dopo una lunga gestezione ecco che finalmente è fuori l'atteso album dei padovani Babyruth!
Sono senza ombra di dubbio una delle migliori realtà del panorama hard rock italiano, li abbiamo visti aprire per famosi act, suonare sulla barca a Venezia (auto-pubblicità, scusate!) e un pò in tutto il nord Italia con i loro show sempre carichi e coinvolgenti, stesse peculiarità presenti in questo "Mr. Right Hand Man"!

Dopo la "gita" nella fattoria di Tomas Skogsberg (Hellacopters, Backyard Babies) i Babyruth sono tornati con in mano questo gioiellino... che definirei - scusatemi l'appellativo - con Tsunami rock'n'roll per il semplice fatto che tutte le composizioni travolgono l'ascoltatore sin dalle prime note e lo trascinano in un vortice sonoro che miscela vecchio con nuovo!
E' l'irruenza di Alex T.Vine ad aprire il cd con "Go!!!", e poi via con il primo vero brano: "Song For The Damned", scoppientante hard rock che mescola i BANG TANGO di "Ready To Go" con un pizzico di BEAUTIFUL CREATURES e si prosegue con il tormentone di "Honey" (una delle canzoni riprese dal vecchio "Hi Fi lo RnR") con il corettone che ti si stampa nelle orecchie e non ti si stacca più...

Traccia numero 4, "The Others", parafrasando il titolo dell'album, riscaldare la mano e metterla in funzione e... e... avete capito, 'sta canzone è una goduria, ne lenta, ne veloce... bella e basta!!! Dal vecchio CD ecco la nuova versione di "Capitan America" (ora diventata "Fat Ass Rockstar") che precede un'altro ottimo episodio di moderno hard'n'roll che prende il nome di "Time To Fuck" e la scuotichiappe "Rock Me On", ennesimo bersaglio centrato dalla band.

Siamo quasi alla fine (purtroppo), ecco che i Babyruth ci sbattono in faccia le già note "Like Toys", "Lovely God" e "Rosieline" con l'aggiunta dell'alcolica "I Was Drunk" e dell'acustica "Mr. Right Hand Man".
Che dire... E' da quando l'ho ricevuto che non esce dal mio stereo, e l'ascolto giornaliero è quasi d'obbligo... prendete un pò di AC/DC e GUNS N' ROSES, mandateli a vivere in Svezia e nutriteli a bigoli e spritz... ecco i Babyruth!!
Moreno Lissoni

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COSMIC BALLROOM
"Your drug of choice"
Roasting House Records - 2005

Mi avevano già fatto una buona impressione con "Stoned, Broke And Ready To Rumble", ma con questo "Your drug of choice" il quartetto svedese fa un'ulteriore passo in avanti lasciando un pò da parte lo scan rock per avvicinarsi ad un energico punk rock da MTV generation che, in questo caso, non è detto in modo denigratorio.
Notevole la tripletta che apre il disco: "Barely Legal" fonde in se la cattiveria delle sonorità scandinave con le melodie dei Wildhearts, "Dead Generation" è puro scan rock, ma di quello buono davvero, mentre con "Celebration" (nel CD è presente anche il video!) si va verso un punk rock da classifica che cattura subito dopo il primo ascolto.

Il lavoro va via che un piacere (unico episodio sotto tono mi sembra "Kill My Darlings"), tra bordate in puro Backyard Babies/Hellacopters style come nel caso di "Painprovider", "Misery" e pezzi più GREEN DAY-iani come "She’s Not The Only One", "Not The End Of My World" o "Happy Drunk".
Sopra la media le BONES-iane "Psycho" e "Don’t Let Me Go This Way" che fanno di questo lavoro uno dei più bei dischi del genere ascoltati in questo 2005!
Moreno Lissoni

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HARTMANN
"Out In The Cold"
Frontiers Records - 2005

La partenopea Frontiers porta nel suo rooter un vocalist di indubbia capacità, contornato da musicisti sopra le righe. Trattasi di Oliver Hartmann, conosciuto ai più come singer degli AT VANCE.
Questa sua prima prova solista si muove su territori del Melodic Rock d’oltreoceano, spesso accostabile al Westcoast sound e all’AOR degli anni ottanta. Oliver propone dodici brani densi di emozione e pathos e la sua voce, che a tratti ricorda JORN LANDE e in altri ERIC MARTIN, ben si addice al progetto portato avanti con estrema qualità.

Accompagnato in questo Cd da Bodo Schopf (bt), Armin Donderer (bs), Jurgen Wust (tast), Miro Rodenberg (2nda ch) e dalla buona vocalist Ina Morgan (cori), Oliver dimostra, oltre che di fronte alla rete del microfono, la sua buona capacità di arpeggiare la sua sei corde acustica ma anche di spingere sull’acceleratore con la sua sei corde elettrica senza dimenticare l’uso di tastiere che suona sempre attraverso le sue dita magiche.
Dodici brani in cui si respira un’aria decisamente tranquilla pur mostrando i denti in diverse occasioni. Hartmann mi ricorda inoltre il nostro connazionale NEK in versione più spinta.

