Credo che recuperare alcuni nomi storici, che hanno avuto le palle (e in quegli anni servivano davvero!) per cimentarsi a queste latitudini non solo nell’Hard N’Heavy, ma addirittura nelle sue “sottomarche en travestì” quali Glam Metal e Sleaze Rock, regalandoci, di fatto, il “nostro” pezzettino di Hollywood, sia un pallino di molti. A volte diventa una vera e propria ossessione, quando addirittura non chimera (che recuperare pezzi di storia, anche relativamente recenti, non è così facile, anzi…) e purtroppo ne so qualcosa, perché sono assolutamente certo che esista un Master inedito di una band di miei concittadini, tra le mie preferite dell’epoca, ma sono anche ragionevolmente sicuro che non vedrà mai la luce…
Ma, tornando ai tre baldi ragazzotti della Soul Survive (un bel No-Prize a chi indovina da dove viene il nome…), basti sapere che sono grandi cultori e competenti appassionati della “Vecchia Guardia”, che avevano da tempo il sogno nel cassetto, lo coltivavano, lo coccolavano e ne parlavano cercando di trovare la quadra finché nel 2020, complice il periodo di lockdown che ha spinto molti ad ingegnarsi per non impazzire in sub-routine quotidiane cui erano loro malgrado costretti, hanno finalmente trovato gli input necessari.
Non sono nemmeno i primi a buttarsi in un’operazione del genere (e meno male, oserei dire…), ma sono i primi a mettere le mani sui Last Bandit, band leggendaria che in assoluto aveva tutte le qualità per farsi notare dal grande pubblico, oltre ad agire con base a Milano, che quantomeno a livello di opportunità non era certo una cittadina qualunque. Purtroppo, a differenza di parecchi miei compari di bisboccia in quegli anni turbolenti potevo muovermi poco e per tutta una serie di circostanze non li ho mai visti on stage, come non ho visto Miss Daisy o Nasty Licks (tanto per rimanere in Champions).
Però ricordo distintamente di aver incontrato uno di loro, non chiedetemi quale, durante un sabato di pellegrinaggio pro-dischi in quel di Milano, precisamente da Mariposa, in Corso di Porta Romana (sempre preferito a quello sotto la Metro del Duomo). Se la memoria non mi inganna era la volta in cui trovai, tra gli altri, il vinile di “No Respect” dei Vain. Notai subito il personaggio, che pareva essere appena uscito dal Rainbow di Hollywood, chiedendo chi fosse. Qualcuno mi disse che era uno dei Last Bandit, allora presi la mia timidezza dell’epoca, me la infilai dove-non-batte-il-sole e, proprio mentre puntava la porta per uscire gli chiesi se per caso non avesse un Demo a portata di mano. Non ricordo esattamente come fu lo scambio di battute, comunque durato pochi secondi, ma purtroppo il Demo non l’aveva.
Look, attitudine e qualità della proposta erano semplicemente da Serie A. Palesemente ispirati nell’abbigliamento all’immaginario Sleaze Hollywoodiano/Londinese (ed onestamente, con invidiabile phisique-du-role), strafottenti quanto basta e decisi a tirar dritto per la loro strada senza compromessi, dichiarano i loro intenti fin dalla scelta del nome, che omaggia l’omonimo brano dei Dogs D’Amour, per i quali apriranno al Prego di Milano, in una memorabile data di cui io apprenderò solo a fattaccio avvenuto, da una rivista Hard N’Heavy dell’epoca. Il bello della differita, altro che www…
Dal punto di vista strettamente sonoro, erano influenzati tanto da coeve band Sleaze Rock quanto da mostri sacri come Rolling Stones, Jerry Lee Lewis e CCR, dei quali eseguivano alcune cover durante i concerti, dimensione ideale per proporre il loro sound caldo, avvolgente e viscerale, dal forte imprinting Southern Blues. Il cantante Rudy, sfrontato ed arrogante come si conviene, è semplicemente perfetto per il contesto sonoro, il chitarrista Sergio “Pè”, tecnicamente mostruoso, ha nel cosiddetto “feeling” l’arma decisiva ed è decisamente uno di quelli in grado di farti rizzare i peli. La sezione ritmica, composta da Rena “Uova” al basso e Delgi alla batteria, affiatata e precisa come un metronomo, chiude alla grande una formazione senza rivali.
Difficile, e tutto sommato abbastanza inutile, entrare nei meandri di ogni singolo brano senza trasformare una “recensione” in un polpettone, infarcito inevitabilmente di opinabili gusti personali e quindi spesso indigeribile, tanto più se il livello globale è altissimo come in questo caso. Limitiamoci ad alcune highlights: “Rattle My Snake”, street blues infuocato che apre il lavoro e ne detta le coordinate, “Down To My Home” con dei cori femminili meravigliosi (grazie a Silvia Porro e Isa & Cristina delle Lipstick, autrici nel 1990 dell’omonimo album pop-rock prodotto da Red Canzian ed anticipato da una esibizione piuttosto sfortunata a San Remo) e “House Of Suzy B.” che, con un tiro che possono tranquillamente invidiare (e sognare) blasonate band d’oltreoceano, farebbe sculettare anche i muri portanti. Lo spettacolare remake del classico dei The Godz “I Don’t Want To Go Home” dà parecchi punti all’originale, non dimenticherete il
ritornello nemmeno se avrete a che fare col “Tedesco che nasconde le forchette” allo stadio finale. Infine come non citare almeno la splendida, corale (sempre le ragazze) autoindulgente ed edonistica “Jesus Loves The Bandits”? Ma ovviamente non poteva che essere così!
Colpisce non solo la maturità delle composizioni, di parecchio sopra la media, ma anche il fatto che non siano assolutamente invecchiate ed anzi suonino ancora freschissime ed attuali, forti di un sound davvero “classico” e senza tempo. Peccato davvero non siano arrivati prima ad incidere almeno un Album… E comunque, che ve li siate goduti ai tempi e l’eco dei loro brani ancora vi risuoni nella scatola cranica, o che sia la prima volta che inserite il CD nel lettore, ragazzi, è una vera e propria goduria, provare per credere.
Il CD raccoglie integralmente i sei brani del demotape “Vicious” (1989) ed i quattro di “The Blue Candy Daylight EP” (1990), per concludersi con la chicca “Love”, cavallo di battaglia rimasto inedito ma recuperato da una registrazione live, presa direttamente da Mixer, con una qualità audio eccellente. Uno degli obiettivi dell’etichetta è preservare quanto più fedelmente possibile i suoni originali, avvalendosi dell’apporto di collaboratori eccezionali, tra i quali è doveroso citare almeno Moreno Vassalli, fonico di spessore e grande esperienza (ha lavorato, tra gli altri, con Gotthard e Pooh), che purtroppo ci ha prematuramente lasciato poco prima della release ufficiale del lavoro che ha preziosamente contribuito a rimasterizzare, conservandone però le caratteristiche e l’impatto originari.
Il booklet è semplicemente fantastico, decisamente un valore aggiunto al dischetto, con una grafica di alto livello e note dettagliatissime. Sarà disponibile, per l’occasione, anche una versione a tiratura limitata in Vinile a 180 gr. che contiene i 10 brani dei Demo, esclusa la bonus track.
Che fate ancora li? Correte ad ordinarlo, bradipi, che perfino Jesoo li ama!
Soul Survive Records 2022
soulsurviverecords.com