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www.turbonegro.com |
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TURBONEGRO
"Scandinavian
Leather"
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Prostitute dai capelli cotonati e dai
nomi improbabili, rocker androgini o finti rocker
altrettanto effemminati, preparate le valigie e andate
a casa, tornate alle vostre stanzette, ai vostri sogni
vecchi e fasulli. Non è più tempo per
voi. Gli Alpha Motherfuckers sono di nuovo su questa
terra!
Loro, gli scandinaviu più laidi, depravati,
puttanescamente autentici della storia del rock, hanno
sfornato il disco che può essere considerato
tranquillamente come il proseguimento, quasi la seconda
parte del loro disco più oscenamente catchy
e cafone, il meraviglioso "Apocalypse Dudes".
Fin dall'intro di questo "Scandinavian Leather"
in cui gli echi della leggendaria "Age of Pamparius"
sono evidentissimi, risentiamo la stessa aria tossica,
omosessuale e epicamente rock che rese i Turbonegro
la leggenda che sono. Leggenda che non ebbe il riconoscimento
dovuto poichè si disintegrò dopo troppi
eccessi, droghe, depravazioni, follie degne di un
bordello di porto e che ritorna per riavere tutto
con gli interessi.
Pezzi più lenti e ancora meno
punk di quelli di "Apocalypse..." ma intrisi
di una putrescente Glam Attitude, di riff sparatissimi
e poderosi (Grazie ad una produzione finalmente all'altezza
che esalta la chitarra demoniaca di Euroboy), di ritornelli
ossessivi e trascinanti che vi ritroverete a canticchiare
dopo un solo ascolto... Roba dura come "Wipe
it 'til it bleeds" (Che titolo! Aaaaahhhh...)
dai chitarroni corazati e dalle lyrics cantante con
grazia da matrona sfatta dal buon Hanke, in forma
smagliante, pronta ad esplodere in deliri sinfonico
epici, con tanto di violini e cori da arena rock...
E che dire di "Turbonegro must
be destroyed", la nuova "Rock against ass"?
O della robusta e cafona "Train of Flesh",
dove tra gemiti e schitarrate Hanke geme "I need
an orgasm!"? Roba che fa sembrare le tonnellate
di new rocker dell'ultima ora, i pivellini pippaioli
che sono... I fan della vecchia guardia si lamenteranno
gridando alla "commercializzazione" e forse
hanno ragione... I TRBNGR sono passati ad una mjor,
hanno preso il lotro disco più orecchiabile
e ne hanno squadrato il suono, rendendolo ancora più
ottantiano, possentemente da classifica, sfacciato
e buzzurro...
E proprio per questo sono geniali... Una nuova generazione
di menti deboli si appresta a urlare slogan che inneggiano
a morte, sangue, sodomia e droga... Il paradiso e
l'inferno sono sulla terra e sono la stessa identica
cosa. Hail Turbonegro!
Andrea "Leather Sailor" Costanzo
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www.placeboworld.co.uk |
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PLACEBO
"SLEEPING
WITH GHOSTS"
VIRGIN - 2003
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Finalmente dopo due anni di attesa,
“Sleeping With Ghosts” riporta nell’aria
l’eco così tipicamente malinconico dei
Placebo. Il timbro nasale caratteristico di Brain
Molko (cantante) rimane inalterato in questo quarto
lavoro della band, che come nel precedente “Black
Market Music”, non si risparmia alcuna sperimentazione,
richiamando spesso però anche tracce dal passato.
Il primo singolo, “The Bitter
End”, nella ritmica più classica, ma
altrettanto moderna dei Placebo, rivela una forza
particolare e delicata: ritmo incalzante, voce sofferta
e destabilizzante.
Bella l’apertura strumentale con “Bulletproof
Cupid”, malinconia pervasiva in pezzi quali
“English Summer Rain” e “Special
Needs”, sognante “This Picture”
e più realista “Second Sight”.
...E poi , tutto il resto, tutte le trame nascoste,
evanescenti come spiriti, rimane da scoprire.
E/M
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TRANSEX
"Transex"
HangOver Records - 2003
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Mi capita alcune volte di imbattermi
in dischi che, pur essendo ai margini del mio “target”
abituale od incisi da bands a me ignote, mi incuriosiscono
per alcuni aspetti “secondari” (ricordo
i Makers di “Psychopatia Sexualis” per
la cover da sballo ed i 16 Forever
per un brano dei Dictators in scaletta);
in questo caso specifico non ho resistito né
al moniker, tanto curioso quanto oltraggioso, ne alla
curiosità nel sapere che il singer della formazione
romana (che vede tra l’altro ex-membri di Ufo
Diktatorz e Bingo) è
quel P.P. De Iulis owner della Rave Up Records! Non
appena ho messo le mani sul dischetto poi mi hanno
colpito sia la cover (con un ché di GlamPunk
da bassifondi, con quella “posa” provocatoria
e strafottente) sia i singoli brani, che definire
“politicamente scorretti” è un
eufemismo! Titoli come “The Boeing Is Out Of
Control”, “White Girl Black Cocks”
e “Brad Pitt” si commentano da soli, per
non parlare di quel poco che capisco dei testi: provocatori,
scurrili e senza fronzoli, in una parola Punk!!
Punk come il robusto telaio sonoro,
potente, diretto e violento, con riffs granitici che
sono un autentico pugno nello stomaco da lasciare
senza fiato in più di un frangente, con tanto
sudore ed un’attitudine così marcata
da far passare inosservate alcune “sbavature”
(del resto non cerchiamo di certo la famigerata “tecnica”
in bands di questo stampo); Punk come si intendeva
nel ’77 americano, quello “di strada”,
lontano dai riflettori, dalle classifiche e dallo
stardom, ma vicino agli umori (e spesso ai malumori)
della gente della suburbia. Devo dire che non mi è
facile trovare dei termini di paragone a causa del
mio back-ground formato su bands più Glam/Trash
o Rock’n’Roll oriented, componenti blande
o totalmente mancanti nel suono dei Transex, diciamo
che nel contesto a me noto possono ricordare alcune
cose dei Dead Boys più incazzati
ed in generale quella miriade di bands “minori”
che ritroviamo nei vari “Bloodstains”
e “Killed By Death”, a sprazzi ed in particolare
in “I’m Gonna Loose” con quelle
tastiere letteralmente violentate mi vengono in mente
i grandi e micidiali Humpers ma è
probabile che chi ascolta abitualmente il “vero”
Punk moderno troverà ben altri paragoni; mi
preme comunque sottolineare che siamo ben distanti
dai prodotti usa e getta da classifica che di Punk
non hanno proprio un cazzo (manco a dirlo Green
Day, Blink 182 e merde affini).
Una menzione particolare per i brani
“On Whom They Beat” che ha una certa affinità
con i Ramones più veloci,
e “Room Service” che - tra un “blow-job”
e l’altro - ha qualcosa di vagamente GlamPunk
ed è veramente oltraggiosa! Un buon disco,
indubbiamente, e per quel poco che conosco del Punk
Italiano direi che i Transex si pongono ai suoi vertici
qualitativi. Sono convinto che a qualche “deragliato”
là fuori la cosa possa interessare non poco.
Gaetano Fezza
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www.b-i-s-s.com
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BISS
"Joker in
the deck"
BarFly Music / Point Music - 2003
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Se il futuro dell’Hard Rock
è in mano a questi prodotti, allora possiamo
davvero dire che il Rock è bello che defunto.
Col loro primo debutto (già molto deludente
e recensito sulle nostre pagine – ndr), ove
davanti alla rete del microfono c’era il rinato
Fernando Garcia (Victory), stavolta
alle voci c’è il prezzemolo Bormann (LetterX,
Jaded Heart, Bormann, Rain) che ormai è
dappertutto o almeno, in quasi la metà delle
produzioni tedesche degli ultimi mesi. Anche la line-up
ha avuto un rapido rispolvero e ci ascoltiamo Barend
Courbois al basso e Jos Zoomer alle pelli della batteria
mentre i riffoni stra-scontati spettano sempre al
crucco Doc Heyne.
Il cocktail sonoro raggiunge quasi sempre l’apice
della noia mentre poche sono le fortunate chicche
a rimanere in mente: la prima e robusta “Dogfighter”
e la song che dona il nome all’album “Joker
in the deck” con buone partiture originali e
chorus di facile rimembranza. Non malaccio neanche
la cadenzata “Primal Scream” che rende
l’idea delle capacità di tutti i nostri
crucchi portando alla mente, solo nel ritornello,
le amabili melodie dei rimpianti CASANOVA.