Nel suo rincorrere la melodia old fashion, non manca però di stupire con brani moderni come “Brazen” (scritto dagli SKUNK ANANSIE, ndr) e “The same again”, semi-ballad moderna che potrebbe essere ascoltata anche in radio senza rovinare l’assetto trendystico delle stazioni FM.
Una prova solista di gran classe, curata nei minimi particolari e siglata da uno sforzo non indifferente. Peccato per l’eccessiva dose di foto di Oliver che, non essendo un adone, poteva almeno risparmiare un po’ di spazio per alcuni suoi amici di viaggio… per il resto, a parte le battute, il disco è ok. Se vi avanzano dei soldi e avete voglia di spaziare in quello che denominerei “Modern-AOR”, fatevi avanti.
Marco Paracchini

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FATE
"Scratching ‘n’ sniff"
MTM Classix - 2005

Nel secondo semestre del 1990 comparve nei negozi la nuova veste dei FATE, conosciuti nell’ambito hard rock come combo dedito a sonorità decisamente “easy listening” colorando un po’ il palinsesto delle reti musicali europee. Questo album invece, cercò di lanciarli sotto una veste decisamente più in voga a quei tempi. Eliminati e nascosti negli armadi i colori sgargianti che indossavano nella prima metà degli anni 80, i F. rinnovano la loro immagine divenendo (semplificando un po’…) una sorta di mix tra i VAN HALEN e i WHITE LION. Quindi, a farne le spese, non saranno solo i loro guardaroba ma anche il loro sound che si indurisce leggermente dimostrando anche la loro capacità compositiva mettendo in primo piano, forse per la prima volta, la tecnica di Mattias Eklundh che, con la sua sei corde, manifesta una capacità innata di ammaliare nei solos.

Oltre alla nuova veste chitarristica, la vera novità è il singer. Cambiato il vecchio cantante per non so quali motivi, entra in scena Per Henriksen che, con la sua voce più roca e leggermente instabile, denota maggiormente il cambio di rotta.
Con questo Lp i F. si inseriscono nella scia di tutte le bands hard rock del tempo, portando insistentemente alla mente acts come SWEDISH EROTICA, DA VINCI, RENEGADE e altri, dando quindi l’impressione di aver già sentito o percepito qualcosa da altre parti.
L’originalità non c’è ma la capacità di emozionare con il loro coinvolgimento musicale, c’è e si sente!

I cori da stadio, le “botte e risposte” nei ritornelli tipici dei tempi delle bad hair bands, i riff chitarristici, densi e ribombanti e i tempi basso/batteria cadenzati e ritmicamente perfetti, donano a questo album l’etichetta certa e sicura di un disco imperdibile per tutti coloro che godono quando ascoltano i Cd dei gruppi sopraccitati. Senza dubbio, per chi avesse nostalgia dei tempi andati, questo Cd porterà nuova linfa vitale nella propria emotività. L’esaltazione non manca, la ballata c’è, le sorprese della six-strings avanzano di brano in brano e la melodia, che rincorre degnamente ogni ritornello, rende questo album appetibile per tutti i fanatici di quel periodo.
Aggiungerei alla lista dei gruppi nordici anche il nome degli americani LILLIAN AXE e BATON ROUGE poiché i 12 brani di questo “Scratchin ‘n’ sniff” sono proprio una buona sinossi di tutto ciò esposto in quegli anni.
Per nostalgici al 100%. Buy or die!
Marco Paracchini

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FRAME-SHIFT
"An Absence of Empathy"
Progrock Record - 2005

Secondo capitolo per il progetto di Henning Pauly, polistrumentista eccellente e compositore di notevole talento che per questa nuova avventura ha reclutato alla voce uno dei personaggi simbolo dell’Hard Rock degli ultimi anni, mister Sebastian Bach.
Non nascondo che anche il sottoscritto era davvero curioso di poter ascoltare il prodotto di questa bizzarra (almeno sulla carta) collaborazione, principalmente per due motivi: il primo è ovviamente verificare se la bontà del primo Frame-shift con James La Brie alla voce sarebbe stato bissato da un prodotto all’altezza, il secondo motivo ovviamente quello di poter riascoltare Sebastian Bach finalmente con un lotto di canzoni nuove di zecca... cosa che non succedeva da parecchio tempo.

Chi ha seguito con attenzione la carriera del biondo ex-cantante degli Skid Row sa benissimo che il suo amore per il metal è di vecchia data, anche in una recente intervista ricordo di aver letto il suo apprezzamento per reunion di grandi metal-bands del passato, vedi Maiden e Priest, e anche la band con cui ha effettuato l’ultimo tour solista è chiaramente di estrazione metal.
Tutto questo preambolo per introdurre un grande disco di prog-metal... eh sì, perché ascolto dopo ascolto mi sono letteralmente innamorato di un disco dalle mille sfaccettature, che magari potrà risultare difficile ad un primo approccio ma che con il passare degli ascolti non si può fare a meno di apprezzare... anche se 74 minuti potrebbero sembrare davvero troppi.

“Human Grain” apre il cd con un classico riff alla Symphony X/ Dream Theater, ma il pezzo si sviluppa poi in modo meno progressivo del previsto lasciando spazio ad un Sebastian Bach in grande spolvero... e davvero fa piacere sentire le sue vocals aggressive come nei pezzi più tirati del suo repertorio.
Segue “Just One More”, uno dei pezzi migliori dell’intero cd, molto più vicino ad un certo Hard Rock alla Jaded Heart ultimo periodo che al prog del primo pezzo.
Chiaramente Savatage è invece “Miseducation”, brano aggressivo ma con molto spazio alle melodie, cosa questa che si ripete per tutta la durata del cd, anche se nel finale un urlo selvaggio ci ricorda che abbiamo a che fare con un cantante che alterna le due cose in modo magistrale.
“I Killed You” si aggiudica a mio avviso la palma di miglior pezzo del disco... 9 minuti di pura classe, sentite il buon Sebastian come introduce in modo delicato il pezzo che poi si sviluppa in un break centrale quasi Purpleiano con un solo alla Satriani... da brividi!
Per gli amanti delle sonorità più tranquille segnalo “In a Empty Room”, ballad assolutamente non convenzionale ed arrichita da un solo di chitarra di ottimo gusto e la conclusiva “What Kind Of Animal” per solo piano e voce, con un Bach assolutamente ispirato e convincente.

