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MOLLY HATCHET
"Warriors
Of The Rainbow Bridge"
SPV - 2005
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Ad agosto sono stato a vedere i Molly
Hatchet in un club di motociclisti. Prima di loro
suonava una agguerritissima cover band dal significativo
nome di Big Engine e, guarda guarda, al basso c’era
Banner Thomas, membro della formazione originale dei…
Molly Hatchet.
Strano? Assolutamente normale per i
gruppi di southern rock, un genere dove le formazioni
cambiano in continuazione con abbondante turn over
di musicisti. Emblematico è il caso di Rickey
Medlocke prima alla batteria con i Lynyrd
Skynyrd, poi alla voce nei Blackfoot
ed ora di nuovo alla chitarra coi Lynyrd
Skynyrd. Perfettamente in linea con questa
tendenza, della formazione originale, nei Molly Hatchet
non è rimasto nessuno ma, dal punto di vista
musicale, da 20 anni a questa parte, nulla è
cambiato.
Quando è stato il momento di salire sul palco
i ragazzi di Bobby Ingram hanno subito reso l’
idea di quello che sanno fare: cazzuti, quadrati,
patriottici, in un certo modo sembravano tutti il
wrestler JBL… steroidi a profusione.
“Warriors of the rainbow
bridge”, fin dalla copertina, non si discosta
un millimetro dai clichè a cui siamo stati
abituati e l’opener “Son of the south”
è un robusto manifesto di orgoglio sudista.
Il disco si sviluppa su buoni standard anche se manca
quel guizzo che, ad onor del vero difficilmente abbiamo
trovato nella produzione più recente dei Molly
Hatchet. Tra i pezzi migliori “Moonlight dancing
on the bayou”, il southern boogie di “Hell
has no fury” ed il gran finale con “Raimbow
bridge”, dedicata alla moglie di Ingram, recentemente
scomparsa, una canzone che, (fatte le debite, debitissime
proporzioni) nella struttura richiama il capolavoro
dei Lynyrd Skynyrd “Free bird”.
Se vi piace il southern rock muscolare, ruvido e granitico
qui c’è pane per i vostri denti.
Matteo Pinton
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BABYRUTH
"Mr.
Right Hand Man"
GoDown records - 2005
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Ebbene si, alla fine dopo una lunga
gestezione ecco che finalmente è fuori l'atteso
album dei padovani Babyruth!
Sono senza ombra di dubbio una delle migliori realtà
del panorama hard rock italiano, li abbiamo visti
aprire per famosi act, suonare sulla barca a Venezia
(auto-pubblicità, scusate!) e un pò
in tutto il nord Italia con i loro show sempre carichi
e coinvolgenti, stesse peculiarità presenti
in questo "Mr. Right Hand Man"!
Dopo la "gita" nella fattoria
di Tomas Skogsberg (Hellacopters,
Backyard Babies) i Babyruth sono
tornati con in mano questo gioiellino... che definirei
- scusatemi l'appellativo - con Tsunami rock'n'roll
per il semplice fatto che tutte le composizioni travolgono
l'ascoltatore sin dalle prime note e lo trascinano
in un vortice sonoro che miscela vecchio con nuovo!
E' l'irruenza di Alex T.Vine ad aprire il cd con "Go!!!",
e poi via con il primo vero brano: "Song For
The Damned", scoppientante hard rock che mescola
i BANG TANGO di "Ready To Go"
con un pizzico di BEAUTIFUL CREATURES
e si prosegue con il tormentone di "Honey"
(una delle canzoni riprese dal vecchio "Hi
Fi lo RnR") con il corettone che ti si stampa
nelle orecchie e non ti si stacca più...
Traccia numero 4, "The Others",
parafrasando il titolo dell'album, riscaldare la mano
e metterla in funzione e... e... avete capito, 'sta
canzone è una goduria, ne lenta, ne veloce...
bella e basta!!! Dal vecchio CD ecco la nuova versione
di "Capitan America" (ora diventata "Fat
Ass Rockstar") che precede un'altro ottimo episodio
di moderno hard'n'roll che prende il nome di "Time
To Fuck" e la scuotichiappe "Rock Me On",
ennesimo bersaglio centrato dalla band.
Siamo quasi alla fine (purtroppo),
ecco che i Babyruth ci sbattono in faccia le già
note "Like Toys", "Lovely God"
e "Rosieline" con l'aggiunta dell'alcolica
"I Was Drunk" e dell'acustica "Mr.
Right Hand Man".
Che dire... E' da quando l'ho ricevuto che non esce
dal mio stereo, e l'ascolto giornaliero è quasi
d'obbligo... prendete un pò di AC/DC
e GUNS N' ROSES, mandateli a vivere
in Svezia e nutriteli a bigoli e spritz... ecco i
Babyruth!!
Moreno Lissoni
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COSMIC BALLROOM
"Your
drug of choice"
Roasting House Records
- 2005
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Mi avevano già fatto una buona
impressione con "Stoned, Broke And Ready
To Rumble", ma con questo "Your
drug of choice" il quartetto svedese fa
un'ulteriore passo in avanti lasciando un pò
da parte lo scan rock per avvicinarsi ad un energico
punk rock da MTV generation che, in questo caso, non
è detto in modo denigratorio.
Notevole la tripletta che apre il disco: "Barely
Legal" fonde in se la cattiveria delle sonorità
scandinave con le melodie dei Wildhearts,
"Dead Generation" è puro scan rock,
ma di quello buono davvero, mentre con "Celebration"
(nel CD è presente anche il video!) si va verso
un punk rock da classifica che cattura subito dopo
il primo ascolto.
Il lavoro va via che un piacere (unico
episodio sotto tono mi sembra "Kill My Darlings"),
tra bordate in puro Backyard Babies/Hellacopters
style come nel caso di "Painprovider",
"Misery" e pezzi più GREEN
DAY-iani come "She’s Not The Only
One", "Not The End Of My World" o "Happy
Drunk".
Sopra la media le BONES-iane "Psycho"
e "Don’t Let Me Go This Way" che fanno
di questo lavoro uno dei più bei dischi del
genere ascoltati in questo 2005!