Il sound imperante abbastanza heavy
e la produzione limitata ai tre strumenti sopraccitati,
riducono l’importanza del prodotto finito sebbene
l’originalità presente sia veramente
a livelli piuttosto bassi.
Tra spunti alla BOYSVOICE e agli
ultimi DEMON DRIVE, i BISS si riciclano
come l’ennesimo prodotto europeo di Rock che
cerca di stare nel mezzo della moda, del metal e del
melodico… insomma, un cocktail che non piacerà
pressoché a nessuno.
Risparmiate i soldi.
Marco Paracchini
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www.gotthard.com
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GOTTHARD
"Human Zoo"
BMG ARIOLA - 2003
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Sono passati 11 anni dal loro esordio,
sono stati 11 anni di cambiamenti incredibili, sia
nella storia che nella musica. I Gotthard però
sono ancora qui, sempre elettrici, frizzanti e simpaticamente
al passo coi tempi.
H.Z. è un album che ripresenta le coordinate
artistiche del combo svizzero degli ultimi anni. Ormai
maturi e stanchi (probabilmente) di rincorrere riff
alla Bonfire che nessuno più
(a loro dire) non ascoltano, si lanciano in un rock
melodico di ampio spazio.
Le ballate sono ora al centro dell’attenzione.
Se 10/15 anni fa dovevamo cercare la ballata tra dieci
canzoni, oggi giorno dobbiamo fare esattamente il
contrario... mandiamo avanti il cd per vedere se esiste
un pezzo forte, una track esaltante, che smuova anima
e culo ma, ahimè, la maggior parte delle volte
la ricerca non porta a nulla di buono.
Qui gli spunti energici non mancano ma la firma di
Lee e soci sta oramai diventando un marchio di fabbrica
(un po’ come Ligabue che sembra
cantare sempre le stesse canzoni) quindi i precedenti
album “Open” e “Homerun” sono
a dimostrare il loro devoto sentore di compiacimento
nei confronti dei cuori più malinconici, trattando
il nostro udito con chicche romantiche e/o di forte
impatto melenso come nel caso di “Have a little
faith”, ballad pianistica molto bella e piena
di emozioni sebbene gli accordi scelti siano quattro
e ripetuti all’infinito.
Marc Tanner produce e dirige i cinque
“californiani” d’Europa, riportando
nei negozi un ennesimo capolavoro di rock melodico
con forte tinte Bonjoviane e Aerosmithiane
degli ultimi dischi. I dodici pezzi, nuovamente distribuiti
dalla BMG, riscalderanno sicuramente i vostri cuori
in queste ultime sere invernali. Se invece ricercate
ancora riff taglienti e potenti ritmi serrati con
acuti di prima categoria con chitarrone anni ottanta
a cui ci avevano abituati… beh… il tempo
è passato anche per loro e, a differenza dei
capelli che magicamente sono ricomparsi sulla testa
di Steve Lee (parrucca?), l’energia stenta a
fuoriuscire ma, si sa, anche loro devono fare i conti
con le vendite e sono certo che, se passate in radio,
i nostri beniamini di un tempo, possono vendere alla
grande (come già fanno in Germania, Giappone
e nella loro madrepatria).
Produzione ottima, suoni chiari, sonorità
godibili, packaging brutto e insipido e foto inequivocabilmente
legate al rilancio del quintetto svizzero (che ci
fanno i nostri ticinesi in mezzo ai cactus?... "Dial
Hard" 2?)… insomma, il rock n roll non
manca e Lee è sempre impeccabile.
Originalità, però, dimezzata…
sono curioso di vederli dal vivo e pensare alla loro
prossima evoluzione.
Alla lunga stancano. For fans only.
Marco Paracchini
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www.jessemalin.com
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JESSE MALIN
"The Fine
Art Of Self Destruction"
Fargo – 2002
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Jesse Malin, per chi lo ignorasse,
è stato il cantante dei fenomenali D-GENERATION,
glam punk band newyorkese che in tre album ha saputo
fondere magistralmente nichilismo, alienazione, rabbia
a melodie dolci e perfettamente loser. Jesse ritorna
a narrare le piccole grandi storie di vita urbana
dove lo avevamo incontrato l’ultima volta, ovvero
in quella ‘Questioningly’ che chiudeva
il tributo ai RAMONES uscito qualche
tempo fa.
Scordiamoci una volta per tutte l’elettricità
dei D-Gen, qui siamo in tutt’altro territorio.
Jesse, con quest’album, si avvicina al rock
tradizionale americano, vedi BRUCE SPRINGSTEEN
e NEIL YOUNG, tanto per
capirci. “The Fine Art Of Self Destruction”
è stato registrato in soli sei giorni, durante
i quali il produttore Ryan Adams
ha saputo catturare alla perfezione il mood riflessivo
e intimista delle canzoni di Malin, lasciando loro
una patina di grezza bellezza, retaggio del passato
punk di Jesse.
La voce di Jesse è più nasale e soffocata
rispetto ai pezzi dei D-Gen, e ogni volta che ti aspetti
che ci sia un crescendo, una esplosione che culmini
in un refrain indimenticabile, beh, questo non accade.
Credo sia l’unico difetto di questo disco, che
a volte tende ad essere un po’ monocorde, ma,
attenzione, mai sottotono, scontato o banale.
“Queen Of The Underworld”,
“Wendy”, “Downliner”, “Solitaire”...
tanto per citare qualche canzone, sono splendide poesie
metropolitane, che fanno spesso riferimento a New
York e alla solitudine che può indurre la metropoli,
cantate da un artista che ha cuore e attitudine da
vendere. Parlo di poesie mica a caso, visto che sin
dai tempi dei D-Generation le lyrics
di Jesse si sono distinte per sensibilità e
profondità, e a quanto ho letto, la svolta
solista è stata determinata proprio dal fatto
che nella vecchia band le parole del singer newyorkese
tendevano a essere sepolte dalla musica aggressiva
e veloce.
Se sono almeno riuscito a incuriosirvi, fate un salto
sul sito di Jesse, dove c’è la possibilità
di ascoltare un paio di mp3... non lasciate passare
inosservato questo disco, sarebbe un vero peccato.
Simone Parato
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www.cherryred.co.uk
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V.V.A.A.
"Velvet
Tinmine - 20 Junk Shop Glam Ravers"
RPM Records – 2003
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Siiiii!!! Dopo mesi di scorribande
in rete e visite quasi giornaliere sia al sito di
70’s Invasion che per primo aveva dato la notizia
dell’uscita di questo “gioiellino”
sia a quello della Cherry Red di cui la RPM è
una costola, e dopo mesi passati a stressare la moglie
perché lo volevo assolutamente... eccolo qua
che non se ne va più dallo stereo, dal caricatore
dell’auto (incredibile a dirsi ma proprio la
moglie ne ha voluto una copia!!) e soprattutto dalla
testa! Per la goduria assoluta di tutti gli amanti
del vero Glam/Glitter dei seventies, cresciuti a suon
di Slade, Sweet, Gary Glitter e
Bay City Rollers - tanto per non fare un
elenco degno della Telekom - il CD, come il sottotitolo
specifica, presenta ben 20 brani di altrettante bands
scelte nell’enorme “sottobosco”
cresciuto nei primi 70’s all’ombra dei
Big ma non per questo meno valide.
Alcuni episodi primeggiano su altri,
ma l’insieme è veramente eccezionale,
a cominciare dal libretto che si apre a mò
di poster e, oltre a riprodurre le foto di alcune
bands e covers dei 7”, presenta note abbastanza
esaurienti per tutti i brani. La compilation si può
grosso modo dividere in due “filoni”:
uno tendente all’Hard Rock e quindi con tempi
e suoni dettati da bei riffs di chitarra, marcati
e d’impatto, l’altro più verso
il Bubblegum/Pop e quindi “leggerino”,
entrambi comunque con enorme carica e melodia, come
vuole il genere cui appartengono. Descrivere tutte
le tracce farebbe diventare la recensione un’enciclopedia
e qualcuno (vero Capo ?) si innervosirebbe, per cui
cercherò di limitare i danni: Iron
Virgin – “Rebels Rule”:
grande Boogie-Rock con Sweet-melodies;
Hello – “Another School
Day”: classico inno ribelle da teenager, sostenuto
da un bel riff; Sisters – “Kick Your Boots
Off”: Slade-oriented con coro da stadio, anthemica
e trascinante; Flame – “Big Wheel Turning”:
Suzi Quatro addicted-song da far
resuscitare i morti!; Arrows –
“Toughen Up”: uno dei brani migliori del
CD dalla band più sottovalutata dei 70’s
(spero tutti sappiano che “I Love R’n’R”
è loro!!); Crunch –
“Let’s do it Again”: party R’n’R
con refrain irresistibile, salti e batti le mani come
un pirla!; Bearded Lady – “Rock
Star”: inizio stile “Voices” di
Russ Ballard e poi chitarre a briglia
sciolta, fra lo stradaiolo ed il Glam americano;
Simon Turner – “(Baby) I Gotta
Go” : è come ascoltare i grandi Oliver
Onions in versione Glitter, mooolto carina!;
Brett Smiley – “Va Va
Va Voom”: da sola vale l’acquisto, GlamPunk
efebico su un riff R’n’R d’impatto
che leggenda urbana vuole suonato da Steve
Marriot, circolano voci della probabile stampa
in CD dell’album inedito inciso nel ’74,
incrocio le dita... ; The Plod –
“Neo City”: grande GlamPunk stradaiolo
con sonorità decisamente all’avanguardia,
potrebbe essere dei tardi 80’s, inoltre totalmente
irreperibile perché la band incise solo demos;
Ricky Wilde – “I Wanna
Go to a Disco”: pruriti e voce adolescenziali
su solide basi R’n’R per il fratellino
della famosa Kim. Le altre? Tutte carine, godibilissime,
a volte strane, ma alla fine conquistano. Da avere.