Da segnalare assolutamente anche “How Long Can I Resist”, uno dei brani più diretti ed orecchiabili del cd e l’ambiziosa “Blade”, 9 minuti e passa di prog-folk-epic metal... ma la definizione non rende giustizia alla canzone.
Menzione particolare per i testi, assolutamente da leggere visto che si tratta di un concept sulla violenza, da quella domestica a quella dei campi di battaglia... argomento trattato davvero con intelligenza e originalità.
Non posso far altro che consigliare l’ascolto a tutti coloro che hanno sempre apprezzato la voce di Sebastian Bach e a tutti coloro che non disdegnano di ascoltare prog-metal... anche se per una volta potremmo tranquillamente mandare a quel paese le categorie e goderci un grande disco tutti quanti, chissà che non sia la volta buona che si riesca ad essere un pochino più open-minded…
Federico Martinelli

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SPIDERS AND SNAKES
"Hollywood Ghosts"
Sensei Records - 2005

Tra reunion di gruppi più o meno famosi o nuovi progetti della L.A. che fu, riecco anche gli Spiders And Snakes, uno dei quei gruppi che ha continuato a 'sopravvivere' nonostante cambi di line-up e mode avverse. Alla guida dei Ragni e Serpenti troviamo Lizzie Grey (per gli amanti del gossip, cugino dell'attrice Rebecca De Mornay), una vecchia conoscenza della scena underground Hollywoodiana che qualcuno di voi conoscerà già di riflesso perchè membro di gruppi come Sister insieme a Blackie Lawless e London con Nikki Sixx (dove scrissero "Public Enemy #1") e dei glamster Ultra Pop (la prima versione dei S&S e freschi di ristampa per la FastLane Records).

Al suo fianco troviamo il fedele compagno Timothy Jay (anche lui ex componente dei London e Joshua) ed insieme realizzano questo "Hollywood Ghosts", lavoro composto da un CD e un DVD. Se i London mi hanno sempre fatto abbastanza caccare (ad eccezione di "Non-Stop Rock" con Fred Coury dei Cinderella alla batteria), gli Spiders And Snakes hanno dalla loro parte quelle influenze settantiane chiamate T-Rex, Bowie, Slade, Alice Cooper, Sweet e Mott the Hoople che me li rendono super appetibili nonostante non brillino per originalità.

Si parte con il Seventies glam rock (rivisto chiave moderna) di "American Baby", e si prosegue con la T-Rex-iana "Angelyne" e il rock countryeggiante di "Spiders & Snakes" (cover di Jim Stanford), per poi arrivare alla Beatles-iana "Freeway". La seconda parte del CD inizia con un brano ripreso da The "Astro Pop" e cioè "The Siamese Twins", ennesimo tributo al glam settantiano così anche la seguente "Bill's Cigar", mentre con "The Girl Can't Help It" la band ritorna ulteriormente indietro nel tempo proponendoci un rock'n'roll sessantiano che non vedrei male come colonna sonora di Austin Powers. Sul finire vi segnalo la ballata dal sapore country di "Someday" e la conclusiva "Get Outta Here" dove fanno capilino gli Slade.
Il DVD risulta molto interessante, 90 minuti di filmati dove possiamo vederci 15 video della band, tra produzioni ufficiali e estratti live, foto session e interviste.
Moreno Lissoni

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HOLLYWOOD VAMPIRES
"4 Jacks & 1 Coke"
Self Produced - 2005

Ricetta del giorno: "Vampirelli reggiani".
Ingredienti: 4 Jack Daniels, 1 Coca, 100 kg di Rock'n'Roll. Mescolare bene gli ingredienti aggiungendo un pizzico di AC/DC.
Nel frattempo mettere sul fuoco una pentola con del buon Street Rock Americano a base di JUNKYARD, RHINO BUCKET, JOHNNY CRASH e CINDERELLA.
Versare i vampirelli in uno studio milanese e cuocere per qualche settimana e otterrete il nuovo Ep degli Hollywood Vampires!

"4 Jacks & 1 Coke" segna un deciso passo in avanti rispetto a "Luv Criminals", suoni, arrangiamenti sono molto più curati e anche le 5 canzoni presenti mostrano i miglioramenti fatti dal gruppo emiliano in questo lasso di tempo. "Loaded Soul" è il brano che apre il lavoro, un concentrato di rock stradaiolo arrivato direttamente dagli anni 80 con la voce abrasiva di Matt the King che ricorda i più sporchi screamer d'Oltreoceano. Si procede con la seconda traccia, "Greedy Train", altro calcio nel culo che, insieme alla precedente song e "Mr. Jacknife" sono secondo me gli episodi migliori dell'Ep.

