Consueta calata italica dei cinque “Helsinki Vampires” che si fanno l’ennesimo giro di giostra un po’ più a sud della Transilvania per riprendere un po’ di colorito in vista della stagione estiva. Ormai l’ultimo disco “Universal Monsters” sembra uscito secoli fa ma la band finlandese ha tardato un poco nel toccare lo stivale in suo supporto.

L’ultima data del mini tour italiano di tre show si tiene a San Donà di Piave, nell’accogliente Revolver Club a cui tocca posticipare l’apertura per poter stare dentro con i tempi (…i 69 occhi non salgono sul palco prima di mezzanotte!!!) e quindi i fans se la prendono comoda ad arrivare (c’è il classico look gotico, i più giovani emo di frangetta muniti passando poi agli amanti del glam più classico: tutto il pantone dei colori più oscuri è presente questa sera).

Altro ostacolo non indifferente alla tanto agognata mezzanotte è fare slalom tra i due gruppi di supporto ed il caldo paludoso all’interno del locale… non sarà facile arrivare sani e salvi per l’inizio della messa degli imperatori incontrastati del goth n’ roll… fortuna vuole che il club è munito anche di una fresca area relax esterna dove si può andare ad ululare alla luna o prendere semplicemente una boccata d’aria.

Non bastava una band di supporto, il destino crudele ci piazza tra capo e collo ben due gruppi, ambedue italiani, anche se il primo di essi, i Vlad in Tears ufficialmente hanno casa a Berlino (…la provincia di Frosinone fa meno “dark”!).

Che dire… ai ragazzi non manca l’energia e la voglia di fare ma il risultato generale agli occhi di tutti è un pastone di suoni e poca lucidità nel decidere che strada intraprendere… seguire le orme degli Him e My Chemical Romance o buttarsi su chitarre pesanti in stile industrial??? …e poi una domanda che in molti si sono posti: perché con tutte le canzoni a disposizione, fare una cover (…per altro in modo pessimo!) di “Wicked Game” di Chris Isaak, resa già celebre in versione oscura dagli stessi Him? Perché???

Tocca poi ai pugliesi The Strigas in giro a promuovere il loro album di debutto “A Poisoned Kiss To Reality” che si muovono su ritmi più lenti e classici tentando di far smuovere il pubblico che però non raccoglie, dando l’impressione di non riuscire proprio a trovare la giusta empatia. La noia scende come una nebbia e la maggior parte dei presenti non fa altro che attendere il rintocco della mezzanotte e l’arrivo degli headliner.

The 69 Eyes

Le note di “Exodus”, con la soave voce dell’immortale Édith Piaf, fungono da intro all’arrivo dei cinque cavalieri oscuri che salgono sul palco tra le spire del ghiaccio secco… saturando da subito l’aria con il riff di “Framed in Blood”.

Bazie, Timo-Timo e Archzie, come sempre, immobili e sguardo fisso al fondo della sala, Jussi 69 che comincia a picchiare – gomiti alzati – come un fabbro il suo drum kit ed infine lui, Jyrki 69, con il nuovo look rockabilly con capello corto e impomatato.

Nella scaletta vige la regola non scritta canzone vecchia poi canzone nuova alternata… e quindi tocca a “Miss Pastis”, per poi passare alla storica “Betty Blue” …il primo singolo dell’ultimo album “Jet Fighter Plane” e l’anthem “Tonight”: precisi e con il piglio giusto!

Se in studio i 69 Eyes hanno sempre avuto una continuità qualitativa sorprendente, regalando ai propri fans album ottimi con pochissimi passi falsi in carriera, dal vivo invece, la band di Jyrki è sempre stata scostante e lunatica, mostrando alle volte gli attributi con gigs infuocate, ricche di energia e calore, ad altre nelle quali pareva avessero timbrato il cartellino in fabbrica e non vedessero l’ora di ritornare nei camerini e andare a nanna. L’ultima volta, quattro anni fa per il tour di “X”, fu questo il caso con uno show svogliato, sfilacciato e distante… i timori vengono messi subito da parte fortunatamente già dai primi brani : pur essendo sempre freddi come il ghiaccio, i vampiri finnici sono in palla e concentrati nonostante abbiamo lasciato la simpatia nel backstage (…non sono mai stati dei gran chiacchieroni on stage…).

The 69 Eyes

“Forever More”, “Sister of Charity”, “Never Say Die” e “Shallow Graves”, le mosse da poeta maledetto di Jyrki che gioca con l’asta del microfono fondendo perfettamente le movenze di Dave Gahan e Jim Morrison in salsa Sister of Mercy.

Altro classico della band è “The Chair”, accompagnata dal pubblico che poi aiuta lo stentato italiano del cantante cantando “Dolce Vita” insieme a lui… che a sorpresa si leva gli occhiali da sole (…nemmeno sua madre se lo ricorda senza!).

“If You Love Me The Morning After”, la classica “Dance d’Amour”, l’amore per la capitale tedesca “Feel Berlin” e l’inno gotico “Brandon Lee”.

Dopo la pausa arrivano tre bis da urlo “Wasting the Dawn”, “Gothic Girl” e “Lost Boys” e il Revolver Club si scatena, cantando tutte le canzoni a memoria e facendo perfino fare una smorfia sorridente al glaciale singer… cosa non facile.

Insomma, questa volta il pubblico esce felice incrociando le dita per il prossimo tour… sarà ancora un terno al lotto?

MATTEO TREVISINI

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