Per info www.angelfire.com/vt2/70sinvasion/
, per ordinarlo: www.cherryred.co.uk.
Gaetano Fezza
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BRATS
"Criminal
Guitar"
Rave Up Records – 2002
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Finalmente ho
trovato il tempo di ascoltare più volte questo
LP, da non molto in mio possesso, che è sicuramente
al vertice della produzione Rave Up per quanto riguarda
il settore GlamPunk. L’etichetta romana di P.P.
De Iulis arricchisce continuamente il suo prezioso
catalogo con gemme d’assoluto valore che consiglio
caldamente a tutti i R’n’R fans di ricercare,
non capita spesso infatti di trovare in un unico disco
sia riproduzioni di 7” tanto imperdibili quanto
irreperibili (o quasi), sia varie out-takes da demos,
incisioni live e sessions varie, com’è
abitudine ormai consolidata della label.
I Brats sono una
delle tante bands “minori” – ed
uso il termine con estremo fastidio- che agitarono
la Rock’n’Roll scene di New York nei primi
anni settanta, una delle poche peraltro ad aver lasciato
traccia tangibile delle sue scorribande con due 7”
ufficiali ed il brano “First Rock Star on the
Moon” incluso nel secondo capitolo di “
Max’s Kansas City”. Quest’ultimo
purtroppo non è incluso nella compilation -
presumo per questioni di diritti - ma le riproposte
del primo 7” “Keep Doin’”
b/w “If you can’t Rock” e del secondo
“Be a Man” b/w “Quaalude Queen”
valgono ampiamente la (modesta, altro pregio della
Rave Up) spesa d’acquisto. Il fastidio cui accennavo
prima è dato dal fatto che i Brats, nati da
un’idea di Rick Rivets, chitarrista del primo
nucleo delle N.Y.Dolls (quando ancora
si chiamavano Actress), avevano davvero
tutte le carte in regola per raggiungere il successo:
un ottimo repertorio, una presenza scenica ed un look
invidiabili, attitudine da vendere. Dagli esordi con
memorabili gigs nel loft del bassista David Leeds
sulla Bleeker St. aperti da Kiss
(!!) e Wayne County passarono ad
esibirsi regolarmente in tutti i locali “in”
del circuito Newyorkese come Max’s Kansas City,
Diplomat Motel (dove aprirono per le Dolls alla festa
di S. Patrizio nel 1973), Mother’s, On The Rocks
etc. Erano molto stimati da Alice Cooper
che gli suggerì il moniker della band e per
lui scrissero il brano “I’m so Cruel”.
Il punto di riferimento
principale del loro sound é facilmente identificabile
nei Rolling Stones dei seventies
con un taglio più “hard” e glamour,
e senz’altro è debitore anche del Dolls-Style,
anche se laddove quest’ultimo è più
“sferragliante” crudo e proto-punk, quello
dei Brats è più ricercato, con una sensibilità
a tratti pop e più legato agli stilemi Glam/Glitter
del periodo, come testimonia la cover “Bang
Bang Bullet” dei misconosciuti Streak
dalle cui ceneri nacquero gli Arrows.
I brani in totale sono sedici: quattro quelli dei
7” ufficiali che rappresentano il picco qualitativo
assoluto, quattro da demo su cui spiccano la title-track
e “Seventeen” che mi ricorda “Seven
Days Weekend” delle Bambole, quattro da sessioni
di prova tra cui la cover degli Streak
e quattro live con una fantastica “Saturday
Night”. Inutile dilungarsi più di tanto,
è un disco eccezionale ed imperdibile per tutti
gli amanti del genere, da avere assolutamente.
Gaetano Fezza
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www.robinblackrocks.com
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ROBIN BLACK & THE INTERGALACTIC ROCKSTARS
"Planet
Fame"
TB Records – 2002
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Ma porco zio, e adesso come lo stacco
questo dal lettore?? Non riesco ad ascoltare altro,
aiuto, sono posseduta!
"Planet Fame" e' uscito in realta' da quasi
un anno, ma io l'ho scoperto adesso, e se non l'avete
gia' fatto e' ora che lo scopriate anche voi. Gli
struzzi tolgano la testa dalle sabbie del passato,
perche' finalmente il glam ha un futuro…
Kerrang! ha scomodato i Motley Crue,
di cui io personalmente trovo solo qualche spruzzata.
Le influenze della nuova sleaze sensation canadese
sono piu' marcatamente Hanoi Rocks
e Cheap Trick, colorate dall'oltraggioso
Robin con gorgheggi a-la Rachel Stamp
ma piu' sinuosi, graffiante e lievemente meno gay.
Coretti party-bubblegum incorniciano il tutto, confezionando
un album accattivante dal primo all'ultimo brano.
Chiamatelo commerciale, io lo chiamo geniale, specie
dopo il grigiore musicale di questi ultimi anni.
La cheaptrickiana "T.V. Trash"
e' cosi perfetta nella sua semplicita' da farti chiedere
perche' nessuno l'abbia mai scritta prima, e le lyrics
sono piu' sfacciatamente ottantiane di "I want
action" dei Poison, inneggianti
a groupies e macchine sportive (every boy wants a
sports car, and every girl wants a rockstar…).
Segue il pezzo probabilmente responsabile del mio
caso di ipnosi, "Some of you boys (and most of
you girls) will love me", in bilico tra l'autocelebrazione
della band e un leggero gusto dominatrix. La terza
e' apparentemente una delle preferite dal pubblico,
"Suburban Sci-Fi", altra scanzonata sexy
rock'n'roll track, e poi c'e' "Time Travel Tonite",
meno sensuale, piu' rock'n'roll con tanto di citazione
del Re ("I wanna be like Elvis cuz I need to
be"). Ed e' ora della ballad, "Take myself
away", che dalle prime note sembra entrarti lenta
ed inesorabile nel sangue, con le strofe che si rincorrono
e si legano nella voce sinuosa e maliarda di Robin…
"Candy Flip" e' un quanto mai gradito elettroshock,
un'overdose di energia e colore, che prelude alla
piu' hanoiana con brio "So sick of you".
E qui, ascoltando il prossimo brano,
finalmente capisci cosa e' mancato ai Rachel
Stamp per sfondare. Non lo puoi definire,
ma questa e' la canzone che probabilmente loro hanno
cercato di scrivere per cinque anni: "More effeminate
than you". Una delle canzoni piu' gay mai scritte
suppongo, e lui riesce a farla suonare eterosessualmente
sexy, parola mia! Prestate attenzione alle liriche
e fatevi quattro risate, e alla fine magari "all
of you boys… and all of you girls… will
love him…" chissa'… Ci avviciniamo
alla fine con un altro pezzo di piacevole bubblegum,
"Plastic fantastic", e "I wanna be
high", quest'ultima con influenze a tratti quasi
settantiane, altro pezzo buono per il repertorio dei
sogni degli Stamp.
"Screwed it up" e' leggermente
diversa dal resto dell'album, meno sorridente ma non
meno glam e trascinante.
Per chiudere le Rockstar Intergalattiche ci regalano
tre bonus track, di cui due live che non rendono neanche
la meta' di quello che questi ragazzi danno sul palco,
e un pezzo finale alquanto incazzato al confronto
delle undici regolamentari.
E infine, so di non essere troppo brava sulle recensioni
e mi scuso, ma un album del genere non potevo lasciarlo
passare inosservato. May rock'n'roll be with you forever!