Moreno Lissoni
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HARTMANN
"Out
In The Cold"
Frontiers Records -
2005
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La partenopea Frontiers porta nel suo
rooter un vocalist di indubbia capacità, contornato
da musicisti sopra le righe. Trattasi di Oliver Hartmann,
conosciuto ai più come singer degli AT
VANCE.
Questa sua prima prova solista si muove su territori
del Melodic Rock d’oltreoceano, spesso accostabile
al Westcoast sound e all’AOR degli anni ottanta.
Oliver propone dodici brani densi di emozione e pathos
e la sua voce, che a tratti ricorda JORN LANDE
e in altri ERIC MARTIN, ben si addice
al progetto portato avanti con estrema qualità.
Accompagnato in questo Cd da Bodo Schopf
(bt), Armin Donderer (bs), Jurgen Wust (tast), Miro
Rodenberg (2nda ch) e dalla buona vocalist Ina Morgan
(cori), Oliver dimostra, oltre che di fronte alla
rete del microfono, la sua buona capacità di
arpeggiare la sua sei corde acustica ma anche di spingere
sull’acceleratore con la sua sei corde elettrica
senza dimenticare l’uso di tastiere che suona
sempre attraverso le sue dita magiche.
Dodici brani in cui si respira un’aria decisamente
tranquilla pur mostrando i denti in diverse occasioni.
Hartmann mi ricorda inoltre il nostro connazionale
NEK in versione più spinta.
Nel suo rincorrere la melodia old fashion,
non manca però di stupire con brani moderni
come “Brazen” (scritto dagli SKUNK
ANANSIE, ndr) e “The same again”,
semi-ballad moderna che potrebbe essere ascoltata
anche in radio senza rovinare l’assetto trendystico
delle stazioni FM.
Una prova solista di gran classe, curata nei minimi
particolari e siglata da uno sforzo non indifferente.
Peccato per l’eccessiva dose di foto di Oliver
che, non essendo un adone, poteva almeno risparmiare
un po’ di spazio per alcuni suoi amici di viaggio…
per il resto, a parte le battute, il disco è
ok. Se vi avanzano dei soldi e avete voglia di spaziare
in quello che denominerei “Modern-AOR”,
fatevi avanti.
Marco Paracchini
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FATE
"Scratching
‘n’ sniff"
MTM Classix - 2005
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Nel secondo semestre del 1990 comparve
nei negozi la nuova veste dei FATE, conosciuti nell’ambito
hard rock come combo dedito a sonorità decisamente
“easy listening” colorando un po’
il palinsesto delle reti musicali europee. Questo
album invece, cercò di lanciarli sotto una
veste decisamente più in voga a quei tempi.
Eliminati e nascosti negli armadi i colori sgargianti
che indossavano nella prima metà degli anni
80, i F. rinnovano la loro immagine divenendo (semplificando
un po’…) una sorta di mix tra i VAN
HALEN e i WHITE LION. Quindi,
a farne le spese, non saranno solo i loro guardaroba
ma anche il loro sound che si indurisce leggermente
dimostrando anche la loro capacità compositiva
mettendo in primo piano, forse per la prima volta,
la tecnica di Mattias Eklundh che, con la sua sei
corde, manifesta una capacità innata di ammaliare
nei solos.
Oltre alla nuova veste chitarristica,
la vera novità è il singer. Cambiato
il vecchio cantante per non so quali motivi, entra
in scena Per Henriksen che, con la sua voce più
roca e leggermente instabile, denota maggiormente
il cambio di rotta.
Con questo Lp i F. si inseriscono nella scia di tutte
le bands hard rock del tempo, portando insistentemente
alla mente acts come SWEDISH EROTICA,
DA VINCI, RENEGADE
e altri, dando quindi l’impressione di aver
già sentito o percepito qualcosa da altre parti.
L’originalità non c’è ma
la capacità di emozionare con il loro coinvolgimento
musicale, c’è e si sente!
I cori da stadio, le “botte
e risposte” nei ritornelli tipici dei tempi
delle bad hair bands, i riff chitarristici, densi
e ribombanti e i tempi basso/batteria cadenzati e
ritmicamente perfetti, donano a questo album l’etichetta
certa e sicura di un disco imperdibile per tutti coloro
che godono quando ascoltano i Cd dei gruppi sopraccitati.
Senza dubbio, per chi avesse nostalgia dei tempi andati,
questo Cd porterà nuova linfa vitale nella
propria emotività. L’esaltazione non
manca, la ballata c’è, le sorprese della
six-strings avanzano di brano in brano e la melodia,
che rincorre degnamente ogni ritornello, rende questo
album appetibile per tutti i fanatici di quel periodo.
Aggiungerei alla lista dei gruppi nordici anche il
nome degli americani LILLIAN AXE
e BATON ROUGE poiché i 12
brani di questo “Scratchin ‘n’ sniff”
sono proprio una buona sinossi di tutto ciò
esposto in quegli anni.
Per nostalgici al 100%. Buy or die!
Marco Paracchini
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FRAME-SHIFT
"An
Absence of Empathy"
Progrock Record - 2005
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Secondo capitolo per il progetto di
Henning Pauly, polistrumentista eccellente e compositore
di notevole talento che per questa nuova avventura
ha reclutato alla voce uno dei personaggi simbolo
dell’Hard Rock degli ultimi anni, mister Sebastian
Bach.
Non nascondo che anche il sottoscritto era davvero
curioso di poter ascoltare il prodotto di questa bizzarra
(almeno sulla carta) collaborazione, principalmente
per due motivi: il primo è ovviamente verificare
se la bontà del primo Frame-shift con James
La Brie alla voce sarebbe stato bissato da
un prodotto all’altezza, il secondo motivo ovviamente
quello di poter riascoltare Sebastian Bach finalmente
con un lotto di canzoni nuove di zecca... cosa che
non succedeva da parecchio tempo.
