Revolution Hazy “Radio Slaves”

Revolution Hazy “Radio Slaves”
Non ci sono i fuochi d’artificio, ma i Revolution Hazy ci regalano canzoni godibili per glamster insaziabili.

Per questioni anagrafiche, non ho vissuto pienamente l’era d’oro del Sunset Strip, avvicinandomi al genere solo alla fine degli anni 80.

Ho passato parte dell’adolescenza alla ricerca di nuovi gruppi che potessero saziare la mia fame di musica glam. Questa ricerca sfociava spesso in acquisti avventati e scambi di cassette con trader sparsi per il mondo.
Così, negli anni 90 ho ascoltato decine di band dal finale scontato, nate troppo tardi per far rubare un contratto discografico o durati troppo poco per lasciare un segno nel mondo musicale.
Gli Hanky Panky facevano parte di entrambi le categorie.

Nati in Florida si trasferirino a Los Angeles nel 1993 in cerca di fortuna, suonando decine di concerti e registrando paio di demo, ma dopo aver cambiato batterista e nome in Revolution Hazy, si resero conto che per loro non c’era più spazio: il chitarrista Kerri, si unì ai Dead Girls Corp prima, e ai bravissimi The Mistakes poi, il bassista Kenni andò suonare in decine di altre band, mentre il frontman Kelli tornò a casa… con la lacca tra le gambe.

Diventati una cult band nell’underground sleaze glam, grazie alla Demon Doll Records abbiamo la possibilità di riascoltare quei brani diventati introvabili persino sui blog sparsi per il web.

Blackboard Jungle (“The Way“), Faster Pussycat, Love/Hate (“Kattbakk”) Alleycat Scratch e Swingin’ Thing (“3200 Miles Away”), sono i primi nomi che mi vengono in mente durante l’ascolto di “Radio Slaves”, a cui si vanno ad aggiungere le influenze punk (“Radio”) e la ricerca di linee melodiche accattivanti (“How Much More”, “Words”).

Non ci sono i fuochi d’artificio, ma canzoni godibili per glamster insaziabili.

Demon Doll Records 2011

www.facebook.com/revolutionhazy

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