Mio nonno era un grande appassionato di libri di storia e quando ero piccolo andavamo insieme nelle librerie a spulciare tra i volumi e le biografie dei grandi del passato. Un suo consiglio sull’individuare un buon libro era quello di soffermarsi su chi lo avesse scritto in modo da capire se l’autore avesse il curriculum e le carte in regola per scrivere effettivamente di quel dato argomento. Era un consiglio semplice ma efficace che io stesso ho sempre usato per decifrare la validità di un libro che non fosse un romanzo di pura fantasia. Quando l’anno scorso è uscito l’ennesimo libro dedicato alla band australiana per eccellenza subito mi è caduto automaticamente l’occhio sull’autore de “La Dinastia Young – Storie degli Ac/Dc”, per capire se effettivamente ci fosse bisogno di altro ancora da scrivere su una band ormai da decenni divenuta icona del rock.
Quindi la domanda da porsi è: Chi è Jesse Fink? Jesse è un giornalista nato a Londra e cresciuto in Australia che ha collaborato con innumerevoli riviste di ogni tipo d’argomento… tra cui anche – per restare nel campo musicale – NME e Rolling Stone. Quindi Jesse è un giornalista… bravo, che fa in questo caso il suo lavoro molto bene cercando, spulciando ed intervistando addetti ai lavori e colleghi che hanno avuto a che fare con la dinastia Young.
Dodici capitoli, ognuno dedicato ad una canzone del periodo aureo degli Ac/Dc, senza un racconto in ordine cronologico, come già tanti sono stati fatti, ma seguendo comunque un filo logico che aiuti e faciliti la lettura, ricca di aneddoti e curiosità, soprattutto per quanto riguarda gli anni dell’ascesa all’immortalità insieme al compagno di mille battaglie Bon Scott. A partire dalla preistoria degli anni sessanta, quando il fratello maggiore George Young diventa, per un breve attimo, una stella del beat con gli Easybeats.
Grazie alle esperienze maturate diviene produttore, consigliere e vera ombra dietro al successo dei fratellini Malcom e Angus. Quello che chiaramente emerge da queste pagine è l’importanza primaria data dai tre fratelli Young al successo della band, contro tutto e tutti: ogni compagno di band, collega, tecnico, dipendente, manager, amico e quant’altro, quando non serviva più allo scopo veniva accantonato nemmeno troppo amichevolmente, venendo poi “dimenticato” nella storiografia ufficiale della band australiana.
D’altro canto, il titolo originale in inglese è “The Youngs. The Brothers that built Ac/Dc” ed inevitabilmente che la storia ruoti intorno alle colonne portanti che hanno forgiato la leggenda australiana… con tutti i pro e contro del caso. Jesse Fink prima di essere un fan è – come abbiamo detto – un ottimo giornalista e non ci sono toni celebrativi tra queste pagine ma nemmeno gossip di bassa lega contro la famiglia Young: è un dato di fatto ormai risaputo… Angus e Malcom sono sempre stati poco inclini alla visibilità, concreti, di poche parole, chiusi e alquanto scorbutici con tutti quelli che ficcavano il naso negli affari di famiglia… e gli Ac/Dc, volenti e nolenti, sono stati (…e lo sono tuttora!) un affare di famiglia! “Noi contro tutti”, così i fratelli Young l’hanno sempre vista e la vedranno, e Jesse è bravo a delineare questa mentalità, tipica da famiglia scozzese, dai primi tempi degli Easybeats e del loro flop economico fino ai primi successi della band e al loro consolidamento sul mercato americano. Naturalmente c’è anche molto spazio al periodo del passaggio nelle mani del produttore “Mutt” Lange e del successo di “Highway to Hell”, ultimo capitolo degli Ac/Dc targati Bon Scott.
L’autore è scaltro a soffermarsi, più che sulla morte del singer (storia – misteri compresi – sentita già migliaia di volte in tutte le salse possibili, complottiste incluse !) sul passaggio a Brian Johnson e al capolavoro “Back in Black”.
E’ interessante appunto il capitolo che tratta le polemiche nate dal fatto che parecchi testi dell’album nero – si dice – erano già stati scritti dal compianto Bon. Ci sono ricordi di amici e collaboratori dell’epoca, alcuni dei quali assicurano che avevano già letto nei quaderni di Bon vari passaggi che poi risulteranno presenti su “Black in Black”… non ci sarebbe nessun problema, né polemica se non per il fatto che il nome di Bon Scott è assente dai credits di tutti i brani. Senza nulla togliere al seppur bravo Brian Johnson, Bon era di un altro pianeta sia come cantante sia come scrittore e la sua mancanza verrà a pesare in modo enorme nei dischi successivi dove i suoi doppi sensi, la sua ironia e le sue avventure da strada imbevute di sarcasmo verranno sostituiti con testi di una pochezza, alle volte, sconcertante.
Infatti l’autore, a voler ribadire una discografia alquanto scadente negli ultimi trent’anni prende in esame per l’ultimo capitolo la sola “Thunderstruck” del 1990 (contenuta peraltro in un disco come “Razor’s Edge” di qualità comunque mediocre… nonostante il successo in termini di vendite).
Insomma, è un libro che anche il più fine conoscitore della band troverà interessante per il punto di vista personale di tanti personaggi a cui non è mai stata data voce in capitolo: beh…questo nuovo libro dedicato al mito Ac/Dc sicuramente non vi farà aumentare la simpatia verso Angus e Malcom Young ma vi farà entrare in alcuni ingranaggi nascosti che prima erano solo un vociare tra gli addetti ai lavori…
MATTEO TREVISINI