Pur non trovandoci di fronte a chissà quale rivelazione, si rimane piacevolmente colpiti dal terzetto veronese, frutto di un’hard’n’roll stradaiolo capace di alcuni spunti davvero interessanti. “Global Revolution” risente forse anche troppo di certe sonorità 70/80, proponendoci dodici brani suonati da musicisti tutt’altro che sprovveduti, con in evidenza la prova positiva del cantante e chitarrista Loris Marchiori che, appoggiato dalla precisa e potente sezione ritmica composta da Alberto Bianchi (basso) e Martino Pighi (batteria), riescono ad attirare l’attenzione con una manciata di song di buona fattura.
Prima di tutte la title-track, un selvaggio street rock and roll che mi ha portato in mente un mix tra Junkyard e Dirty Looks, pollice in su anche per “Go To Gay Pride” dai medesimi riferimenti sonori, buona anche “Her Love Is Stronger Than My Pain”, class rock a stelle e strisce che se fosse uscita 25 anni fa America, avrebbe fatto sfracelli.
Potrei fare lo stesso discorso per le due power ballad, “Angel” e “Priscilla”, tutte e due valide, ma un gradino sopra quest’ultima che sembra più originale. “Sweet Lady” paga il tributo ai Led Zeppelin, mentre “It’s Alright” e “Burn”, pur avendo un buon tiro, non riescono a convinerce al 100% per via di un chorus poco efficace, stesso discorso per “Take Me Home”, che inizialmente mi ha ricordato gli Stampede Queen.
Un tantino di coraggio in più non guasterebbe, ma come inizio é soddisfacente, mi aspetto grandi cose per il futuro.