Continua la meritoria opera di recupero da parte dell’etichetta modenese Jolly Roger Records che negli ultimi anni ci ha regalato diverse chicche in ambito hard rock-metal italiano da tempo fuori catalogo o per la prima volta sul mercato.
“Badass” dei toscani Shabby Trick è un disco fondamentale della scena glam/sleaze italiana, tanto da meritare l’inclusione nel volume “I 100 migliori dischi del glam metal” pubblicato d Tsunami e realizzato dallo staff di Slam. Proprio per questo vi trascrivo integralmente la recensione fatta dal sottoscritto.
Dei tre album italiani recensiti in questo volume, “Badass” dei toscani Shabby Trick è sicuramente quello più glam, figlio diretto dei suoni provenienti dal Sunset Boulevard e dintorni, nove canzoni che ci fecero capire come il seme del rock’n’roll sporco e vizioso avesse messo radici anche dalle nostre parti. Fondamentale in questo caso anche il look della band, assolutamente in linea i gruppi d’oltreoceano e non castrante come purtroppo avvenuto per altre valide formazioni tricolori. Da un punto di vista dell’approccio sonoro il disco suona molto glam metal, prendendo come spunto i Motley Crue dei primi due album e i Guns ‘N Roses di “Appetite For Destruction” con l’aggiunta di un gusto molto hair metal quando si tratta di comporre cori molto ariosi e spesso melodici. Molto curato anche dal punto di vista dell’artwork e della confezione, “Badass” ancora oggi suona fresco e accattivante, nonostante gli inevitabili paragoni con i prodotti provenienti dal mercato americano penalizzassero il disco dal punto di vista della produzione. Una sirena della polizia e uno schianto d’automobile introducono il pezzo d’apertura “Tonight I Rock”, una cavalcata che deve molto ai Motley Crue di “Red Hot” e “Live Wire”, in cui è possibile apprezzare da subito l’alternanza di parti tirate e ritornelli melodici, caratteristica questa che ritorna spesso nella musica del quartetto toscano, come dimostra “Crazy Girl”, altra canzone lanciata a tutta velocità con la sezione ritmica di A.C. Castelli e Alex Marcelli sugli scudi. Molto più melodica è invece “Danger! (She’s Too Hot)”, in cui emerge una certa influenza alla Poison che consente alla band di disegnare il classico ritornello oh-oh da cantare a squarciagola, canzone arricchita da un bel solo di Max Bronx.
“I Want Your Body” è party-rock allo stato puro, un pianoforte honky-tonk arricchisce una canzone che a conti fatti si dimostra una delle meglio riuscite dell’intero lavoro. Immancabile per ogni disco dell’epoca la ballata, qui intitolata “Anything To Hold You”, con inizio acustico e finale in crescendo in cui Max Bronx ha modo di piazzare un solo di gran gusto. Non abbiamo ancora parlato di Andy Sixtynine, cantante versatile a suo agio sia sui pezzi decisamente più tosti come “Scarred” che su quelli decisamente più melodici come “Cool Boy” e “Fallin’ Star”, in cui per un attimo sembra di sentire Stephen Pearcy dei Ratt. C’è tempo per un’ultima bordata, “Stripped To The Skin”, che mi ha sempre fatto venire in mente i Tigertailz del debutto Young & Crazy.
Un disco importantissimo per la nascente scena italiana, un disco con cui più o meno tutti i nuovi adepti del glam sleaze tricolore si confronteranno, ma per rendere meglio l’idea ecco le parole di uno dei protagonisti: “avevamo sensazioni superpositive, eravamo in studio con un produttore, tutto pagato dall’etichetta bolognese, i Guns ‘N Roses imperversavano e noi eravamo sulla scia. Abbiamo girato l’Italia per poche lire ma con grandi soddisfazioni e divertimento” (Andrea Castelli, luglio 2012).
Da aggiungere solo la parte relativa alle bonus tracks, ben 5, in cui spicca “Time To Kill”, che avrebbe dovuto far parte dell’album ma che poi fu destinata a comparire nella compilation “Not Just Spaghetti and Mandolino” publbicata nel 1989. Le altre quattro canzoni facevano parte del demotape “Heart Killer” del 1987 e in cui spicca “It’s Not a Game” dal piglio molto melodico. Molto bello anche il lavoro grafico all’interno del cd con copertine e ritagli dell’epoca che per qualche nostalgico come il sottoscritto aggiungono valore ad un lavoro già di per se meritevole di attenzione.