Cristina Massei
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www.perrisrecords.com
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JETBOY
"One More
For Rock And Roll"
Perris Records - 2002
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Ennesima compilation di inediti/demo/rarità
per i JetBoy made by Perris 2002 (già presente
con "Day in the Glamorous Life"del 1999)
a dire il vero questa è la quarta, ma è
comunque degna di nota. I pezzi sono ben 14,il cd
si apre con la song "Feel the shake"in versione
diversa dall'originale presente nell'album omonimo
del 1988... le aspettative sono buone! Così
proseguo ma trattandosi di demo a volte l'ascolto
risulta un po' arduo... "Stomp it down to the
bricks" denota un'effetto "sottomarino"
sgradevole, ma la canzone è quasi tesliana
e il ritornello è frizzante quanto basta. "Trouble
comes" è la tipica easy-song molto spensierata:
da autoradio a palla e braccio fuori dal finestrino!
Non mi convince molto il remaster di "Missing
You", troppo poppeggiante rispetto alla versione
demo contenuta in "A day In a Glamorous life".
Mentre dall'album "Damned Nation" dell'1990
troviamo 3 demos: la cupa e simil AC/DC
"Heavy Chevy" , la fantastica "Rock
n Roller" ...già il nome è una
garanzia (giro r'n'r e armonica non smettono mai di
stupire) e "Evil".
Da notare la cover di "Hard Luck
Woman"dei KISS, anche se forse
con dei coretti così sembra quasi country!
La canzone migliore è decisamente "Burnin'down
the Backroads" di stampo totalmente HANOI
ROCKS, armonica, slide e ritornello accattivante.
Il resto dei demos sono canzoni scartate poco prima
dello scioglimento: "Busted" e "Call
Me a Stranger" poco originali e noiose. Per concludere
in relax viene proposta la versione acustica di "Bloody
Hands And Poisoned Minds" e la lenta "Live
and Die in a Day" ...per gli affezionati di questo
gruppo è da non perdere!!
UzyGlam
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www.perrisrecords.com
www.madmargritt.com
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MAD MARGRITT
"New Sensations"
Perris Records - 2002
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Tra le ultime uscite della Perris
forse questa è quella che preferisco: classico
american hard rock! Per farvi rendere conto di che
tipo di musica suoni questa band basterebbe fare un
nome BLACK N BLUE! Premetto che la
band di Tommy Thayer non mi ha mai fatto impazzire,
ma al contrario, questi seguaci del Nero e Blu mi
piacciono parecchio.
Si parte con "Nothing Can Keep
Me" e "Midnight Rendezvous" (firmata
Waite/Cain), due episodi caratterizzati da bei chitarroni
e dalla voce di Eddie Smith, molto simile a quella
di Jamie St. James, si prosegue con la ballata "Can't
Get Over You" proceduta da un pregevole intro
acustico. Nel pezzo si possono riscontrare tutti i
clichè delle ballate rock anni 80 e qui gli
WARRANT insegnano, ma con "Someone
To Love" si continua a percorrere la scia musicale
tracciata dall'album "Without Love" (non
sto parlando dei Bon Jovi!) e sono sicuro che con
quest'ultima song il volume dello stereo si alzerà.
Tra i pezzi segnalo le altre due ballad:
"Believe", lentone che parte con un pianoforte
per poi aprirsi, "Lost in the Wind", slow
ricco di pathos per sola chitarra e voce. Chicca in
negativo la cover di "TNT" degli AC/DC
che farà inorridire tutti gli amanti
della band australiana.
Per concludere, a mio avviso questo "News Sensation"
è il miglior album del gruppo che, per chi
non lo sapesse è arrivata al terzo capitolo
della sua carriera dopo l'ep del '97 ("Cold Sweat")
e "In the Name Of Rock"pubblicato del 1999
per la defunta Deliquent Records.
Moreno Lissoni
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www.chavisrecords.com
www.legacylive.com
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LEGACY
"Legacy"
Chavis Records - 2002
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Band del sud della California fondata
dal bassista Marten Andersson, conosciuto nella scena
di Los Angeles per aver girato in compagnia di Lizzy
Borden e per aver prodotto due album per
la Roadrunner Records con il nome di "JONAS HANSSON
BAND" in cui comparivano muscisti di Alcatrazz,
Alice Cooper, Marty Friedman Band e Silver Mountain.
Musicalmente ci troviamo di fronte ad un album di
class metal che deve molto a gruppi come DOKKEN
e MALMSTEEN e se vogliamo
a TNT e GLENN HUGHES,
uno strano cockatail tra il melodic metal europeo
e quello americano.
Il CD si apre con la roboante "Troubleshooter"
che mi porta alla mente i TALISMAN
più incazzosi,"Autumn Rising" mi
piace parecchio, un grazioso midtempo che parte piano
e mette in evidenza la bella voce di Roseberry. In
"Leave It Alone" si può sentire la
parte più americaneggiante della band con quel
non-so-che di ROUGH CUTT e LYNCH
MOB. Lavoro niente male, da tenere in considerazione.
Moreno Lissoni
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www.perrisrecords.com
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VAMP
"Tales Of
Love And Lovelessness"
Perris Records - 2002
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A sette anni di distanza dal loro
esordio ritorna il quartetto di glamsters di Plymouth,
PA, con la loro miscela di punk, bubblegum e ovviamente
glam. Già con il loro primo album non mi avevano
esaltato e questo "T. O. L. A. L." non sarà
di certo il disco che segnerà il ritorno di
capelli cotonati e spandex. Solo questi i CD che mi
inorgogliscono per l'attuale scena glam europea e
perchè no, anche e soprattutto di quella italiana
che, vogliate o no, sta sfornando prodotti migliori
dei gruppi d'oltreoceano.
Su quindici composizioni solo la metà
sono degne di nota, per il resto un palloso glammettino
che non sa ne di carne ne di pesce ed è un
peccato perchè hanno una buona presenza e un
buon look e quanche canzoncina carina come l'opener
"4th Of July" o la Seventies "Cry".
Anche "Angelica's In Love" non è
affatto brutta, una sorta di T-REX
del 2000, ma il pezzo migliore del disco credo sia
"Love Song", un bel glam rock, pacchiano
quanto basta. Assolutamente da evitare la semi ballad
"Eternally" che mio dio, rasenta il patetico.
Boh, sinceramente io non spenderei
troppi soldi per questo album, ma se siete dei glamster
(z) incalliti e lo trovate nell'usato allora prendetelo,
in giro c'è anche di peggio...
Moreno Lissoni
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www.chavisrecords.com
www.sometimesx.com
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SOMETIMES X
"Zero 2
Hero "
Chavis Records - 2002
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La Chavis Records ci ha abituato ormai
a ristampe di gruppi glam o hair metal, ma con questi
Sometimes X cambia un pò rotta spostandosi
verso il modern rock proposto da questo terzetto di
Atlanta che nella loro breve carriera è già
riuscito nell'intento di aprire per Foreigner, Tesla,
e The Georgia Satellites, ma sinceramente la band
in questione a ben poco a che spartire con questi
blasonati act.
"Zero 2 Hero" è un
mini album di 7 brani che miscelano sonorità
care a SAIGON KICK e COLLECTIVE
SOUL (il drummer Micky Wade ha infatti collaborato
con quest'ultimi), forse non proprio adatti ai lettori
di SLAM!, ma che in certi frangenti si fanno ben apprezzare
soprattutto con pezzi come "Touched" dove
possiamo apprezzare il basso di Monty Conner e la
chitarra di Tommy Redd.
Se non vi disgusta questo nuovo nu-breed
provate a dare un occhio al sito, magari scoprite
un nuovo gruppo...
Moreno Lissoni
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www.kod-web.com
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KING OF DARKNESS
"Triple
Whammy"
Highways Records - 2002
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Il paese del Sol Levante è
sempre stato attento al fenomeno musicale mondiale
e curiosando quà e là, ha anche avuto
l’onore di presentare all’Occidente bands
valide, sia nel mondo pop che in quello Metal. Come
si fa a non ricordare i VOW WOW,
i LOUDNESS e gli ormai stra-vecchi
EARTHSHAKER? Beh, oggi il Giappone
ha trovato una nuova band, tre nuovi elementi da sbarco
che non si sono accorti che l’epoca ha avuto
giusto qualche cambiamento e, presi in mano strumenti
e microfono, si sono rimessi a suonare un pomposo
Hard Rock misto alla potenza dell’Heavy Metal
ottantiano, dandoci in pasto un album assai gradito
e sicuramente fonte di nuovi progetti per il futuro.
