Scambio di battute con Gianluca Firmo, leader del progetto Room Experience che ci parla della collaborazione con David Readman, della scena italiana e dei progetti futuri della band.
Ciao Gianluca, prima di tutto scusa per il mega ritardo che quest’intervista, non ti faccio più attendere a parto subito con la prima domanda: come è nato il progetto Room Experience?
Ciao Moreno. Ah ah ah… nessun ritardo… fortunatamente Room Experience non ha una data di scadenza… e io nemmeno.
Room è nato in due fasi direi: la prima lunga anni, durante la quale ho scritto canzoni su canzoni, come molti altri, nella mia stanzetta, cercando di dare un’interpretazione personale alla musica che amo. La seconda, più breve ma decisiva c’è stata dopo un incontro fortunato con Davide, e poco dopo, con Zorro i quali hanno sentito alcune delle mie canzoni e mi hanno suggerito la possibilità di ricavarne un disco professionale. Da lì alla mia richiesta di chiedere loro di occuparsi della produzione il passo è stato breve.
Se proprio bisogna trovare una radice unica, però, direi che il motore di tutto è stata la passione: quella di scrivere musica, di suonarla, di ascoltarla, di lasciarsi portare dove la musica ti vuole portare; l’ho scritto anche nei ringraziamenti del booklet che i sognatori (e chi lo è più dei rocker?) finiscono sempre per incontrarsi. E infatti…
So che la scelta del vocalist è stata molto difficile e alla fine hai optato per David Readman, com’è stato lavorare con lui? Avrà un futuro questa collaborazione o per il prossimo album hai già in mente qualche altro nome?
Difficile perché tutti i musicisti danno la propria impronta alla musica che suonano, ma il cantante è quello che è ovviamente più esposto e che, di conseguenza, può lanciare un pezzo in orbita oppure affossarlo. Credo che David avesse le caratteristiche per rendere bene tutti i pezzi del disco, sia per estensione vocale (in alto, ma anche in basso), che per timbrica. Forse c’erano cantanti con un timbro più adatto o cantanti con un’estensione migliore, ma David ha un giusto mix di entrambe le caratteristiche.
Poi mettici anche che io non sono un fan dell’AOR troppo pulito, con voci angeliche e suoni patinati: ho una gamma d’ascolti molto ampia, ma ho radici un po’ più sporche e volevo un cantante che col suo timbro vocale fosse in grado di togliere la patina. Lavorare con lui è stato bello e semplice perchè lui è un grandissimo professionistae nonostante le difficoltà dovute soprattutto al coordinamento temporale dei lavori, non si sono mai stati problemi. Anzi, ne è nata una buona amicizia e ci sentiamo piuttosto frequentemente. E giusto qualche sera fa, al telefono, parlavamo del follow up, che ci sarà. David è stato molto contento dei risultati del debut e nelle prossime settimane ci incontreremo per decidere che impostazione dargli.
Facciamo un giochino: mettiamo che hai un budget illimitato e puoi scegliere un cantante per ogni canzone dell’album, a chi la faresti cantare e perché?
Ah ah ah… bello sto giochino. Però facciamo che non solo il budget sia illimitato….anche l’orizzonte temporale, prendendo i cantanti nel loro momento top… quindi via:
Shock Me: Joey Tempest, perché per me per canzoni come questa, con queste sonorità intendo, gli Europe sono sempre stati il top: Joey Tempest non è mai stato il mio cantante preferito, con la sua timbrica prevalentemente acuta, ma su pezzi di questo genere sarebbe inarrivabile.
Tomorrows Came: Qua potrei sbizzarrirmi… secondo me è la canzone dell’album che più si presta ad essere interpretata in modo diverso… potrei dire Steve Perry… John Waite… James Michael o Joe Elliott. Guarda… mi va bene uno qualunque dei quattro… scegli tu 😉
Run To You: Jon Bon Jovi (in realtà Jon è il mio cantante preferito, anche se ora vocalmente i tempi d’oro sono finiti, e sentirei bene la sua voce sull’80% delle mie canzoni). Magari non è tecnico come molti altri, ma quando canta riesce a far emergere l’anima di ogni brano.
