Venerdì 13 febbraio al Keller di Curno (BG) sono in programma i superbi Hell In The Club, band tricolore imprescindibile per tutti gli amanti del Party/Glam metal più tosto ed una delle poche che potrebbe tranquillamente appartenere alla scena Californiana.
Non appena scesi nella saletta adibita ai concerti il banchetto del merchandise attira la nostra attenzione: in bella evidenza c’è un CD autoprodotto con scritte color fucsia, unicorno, ed un moniker equivoco quanto basta… tutto fa presagire che aprirà le danze una Glam band di cui nessuno di noi ha mai sentito parlare: i Candy Queers.
Dal vivo non sono niente male, è una band eclettica cui il termine “Glam” sta decisamente stretto, sfoggiano si un look stravagante ma miscelano elementi funky e rock’n’roll, metal e prog con nonchalance, anche grazie alle folli incursioni del tastierista, divertente e sopra le righe. Notevole anche la performance del cantante Dario Manfredini, dotato di una voce potente e pulita.
Mi riprometto di ascoltare per bene il CD prima di esprimermi, com’è giusto che sia.
L’impressione che i brani avessero da dire più di quel che appariva, a causa di suoni non ottimali che coprivano le tastiere, viene confermata: non sono facilmente classificabili e ad un primo impatto possono sembrare eterogenei e spiazzanti, ma prestando bene attenzione non si fatica a scorgere un filo conduttore che accompagna le nove tracce del lavoro.
L’opener “Burning Generation” sembra un ibrido Prince/Bang Tango/Funhouse, “Magic Mushroom” aggiunge un tocco lisergico alla miscela, ricordandomi i londinesi The End, mentre “Lady Luck” ha qualcosa dei dispersi Naked Sun. “Fuck Art” alterna passaggi funk rock a poderosi riff d’estrazione metal che dominano anche la successiva, arrogante “Cyborg Pirate Ninja Jesus”; “Candy Cane Dope” è follemente sospesa tra I Love You (autori di un ottimo album su Geffen nel 1991) e prog-metal, con un finale estremo ed un cantato simil-growl (!). “Lay Me Down” ha il piglio “moderno” di gruppi come i Nickelback, “Clayman Face” introduce passaggi dal sentore gothic (ricordandomi i Late-X di “Frozen Years”) e la conclusiva “Wasabi” è stralunata e divertente, con chitarra e tastiere che si scambiano pregevoli fraseggi.
Bravi, meritano una chance.
2014 – Self Produced
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