"Lose Control" invece non mi convince molto, mentre non dispiacciono gli echi 'modernisti' a-là Beautiful Creatures di "Fly There" anche se ritengo queste ultime 2 canzoni meno incisive delle sopracitate, ma ciò non toglie che se siete dei buongustai e vi nutrite di sporco e rozzo street rock, allora non farete fatica a digerire questi "Vampirelli reggiani"!
Moreno Lissoni

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GHOST MACHINERY
"Haunting Remains"
Sound Riot Records - 2005

Fondati dal master-mind dei Burning Point, Pete Ahonen, i finlandesi Ghost Machinery sono un trio di power metal neo-classico, tra Malmsteen e i Gamma Ray per intenderci.
Virtuosismi chitarristici, vocals melodiche e doppia cassa a profusione sono gli elementi che condiscono questo lavoro; il tutto ben eseguito e professionalmente ineccepibile.
Il songwriting e' potente e diretto dalla prima nota sino all' ultima, e trova i suoi estremi nella speed track "Blinded Eyes", in perfetto Hansen style, e nella power ballad "Dreamworld".

La vera chicca dell' album è la riuscita cover di "Out in the Fields" del guitar-hero Gary Moore, in cui lo special guest d'eccezione e' Ville Laihiala alla voce, singer dei blasonati Sentenced, che dona prestigio e varietà all' album.
In definitiva l' istrionico Pete ci ha regalato un altro bel gruppo di metal sincero e ben suonato, ma che, sottolineo purtroppo, non fa altro che aggiungersi all' ormai inflazionato mercato power europeo.
Auguro al "macchinario fantasma" di diventare una realtà "concreta", dato che tutte le carte sono in regola!
Paolo Pirola

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HOLLYWOOD PARTY
"Like a Tattoo"
Bucher Records - 2005

Ricevo questo CD dal simpatico Vocalist Rèmi Capdevilla, noto subito la bella presentazione in versione digipack con disegnino, cotonature, ecc... che lo fanno sembrare molto Eighties style. Ammetto che sono molto curioso di ascoltarmi questi quattro francesi di Montbéliard già autori nel 2002 di un 6 pezzi intitolato "Back To L.A.”, ma purtroppo rimango abbastanza deluso, non tanto per come sia stato fatto, ma perchè ci sono poche idee e in quasi tutte le 13 canzoni pervade quel senso di già-sentito che non fa di certo alzare il livello a questa produzione.

Siamo di fronte ad un classico esempio di american party rock band, influenzato dai miti del Sunset Strip come Motley Crue, Poison e Guns N' Roses, quindi statevene alla larga se odiate i clichè, ma dategli una possibilità se ammazzate le giornate con "Open Up And Say...", "Girls, Girls, Girls" o "Appetite..." nello stereo, perchè da qui non si scappa, L.A. sleaze glam!
In "Like a Tattoo" si fanno ascoltare "Just Havin' Fun" sulla falsa riga dei nostrani JAILHAWKS, la POISON-iana "Take It Or Leave It" e il party rock di "American life", ma per il resto nulla che mi faccia sobbalzare dalla sedia. Solo per incalliti nostangici della L.A. che fu...
Moreno Lissoni

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HEARTBREAK RADIO
"Heartbreak Radio"
AOR Heaven - 2005

Prova decisamente interessante per gli Heartbreak Radio, progetto che vede nelle sue fila Torbjörn Wassenius e Claes Andreasson (già conosciuti con Last Atumun's Dream) e come ospiti il singer Mikael Erlandsson (Radioactive, Sayit), l'ex-Prisoner Pierre Weinsberg, Mikkey Dee (Motörhead), Magnus Rosén (Hammerfall), Tommy "prezzemolo" Denander, Max Abbey (Ultravox, Paul Young), Joel Starander (Geisha) e Jim Jidhed.

Basterebbe questa lista di nomi per capire che questo CD si sposa perfettamente con un rock melodico di ottima fattura, a volte più elettrico, a volte più d'atmosfera non discostandosi troppo da quello già proposto dei Last Autumns Dream.
Il lavoro parte in quarta, ma ha una fase calante sul finire, infatti dopo il vivace class rock di "Knockin' On Hell's Door" un leggere senso di assopimento mi pervade...

A parte questo, "Heartbreak Radio" ci offre degli ottimi spunti di spumeggiante hard rock melodico come nel caso di "Hard Rock City" e suadenti aor come in "Now You're Gone", "Don't Look In Her Eyes" e nella JOURNEY-iana "Only You".
Disco non indispensabile, ma con buoni pezzi.
Moreno Lissoni

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UNCHAINED
"Unchained"
Sound Riot Records - 2005

Quattro "metallaroni" svedesi cresciuti a pane e Iron Maiden, ecco la prima cosa a cui ho pensato quando le prime note di questi vichinghi hanno pervaso la mia umile casa bergamasca.
In questo lavoro ci sono tutti i cliché dell' industria metal indipendente: ottima produzione, copertina ben realizzata (by Mattias Noren), note accompagnative dettagliate e headbanging senza fine.

Non me la sento di citare alcuna canzone come master-piece dell'album, perche' tutte si attestano come potenziali metal-hits; soprattutto grazie ad un lavoro di realizzazione veramente meticoloso (sembra che ci abbiano messo 6 mesi per registrare l'album!), la tensione non cala mai, nemmeno quando il metronomo cala e le atmosfere si fanno più pacate; spesso, in questo genere di produzioni, gli anthem e le ballad fungono da riempitivi, ma devo dire che i ragazzi se la sanno cavare anche in questo territorio, mutando il loro approccio maideniano e dimostrando influenze variegate e più moderne.