Genta Nakamura (basso e voce), Takahiro
Hashimoto (ch) e Tadayoshi Iwamoto (bt) ci allietano
così le nostre ore pre-primaverili dandoci
in pasto sonorità decisamente orecchiabili,
riff spezza-ossa e ritmi incalzanti, dandoci l’impressione
di aver messo nello stereo un Cd misto, con estratti
presi dai primi lavori di IMPELLITERI
e qualcosa di nuovo firmato dai neo-rockers PANGEA.
Esclusa la post-alternative “Strange
Neighborhood”, le altre tracce filano via lisce
come l’olio, senza tante storie al seguito ma
sorrette da una produzione cristallina che fa godere
il nostro udito con assoli chiari, acuti e di sicuro
impatto emotivo. I suoni sono pressoché perfetti
e, nonostante la chitarra abbia il volume decisamente
a suo favore, gli altri elementi e la voce, non subiscono
danneggiamenti di sorta, anzi…inviterei le produzioni
europee a dar orecchio all’alta capacità
di questa produzione per rendersi conto di come potrebbero
“sfondare” (almeno nei nostri cuori…ndr)
talune bands “nostrane” con dei suoni
ed un mixing curato come in questo succulento album.
I KOD risvegliano così l’isola
nipponica da un silenzio durato troppi anni, lanciando
al mondo intero questo giovane trio che non ha nulla
da invidiare alle bands europee o statunitense. Intenso
lavoro che segna un debutto discografico piacevole
per i fans di questo genere e che si stabilizza come
nuova icona dell’Hard Rock giapponese. Le tracce
sono dieci di cui una, quella che dona il nome all’album
è completamente strumentale ma che, assolutamente
non annoia e non distoglie l’attenzione da questo
lavoro molto robusto e schietto.
Non ho ancora visitato il loro sito
ma lo segnalo ugualmente, magari troverete qualche
assaggio. Buon ascolto, slam-people!
Marco Paracchini
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www.thedogsrock.com
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THE DOGS
"Fed Up"
Bacchus Archives – 2000 LP/CD
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Finalmente ho tra le mani questo LP
che raccoglie quasi tutta la produzione di questa
seminale – se non fondamentale - Rock’n’Roll
Band, ingiustamente relegata ad un ruolo di “culto”.
Nati nel 1969 nei pressi di Detroit, i Dogs sono la
creatura di Loren Molinare (Vc, Gtr) che - apprendo
con sorpresa dalle note di copertina - alla fine degli
‘80s ritroveremo alla chitarra ritmica nei Little
Caesar; Mary Dryer al basso e Ron Wood alla
batteria completano la formazione. Il periodo è
quello della “rivoluzione” sonico-politica
di J. Sinclair e le White Panthers; degli MC5 e degli
Stooges di Iggy Pop,
tutti elementi che puntualmente ritroviamo nel loro
sound, che mescola sapientemente l’Hard poderoso
ed abrasivo della Motor-City al classico 50s Rock’n’Roll,
con liriche spesso critiche nei confronti della “Korporate
Amerika” ed un approccio indubbiamente Punk
per attitudine e veemenza; i riffs di Molinare sono
azzeccati e taglienti, il basso potente ed amplificato
alla maniera dei Motorhead, quasi
a sopperire la mancanza di una seconda chitarra.
Dopo una breve pausa Newyorchese nel
’73, dove aprono per Ramones
e Kiss, si trasferiscono a L.A.,
diventando una delle colonne della scena “transitoria”
che porterà la City of Angels dall’aurea
epoca Glam/Glitter a quella ben più cruda e
devastante del Punk. In questo periodo si esibiscono
regolarmente con Berlin Brats, Motels, The
Pop, The Quick e primi Van Halen,
aprendo anche per gli AC/DC nel ’77;
condividono il manager di Journey
e Y&T (!?!), e danno alle stampe
il 7” “John Rock b/w Younger Point of
View” e l’EP “Slash Your Face”
oggi quotati attorno ai 400$. Ironia della sorte,
non verranno mai pienamente accettati né dalla
comunità Punk (che tenderà – a
torto – a considerarli troppo Rock’n’Roll
e “Mainstream”), né da quella Metal
(ovviamente troppo crudi e “punkeggianti”!!).
A questo status di reietti si deve la composizione
di “Slash Your Face”, (che si trova anche
su KBD #1), un pugno nello stomaco e “fuck off”
dedicato a tutti i detrattori, qui presente come una
delle 9 tracce “live” registrate al Fab
Mab di S. Francisco, che rendono giustizia ai Dogs
catturandoli nel pieno dello splendore.
Oltre a questa mi piacciono in particolare
“Younger Point of View”, più grezza
della versione di “Saturday Night Pogo”
ma sempre affascinante; il classico rock’n’roll
“Are You a Boy or Are You a Girl” e “Sleaze
City”, che addita L.A. come città dalle
facili promesse regolarmente infrante. Fra i brani
da studio “John Rock”, sorta di Chuck
Berry Punk, è il mio preferito con
“Dogs in the Cathouse”, incisa nel 1987
poco prima dello scioglimento, che pur mantenendo
i connotati Punk, non è distante da quanto
proposto dalla L.A. Street Scene di quegli anni. Di
recente si sono riformati ed hanno in uscita del nuovo
materiale, vi rimando al bel sito www.thedogsrock.com.
Per concludere un suggerimento: chi di voi è
troppo avvezzo alle sonorità Metal li prenda
con le pinze, tutti i Bad Boys of R’n’R
gli concedano una chance.
Gaetano Fezza
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www.rachelstamp.com
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RACHEL STAMP
"Ocean Of
Venus"
Pure
Stirling – 2002
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I RACHEL STAMP riescono sempre a sorprendere,
spaesando inizialmente l’ascoltatore con il
loro originalissimo sound di punk glam imbastardito
con l’elettronica e il goth, fino poi a sedurne
mente e corpo. Ascoltando l’opener “Starbirth
in the Triffid Nebula” si può rimanere
quasi sconcertati, l’incipit è decisamente
goth e molto diverso da brani proposti nel primo,
imprescindibile “Hymns For Strange Children”.
Poi arriva la voce dell’androgino David Ryder-Prangley
a ordire delle linee vocali che si intrecciano ammalianti
con le tastiere di Shaeena Dax, e siete fottuti, i
RACHEL STAMP vi hanno in pugno.
“Ocean Of Venus” (la song)
si avvicina di più alla vecchia produzione
della band inglese, vocals ora pulite ora filtrate
si accompagnano ai cattivi riff punk di Will Credson
e allo snare drum secco di Robin Guy. E poi... mi
credete se vi dico che la successiva “Black
Cherry” ha dei suoni di chitarra catarrosi come
certi pezzi degli STONE TEMPLE PILOTS
di “Purple”, un chorus 70’s à-la
“Black Diamond” (KISS,
of course) e, cazzo, uno stacco furioso alla MOTORHEAD??!!?
Geniale, semplicemente geniale.
“Do Me In” ha un che di
PLACEBO, ma per fortuna nulla della
voce nasale e frigna di Brian Mongolo, mentre “The
Agony Of St. Teresa” con il suo chorus mi fa
venire in mente i MANIC STREET PREACHERS
di “Holy Bible”. A seguire la bellissima
“Permanent Damage”, un’altra song
dal mood gotico, in cui un cantato vagamente pop e
a dir emozionante arriva dritto alla sede dei vostri
sentimenti, un po’ come alcuni dei più
indovinati pezzi dei finlandesi HIM,
ma con la differenza (scusate se è poco!) che
le lyrics dei RACHEL STAMP sono intelligenti e poetiche,
lontane anni luce dalla semplicità campagnola
di Ville Valo.
Insomma, in questo disco trovate punk,
glamour, elettronica, metal, powerpop, DIY (yes, l’album
è autoprodotto!), un songwriting ispirato e
mai noioso... ma soprattutto emozioni, attitudine
e tanto cervello. Da avere.
Simone Parato
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sweetmauro@homail.com
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POUTY LIPS
"Promo"
Autoprodotto
– 2002
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Eccomi a recesire il promo, registrato
a fine dicembre 02, della High Hell Squad nostrana,
i POUTY LIPS. Tre pezzi di r’nr che strizza
l’occhio alle NY Dolls e ai
marinaretti TURBONEGRO, sculettante,
volgare come una puttana da quattro soldi e, non ultimo,
divertente. Peccato solo che il mixaggio non sia il
massimo e penalizzi un po’ la resa finale, ma
in fondo chi se ne fotte, in questo genere un sound
un po’ claudicante ha il suo bel fascino!