Chi ha seguito con attenzione la carriera
del biondo ex-cantante degli Skid Row
sa benissimo che il suo amore per il metal è
di vecchia data, anche in una recente intervista ricordo
di aver letto il suo apprezzamento per reunion di
grandi metal-bands del passato, vedi Maiden
e Priest, e anche la band con cui
ha effettuato l’ultimo tour solista è
chiaramente di estrazione metal.
Tutto questo preambolo per introdurre un grande disco
di prog-metal... eh sì, perché ascolto
dopo ascolto mi sono letteralmente innamorato di un
disco dalle mille sfaccettature, che magari potrà
risultare difficile ad un primo approccio ma che con
il passare degli ascolti non si può fare a
meno di apprezzare... anche se 74 minuti potrebbero
sembrare davvero troppi.
“Human Grain” apre il cd
con un classico riff alla Symphony X/
Dream Theater, ma il pezzo si sviluppa
poi in modo meno progressivo del previsto lasciando
spazio ad un Sebastian Bach in grande spolvero...
e davvero fa piacere sentire le sue vocals aggressive
come nei pezzi più tirati del suo repertorio.
Segue “Just One More”, uno dei pezzi migliori
dell’intero cd, molto più vicino ad un
certo Hard Rock alla Jaded Heart
ultimo periodo che al prog del primo pezzo.
Chiaramente Savatage è invece
“Miseducation”, brano aggressivo ma con
molto spazio alle melodie, cosa questa che si ripete
per tutta la durata del cd, anche se nel finale un
urlo selvaggio ci ricorda che abbiamo a che fare con
un cantante che alterna le due cose in modo magistrale.
“I Killed You” si aggiudica a mio avviso
la palma di miglior pezzo del disco... 9 minuti di
pura classe, sentite il buon Sebastian come introduce
in modo delicato il pezzo che poi si sviluppa in un
break centrale quasi Purpleiano con
un solo alla Satriani... da brividi!
Per gli amanti delle sonorità più tranquille
segnalo “In a Empty Room”, ballad assolutamente
non convenzionale ed arrichita da un solo di chitarra
di ottimo gusto e la conclusiva “What Kind Of
Animal” per solo piano e voce, con un Bach assolutamente
ispirato e convincente.
Da segnalare assolutamente anche “How
Long Can I Resist”, uno dei brani più
diretti ed orecchiabili del cd e l’ambiziosa
“Blade”, 9 minuti e passa di prog-folk-epic
metal... ma la definizione non rende giustizia alla
canzone.
Menzione particolare per i testi, assolutamente da
leggere visto che si tratta di un concept sulla violenza,
da quella domestica a quella dei campi di battaglia...
argomento trattato davvero con intelligenza e originalità.
Non posso far altro che consigliare l’ascolto
a tutti coloro che hanno sempre apprezzato la voce
di Sebastian Bach e a tutti coloro che non disdegnano
di ascoltare prog-metal... anche se per una volta
potremmo tranquillamente mandare a quel paese le categorie
e goderci un grande disco tutti quanti, chissà
che non sia la volta buona che si riesca ad essere
un pochino più open-minded…
Federico Martinelli
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SPIDERS AND SNAKES
"Hollywood
Ghosts"
Sensei Records - 2005
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Tra reunion di gruppi più o
meno famosi o nuovi progetti della L.A. che fu, riecco
anche gli Spiders And Snakes, uno dei quei gruppi
che ha continuato a 'sopravvivere' nonostante cambi
di line-up e mode avverse. Alla guida dei Ragni e
Serpenti troviamo Lizzie Grey (per gli amanti del
gossip, cugino dell'attrice Rebecca De Mornay),
una vecchia conoscenza della scena underground Hollywoodiana
che qualcuno di voi conoscerà già di
riflesso perchè membro di gruppi come Sister
insieme a Blackie Lawless e London
con Nikki Sixx (dove scrissero "Public
Enemy #1") e dei glamster Ultra Pop
(la prima versione dei S&S e freschi di ristampa
per la FastLane Records).
Al suo fianco troviamo il fedele compagno
Timothy Jay (anche lui ex componente dei London
e Joshua) ed insieme realizzano questo
"Hollywood Ghosts", lavoro composto
da un CD e un DVD. Se i London mi
hanno sempre fatto abbastanza caccare (ad eccezione
di "Non-Stop Rock" con Fred Coury
dei Cinderella alla batteria), gli
Spiders And Snakes hanno dalla loro parte quelle influenze
settantiane chiamate T-Rex,
Bowie, Slade, Alice
Cooper, Sweet e Mott
the Hoople che me li rendono super appetibili
nonostante non brillino per originalità.
Si parte con il Seventies glam rock
(rivisto chiave moderna) di "American Baby",
e si prosegue con la T-Rex-iana "Angelyne"
e il rock countryeggiante di "Spiders & Snakes"
(cover di Jim Stanford), per poi
arrivare alla Beatles-iana "Freeway".
La seconda parte del CD inizia con un brano ripreso
da The "Astro Pop" e cioè
"The Siamese Twins", ennesimo tributo al
glam settantiano così anche la seguente "Bill's
Cigar", mentre con "The Girl Can't Help
It" la band ritorna ulteriormente indietro nel
tempo proponendoci un rock'n'roll sessantiano che
non vedrei male come colonna sonora di Austin
Powers. Sul finire vi segnalo la ballata dal
sapore country di "Someday" e la conclusiva
"Get Outta Here" dove fanno capilino gli
Slade.
Il DVD risulta molto interessante, 90 minuti di filmati
dove possiamo vederci 15 video della band, tra produzioni
ufficiali e estratti live, foto session e interviste.
Moreno Lissoni
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HOLLYWOOD VAMPIRES
"4
Jacks & 1 Coke"
Self Produced - 2005
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Ricetta del giorno: "Vampirelli
reggiani".
Ingredienti: 4 Jack Daniels, 1 Coca, 100 kg di Rock'n'Roll.
Mescolare bene gli ingredienti aggiungendo un pizzico
di AC/DC.
Nel frattempo mettere sul fuoco una pentola con del
buon Street Rock Americano a base di JUNKYARD,
RHINO BUCKET, JOHNNY CRASH
e CINDERELLA.