In più di una situazione infatti mi hanno ricordato i conterranei Nocturnal Rites, ed addirittura, anche se in parti minori, i vecchi leoni Vicious Rumors.
Un lavoro promosso a pieni voti e lo sguardo del pubblico metal non tarderà a rivolgersi su questo giovane combo, che non mi meraviglierei di trovare presto come support-act di qualche band più blasonata.
Paolo Pirola

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BAD AMBITION
"Storm Signal"
Self Produced - 2005

Ottimo lavoro, ben suonato, ben prodotto, con idee poco scontate ma dritte a centrare l'obiettivo. Questo in poche parole il riassunto per "Storm Signal", secondo lavoro (se non ho capito male) per questi ragazzi talentuosi e preparati.
Per tutto il cd viaggiamo su coordinate classic rock, ma dare una definizione precisa non risulta sempre facile, soprattutto quando i musicisti coinvolti, supportati da un'ottima tecnica, si divertono a "farcire" i propri pezzi con ritmiche a tratti vicine al prog, con orchestrazioni ben studiate e mai banali, contornando, o meglio arricchendo il tutto con la splendida voce di Matteo Babini (ex-Empty Tremors).

Ascoltate la splendida "Destination Unknown" e capirete che anche il pomp rock non ha segreti per i Bad Ambition, oppure la successiva "How many tears", ballatona che potrebbe ben figurare in una qualsiasi classifica mainstream, tra un pianoforte mai invadente ma sempre in netta evidenza, ed il suo solo di chitarra, prima pulito e poi distorto e tecnicamente ineccepibile, che ci conducono verso territori lontani e poco esplorati dalle bands nostrane.
E' sempre il rock classico a condurre le danze fino alla fine del dischetto, con qualche punta Purple-iana e qualche tocco progressivo degno dei migliori Marillion.
A fine ascolto non sono proprio riuscito a trovare un difetto musicale in questo lavoro, quindi, considerando che si tratta di un' autoproduzione, spero di avere tra le mani, a breve, una copia ristampata da qualche etichetta blasonata, che riesca finalmente a lanciare il rock targato Italia, perchè almeno in questo caso stiamo producendo su livelli altissimi.
On the top!
P.s.: voglio sottolineare anche l'ottima presentazione che ci propone il gruppo, con un cd ben confezionato e realizzato, finalmente una bella foto e una biografia completa... e poi... chi è la splendita musa ispiratrice in copertina?
Paolo Pirola

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IVORY NIGHT
"7 Dawn Of The Night"
Housemaster records - 2005

Se in Italia stiamo strabordando di pseudo glamster e incalliti rockers adrenalici, noto che in Germania, patria degli Ivory Night, l'underground è sempre più affollato da bands anthemiche, a metà strada tra il metallo e l'hard rock più pomposo.
Influenzati da Iron Maiden e primi Helloween, ma altrettanto dal rock targato '70/'80, i nostri sono giudicati una delle bands di punta del panorama metal di Kaiserslautern e dintorni; non so se questa "nomina" dia più o meno visibilità al gruppo, ma certo bisogna riconoscere che i quattro se la sanno cavare bene e mostrano pure una certa esperienza compositiva ed esecutiva.

La solita pecca riscontrabile in questi casi è la scarsa originalita' dei pezzi, che probabilmente faranno la gioia dei metal fans più accaniti, ma che fanno tuffare gli Ivory Night in una piscina colma di squali, e ben più grossi ed affamati di loro.
Personalmente continuerei con l'approccio a riffs leggermente più trashy, che ogni tanto fanno capolino tra cavalcate e terzinate degne di mr. Harris, mixati a delle ottime melodie pomp come nel caso della bella "Salvation is an Honest man".
Ricordiamo che il cd, ben confezionato e degnamente prodotto (gli standard tedeschi!), è disponibile al seguente link: www.ivorynight.de alla onesta cifra di 10 euro.
Paolo Pirola

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RISK OF FIRE
"The Show Has Just Begun"
Seld Produced - 2004

Negli ultimi anni la scena hard rock italiana ha dimostrato di essere particolarmente in ripresa e, anche se il livello non è sempre dignitoso, ci sono sempre più gruppi che provano con i loro pezzi ad esternare il loro amore per il rock n'roll. Tra le nuove leve che si affacciano al panorama street rock, troviamo questi 5 ragazzi di Teramo formati nel 2003 che, dopo un'anno di concerti in giro per l'Abruzzo e di studio, hanno inciso il loro primo demo autoprodotto dal titolo "The Show Has Just Begun".

Come avrete capito, i Risk Of Fire non inventano nulla di rivoluzionario, ma pescano chiaramente dalle proprie influenze che a parer mio risentono molto di Skid Row e Guns‘n’Roses, per esempio ascoltate la prima traccia "The Show", streettone ottantiano che pur non offrendo nulla di nuovo si fa ben ascoltare, così anche la successiva "Blood'N'Passion" (il mio pezzo preferito), dove la virulenza dello street rock si fonde con la ruffianeria dell'hair metal.
"Ice In you Eyes" è la ballata del demo, superclichè e scontata, in questo caso consiglierei alla band di osare un pò di più... chiude il CD "Rock The City" altro episodio che attinge a piene mani dal repertorio SKID ROW-iano e che si fa ben ascoltare.

Sicuramente un buon esordio, manca solo una piccola dose di originalità, ma per il resto ci siamo e se tra le vostre band preferite ci sono i gruppi sopracitati, Spread Eagle, Slam St. Joan, ecc... allora aprite la vostra bella casella email, digitate rockinfire@hotmail.com e chiedete subito questo "The Show Has Just Begun"!
Moreno Lissoni

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STREET JUSTICE
"Thunder Underground"
Self Produced - 2004

Combo dedito ad un hard rock adrenalinico e senza fronzoli, la "giustizia di strada" è l'ennesima conferma che ormai, nell'underground italiano, non si scherza più. Questo "Thunder Underground" ci mostra una band vogliosa e grintosa, che gioca le proprie carte puntando dritta sull' impatto sonoro di speed song come l' opener "Wild and free" o di mid tempos, forse un po' scontati, ma azzeccati.