Run to you sarebbe perfetta per lui, credo… una power ballad bella grintosa.
Queen Of Every Heart: pesco ancora in Svezia, dato lo stile del pezzo, e dico Erik Grönwall: il mio cantante preferito tra le nuove leve. Secondo me è un altro dei pochi che sarebbe in grado di cantare, in modo credibile, un sacco di stili diversi: ha una grandissima varietà interpretativa e, soprattutto, mi dà sempre l’impressione di mettersi al servizio della canzone. Ne sento molti che, invece, usano la canzone per fare vedere quanto sono bravi a cantare… e il risultato è piatto.
Another Day Without You: Paul Laine… un altro con un timbro che mi fa impazzire, pieno di emozione ad ogni tonalità. Non si capisce, vero, che amo le voci maschie e un po’ più sporche? 😉One Way Out: Sebastian Bach (anche lui…ai tempi d’oro era una delle voci più incredibili: potentissimo, ma anche emozionale… su sto pezzo ce lo sentirei benissimo in una versione alla Youth Gone Wild, con quel bel graffiato che aveva lui quando sparava alto…
The Only Truth Darren Warthon tutta la vita. La voce più calda del mondo. La sua voce su questa canzone, un camino acceso e una bella bottiglia di vino rosso… e poi ci sarebbe un forte incremento demografico 😉 Provare per credere.
Not Time Yet For A Lullaby: qua ci vuole qualche bel glammettone anni ottanta, tipo Bret Michaels. Festaiolo quanto basta…Quanto ad essere festaiolo potrei dire anche Spike, ma la canzone non è proprio il suo stile… ahahah
Rainbow In The Rain Steve Lee. in realtà vinco facile perchè Steve poteva cantare e rendere speciale qualunque canzone, anche quelle mediocri. Ma credo che questo pezzo gli si cucirebbe intorno perfettamente.
No Sign Of Summer: David Coverdale. Sta canzone è un controsenso assoluto…quando l’ho scritta ero partito con l’idea di scrivere un brano alla Boys Of Summer di Don Henley… poi man mano che la canzone cresceva, mi ha portato in tutt’altra direzione e alla fine ne è venuto un pezzo con un’atmosfera particolare: un’interpretazione alla The Deeper The Love sarebbe perfetta, alle mie orecchie.
Only Goodnight: Richard Marx… quando penso a un pezzo piano e voce, i due che subito mi balzano alla mente sono la sua Right Here Waiting e Tomorrow degli Europe. Ma visto che Only Goodnight è su tonalità più basse, la sua voce mi sembrerebbe più adatta di quella di Joey (e poi Joey l’ho già scelto per Shock me).
Torniamo seri, mi sembra doveroso citare tutti quelli che hanno collaborato al disco… me ne vuoi parlare?
Beh… partiamo dai Produttori, allora: senza Zorro e Dave room non ci sarebbe stato e le canzoni sarebbero ancora solo sul mio hard disk. Hanno fatto un gran lavoro di produzione, di consulenza e di …sopportazione del sottoscritto 🙂
Per quanto riguarda i musicisti, direi che ognuno ha potuto dare il meglio nei pezzi in cui è stato chiamato in causa. Penso a Steve de Biasi sui pezzi più decisi, o a Ivan Gonzalez su quelli più melodici o, per me la sopresa più grande perchè lo conoscevo su altre atmosfere, Sven Larsson con quelle sfumature blues in The Only Truth: adoro quell’assolo! E poi senza dimenticare Stefano Zeni (che in più di una recensione si è sentito accostare al buon vecchio Richie Blackmore per il suo solo su Queen Of Every Heart) e Nicoletta Tona (che suona sulla traccia nascosta e “pettina” qualche maschietto con il suo assolo in Shock me…). Boris Matakovic, Andrea Gipponi, Aure, Minna Ora… veramente… ci sarebbe da star qui a parlare ore per rendere onore a tutti come si deve.
Spendo solo una parola in più per Ale Del Vecchio, che oltre a curare il mix e il mastering dell’album, ha sciorinato un’hammond memorabile in Rainbow in the rain.