Versare i vampirelli in uno studio milanese e cuocere
per qualche settimana e otterrete il nuovo Ep degli
Hollywood Vampires!
"4 Jacks & 1 Coke"
segna un deciso passo in avanti rispetto a "Luv
Criminals", suoni, arrangiamenti sono molto
più curati e anche le 5 canzoni presenti mostrano
i miglioramenti fatti dal gruppo emiliano in questo
lasso di tempo. "Loaded Soul" è il
brano che apre il lavoro, un concentrato di rock stradaiolo
arrivato direttamente dagli anni 80 con la voce abrasiva
di Matt the King che ricorda i più sporchi
screamer d'Oltreoceano. Si procede con la seconda
traccia, "Greedy Train", altro calcio nel
culo che, insieme alla precedente song e "Mr.
Jacknife" sono secondo me gli episodi migliori
dell'Ep.
"Lose Control" invece non
mi convince molto, mentre non dispiacciono gli echi
'modernisti' a-là Beautiful Creatures
di "Fly There" anche se ritengo queste ultime
2 canzoni meno incisive delle sopracitate, ma ciò
non toglie che se siete dei buongustai e vi nutrite
di sporco e rozzo street rock, allora non farete fatica
a digerire questi "Vampirelli reggiani"!
Moreno Lissoni
top
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GHOST MACHINERY
"Haunting Remains"
Sound Riot Records
- 2005
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Fondati dal master-mind dei Burning
Point, Pete Ahonen, i finlandesi Ghost Machinery sono
un trio di power metal neo-classico, tra Malmsteen
e i Gamma Ray per intenderci.
Virtuosismi chitarristici, vocals melodiche e doppia
cassa a profusione sono gli elementi che condiscono
questo lavoro; il tutto ben eseguito e professionalmente
ineccepibile.
Il songwriting e' potente e diretto dalla prima nota
sino all' ultima, e trova i suoi estremi nella speed
track "Blinded Eyes", in perfetto Hansen
style, e nella power ballad "Dreamworld".
La vera chicca dell' album è
la riuscita cover di "Out in the Fields"
del guitar-hero Gary Moore, in cui
lo special guest d'eccezione e' Ville Laihiala alla
voce, singer dei blasonati Sentenced,
che dona prestigio e varietà all' album.
In definitiva l' istrionico Pete ci ha regalato un
altro bel gruppo di metal sincero e ben suonato, ma
che, sottolineo purtroppo, non fa altro che aggiungersi
all' ormai inflazionato mercato power europeo.
Auguro al "macchinario fantasma" di diventare
una realtà "concreta", dato che tutte
le carte sono in regola!
Paolo Pirola
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HOLLYWOOD PARTY
"Like
a Tattoo"
Bucher Records - 2005
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Ricevo questo CD dal simpatico Vocalist
Rèmi Capdevilla, noto subito la bella presentazione
in versione digipack con disegnino, cotonature, ecc...
che lo fanno sembrare molto Eighties style. Ammetto
che sono molto curioso di ascoltarmi questi quattro
francesi di Montbéliard già autori nel
2002 di un 6 pezzi intitolato "Back To L.A.”,
ma purtroppo rimango abbastanza deluso, non tanto
per come sia stato fatto, ma perchè ci sono
poche idee e in quasi tutte le 13 canzoni pervade
quel senso di già-sentito che non fa di certo
alzare il livello a questa produzione.
Siamo di fronte ad un classico esempio
di american party rock band, influenzato dai miti
del Sunset Strip come Motley Crue,
Poison e Guns N' Roses,
quindi statevene alla larga se odiate i clichè,
ma dategli una possibilità se ammazzate le
giornate con "Open Up And Say...",
"Girls, Girls, Girls" o "Appetite..."
nello stereo, perchè da qui non si scappa,
L.A. sleaze glam!
In "Like a Tattoo" si fanno ascoltare
"Just Havin' Fun" sulla falsa riga dei nostrani
JAILHAWKS, la POISON-iana
"Take It Or Leave It" e il party rock di
"American life", ma per il resto nulla che
mi faccia sobbalzare dalla sedia. Solo per incalliti
nostangici della L.A. che fu...
Moreno Lissoni
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HEARTBREAK RADIO
"Heartbreak
Radio"
AOR Heaven - 2005
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Prova decisamente interessante per
gli Heartbreak Radio, progetto che vede nelle sue
fila Torbjörn Wassenius e Claes Andreasson (già
conosciuti con Last Atumun's Dream)
e come ospiti il singer Mikael Erlandsson (Radioactive,
Sayit), l'ex-Prisoner
Pierre Weinsberg, Mikkey Dee (Motörhead),
Magnus Rosén (Hammerfall),
Tommy "prezzemolo" Denander, Max Abbey (Ultravox,
Paul Young), Joel Starander (Geisha)
e Jim Jidhed.
Basterebbe questa lista di nomi per
capire che questo CD si sposa perfettamente con un
rock melodico di ottima fattura, a volte più
elettrico, a volte più d'atmosfera non discostandosi
troppo da quello già proposto dei Last
Autumns Dream.
Il lavoro parte in quarta, ma ha una fase calante
sul finire, infatti dopo il vivace class rock di "Knockin'
On Hell's Door" un leggere senso di assopimento
mi pervade...
A parte questo, "Heartbreak
Radio" ci offre degli ottimi spunti di spumeggiante
hard rock melodico come nel caso di "Hard Rock
City" e suadenti aor come in "Now You're
Gone", "Don't Look In Her Eyes" e nella
JOURNEY-iana "Only You".
Disco non indispensabile, ma con buoni pezzi.
Moreno Lissoni
top
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UNCHAINED
"Unchained"
Sound Riot Records
- 2005
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Quattro "metallaroni" svedesi
cresciuti a pane e Iron Maiden, ecco
la prima cosa a cui ho pensato quando le prime note
di questi vichinghi hanno pervaso la mia umile casa
bergamasca.
In questo lavoro ci sono tutti i cliché dell'
industria metal indipendente: ottima produzione, copertina
ben realizzata (by Mattias Noren), note accompagnative
dettagliate e headbanging senza fine.
