Nei giochi di prestigio, la suggestione creata dal mescolare le carte è fondamentale. Il “patron” Serafino Perugino della Frontiers Records ormai è diventato un mago in quest’arte, creando “a tavolino” all star bands da proporre al mercato dell’ hard melodico degli ultimi anni… questo gioco di prestigio (e di fine acume commerciale!) ha regalato splendidi album ed interessanti collaborazioni.
Potremmo disquisire giorni e giorni sui progetti “a tavolino” creati dalla label partenopea ma alla fine l’importante – quello che conta veramente – è il prodotto finale nelle nostre mani. L’ennesimo supergruppo prende il nome di Resurrection Kings, che nasce da alcuni demo registrati dal chitarrista Craig Goldy (ex ascia dei Giuffria ma soprattutto dei Dio nella seconda metà degli anni ’80) con alla voce Chas West (ex-Bonham, Foreigner e Red Dragon Cartel). Affiancati successivamente da una sezione ritmica di tutto rispetto formata da Sean McNabb (ex-Lynch Mob, Dokken e Quiet Riot) e Vinny Appice (anche lui ex-Dio nonchè Black Sabbath) sono stati messi sotto la supervisione del solito Alessandro Del Vecchio che, non contento di mettere mano alle composizioni e suonare le tastiere, produce in modo egregio l’intero album.
Lo stile della band (e non poteva essere altrimenti) riporta in auge quell’hard metal cromato, marchio di fabbrica della band di Ronnie James Dio, richiamando spesso le atmosfere di Dream Evil mescolate ai Whitesnake più “americani” di Slip of the Tongue. L’inizio è di quelli al fulmicotone con la rombante “Distant Prayer” dove Craig si mette subito davanti a tutti sciorinando un riffing magistrale… se questi sono i presupposti… ci sarà da leccarsi i baffi! Il ritmo ciondolante di “Livin’ Out Loud” regala una delle gemme assolute di questo disco… purtroppo però, dopo queste due bombe il disco si assesta su livelli qualitativi più “umani” incastonando altre buone canzoni in mezzo ad altre che, invece, stentano a girare per il verso giusto. Ed è un peccato perché ad esempio “Wash Away” non è una brutta canzone ma forse, con un altro singer più grezzo e bluesy e meno impostato su standard metal avrebbe reso in modo migliore. Craig Goldy regala una prova con i fiocchi e la sua chitarra svetta ovunque sia a livello ritmico sia con assoli sempre calibrati e mai fuori luogo.
Ottima la ballad “Never Say Goodbye” che profuma di serpente bianco oppure le songs più tirate come “Path Of Love” o “Don’t Have To Fight No More” che spiccano sulle altre composizioni…
Insomma è un disco sicuramente non immediato e che ha assoluto bisogno di più ascolti per essere apprezzato ma che non fa gridare al miracolo portandosi a casa la pagnotta in modo più che meritato senza però infarcirla di companatico… peccato perché le aspettative lo davano come un pranzo gargantuesco.
Frontiers Records 2016
www.facebook.com/ResurrectionKingsMusic
MATTEO TREVISINI
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