Lo stile ricalca il classico hard 'n heavy di matrice ottantiana, ripercorrendo sentieri già battuti da band gloriose quali AC/DC, Motorhead, Krokus e via dicendo... con la voce di Alexx White che fa il verso, almeno secondo quanto mi pare di sentire, ai primi Cinderella, il che è per il sottoscritto una nota di merito, data la particolarità, la rabbia ma anche la qualità che riesce ad infondere nei brani.

Per il resto è inutile che stia qui a spiegare come deve suonare una band hard rock... power-chords a profusione e batteria in 4/4 martellante e dritta per la propria strada, e questo è ciò che trovate se vi imbattete negli Street Justice.
Si sente che probabilmente si tratta del primo lavoro, date alcune lacune di produzione e di personalità... ma queste sono caratteristiche che si affinano con il tempo; l'importante è mantenere la grinta e l' onestà musicale che traspirano da questo cd.
Paolo Pirola

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ALAN MERRIL “Everytime she comes around”
THE ARROWS “I love rock ‘n’ roll”
(Mec records / EMI)

E chi cacchio è sto Alan Merrill?
Domanda lecita. Alan Merril ha una storia curiosa. Nato in Inghilterra da una famiglia di musicisti inizia a suonare e comporre fin dalla tenera età e, trasferitosi a New York dà vita, nei tardi anni 60 alle prime bands amatoriali. Curiosamente, lo ritroviamo nel 68 in Giappone alla testa dei Lead coi quali ottiene uno strepitoso successo fra i teen agers. In breve diventa un teen idol, realizza dei dischi solisti e prende parte ad una soap opera nipponica.

In collaborazione col chitarrista Hiroshi Oguchi nel 1972 fonda i Vodka Collins, glam rock band ormai divenuta di culto. Ma è nel 1975 che, tornato in Inghilterra e formati gli Arrows pesca il jolly della sua vita: scrive e pubblica “I love rock ‘n’ roll” si, proprio lei, quella che ha venduto milioni di copie nelle cover di Joan Jett, Five e Britney Spears.
Vengono ora riproposti con copertina in stampa (quasi) anastatica i singoli di “I love rock ‘n’ roll” degli Arrows e di “Everytime she comes around” del solo Alan Merril.

Il primo è un classico 45 giri con 2 canzoni. “I love rock ‘n’ roll”, è praticamente identica alla versione di Joan Jett solo con suoni più seventies e meno hard mentre il retro “Movin’ newt door to you” è soul, quasi Mod.
Il secondo, del solo Merril, contiene 3 pezzi: “Everytime she comes around”, “Trisha uptown” e “Illusion”, tre brani di pop rock ben fatto che a volte ricordano Paul Weller e a volte i cantanti di classic rock inglesi in voga negli anni 70.

In entrambi i casi si tratta dischi non trascendentali ma piacevoli e di buon gusto, anche se mi lascia perplesso il formato del mini cd per un artista che, forse, sarebbe meglio conoscere e valutare sulla lunghezza di un full lengh album o, ancora meglio, di una compilation ben fatta e ragionata.
Matteo Pinton

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SLUNT
"Get A Load Of This"
Repossession Records - 2005

Debutto discografico sulla lunga distanza per il quartetto guidato dalla bella e brava Abby Gennet, che forse qualcuno conoscerà per essere uno dei volti rock di Mtv2 americana. 45 minuti di puro e incontaminato rock, che prende spunto dai maestri AC/DC per dipanarsi in 12 canzoni (più ghost track) che vi faranno passare davvero tre quarti d’ora di divertimento puro e semplice.

Dall’iniziale “OkOk” alla conclusiva “Cliché Rock’n’Roll Party Song” è tutto un susseguirsi di riff e coretti che difficilmente potranno essere catalogati come innovativi o originali... ma talmente ruffiani e accattivanti che arrivati alla fine viene voglia di ripartire da capo.
Tra i pezzi migliori voglio segnalare “All That We Got”, con ritornello ipnotico, la sparata “Lived By You”, già presente sull’ep e che mi ha ricordato non poco le ultime cose delle Donnas e “Fast City Girls” con una Abby calata nei panni di un Iggy Pop al femminile.
Altro pezzo da ascoltare è senza dubbio “I Wanna Be Your Only One” che parte come un pezzo tranquillo e che poi invece esplode in un punk-rock’n’roll di prima categoria. Non mancano comunque neanche i momenti più “moderni”, come “Nothing But You” e “HAWG”, ma sempre con quella attitudine “classica” che pervade tutto il cd.

Tenuto conto che anche l’occhio vuole la sua parte, e che gli Slunt oltre a Abby possono vantare un’altra bellezza non indifferente al basso, ovvero Jenny Gunns, direi che gli ingredienti per combinare qualcosa di positivo ci sono tutti... non ultima la possibilità di fare da spalla a grosse bands negli States (Motorhead, White Lion, Drowing Pool tra gli altri) e di potersi così proporre al pubblico in modo diretto ed esplicito.
L’album esce per la Repossession Records, indie da tenere d’occhio e che tra le sue proposte annovera anche bands di diversa estrazione ma tutte interessanti e di alto livello.
Potete richiedere direttamente il cd all’etichetta e ovviamente non perdete l’occasione di farvi un giro sul sito degli Slunt... ricco di spunti e graficamente molto ben fatto.
Federico Martinelli