“Teenage Pills” farà ballare i
vostri zatteroni, con quel coretto à-la ROLLING
STONES... liberate dunque la vostra libido,
toccatevi nelle vostre zone umidicce, e attenzione,
potreste scoprirvi innamorati di Toyo... “African
Size” mi piace, ha un tiro più punk degli
altri pezzi del mini, e trovo irresistibili le lyrics
sessuali e un po’ dementi (spassosissimo l’ahi
ahi ahi!!!!) di Sweet. Davvero cool il finale con
in evidenza una chitarra alla Euro Boy sorretta dal
basso tecnico di Toyo.
Nonostante l’intro à-la
AC/DC (ahah!) “Let Me Light”
arriva a dare l’ultima botta ai vostri fianchi,
e vi si insedia fino allo sfinimento, finchè
finisce il CD e vi trovate per terra nudi, doloranti
e co una vistosa traccia di rossetto sul corpo...
Well, qui abbiamo una band italiana che non gioca
alle star, ha una onesta e vera attitudine, e, soprattutto,
non si limita a guardare ai soliti nomi di LA... recepito
il messaggio? Supportate i POUTY LIPS, andate a vedere
i concerti... e portatevi sempre dietro un pacchetto
di kleenex!!
Simone Parato
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www.murderdolls.com
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MURDERDOLLS
"Beyond
The Valley of The Murderdolls"
Roadrunner
– 2002
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Mai fidarsi delle apparenze... non
ho mai sopportato quei redneck del cazzo degli SLIPKNOT,
e così ci ho messo un po’ per convincermi
ad ascoltare questo disco, partorito dal drummer dei
mascheroni dell’Iowa, qui alla chitarra. Beh,
mi sbagliavo, questo disco spacca! Sia ben chiaro,
i soldi della Roadrunner e la fama che ha baciato
quegli idioti mongoloidi degli Slipknot hanno il loro
peso, non per nulla i FRANKENSTEIN DRAG QUEEN
FROM PLANET 13 (da cui proviene il cantante
della band, Wednesday 13) non hanno mai combinato
un cazzo, ma qui oltre a una produzione impeccabile
e a dei suoni della madonna ci sono anche delle ottime
idee!
I MURDERDOLLS sono grandi nel miscelare
i MOTLEY CRUE con i MISFITS,
ripescando riff e cori decisamente 80’s, unendo
il tutto a testi basati sulla B-movie horror culture
e a una immagine curatissima, accattivante e trendy
al tempo stesso. Divertirsi è la parola d’ordine,
ma guai a prendere questa band come un semplice sideproject...
parola di Joey Jordison!
“Slit my Wrist” riesce
nel coniugare chitarre vagamente nu metal a un cantato
à-la MARYLIN MANSON incazzato
nero: risultato, una canzone potente e spaccatutto,
anthemica come solo il glam anni 80 poteva essere,
ma molto meno patinata e finocchia. “Twist My
Sister” esalta il corpo e lo spirito, e trovo
la citazione della band del grande DEE SNIDER
molto cool. “Love at First Fright” potrebbe
essere un pezzo dei BIG BANG BABIES
violentato con ferocia belluina, “She was a
Teenage Zombie” non può esaltare chi
come me ama i MISFITS, mentre “197666”
è semplicemente... assassina!
Insomma, se avete voglia di un disco fun, violento,
ruffiano... fatelo vostro!
Simone Parato
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www.lorrainecafe.com
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LORRAINE LEWIS
"Lorraine
Lewis"
Jack
Factor Records - 2002
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Lorraine Lewis è conosciuta
ai più per essere stata la bionda che cantava
nei Femme Fatale, gruppo di hard rock americano che
realizzò un album per la MCA e che riscosse
un notevole successo, più per le curve della
nostra che per la musica proposta dal suo gruppo.
MTV, riviste specializzate proponevano spesso e volentieri
video e foto del five-pieces americano e nel 1990
propose per la prima volta una song come solista nella
colonna sonora del film "Don't Tell Mom The Babysitter's
Dead" (in ncompagnia di Alias e Valentine). Nel
1992 iniziò un nuovo progetto chiamato Mercy
insieme all'ex-BlackEyed Susan, Erik Levy, ma dopo
l'uscita dell'album e qualche festival il gruppo si
sciolse. Nel 2001 è uscita con un Cd sotto
il monicker di Snowball e oggi la ritroviamo con un
disco solista di 8 pezzi.
L'hair metal della sua prima band scordatevelo,
qui ci troviamo di fronte ad un bellissimo disco di
new country che potrebbe far impallidire la prima
SHANIA TWAIN. Un riff ROLLING
STONESiano apre la prima traccia, "American
Girl", canzone dalle atmosfere "campagnole"
e coinvolegenti, "Helluva Woman" è
una ballata intensa e con un grosso potenziale commerciale
in terra americana. Il country pop proposto dalla
Lewis si fa ascoltare che un piacere ed è inevitabile
immaginare scenari deserti, cowboy, rodeo, saloon,
ecc... percui se ascoltate rock a 360°
e non vi dispiacciono artisti come Shania
Twain e Melissa Ethridge
fateci un pensierino.
Moreno Lissoni
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www.shire-records.com
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FERREIRA
"Fallen
Heroes "
Shire
Records - 2002
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Cresciuto a Rio De Janeiro
suonando nei club hard rock con Rise and Fall,
The Three Little Pigs, Dr. Love e Cartoon
e influenzato musicalmente da artisti come Glen
Hughes, Bruce Dickenson, Steve Perry, Paul McCartney,
George Lynch, Stevie Ray Vaughn, Michael Hedges, Steve
Vai e Eric Johnson, Marc
Ferreira, dopo una breve sosta in Florida si è
trasferito a Denver, Colorado, dove ha formato i Monkey
Bite con il freatello Alex alla batteria
e Andy Guerra al basso (leggetevi la recensione in
newbandz17.htm).
Ad un'anno di distanza
da quell'album ora è uscito con questo "Fallen
Heroes" per la neonata Shire Records, un buon
disco di di melodic rock in cui si possono riscontrare
diverse affinità con i lavori di JOHNNY
LIMA e NELSON. I primi tre
pezzi sono davvero belli: "I'll be There"
riassume in se il già citato LIMA
e gli ANATOMIC, "Searching"
e "Fallen Heroes" sono due episodi di puro
hard rock melodico, mentre in "You Better Wake"
vanno a braccetto DEF LEPPARD e HAREM
SCAREM.
"Missing You"
è il pezzo più lento lavoro, una ballata
aor dalle sfumaure BON JOVIane, ma
da qui in poi l'album si spegne un pochino con brani
che rimangono un pò nell'ombra che non offrono
molti spunti degni di nota se non per la conclusiva
"Jntro/Ap. 361", pezzo strumentale dove
i fratelli Ferreira e Guerra hanno l'opportunità
di mettersi in luce.
Moreno Lissoni
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www.kennymcgee.com
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JULLIET
"Passion"
Metal
Mayhem Music - 2002
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Da tempo tenevo ben stretta la mia
cassettina registrata anni fa contenente i demo della
band con loro secondo album, con la paura che qualche
fottuto "mangia" nastri (questo il vero
nome del mio stereo!) me la rovinasse, ma fortunatamente
ora non mi devo più preoccupare di tutto ciò
dal momento che ci ha pensato la Metal Mayhem
a ristamparlo.
Per chi non se lo ricordasse, i Julliet sono un four-pieces
nato nel 1985 in Florida, ma si trasferirono a Los
Angeles freschi del contratto con l'Enigma, per seguire
l'ondata di hair metal band e riscaldare le platee
con il loro arena hard rock.
Questo "Passion" non raggiungerà
lo splendore del disco d'esordio, ma sicuramente si
farà apprezzare da i cultori del rock duro
a stelle e strisce, variando da sonorità WHITESNAKEiane
ad altre più vicine a gruppi come QUIET
RIOT o ROUGH CUTT. Pezzi
come "Love Hungry Man" o l'AUTOGRAPHiana
"Lost & Lonely" vanno ascoltati con
il volume a palla e canticchiando i chorus, mentre
la power ballad "Baby Blue" èinterpretata
magistralmente dal singer Kenny McGee e sarete senza
dubbio presi dalla tua timbrita vocale.
L'unica pecca di questo disco mi sembrano la RATTiana
"Boys Will Be Boys" e la funkeggiante "Mind
Over Matter", ma le rimanenti sette composizioni
sono decisamente sopra la media.
Moreno Lissoni
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www.shivahardrock.com
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SHIVA
"Shiva"
Z
Records - 2002
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Se amate l'hard rock melodico e girate
spesso tra le pagine di New Bandz, allora il nome
Shiva non vi risulterà nuovo, infatti il duo
scandinavo formato dal talentuoso Mats Edström
(con un passato negli Arrow, gruppo
che vanta diversi show da spalla a Europe
e Motörhead e nei primi anni
90 con gli Yankee Heaven) e dalla
vocalist Anette Johansson a da poco fatto uscire il
loro eseordio discografico per la Z Records.