Non me la sento di citare alcuna canzone
come master-piece dell'album, perche' tutte si attestano
come potenziali metal-hits; soprattutto grazie ad
un lavoro di realizzazione veramente meticoloso (sembra
che ci abbiano messo 6 mesi per registrare l'album!),
la tensione non cala mai, nemmeno quando il metronomo
cala e le atmosfere si fanno più pacate; spesso,
in questo genere di produzioni, gli anthem e le ballad
fungono da riempitivi, ma devo dire che i ragazzi
se la sanno cavare anche in questo territorio, mutando
il loro approccio maideniano e dimostrando influenze
variegate e più moderne.
In più di una situazione infatti
mi hanno ricordato i conterranei Nocturnal
Rites, ed addirittura, anche se in parti
minori, i vecchi leoni Vicious Rumors.
Un lavoro promosso a pieni voti e lo sguardo del pubblico
metal non tarderà a rivolgersi su questo giovane
combo, che non mi meraviglierei di trovare presto
come support-act di qualche band più blasonata.
Paolo Pirola
top
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BAD AMBITION
"Storm Signal"
Self Produced - 2005
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Ottimo lavoro, ben suonato, ben prodotto,
con idee poco scontate ma dritte a centrare l'obiettivo.
Questo in poche parole il riassunto per "Storm
Signal", secondo lavoro (se non ho capito
male) per questi ragazzi talentuosi e preparati.
Per tutto il cd viaggiamo su coordinate classic rock,
ma dare una definizione precisa non risulta sempre
facile, soprattutto quando i musicisti coinvolti,
supportati da un'ottima tecnica, si divertono a "farcire"
i propri pezzi con ritmiche a tratti vicine al prog,
con orchestrazioni ben studiate e mai banali, contornando,
o meglio arricchendo il tutto con la splendida voce
di Matteo Babini (ex-Empty Tremors).
Ascoltate la splendida "Destination
Unknown" e capirete che anche il pomp rock non
ha segreti per i Bad Ambition, oppure la successiva
"How many tears", ballatona che potrebbe
ben figurare in una qualsiasi classifica mainstream,
tra un pianoforte mai invadente ma sempre in netta
evidenza, ed il suo solo di chitarra, prima pulito
e poi distorto e tecnicamente ineccepibile, che ci
conducono verso territori lontani e poco esplorati
dalle bands nostrane.
E' sempre il rock classico a condurre le danze fino
alla fine del dischetto, con qualche punta Purple-iana
e qualche tocco progressivo degno dei migliori Marillion.
A fine ascolto non sono proprio riuscito a trovare
un difetto musicale in questo lavoro, quindi, considerando
che si tratta di un' autoproduzione, spero di avere
tra le mani, a breve, una copia ristampata da qualche
etichetta blasonata, che riesca finalmente a lanciare
il rock targato Italia, perchè almeno in questo
caso stiamo producendo su livelli altissimi.
On the top!
P.s.: voglio sottolineare anche l'ottima presentazione
che ci propone il gruppo, con un cd ben confezionato
e realizzato, finalmente una bella foto e una biografia
completa... e poi... chi è la splendita musa
ispiratrice in copertina?
Paolo Pirola
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IVORY NIGHT
"7 Dawn Of The
Night"
Housemaster records
- 2005
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Se in Italia stiamo strabordando di
pseudo glamster e incalliti rockers adrenalici, noto
che in Germania, patria degli Ivory Night, l'underground
è sempre più affollato da bands anthemiche,
a metà strada tra il metallo e l'hard rock
più pomposo.
Influenzati da Iron Maiden e primi
Helloween, ma altrettanto dal rock
targato '70/'80, i nostri sono giudicati una delle
bands di punta del panorama metal di Kaiserslautern
e dintorni; non so se questa "nomina" dia
più o meno visibilità al gruppo, ma
certo bisogna riconoscere che i quattro se la sanno
cavare bene e mostrano pure una certa esperienza compositiva
ed esecutiva.
La solita pecca riscontrabile in questi
casi è la scarsa originalita' dei pezzi, che
probabilmente faranno la gioia dei metal fans più
accaniti, ma che fanno tuffare gli Ivory Night in
una piscina colma di squali, e ben più grossi
ed affamati di loro.
Personalmente continuerei con l'approccio a riffs
leggermente più trashy, che ogni tanto fanno
capolino tra cavalcate e terzinate degne di mr. Harris,
mixati a delle ottime melodie pomp come nel caso della
bella "Salvation is an Honest man".
Ricordiamo che il cd, ben confezionato e degnamente
prodotto (gli standard tedeschi!), è disponibile
al seguente link: www.ivorynight.de
alla onesta cifra di 10 euro.
Paolo Pirola
top
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RISK OF FIRE
"The
Show Has Just Begun"
Seld Produced - 2004
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Negli ultimi anni la scena hard rock
italiana ha dimostrato di essere particolarmente in
ripresa e, anche se il livello non è sempre
dignitoso, ci sono sempre più gruppi che provano
con i loro pezzi ad esternare il loro amore per il
rock n'roll. Tra le nuove leve che si affacciano al
panorama street rock, troviamo questi 5 ragazzi di
Teramo formati nel 2003 che, dopo un'anno di concerti
in giro per l'Abruzzo e di studio, hanno inciso il
loro primo demo autoprodotto dal titolo "The
Show Has Just Begun".
Come avrete capito, i Risk Of Fire
non inventano nulla di rivoluzionario, ma pescano
chiaramente dalle proprie influenze che a parer mio
risentono molto di Skid Row e Guns‘n’Roses,
per esempio ascoltate la prima traccia "The Show",
streettone ottantiano che pur non offrendo nulla di
nuovo si fa ben ascoltare, così anche la successiva
"Blood'N'Passion" (il mio pezzo preferito),
dove la virulenza dello street rock si fonde con la
ruffianeria dell'hair metal.