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TRIGGERDADDY
"Stereosonic Meltdown"
Dead End Kids Music - 2005

I TRIGGERDADDY non sono altro che il nuovo progetto di Tim Karr (canadese di Montreal trapiantato a Hollywood) nato con i TRAITOR e autore nel 1989 del CD solista "Rubbin' Me The Right Way" per la EMI dove facevano la loro comparsa illustri personaggi del panorama rock americano come David Raven, Tim Pierce e Tracii Guns e per aver collaborato con autori del calibro di Jeff Paris o nel "supergruppo" CONTRABAND in "Tonite You're Mine".
Dopo "Everybody Bleeds" del 1997 rieccolo con questo "Stereosonic Meltdown", prodotto e suonato da Gilby Clarke e da altri nomi noti della scena californina: Johnny Griparic (Slash's Snakepit), Muddy Stardust (L.A. Guns, Starfuckers, Gilby Clarke Band), Brian Tichy (Billy Idol), Eric Singer (Kiss), Teddy Zig Zag (Guns n' Roses), Ryan Roxie (Glamnation, Slash's Snakepit, Alice Cooper), Chad Stewart (Faster Pussycat) e Jon E. Love (Love/Hate).

Dopo la doverosa carellata di ospiti credo sia il caso di parlare di questo album che nasce dalle radici del rock, nessuna contaminazione di sorta, ma solo del semplice rock ispirato da gruppi come T-Rex, CHEAP TRICK e DAVID BOWIE. E' “Space & Time” ad aprire i battenti in cui vanno a braccetto Kill For Thrill e la band la band di Zander/Nielsen, con la successiva "Gimme Sum Skin" si preme sull'accelleratore e esce fuori tutta l'anima sleazy rock di Karr, invece con “Enemy” si da una brusca frenata, proponendoci una suadente e ispirata ballata dal sapore Ziggy Stardust-iano.
La retrò “Jesus Cowboy” e lo street rock di "Can't Get High" ci conducono verso la ballad dalle tinte blueseggianti "Train 2 Nowhere" per arrivare al gran finale che comprende una bella versione di "Peach" di Prince, "20th Century Boy" dei T-Rex (forse di questa ne avremmo fatto volentieri a meno!) e "Price Of Love" un'altra lenta a mio avviso ispirata dal duca bianco.
Moreno Lissoni

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DARREN SMITH BAND
"Keep The Spirit Alive"
MTM/Frontiers - 2005

Ricordo come se fosse oggi il giorno in cui acquistai il primo album degli Harem Scarem... era la prima parte degli anni 90 ed era un pò che lo cercavo senza nessun risultato (ai tempi non c'era ancora internet), fino a quando capitai a Charter Disc, un negozietto in provincia di Milano che trattava esclusivamente hard rock a cui credo di aver lasciato qualche stipendio... Tutto ciò per introdurvi il primo album solista di Darren Smith, ex batterista appunto della band canadese, quella che a mio parere è riuscita a sfornare autentici capolavori come "Mood Swing" che resterà tra le pietre migliari per i culturi dell'hard rock melodico.

Accompagnato da Mike Hall (Helix, Killer Dwarfs), Stan Miczek (Honeymoon Suite, Sass Jordan), Pat Carrano e con Harry Hess in veste di produttore, Smith realizza un CD davvero ben riuscito, che si colloca a metà strada tra il power pop dei RUBBER e il moderno melodic hard rock degli HAREM SCAREM di "Big Bang Theory".
Si parte bene con "It All Comes Back" che pare essere uscita da uno degli ultimi lavori della sua band madre, segue "Keep The Spirit Alive", uno dei pezzi migliori in scaletta, un'energico hard rock melodico in bilico tra Harem Scarem e Red Dawn, così anche la power ballad "King For A Day" si pone tra i brani meglio riusciti dove subentrano piccole dosi di Def Leppard. "When I Was You" e "Still On My Radio" non avrebbero affatto sfigurato sul disco dei Rubber, mentre risulta divertente la scelta di riproporre "Love Hurts" dei NAZARETH in chiave power pop, credo ormai sia stata coverizzata in tutte le salse...

Le 2 bonus track "So Low" e "Taking On Water" ci mostrano il lato più moderno del musicista nord americano, ma ciò non toglie che "Keep The Spirit Alive" è un disco godibilissimo!
Moreno Lissoni

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SWIRL 360
"California Blur"
Atenzia/Frontiers - 2005

Secondo album per i fratelli Denny e Kenny Scott e i loro Swirl 360 che sembra essere fatto su misura per la chart d'oltreoceano con il loro power pop rock che potrebbe piacere a chi ama Jimmy Eat World o Butch Walker, con qualche sfumatura aor.
Il CD si apre in maniera sublime con "Oblivion" a parer mio il miglior pezzo di "California Blur", un concentrato di ruffianeria poppeggiante. Sulla stessa scia troviamo la title-track e "Chemical (My True Love)", altri 2 brani che conquistano l'ascoltatore con soluzioni catchy senza mai cadere nel banale.

Non ci sono episodi sottotono e il lavoro scorre via senza intoppi regalandoci ottimi spunti come nel caso di "See You Around", "Nothing Left", "My Mistake" e la lenta "Okay". Non c'è molto altro da aggiungere se non che consigliarlo a tutti quelli che amano queste sonorità e band come Jellyfish, Posies e Cheap Trick!
Moreno Lissoni

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JAY MILES
"9 Hours"
MTM Music - 2005

Nome nuovo quello dello svizzero Jay Miles per gli appassionati, forse non nuovissimo visto che qualcuno lo ricorderà con gli Steamtrain, usciti con un album su Epic all’inizio degli anni ’90. Trasferitosi ormai da anni negli States, pubblica ora il suo rimo album solista dopo un lungo periodo passato a collaborare con diversi artisti pop-rock.
La lunga lista di ospiti e musicisti di talento coinvolti nel progetto conferma l’intenzione di pubblicare un disco di notevole livello... e in effetti in questo campo lo possiamo sicuramente annoverare come una delle uscite più interessanti di questo scorcio di 2005.