In questo Cd, troviamo tutte le songs
presenti sul promo dello scorso anno, più l'aggiunta
di tre pezzi: "Another Mans Wife", "Right
On Time" e "No Place For The Living"
che completano alla grande questo bel Cd. Sono sempre
stato contro le vocalist femminili, ma devo ammettere
che la Johansson ha una voce strepitosa e ce lo dimostra
nelle prime tre canzoni d'apertura e cioè "Marylin",
"Stay Out" e "Down Jones Index"
tre grandi pezzi dove si incontrano HAREM
SCAREM e FAIR WARNING. Credo
che oltre a Peter Lesperance (Harem
Scarem) a Edström non dispiaccia neanche il modo
di suonare di Dan Huff perchè
nella traccia numero sette, "Shame On You"
sono marcate le influenze dei GIANT
con quel pizzico di HARDLINE.
L'unico brano lento si intitola "One
More Day", dove fanno capolino i DURAN
DURAN (!), ma non preoccupatevi perchè
già dalla successiva "Lead On You"
è il melodic hard rock a primeggiare. In conclusione,
disco eccellente che unisce VON GROOVE
e DANTE FOX e che non lascia troppo
spazio a cori mielosi o poppeggianti, ma a chitarre
e melodie.
Moreno Lissoni
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www.mindset7.com
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MINDSET 7
"Blure"
Metal
Mayhem Music - 2002
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Arriva dall'Indiana questo terzetto
formato da Mick Rowe, Phil Montford e Criss Wheeler
che si propongono al pubblico con il loro modern rock
che segue la scia di gruppi come GOO GOO DOLLS
e LIFEHOUSE. Il disco non è
malaccio, forse poco appetibile per chi è ancorato
agli 80's, ma posso dire che canzoni come "Long
Red Hair" o il pop rock di "Control"
non passano inosservate.
Discorso identico per "Stay",
una moderna ballata rock che non sfigurerebbe nelle
attuali charts americane e "By Your Side",
anche quest'ultima da telefilm di MTV. Le tracce rimangono
più o meno su livelli discreti in cui fanno
spesso la loro comparsa le ombre dei LIFEHOUSE,
ma sanno anche come stupirci, perchè come song
di chiusura hanno scelto una "Don't You"
dei SIMPLE MAINDS davvero inaspettata.
Moreno Lissoni
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www.uscrush.com
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U.S. CRUSH
"2002 Rock
/ Summer Samplere"
Demo
- 2002
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Li conobbi qualche anno fa perchè
sapevo che nel loro disco d'esordio c'era lo zampino
di Keri Kelli (Big Bang Babies, Pretty Boy Floyd,
Slash,...) e appena lo trovai in un negozio di dischi
usati, mi gettai sopra e lo presi al volo! ...purtroppo
il mio entusiasmo iniziale fu parzialmente rovinato
dopo l'ascolto del CD che, presentava solo un paio
di tracce degne di nota, mentre il resto era un banale
punk melodico con poco mordente.
Perso il contratto, la band non ha
demorso e ha continuato a scrivere pezzi che formano
i due sampler che ho tra le mani, il primo si intitola
"2002 Rock" contenente cinque brani di punk
poppeggiante, ma che vede in "Bad Attitude"
una validissima song di glam punk dal refrain irrestibile.
Le rimanenti tracce mi lasciano un pò l'amaro
in bocca, ma fortunatamente ci pensa il secondo CD,
"Summer Sampler", a tirarmi su il morale
e a farmi rivalutare la band californiana.
"Shut Up" è la canzone
che apre, rock and roll punkeggiante che strizza l'occhiolino
a BLINK 182 e LIT,
ma il gioiellino del sampler è senza alcun
dubbio "Get Off My Back Motherf**ker", punk
glammeggiante non distante da certe cose proposte
dai The MISTAKES. Gli altri due brani,
"Come To California" e "Resistance
Is Futile" si fanno ben apprezzare, ma i primi
rimangono sicuramente i migliori del lavoro. Da rivalutare!
Moreno Lissoni
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www.bittersweetmanics.com
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BITTERSWEET MANICS
"Same"
Xenon
Records - 2002
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I Bittersweet Manics sono un quartetto
di Woodbridge capitanato dalla vocalist Sarah Hennesy
e dal chitarrista Brien Thompson e dalle ceneri dei
Glassoline, che hanno messo insieme le loro diverse
influenze per realizzare questo album di 7 brani in
cui spiccano la voce della singer e le influenze settantiane
della band con quel tocco decisamente alternativo
e retrò.
Si parte con il riffing di "Unlikely"
di Thompson sostenuto dalla grezza sezione ritmica
Vernon Hawkins (basso) e John Hage (batteria), un
pezzo hard rock davvero efficace, la seguente "Holy
One" è un pò monotona, ma la lenta
"Sarasota" rialza un pò il livello,
6 minuti e mezzo di tranquillo roots rock. Sinceramente
le altre composizioni non mi fanno impazzire, la Hennesy
ha una voce stupenda, ma forse funzionerebbe meglio
in gruppi tipo DANTE FOX e non in
un ipotetico connubio tra ALANISE MORRISETTE
e TRAIN ("Puzzle).
Detto ciò non voglio screditare questo lavoro,
ma credo che ci voglia ben altro per uscire dalla
massa.
Moreno Lissoni
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lillflask@hotmail.com
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COASTLINE
"Restless
Heart, Restless Mind"
Demo
- 2002
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Ennesimo gruppo aor scandivano che
ruota intorno alle figure del tastierista Lars Melin
e al batterista Jan Hedlund che, con il notevole apporto
della singer Helena Rosendahl producono un 4 tracks
CD di melodic rock orinetato verso sonorità
vicine a SURVIVOR e ovviamente HEART.
Nulla di nuovo percui, forse sono la versione
un pò più spenta di NEXX
e WITNESS, ma i pezzi, pur non brillando
per originalità si fanno ascoltando senza problemi,
come il bell'aor tastieristico della title-track,
dove primeggiano i tasti d'avorio di Melin.
"I'll Get Over You" è
rubata dal reporterio del "cuore", mentre
le seguenti "Love's Not Everyone" e "Miracle"
continuano a seguire la strada tracciata dalle precedenti
song. Band valida, ma che non porta nulla di nuovo,
aspettiamo gli sviluppi del progetto per trarne dei
giudizi, per ora non posso che fargli un in bocca
al lupo.
Moreno Lissoni
top
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www.clusone.com/jollypower
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THE JOLLY POWER
"Promo
2003"
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Chi non conosce i JOLLY POWER? A beneficio
dei novelli glam$sterz e dei distratti, vi faccio
una breve storia: la band si forma nel lontano 1988
e comprende Bely (bs), Lucky Chiva (ch) e Dynamite
XXX (bt), presto raggiunti dal cantante Elia, e con
questa formazione la band registra “Like An
Empty Bottle”, demotape che è oramai
di culto, nel 1994. Gli anni seguenti vedono la band
protagonista di infuocati live shows (assieme tra
gli altri alla altra cult band italica, i NASTY
LICKS), e il loro nome prende a girare...
finché nel 1996 esce il loro debut CD autoprodotto
“Fashion, Milk & Smockin’ Pills”
(mind! I JP sono una delle prime band italiane a uscire
con un cd...). La stampa italiana incomincia a coccolarli
per poi fagocitarli e vomitarli appena cambia il nu-trend,
e i nostri macinano date dal vivo, partecipando in
particolare al SUMMER DRAG FESTIVAL
con HOLLYWOOD TEASZE e SMELLY
BOGGS. Nel 1997 fanno da supporto ai 69
EYES (quando ancora ci stavano dentro!) nel
loro tour italiano, ma se avete avuto l’occasione
di vedere la band finlandese molto del merito è
proprio dei JOLLY POWER e del nostro Federico Martinelli...
onore a chi ha palle e pazienza di sbattersi per fare
suonare un po’ di r’nr nel nostro scalcagnato
paese! Dopo il tour Elia abbandona la band, e Bely
decide di occuparsi personalmente delle vocals. Passa
un po’ di tempo, la formazione è arricchita
da una nuova chitarra (Sergy Boy, che va ad affiancarsi
a Luchy Chiva) e il sound si indurisce parecchio,
strizzando l’occhio alla scena scandinava, considerato
anche che la timbrica di Bely è più
grezza e aggressiva di quella di Elia. Così
nel 2000 esce il 7-track CD “The 7th Crash From
Hell”, ben suonato, prodotto e al passo coi
tempi, ma questo non basta a dare un posto al sole
alla band, che sembra confinata nella nicchia di gruppo-di-culto...
