Torniamo nei meandri della scena underground californiana di fine anni 80, più precisamente nell’estate nel 1988 quando il chitarrista Blake Hastings decide che è ora di fare sul serio e di formare i suoi Lixx Array.
Tramite un annuncio su una rivista recluta il batterista Barry McGill e durante una serata in un club, rimangono folgorati dall’esibizione del frontman degli XL, Rusty Dades. Riescono a convincerlo a lasciare la sua band e partono alla ricerca dell’ultimo pezzo per completare il puzzle, ricerca che terminerà dopo un estenuante corteggiamento con l’inserimento del bassista Rob Swanson degli Javelin.
Con la line-up formata, i quattro iniziano a farsi le ossa nei locali della zona e registrano le prime tracce, attirando l’attenzione della Centerstage Management, che li mette sotto contratto e li aiuta a pubblicare “Reality Playground“, definito dalla critica uno dei migliori album indipendenti dell’anno: vincono due premi all’Orange County Music Awards, uno per la miglior ballata (la semi acustica “Once In A Lifetime“) e l’altro per come “Best Live Show”.
Il disco parte forte con “Bad Man”, che per via della voce di Dades (simile a quella di Karl Swan), devo tirare in ballo gruppi come Lion o Bad Moon Rising come termini di paragone, canzone tra l’altro finita insieme all’anthemica “Ready Or Not” e alla Blue Murder-iana “Hearts On The Line”, nella colonna sonora del film “Animal Instincts” (Istinti Pericolosi).
Hurricane, Hericane Alice, Lillian Axe, ma anche Van Halen e Dokken, sono i nomi che si potrebbero aggiungere alla lista per definire le coordinate sonore di questo disco, che ebbe un seguito intitolato “Mud In Your Eye“, con un sound più “moderno” e potente, e che vedeva Lemmy dei Motorhead tra gli ospiti.
“Reality Playground” è un’ottima occasione per scoprire, o riscoprire, un gruppo passato inosservato nella scena hair metal dei primi anni 90.
Lixx Array Music 1992
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