"Ice In you Eyes" è la ballata del
demo, superclichè e scontata, in questo caso
consiglierei alla band di osare un pò di più...
chiude il CD "Rock The City" altro episodio
che attinge a piene mani dal repertorio SKID
ROW-iano e che si fa ben ascoltare.
Sicuramente un buon esordio, manca
solo una piccola dose di originalità, ma per
il resto ci siamo e se tra le vostre band preferite
ci sono i gruppi sopracitati, Spread Eagle,
Slam St. Joan, ecc... allora aprite
la vostra bella casella email, digitate rockinfire@hotmail.com
e chiedete subito questo "The Show Has Just
Begun"!
Moreno Lissoni
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STREET JUSTICE
"Thunder Underground"
Self Produced - 2004
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Combo dedito ad un hard rock adrenalinico
e senza fronzoli, la "giustizia di strada"
è l'ennesima conferma che ormai, nell'underground
italiano, non si scherza più. Questo "Thunder
Underground" ci mostra una band vogliosa
e grintosa, che gioca le proprie carte puntando dritta
sull' impatto sonoro di speed song come l' opener
"Wild and free" o di mid tempos, forse un
po' scontati, ma azzeccati.
Lo stile ricalca il classico hard 'n
heavy di matrice ottantiana, ripercorrendo sentieri
già battuti da band gloriose quali AC/DC,
Motorhead, Krokus
e via dicendo... con la voce di Alexx White che fa
il verso, almeno secondo quanto mi pare di sentire,
ai primi Cinderella, il che è
per il sottoscritto una nota di merito, data la particolarità,
la rabbia ma anche la qualità che riesce ad
infondere nei brani.
Per il resto è inutile che stia
qui a spiegare come deve suonare una band hard rock...
power-chords a profusione e batteria in 4/4 martellante
e dritta per la propria strada, e questo è
ciò che trovate se vi imbattete negli Street
Justice.
Si sente che probabilmente si tratta del primo lavoro,
date alcune lacune di produzione e di personalità...
ma queste sono caratteristiche che si affinano con
il tempo; l'importante è mantenere la grinta
e l' onestà musicale che traspirano da questo
cd.
Paolo Pirola
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E chi cacchio è sto Alan Merrill?
Domanda lecita. Alan Merril ha una storia curiosa.
Nato in Inghilterra da una famiglia di musicisti inizia
a suonare e comporre fin dalla tenera età e,
trasferitosi a New York dà vita, nei tardi
anni 60 alle prime bands amatoriali. Curiosamente,
lo ritroviamo nel 68 in Giappone alla testa dei Lead
coi quali ottiene uno strepitoso successo fra i teen
agers. In breve diventa un teen idol, realizza dei
dischi solisti e prende parte ad una soap opera nipponica.
In collaborazione col chitarrista Hiroshi
Oguchi nel 1972 fonda i Vodka Collins,
glam rock band ormai divenuta di culto. Ma è
nel 1975 che, tornato in Inghilterra e formati gli
Arrows pesca il jolly della sua vita: scrive e pubblica
“I love rock ‘n’ roll” si,
proprio lei, quella che ha venduto milioni di copie
nelle cover di Joan Jett, Five
e Britney Spears.
Vengono ora riproposti con copertina in stampa (quasi)
anastatica i singoli di “I love rock ‘n’
roll” degli Arrows e di “Everytime she
comes around” del solo Alan Merril.
Il primo è un classico 45 giri
con 2 canzoni. “I love rock ‘n’
roll”, è praticamente identica alla versione
di Joan Jett solo con suoni più
seventies e meno hard mentre il retro “Movin’
newt door to you” è soul, quasi Mod.
Il secondo, del solo Merril, contiene 3 pezzi: “Everytime
she comes around”, “Trisha uptown”
e “Illusion”, tre brani di pop rock ben
fatto che a volte ricordano Paul Weller e
a volte i cantanti di classic rock inglesi in voga
negli anni 70.
In entrambi i casi si tratta dischi
non trascendentali ma piacevoli e di buon gusto, anche
se mi lascia perplesso il formato del mini cd per
un artista che, forse, sarebbe meglio conoscere e
valutare sulla lunghezza di un full lengh album o,
ancora meglio, di una compilation ben fatta e ragionata.
Matteo Pinton
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SLUNT
"Get
A Load Of This"
Repossession Records
- 2005
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Debutto discografico sulla lunga distanza
per il quartetto guidato dalla bella e brava Abby
Gennet, che forse qualcuno conoscerà per essere
uno dei volti rock di Mtv2 americana. 45 minuti di
puro e incontaminato rock, che prende spunto dai maestri
AC/DC per dipanarsi
in 12 canzoni (più ghost track) che vi faranno
passare davvero tre quarti d’ora di divertimento
puro e semplice.
Dall’iniziale “OkOk”
alla conclusiva “Cliché Rock’n’Roll
Party Song” è tutto un susseguirsi di
riff e coretti che difficilmente potranno essere catalogati
come innovativi o originali... ma talmente ruffiani
e accattivanti che arrivati alla fine viene voglia
di ripartire da capo.
Tra i pezzi migliori voglio segnalare “All That
We Got”, con ritornello ipnotico, la sparata
“Lived By You”, già presente sull’ep
e che mi ha ricordato non poco le ultime cose delle
Donnas e “Fast City Girls”
con una Abby calata nei panni di un Iggy Pop
al femminile.
Altro pezzo da ascoltare è senza dubbio “I
Wanna Be Your Only One” che parte come un pezzo
tranquillo e che poi invece esplode in un punk-rock’n’roll
di prima categoria. Non mancano comunque neanche i
momenti più “moderni”, come “Nothing
But You” e “HAWG”, ma sempre con
quella attitudine “classica” che pervade
tutto il cd.
Tenuto conto che anche l’occhio
vuole la sua parte, e che gli Slunt oltre a Abby possono
vantare un’altra bellezza non indifferente al
basso, ovvero Jenny Gunns, direi che gli ingredienti
per combinare qualcosa di positivo ci sono tutti...
non ultima la possibilità di fare da spalla
a grosse bands negli States (Motorhead,
White Lion, Drowing Pool
tra gli altri) e di potersi così proporre al
pubblico in modo diretto ed esplicito.