“Everlasting Love” apre il cd e subito veniamo ammaliati da un rock con influenze west coast di primissima scelta, i cori poi sono tra i migliori sentiti ultimamente, ovviamente sempre riferiti al genere in questione. A seguire subito una ballata di grande effetto, “I Don’t Want To Hold You”, che mi ha ricordato vagamente le cose più soft dei Chicago unite ad un refrain alla Journey niente male davvero, con un solo di chitarra di grande effetto e se pensiamo che tra i musicisti coinvolti figurano due chitarristi del calibro di Michael Thompson e Steve Lukather (Toto)... beh non è difficile capire il motivo di tale impatto.

“Safe” è uno dei miei pezzi preferiti, melodia al servizio di una bel brano AOR di classe cristallina, mentre “Angel” è una ballad semi acustica che mi ha ricordato un’altra band della scuderia tedesca, i Crossfade.
“Lonely” potrebbe essere una outtakes di "Slang" di memoria Def Leppard, mentre tra le cose migliori segnalo “Back on the Street”, che aldilà del titolo iper-abusato ci presenta una buonissima highway-song... ideale da ascoltare durante un bel viaggio nelle grandi pianure…
Un buon disco, forse un paio di pezzi in meno lo avrebbero reso più immediato, ma di sicuro gli appassionati del genere sapranno apprezzare, anche perché la produzione che in questo genere è fondamentale riesce ad essere indovinata e a donare al disco quella freschezza che non sempre si riesce ad avere al di fuori della mega-produzioni da major.
Federico Martinelli

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zepp@oberpichler.de
 

JIMMY KEITH AND HIS SHOCKY HORRORS
"Old, Loud & Snotty"
Plastic Bomb Records, Distribution Cargo - 2004

Mi fece conoscere questa band Marco Morrone di Leather Boyz in uno dei nostri primi scambi, passandomi "Hey Rock'n'Roll" un disco di classiconi hit del passato rifatti in chiave punk rock'n'roll (la versione di "Stand By by" entra spesso nelle mie compilation da viaggio) e mentre sistemavo quel delirio della mia stanza me lo sono riascontato, così non ho esitato un secondo a cercare informazioni su di loro e il disponibilissimo chitarrista Zepp Oberpichler (che trovate anche sulla fanzine punk tedesca Plastic Bomb - www.plastic-bomb.de) mi manda l'ultima fatica del gruppo uscita nell'aprile del 2004 dal titolo "Old, Loud & Snotty".

Jimmy Keith & his Shocky Horrors non sono proprio dei pischelli, insieme dal 1988 e con un curriculum che li ha visti in tour con Jeff Dahl, Dickies e U.S. Bombs, propongono un punk rock'n'roll che loro stessi definiscono "Surf-Punk" o "Pogo-Pop" e influenzati da DAVE EDMUNDS, JOHNNY THUNDERS, RAMONES e DAMNED!
Anche se non sono afferratissimo di punk rock, provo ugualmente a scrivere qualcosa che possa aiutarvi a capire com'è questo "Old, Loud & Snotty", che è uno di quei cd che ti mette di buon umore, 16 pezzi che di tedesco non hanno proprio nulla e per dare subito la botta all'ascoltatore cosa è di meglio che trafiggerlo con la cover di "Sonic Crackdown" dei Dead Boys?!
... Il disco scorre via in maniera impeccabile tra dirette punk rock song ("Kings", "Pile"), qualcosa di più ruffiano come nel caso di "Baby" o "To You My One", ma che hanno tutte come filo conduttore il rock'n'roll.
Non posso non menzionare il rockabilly blueseggiante di "Frustration Blues" o quello countryeggiante di "Where", il basso Motorhead-iano che indroduce il tirato punk di "Corpse" e la scuotipietre "At Jumping Cactus".
Punk rock n'roll di ottima fattura, caldamente consigliato!
Moreno Lissoni

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PLANET HARD
"...So Good!"
Self Produced - 2005

Dopo l'antipasto del singolo di "For Everything" ritornano gli hard rocker milanesi con il mini intitolato "...So Good!", quattro canzoni ben eseguite da buoni strumentisti che pur ricalcando le orme dei vecchi lupi degli anni 80, riesceno ad ottenere un sound abbastanza personale anche se a volte sembra che manchi quella scintilla che le faccia esplodere.
Si parte con il class metal di "Unchain My Heart" con la voce di Marco Sivo che a volte mi ricorda quella di Bruce Dickinson, ma li preferisco in un ambito più class rock oriented come nel caso della seguente "I'll Be There" o nella già citata "For Everything", quest'ultima il pezzo di punta del cd!

Il poker di canzoni è concluso dalla ballata "The Fairy Tale" ben arrangiata ed eseguita e ottimamente interpretata da Sivo. Nonostante non sia il massimo dell'innovazione (ma ne abbiamo per forza bisogno?), sono certo che "...So Good!" raccoglierà più di un consenso da parte degli estimatori dell'hard rock melodico e se amate il genere date un'occhio al loro bel sito e perchè no, andateveli a vedere dal vivo!
Moreno Lissoni

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