Finalmente un nuovo disco: che
avete fatto dal 2001 a oggi? Tipo, cambiare batterista
e chitarrista e cose così…
Sì, sono successe parecchie
cose nella vita di ognuno di noi. I cambi di formazione
hanno rubato un po’ di tempo e ci sono stati
momenti non facili. Ogni volta succedeva qualcosa
per cui non era mai “il momento giusto”
per concentrarsi sul disco nuovo e forse è
stato un bene aspettare, anche perché due anni
fa non saremmo stati in grado di fare un disco…
Fortunatamente non abbiamo mai smesso di suonare dal
vivo.
“Walking the Walk”
è ancora meno legato a canoni punk rock e decisamente
più roll, melodico, pulito. Una scelta di campo?
Naturale evoluzione?
Direi naturale evoluzione. Non
abbiamo mai fatto un disco uguale all’altro
proprio perché non ci imponiamo mai troppi
schemi. “Walking the Walk” rappresenta
appieno i Peawees oggi. Abbiamo dedicato più
tempo alla produzione, cosa che avremmo sempre voluto
fare ma che per questioni di tempo e soldi non è
mai accaduto. Nell’arco degli ultimi cinque
anni i nostri ascolti si sono ampliati e sicuramente
questo ha influito sul suono del nuovo album.
Prima l’Ammonia, ora Wynona.
In Italia si può suonare e vendere rock and
roll in modo professionale (e non stiamo parlando
di campare con la musica, per carità…),
senza sputtanarsi? Compromessi?
Abbiamo scelto Wynona perché
era l’unica etichetta italiana che potesse garantirci
una certa distribuzione. Stesso motivo per cui pubblicammo
“Dead End City” su Ammonia. In Italia
non esistono etichette rock ‘n’ roll che
lavorino in modo professionale ed è un vero
peccato, anche se la cosa è comprensibile poiché
non essendoci una cultura di base fallirebbero dopo
pochi mesi o faticherebbero a sopravvivere.
Oltre a Blitz, c’è
qualcun altro in Italia in grado di organizzare decentemente
un tour di una band punk rock o rock and roll o quel
che è, azzeccando locale e serata, rispettando
il gruppo e tutte queste belle cose?
In Italia ci vorrebbe un’etichetta
con la stessa attitudine di Blitz. Hanno gusto, rispettano
le band e sono consci del fatto che per lavorare con
il rock ‘n’ roll in un paese come il nostro
devi rimboccarti le maniche senza perdere troppo tempo
a lamentarti.
A parte il tour europeo, avete
suonato al Rotterdam Rumble con Radio Birdman
e Rip Offs. In passato avete
fatto da spalla ai Dwarves… C’è
una band con la quale non avete ancora suonato e vorreste
farlo?
Non particolarmente. Ci sono un
po’ di gruppi che ci piacciono: se capita l’occasione
di dividere il palco con loro e fare due chiacchiere
è ovviamente un piacere, ma desideriamo prevalentemente
suonare in posti nuovi.
Come ci si sente a essere un
modello per band italiane e non, gruppi che magari
limitano tutto a un ciuffo e due fiamme sulla copertina
del disco?
Ovviamente fa piacere sentirsi
dire che il tuo gruppo è un punto di riferimento
per alcune band. Altrettanto deludente quando, come
dici tu, tutto viene limitato a un fattore estetico
che nella maggior parte dei casi casca nel patetico.
Ecco, dove sta il limite tra
la forma e la sostanza?
Sono entrambi necessari. La sostanza
sta alla base e senza quella sei come una macchina
senza motore. La forma serve a dare magia, ma se non
c’è spontaneità non ha mai un
bell’effetto.
Quanta gente si è persa
per strada in questi anni? Pensiamo al tributo italiano
ai Queers (“Blow out with history”,
una compilation invendibile e invenduta, si trova
in ogni negozio di dischi che si rispetti –
tra le offerte, ndBasetta): quanti gruppi comparsi
lì sopra suonano ancora?
Non ne ho idea. La gente che
“non c’è più” era
probabilmente nel posto sbagliato nel momento giusto.
E’ vero che sopravvive
e vince il migliore, i migliori? Di quelle band, ci
siete ancora voi, i Manges, i Retarded
(che all’epoca avevano un altro nome, ma vabbè),
Miccetta e Christian degli Stinking Polecats,
Massi che ora suona con i Leeches…
Sopravvive chi è sulla
strada giusta per se stesso. Sono dell’idea
che chi ha mollato lo ha fatto perché aveva
intrapreso una strada sbagliata. Per alcuni è
una semplice esperienza di vita, per altri è
vita. Non vince nessuno, ci aggrappiamo tutti a qualcosa:
chi al lavoro, chi alla squadra di calcio, chi ad
un rapporto morboso… chi al rock ‘n’
roll.
Magari non tutti sanno che avete
partecipato alla colonna sonora di un videogioco…
Sì, nel 2003 due nostri
pezzi (“Road To Rock n Roll” e “By
My Side”) sono finiti sul gioco NHL Rivals per
X-Box . E’ una cosa di cui si è occupata
la Stardumb. So che li aveva scelti qualcuno alla
Microsoft che per risparmiare sul prodotto prendeva
canzoni di band su etichette indipendenti. Le major
costano!
Un po’ di sana pubblicità:
Hervè gestisce lo Shake Club a La Spezia. Cos’è?
Quando inserisce in programmazione spettacoli di lap
dance?
Ah, ah… Ho comprato due
pali cromati ma non ho ancora trovato il tempo di
ancorarli a pavimento-soffitto… Comunque, lo
Shake Club è un ex appartamento nella zona
industriale di Spezia dove io e altre persone abbiamo
costruito due sale prova e messo su un bar…
In poche parole è un “locale/sala prove”
dove nei week-end organizziamo serate, dj set o concerti.
Momenti epici e attimi imbarazzanti
nella vita dei Peawees?
I Peawees che si svegliano di
buon ora per andare all’aeroporto di Linate
in direzione Copenaghen: al momento del check in si
accorgono che dovevano partire da Malpensa. Ovviamente,
nonostante i patetici tentativi, abbiamo perso il
check in e siamo partiti senza strumenti… e
senza Livio che ci ha raggiunto alle 11 di sera, dieci
minuti prima di salire sul palco (e qui diventa momento
epico). Poi i Peawees che a New York vengono gentilmente
allontanati dalla casa nella quale erano ospiti poiché
il vicinato si era lamentato col padrone di casa:
al mattino andavamo in giro in mutande per il giardino.
A questo si aggiunge il fatto che abbiamo reso uno
schifo una casa che fino al giorno prima era da catalogo.
Comunque, molti concerti possono essere definiti,
almeno per noi, epici: un delirio totale che non dimenticheremo
mai. Probabilmente la cosa più grossa per l’epoca
in cui é successa e l’età che
avevamo è stato fare un tour negli Stati Uniti.
Era il 1998, avevamo 21-22 anni: non so quante punk
band italiane fossero andate negli States… Ora
non è più cosi difficile.