Il progetto Room Experience prevede dei concerti dal vivo e se si, come si svilupperanno?
Al momento non li prevede, ma non li esclude di certo, anzi!
Diciamo che essendo nato come progetto in studio, all’inizio non ci siamo preoccupati di quell’aspetto, ma poi sono arrivate numerose richieste di portare il disco live e qualche proposta di partecipazione a eventi: purtroppo non è stato possibile realizzare nulla per le difficoltà di coordinare i tempi di tutti i musicisti coinvolti. Per il seguito, comunque, cercheremo di pianificare meglio anche questo ed è uno degli argomenti di cui ho parlato con David, dato che, nel momento in cui si andrà live, la sua presenza è l’unica assolutamente irrinunciabile, altrimenti sembreremmo una tribute band di noi stessi.
Room Experience è stato citato da diversi siti nelle top ten del 2015, a distanza di un’annetto dalla sua uscita puoi tirare le somme di questa… esperienza?
Beh… ho sempre detto che ho cominciato il progetto per una questione di soddisfazione personale e direi che di soddisfazioni ne sono arrivate tante: ben oltre le più rosee aspettative. È fnito nelle top ten di magazine/webzine dedicati all’aor, ma anche in alcune più specificamente dedicate al metal, nonostante non sia sicuramente un disco dai ritmi altissimi: direi che la scelta di mantenere alta la varietà di atmosfere nel disco, è stata vincente. E d’altronde io mi annoio a sentire un disco tutto nello stesso mood. Al di là delle tante Top Ten di fine anno, poi, abbiamo ricevuto un grandissimo riscontro dalle persone e ciò fa ancora più piacere: messaggi entusiastici da ogni dove nel mondo, inviti a fare presto un nuovo disco.
Poi lo sappiamo tutti… il nostro genere non è mainstream e la visibilità rimane sempre limitata agli appassionati, ma l’etichetta (Melodic Rock Records) è rimasta molto soddisfatta di come è andato/sta andando il disco, la gente è soddisfatta, noi pure. Meglio di così…
Adesso proveremo ad alzare l’asticella con il seguito e vedremo che succederà.
Apriamo una piccola parentesi e parliamo della “scena” Aor italiana in generale. A mio parere abbiamo fatto passi da gigante e non possiamo più parlare di gruppi di serie B riferendoci ai nostri gruppi, tu cosa ne pensi?
Mah… sai… è una domanda ricorrente e io mi chiedo sempre cosa serva per definire una “scena”: conta il numero delle band che fanno quel tipo di musica? o conta la loro qualità? Perché se guardiamo i numeri, non avremo mai quelli di altri paesi in cui questa musica è parte della cultura popolare. Ma se guardiamo la qualità delle band, beh… direi che c’è poco da discutere sull’esistenza e sulla forza della scena italiana.
Tanto più che qui c’è l’etichetta più importante del mondo per il genere: vien quasi da dire che se non ci fosse Frontiers, non esisterebbe la scena praticamente da nessun’altra parte, non solo in Italia.
Aggiungo solo una personalissima considerazione “artistica” se posso: chi critica la scena italiana, la critica paragonandola a quella svedese, inglese o americana o birmana o che so io… ma non dimentichiamoci che la scena italiana NON DEVE suonare come quella svedese, inglese, americana… ognuna di queste nazioni ha riletto l’AOR (e ogni altro genere) sulla base delle propri radici e il sound identifica molto chiaramente la provenienza del pezzo. Perché la scena italiana non dovrebbe avere la propria identità ed essere influenzata anche dalle proprie radici? Poi può piacere o no, si parla di gusti e i gusti non si discutono, ma se facessimo la stessa musica degli svedesi (per dire), non avremmo una scena italiana: avremmo una succursale della scena svedese.
Comunque vedo che all’estero apprezzano moltissimo quello che arriva negli ultimi anni dall’Italia, quindi tanto male non deve essere: io ne sono felice; adesso andiamo avanti e cerchiamo di continuare a migliorare, se non altro perché accontentandosi non si arriva da nessuna parte.
Parlami del progetto I.F.O.R.?