L’album esce per la Repossession Records, indie
da tenere d’occhio e che tra le sue proposte
annovera anche bands di diversa estrazione ma tutte
interessanti e di alto livello.
Potete richiedere direttamente il cd all’etichetta
e ovviamente non perdete l’occasione di farvi
un giro sul sito degli Slunt... ricco di spunti e
graficamente molto ben fatto.
Federico Martinelli
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TRIGGERDADDY
"Stereosonic
Meltdown"
Dead End Kids Music
- 2005
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I TRIGGERDADDY non sono altro che
il nuovo progetto di Tim Karr (canadese di Montreal
trapiantato a Hollywood) nato con i TRAITOR
e autore nel 1989 del CD solista "Rubbin'
Me The Right Way" per la EMI dove facevano
la loro comparsa illustri personaggi del panorama
rock americano come David Raven,
Tim Pierce e Tracii Guns
e per aver collaborato con autori del calibro di Jeff
Paris o nel "supergruppo" CONTRABAND
in "Tonite You're Mine".
Dopo "Everybody Bleeds" del 1997
rieccolo con questo "Stereosonic Meltdown",
prodotto e suonato da Gilby Clarke
e da altri nomi noti della scena californina: Johnny
Griparic (Slash's Snakepit), Muddy
Stardust (L.A. Guns, Starfuckers,
Gilby Clarke Band), Brian Tichy (Billy
Idol), Eric Singer (Kiss),
Teddy Zig Zag (Guns n' Roses), Ryan
Roxie (Glamnation, Slash's
Snakepit, Alice Cooper),
Chad Stewart (Faster Pussycat) e
Jon E. Love (Love/Hate).
Dopo la doverosa carellata di ospiti
credo sia il caso di parlare di questo album che nasce
dalle radici del rock, nessuna contaminazione di sorta,
ma solo del semplice rock ispirato da gruppi come
T-Rex, CHEAP TRICK
e DAVID BOWIE. E' “Space &
Time” ad aprire i battenti in cui vanno a braccetto
Kill For Thrill e la band la band
di Zander/Nielsen,
con la successiva "Gimme Sum Skin" si preme
sull'accelleratore e esce fuori tutta l'anima sleazy
rock di Karr, invece con “Enemy” si da
una brusca frenata, proponendoci una suadente e ispirata
ballata dal sapore Ziggy Stardust-iano.
La retrò “Jesus Cowboy” e lo street
rock di "Can't Get High" ci conducono verso
la ballad dalle tinte blueseggianti "Train 2
Nowhere" per arrivare al gran finale che comprende
una bella versione di "Peach" di Prince,
"20th Century Boy" dei T-Rex (forse
di questa ne avremmo fatto volentieri a meno!) e "Price
Of Love" un'altra lenta a mio avviso ispirata
dal duca bianco.
Moreno Lissoni
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DARREN SMITH BAND
"Keep
The Spirit Alive"
MTM/Frontiers - 2005
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Ricordo come se fosse oggi il giorno
in cui acquistai il primo album degli Harem
Scarem... era la prima parte degli anni 90
ed era un pò che lo cercavo senza nessun risultato
(ai tempi non c'era ancora internet), fino a quando
capitai a Charter Disc, un negozietto in provincia
di Milano che trattava esclusivamente hard rock a
cui credo di aver lasciato qualche stipendio... Tutto
ciò per introdurvi il primo album solista di
Darren Smith, ex batterista appunto della band canadese,
quella che a mio parere è riuscita a sfornare
autentici capolavori come "Mood Swing"
che resterà tra le pietre migliari per i culturi
dell'hard rock melodico.
Accompagnato da Mike Hall (Helix,
Killer Dwarfs), Stan Miczek (Honeymoon
Suite, Sass Jordan), Pat Carrano
e con Harry Hess in veste di produttore,
Smith realizza un CD davvero ben riuscito, che si
colloca a metà strada tra il power pop dei
RUBBER e il moderno melodic hard
rock degli HAREM SCAREM di "Big
Bang Theory".
Si parte bene con "It All Comes Back" che
pare essere uscita da uno degli ultimi lavori della
sua band madre, segue "Keep The Spirit Alive",
uno dei pezzi migliori in scaletta, un'energico hard
rock melodico in bilico tra Harem Scarem
e Red Dawn, così anche la
power ballad "King For A Day" si pone tra
i brani meglio riusciti dove subentrano piccole dosi
di Def Leppard. "When I Was
You" e "Still On My Radio" non avrebbero
affatto sfigurato sul disco dei Rubber,
mentre risulta divertente la scelta di riproporre
"Love Hurts" dei NAZARETH
in chiave power pop, credo ormai sia stata coverizzata
in tutte le salse...
Le 2 bonus track "So Low"
e "Taking On Water" ci mostrano il lato
più moderno del musicista nord americano, ma
ciò non toglie che "Keep The Spirit
Alive" è un disco godibilissimo!
Moreno Lissoni
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SWIRL 360
"California
Blur"
Atenzia/Frontiers -
2005
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Secondo album per i fratelli Denny
e Kenny Scott e i loro Swirl 360 che sembra essere
fatto su misura per la chart d'oltreoceano con il
loro power pop rock che potrebbe piacere a chi ama
Jimmy Eat World o Butch Walker,
con qualche sfumatura aor.
Il CD si apre in maniera sublime con "Oblivion"
a parer mio il miglior pezzo di "California
Blur", un concentrato di ruffianeria poppeggiante.
Sulla stessa scia troviamo la title-track e "Chemical
(My True Love)", altri 2 brani che conquistano
l'ascoltatore con soluzioni catchy senza mai cadere
nel banale.
Non ci sono episodi sottotono e il
lavoro scorre via senza intoppi regalandoci ottimi
spunti come nel caso di "See You Around",
"Nothing Left", "My Mistake" e
la lenta "Okay". Non c'è molto altro
da aggiungere se non che consigliarlo a tutti quelli
che amano queste sonorità e band come Jellyfish,
Posies e Cheap Trick!