E arriviamo così ai giorni nostri
e a questo promo di 4 tracce...
La prima cosa che noto è che il mixaggio ha
fatto dei bei progressi, infatti nel complesso il
sound è sì grezzo e lo-fi, ma meno fragoroso
e confuso dell’uscita precedente: tutto merito
del 17 RECORDING STUDIO di Lucky Chiva. “A Face
In The Crowd” è l’opener e mi piace
subito un casino, melodica ma abrasiva come la cartavetro,
roba da sconvolgerti le viscere col suo tiro à-la
SUPER$HIT666, se rendo l’idea!
La seguente “I’m A Rocker” è
meno furiosa e si avvicina per molti aspetti ai primi
HELLACOPTERS, soprattutto per quanto
riguarda i riff delle chitarre. “Damned Like
You” è un’altra bordata sui denti,
e curiosamente il bridge mi riporta alle vecchie cose
dei 69 EYES, quando ancora a colazione
mangiavano IGGY POP e... vabbé,
lo sapete, no?
“Under My Flag” ha delle belle vocals
che si incrociano, e come stile non si discosta molto
dalle precedenti, scan rock vintage e bello tirato.
Adesso sta tutto ai JOLLY POWER: i pezzi ci sono,
l’esperienza maturata è tanta, e i rischi
sostanzialmente sono due: restare la band dei nostalgici
(quante persone che sento dire che preferiscono la
loro demo a tutto quello che è seguito!!) o
rimanere schiacciati nella bolgia dello scan rock.
La concorrenza è forte, l’unico modo
per sopravvivere è suonare tanto dal vivo e
spaccare senza pietà il culo, magari agganciando
il supporto a qualche band straniera di passaggio
dalle nostre parti... Buona fortuna, perchè
ve lo meritate.
Simone Parato
top
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www.marc-bryant.com
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MARC BRYANT
"Naked Son"
Self
Produced - 2002
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Dopo essere tornato dal un piccolo
viaggetto nel ricco nord est e aver spaccato un pò
le palle al cantante dei Bastet, ecco che al ritorno
mi trovo nella mia casella postale questo CD di melodic
hard rock per la gioia, appunto, del reverendo Pacino.
Il polistrumentista americano, che se non erro tra
breve uscirà per la Chavis Records, fonda le
proprie sonorità su un robusto guitar working,
ricordando per certi versi gruppi come DOKKEN
("Soul Searchin") e KING's X
("Rapunzel") o, come nel caso della power
ballad "Farewells" una sorta di DAMN
YANKEES/NIGHTRANGER.
Con "Feel" cambia un pò
il tiro, meno chitarre e più melodia, pescata
per l'occasione da artisti come RICK SPRINGFIELD
o BUTCH WALKER, mentre con "Going
Down" si riassaporano nuovamente i corettoni
che hanno fatto la fortuna delle band di Tommy
Shaw e Jack Blades. "Road"
ha delle forti influenze settantiane e STONE
TEMPLE PILOTSiane, ma con "Won't Play
The Fool" si ritorna su territori più
consoni al genere con un bel hard rock americano dai
cori KISSiani. Alla traccia numero
tredici ecco la song di chiusura, "Take Me Home"
un grazioso melodic hard rock che fonde LOUD'N'CLEAR
e nuovamente DAMN YANKEES.
Moreno Lissoni
top
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www.hanoirocks.com
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HANOI ROCKS
"Twelve
Shots on The Rocks"
Major
Leiden - 2002
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Babbo Natale quest’anno è
arrivato in anticipo, ma non pensate al solito grasso
e ubriaco ciccione che viene dal Nord Europa, bensì
a un più glamour e puttanesco figuro, che al
posto della slitta (roba da contadini) usa una fiammante
panda verde fosforescente... grazie Sweet boy! ;-)
Ed eccomi a parlare del nuovo album
degli HANOI ROCKS. Mica cazzi... e mica facile! Proprio
così, perché da un lato questo disco
mi ha fatto godere dai primi 30 secondi, ma dall’altro
ho avuto la conferma di quanto avevo pensato ascoltando
il singolo alcuni mesi fa: questo disco assomiglia
di brutto alle ultime produzioni di Mike Monroe solista.
Non che questo sia un male, intendiamoci, ma che ne
è delle linee di chitarra claudicanti e così,
uh, Johnny Thunders, di Andy McCoy?
Delle sue vocals sgraziate e tossiche? Della affascinante
e pazza commistione di stili di album come “Self
Destruction Blues” e “Back to Mistery
City”? Forse mi illudevo, del resto già
“Two Steps From The Move” aveva uno stile
più uniforme e rock, ed è arcinoto che
proprio quest’ultimo fosse l’album preferito
dal biondo vocalist. Insomma mettiamola così,
non mi avrebbe fatto schifo qualche schitarrata di
quelle che solo il genio drogato di Andy può
concepire, o forse la sua immensa ego, quella che
ha guidato in modo dispotico gli Hanoi neglio anni
’80, è andata a farsi fottere? Gli unici
momenti in cui si sente chiaramente The Real
McCoy sono i solos, in cui Andy è
inconfondibile...
A questo punto potrei avervi confuso
le idee, perché questo disco, come ho detto
da subito, è davvero godibile! Ma da qui a
gridare al miracolo ce ne passa...
Però, credetemi, “Obscured” è
una di quelle song che vi mette energia addosso, e
arrivati al coro, non si può non sorridere:
ecco gli Hanoi Rocks v.2002, evviva gli Hanoi Rocks!
“Whatcha Want?” mi ricorda le linee vocali
di “Underwater World”, mentre è
il turno di “In My Darkest Moment”, delicata
ballad, dalle lyrics mai banali, emozioni a fior di
pelle, con qel sax che solo un angelo caduto come
Mike Monroe può suonare così. I pezzi
che più mi piacciono sono le 80’s flavoured
“Delirious” e soprattutto “A Day
Late, A Dollar Short”, deliziosamente melodica
e ammiccante. “Watch This” è un
altro pezzo forte che cattura subito, mentre i fantasmi
di “Self Destruction Blues” aleggiano
intorno a “Gypsy Boots”. Chiudono il disco
“Lucky”, ovvio tributo ai THIN
LIZZY di “Rosalie”, e “Designs
On You”, altra ballad ispirata, di quelle che
fanno sentire il cuore più leggero... ah, e
occhio alla “fumosa” ghost track...
Simone Parato
top
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www.philnaro.com
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PHIL NARO
"Glass
Mountain"
Z
records/LeEnergie - 2002
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Il rock pomposo e datato anni ottanta
ritorna grazie ad un altro scudiero della Z Records.
Sfornando 12 pezzi diversi e sicuramente più
personali rispetto all’ensemble del primo album,
Phil si presenta come un valido interprete e dona
attimi emozionanti legati al mondo Pomp AoR dei bei
tempi. Di tanto in tanto, ci sono chiari omaggi a
band storiche come LED ZEPPELIN (vedi
e ascolta “Glass mountain” ndr) e AEROSMITH
(“Stick around” può esserne un
esmpio ma anche “Love is a game” ndr)
ma sono solo cenni per rendere più ampia la
giudicabilità di questo singer che ho ritrovato
in ottima forma.
Peccato forse per la produzione, buona
ma non sufficientemente all’altezza del prodotto.
Il suono, ovattato e “chiuso” ricicla
i classici problemi allacciati a queste etichette
minori pur non eliminando la carica e la positiva
energia che Phil sa donare con la sua voce. Tra i
SONS OF ANGELS e i BIG BAD
WOLF Naro si cimenta in inseguimenti chitarristici
tipici dell’epoca SYKES e tra
intrecci tastieristici dediti sempre agli eighties.
Melodie e ritornelli di facile presa resi più
importanti dal chiaro sforzo di Phil di non far tramontare
questo genere. Con soli azzeccati e riff di chiaro
stampo ottantiano non ci si può annoiare e
i primi pezzi passano lisci sino a “Donna”,
ballata semplice e malinconica degna di nota che,
tra quanto fatto dai GREAT WHITE
e DEAN FASANO, ci si orienta in una
song molto bella e particolare.
Il resto è puro rock melodico
che con pezzi quali “Bad boys in the hard luck
city” o “Find my way back to you”,
rendono sempre più chiara l’intenzione
di Phil di non abbandonare questo stile. Grafica migliorabile
e senza dubbio di poco valore commerciale ma, se il
succo è la musica, beh, qui per i nostalgici,
diversi “capitoli” di benessere ci sono…a
voi l’ardua scelta se acquistarlo o meno.
Buon ascolto.
Marco Paracchini
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