Che giornata divertente! e calda! eravamo in venti negli studi della Tanzan in uno dei giorni più caldi che ricordi…ma che atmosfera. Una di quelle giornate che ti lasciano il sorriso stampato in faccia per sempre.
Qualche settimana prima Zorro e Dave mi avevano chiesto di scrivere il testo della canzone (ma il ritornello non toccarlo! ahahah) e poi mi hanno anche chiesto di cantare una parte e la cosa mi ha fatto molto felice, nonostante poi il confronto con i cantanti veri (Ale, Dave, Josh, Franco, Marco, Luke, Dario, Bruno, Mario… marò… quanta gente) sia impietoso. Cantare in effetti è la cosa che preferisco. FancBEEEEEEP le tastiere!
Secondo me mi hanno sopportato solo perchè così poi avrei fatto il video 🙂 ahaha
Comunque, ricollegandomi alla domanda di prima: non è un bel risultato per una scena che non esiste? I membri di una decina di band diverse che si mettono insieme a fare un pezzo che celebri la musica che amano…
Non so se avrà sviluppi in termini di pubblicazioni discografiche (io personalmente non credo possibile un album AOR completo in cui in ogni canzone suonano 20 musicisti e si alternano 10 cantanti… sarebbe pesantino, non credi?)…
però che la collaborazione continui lo vedo non solo possibile ma probabile. E ci conto!
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Parto dal presupposto che dobbiamo mettere la Frontiers tra le eccellenze italiane da esportare all’estero, ma ho letto da qualche parte una polemica riguardante l’etichetta partenopea un po’ chiusa con i gruppi italiani. Cosa ne pensi?
Sai… prima di essere un rocker ricco, famoso e desiderato ho dovuto fare economia (nel senso universitario, non di risparmio) e quando mi fanno una domanda del genere mi viene da ragionare in termini aziendali, soprattutto visto che Frontiers non è una società di beneficienza: credo che nessuna azienda rinunci a un investimento che ritiene positivo. Anzi… credo, se proprio, l’opposto. Quindi credo che la scarsità di band italiane nel loro roster dipenda da valutazioni che sicuramente hanno valide basi che possono essere artistiche (band italiane inferiori, o con uno stile che a loro non colpisce, longevità più limitata… i motivi possono essere mille) o relazionali (magari gli italiani se la tirano di più… o, con la scusa di giocare “in casa”, hanno troppe pretese) o di altro tipo ancora.
Non ha senso stare a discutere se le loro siano valutazioni giuste o meno: è la loro azienda e la caratterizzano come meglio credono. A maggior ragione perché, se sono riusciti a renderla l’eccellenza che è, un qualche buona scelta l’avranno pur fatta. E non da un giorno con l’altro.
Per ultimo, penso che a tutti piacerebbe avere alle spalle Frontiers, ma non è l’unica etichetta e ce ne sono molte altre che lavorano benissimo. L’importante è trovare chi ha fiducia nel tuo lavoro e lo apprezza per supportarlo al meglio.
Siamo quasi alla fine con i canonici “progetti per il futuro”?
Tanti, davvero tanti, fortunatamente.
Sto collaborando con Zorro e Dave per il loro progetto Raintimes, ispirato agli album dei The Storm per il quale ho scritto un pezzo. Sono curioso di sentire l’interpretazione di Michael Shotton! Sempre parlando di collaborazioni sono stato coinvolto da Bruno Kraler per collaborare alla scrittura di alcuni brani del prossimo Laneslide e da Stefano Lionetti per un paio di pezzi sul nuovo Lionville, in uscita a breve. Sul fronte personale, work in progress per Room Experience 2 e per un altro lavoro di cui per ora non si può dire nulla. Sono entrambi all’orizzonte…
Bene, siamo alla fine, grazie per la pazienza e spero ci si riveda presto a qualche concerto..
E come no! A partire dal Frontiers Festival e da Clusone Rock, no? A Clusone con il bill che c’è quest’anno e con l’ingresso gratuito , voglio proprio vedere chi ha il coraggio di perderselo!
Grazie a te per l’intervista e ai lettori di Slam!
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