Moreno Lissoni
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JAY MILES
"9
Hours"
MTM Music - 2005
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Nome nuovo quello dello svizzero Jay
Miles per gli appassionati, forse non nuovissimo visto
che qualcuno lo ricorderà con gli Steamtrain,
usciti con un album su Epic all’inizio degli
anni ’90. Trasferitosi ormai da anni negli States,
pubblica ora il suo rimo album solista dopo un lungo
periodo passato a collaborare con diversi artisti
pop-rock.
La lunga lista di ospiti e musicisti di talento coinvolti
nel progetto conferma l’intenzione di pubblicare
un disco di notevole livello... e in effetti in questo
campo lo possiamo sicuramente annoverare come una
delle uscite più interessanti di questo scorcio
di 2005.
“Everlasting Love” apre
il cd e subito veniamo ammaliati da un rock con influenze
west coast di primissima scelta, i cori poi sono tra
i migliori sentiti ultimamente, ovviamente sempre
riferiti al genere in questione. A seguire subito
una ballata di grande effetto, “I Don’t
Want To Hold You”, che mi ha ricordato vagamente
le cose più soft dei Chicago
unite ad un refrain alla Journey
niente male davvero, con un solo di chitarra di grande
effetto e se pensiamo che tra i musicisti coinvolti
figurano due chitarristi del calibro di Michael
Thompson e Steve Lukather
(Toto)... beh non è difficile capire il motivo
di tale impatto.
“Safe” è uno dei
miei pezzi preferiti, melodia al servizio di una bel
brano AOR di classe cristallina, mentre “Angel”
è una ballad semi acustica che mi ha ricordato
un’altra band della scuderia tedesca, i Crossfade.
“Lonely” potrebbe essere una outtakes
di "Slang" di memoria Def Leppard,
mentre tra le cose migliori segnalo “Back on
the Street”, che aldilà del titolo iper-abusato
ci presenta una buonissima highway-song... ideale
da ascoltare durante un bel viaggio nelle grandi pianure…
Un buon disco, forse un paio di pezzi in meno lo avrebbero
reso più immediato, ma di sicuro gli appassionati
del genere sapranno apprezzare, anche perché
la produzione che in questo genere è fondamentale
riesce ad essere indovinata e a donare al disco quella
freschezza che non sempre si riesce ad avere al di
fuori della mega-produzioni da major.
Federico Martinelli
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JIMMY KEITH AND HIS
SHOCKY HORRORS
"Old,
Loud & Snotty"
Plastic Bomb Records,
Distribution Cargo - 2004
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Mi fece conoscere questa band Marco
Morrone di Leather Boyz in uno dei
nostri primi scambi, passandomi "Hey Rock'n'Roll"
un disco di classiconi hit del passato rifatti in
chiave punk rock'n'roll (la versione di "Stand
By by" entra spesso nelle mie compilation da
viaggio) e mentre sistemavo quel delirio della mia
stanza me lo sono riascontato, così non ho
esitato un secondo a cercare informazioni su di loro
e il disponibilissimo chitarrista Zepp Oberpichler
(che trovate anche sulla fanzine punk tedesca Plastic
Bomb - www.plastic-bomb.de)
mi manda l'ultima fatica del gruppo uscita nell'aprile
del 2004 dal titolo "Old, Loud & Snotty".
Jimmy Keith & his Shocky Horrors
non sono proprio dei pischelli, insieme dal 1988 e
con un curriculum che li ha visti in tour con
Jeff Dahl, Dickies e U.S.
Bombs, propongono un punk rock'n'roll che
loro stessi definiscono "Surf-Punk" o "Pogo-Pop"
e influenzati da DAVE EDMUNDS, JOHNNY
THUNDERS, RAMONES e DAMNED!
Anche se non sono afferratissimo di punk rock, provo
ugualmente a scrivere qualcosa che possa aiutarvi
a capire com'è questo "Old, Loud &
Snotty", che è uno di quei cd che
ti mette di buon umore, 16 pezzi che di tedesco non
hanno proprio nulla e per dare subito la botta all'ascoltatore
cosa è di meglio che trafiggerlo con la cover
di "Sonic Crackdown" dei Dead Boys?!
... Il disco scorre via in maniera impeccabile tra
dirette punk rock song ("Kings", "Pile"),
qualcosa di più ruffiano come nel caso di "Baby"
o "To You My One", ma che hanno tutte come
filo conduttore il rock'n'roll.
Non posso non menzionare il rockabilly blueseggiante
di "Frustration Blues" o quello countryeggiante
di "Where", il basso Motorhead-iano
che indroduce il tirato punk di "Corpse"
e la scuotipietre "At Jumping Cactus".
Punk rock n'roll di ottima fattura, caldamente consigliato!
Moreno Lissoni
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PLANET HARD
"...So
Good!"
Self Produced - 2005
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Dopo l'antipasto del singolo di "For
Everything" ritornano gli hard rocker milanesi
con il mini intitolato "...So Good!",
quattro canzoni ben eseguite da buoni strumentisti
che pur ricalcando le orme dei vecchi lupi degli anni
80, riesceno ad ottenere un sound abbastanza personale
anche se a volte sembra che manchi quella scintilla
che le faccia esplodere.
Si parte con il class metal di "Unchain My Heart"
con la voce di Marco Sivo che a volte mi ricorda quella
di Bruce Dickinson, ma li preferisco
in un ambito più class rock oriented come nel
caso della seguente "I'll Be There" o nella
già citata "For Everything", quest'ultima
il pezzo di punta del cd!
Il poker di canzoni è concluso
dalla ballata "The Fairy Tale" ben arrangiata
ed eseguita e ottimamente interpretata da Sivo. Nonostante
non sia il massimo dell'innovazione (ma ne abbiamo
per forza bisogno?), sono certo che "...So
Good!" raccoglierà più di
un consenso da parte degli estimatori dell'hard rock
melodico e se amate il genere date un'occhio al loro
bel sito e perchè no, andateveli a vedere dal
vivo!
Moreno Lissoni
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by Slam! Production® 2001/2007
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