I Sweet Savage, da non confondere con l’omonimo gruppo irlandese di NWOBHM, furono un quartetto texano che attraversò la galassia hard rock americana dal 1984 al 1989, per poi sciogliersi come neve al sole senza nemmeno avere avuto la possibilità di dare alle stampe un album.
L’unica testimonianza lasciata da questa veloce cometa fu un bell’EP autotitolato (leggi la recensione) e prodotto da Dana Strum, bassista della Vinnie Vincent Invasion e degli Slaughter, nonché talent scout estremamente attivo nel panorama musicale statunitense di quegli anni.
La band era composta da 4 amici accomunati da una forte passione per il glam rock inglese e conosciutisi sui banchi di un liceo di Dallas.
Si trattava dei fratelli Chris e Laine Sheridan, rispettivamente chitarra e basso; di Joey C. Jones ai microfoni e di Randy St. Johns alla batteria.
Questi quatto Selvaggi Dolci, unirono le loro forze nel 1984 e, come da copione, iniziarono subito una intensa attività live in giro per gli Stati Uniti che porteranno instancabilmente avanti fino al termine della loro esperienza con i Sweet Savage (suoneranno circa 1.200 concerti in soli 5 anni di attività).
Nel 1985, come molti aspiranti rockers, la band decise di prendere armi, bagagli e strumentazione e compiere due trasferte a Los Angeles, cuore pulsante della nascente scena glam metal negli Stati Uniti.
Il primo impatto con la Città degli Angeli fu… paradisiaco.
The first time we went to L.A., it was overwhelming. There was so many bands, so many famous clubs and so many people from all over the world converged in such a small area as the Sunset Strip.
La speranza, quasi superfluo sottolinearlo, era quella di diffondere il nome della band ed ottenere un contratto discografico che rendesse giustizia alle capacità ed alle aspirazioni di queste aspiranti rockstar.
Il primo viaggio vide quindi i 4 texani impegnati in alcune date (sold out) nei club più hot del Sunset Strip.
La seconda trasferta fu invece finalizzata ad approfondire i contatti raccolti durante la prima visita con alcune case discografiche e con alcuni scouter americani che, in quegli anni affollavano i locali losangelini alla ricerca della Next Big Thing.
Fu in quell’occasione che i Sweet Savage vennero notati da Dana Strum, all’epoca impegnato nella produzione di una band chiamata Sin ed intenzionato ad espandere il suo raggio d’azione e cercare nuovi talenti su cui investire.
Per veicolare il proprio nome in maniera più efficace, i Sweet Savage, invece del solito demo tape, decisero di incidere direttamente un EP e di affidarne a Strum la produzione.
L’Extended Play, contenente solo 4 brani e pubblicato un anno dopo, ottenne ottimi riscontri, sia di critica che di vendite con circa 50.000 copie stampate ed andate quasi subito esaurite: un risultato sbalorditivo per una produzione indipendente che nemmeno il celebre “Too fast for love” (per l’indipendente Leathur Records) dei Motley Crue era riuscito a raggiungere.
Addirittura, l’EP stazionò per ben 16 settimane nella autorevole import record chart del magazine inglese Kerrang!.
Certo, in quel periodo, apparentemente, bastava poco per far breccia nei cuori delle ragazze e nelle orecchie dei ragazzi americani affamati di rock: capelli platinati, outfit sgargianti, riff di chitarra distorti ma melodici, cori orecchiabili ed il gioco era (quasi) fatto.
In teoria.
Perché in pratica questa band fu la dimostrazione vivente di come spesso i contrasti interni ad un gruppo di persone con personalità diverse possono far fallire anche un progetto ben avviato e di belle speranze.
La partenza dei Sweet Savage fu una di quelle che lasciavano ben sperare, visto che questi 4 texani dimostrarono, con un solo EP di appena 4 brani, di non demeritare assolutamente se paragonati ai loro colleghi più famosi e maggiormente titolati.
Le influenze della band sono chiare, a partire dalla cover dell’album che, da sola, spiega in maniera più che esaustiva le ragioni che hanno portato un certo tipo di hard rock suonato in quegli anni e di cui i Sweet Savage furono degli ottimi rappresentanti, ad essere definito col termine derisivo di Hair Metal.
I 4 musicisti, fotografati a torso nudo sulla copertina dell’EP si presentano ornati solamente delle loro folte e bionde chiome esageratamente vaporizzate con quintali di lacca.
Il loro stile musicale percorreva la strada, all’epoca ancora poco trafficata, di un glam metal melodico, semplice, diretto e particolarmente orecchiabile; più sul genere dei primi Poison che dei Motley Crue di “Too Fast for Love” o “Shout at the devil“.
Nessuno meglio di Chris Sheridan può riassumere il concept che era alla base di questo sound: “like the name implies, our music had pop melodies set against hard-driving guitar riffs.
We were as glam as any pretty-boy rock band, and, we rock as hard as any Heavy Metal act” .
Il pezzo di apertura dell’EP, “On the rocks“, è senza dubbio la prova lampante di quest’ultima considerazione: chitarre distorte graffiano una base ritmica incentrata su un mid tempo incalzante. Il lead singer non si distingue per originalità, ma è perfetto per il genere e se non fosse svelata la sua identità sul retro dell’album, potrebbe essere tranquillamente scambiato per Vince Neil (Motley Crue).
Grazie a questo biglietto da visita, i Sweet Savage riuscirono a richiamare l’attenzione della neonata etichetta discografica indipendente Enigma Records, che fissò un appuntamento con i quattro giovani rockers al quale si presentò con un contratto in mano.
L’eccessiva fiducia nelle possibilità offerte dal music business in quel periodo effettivamente ricco di opportunità ed ancora relativamente poco esplorato spinse i 4 texani a declinare l’offerta.
While we were on Baby-O Studios recording, we got approached by a couple of labels with record deal offers. One was from a new company called Enigma. None of these deals were all that great and we were advised to hold out for a bigger, better offer. Our attitude was like why should we sign with an independent label when the majors were looking at us! It was the biggest mistake. Poison took the Enigma deal and made the most of it .
Ecco come Chris Sheridan spiega, non senza un certo rimpianto, il rifiuto opposto all’offerta della Enigma che, poco dopo, avrebbe approcciato un altro gruppo underground che bazzicava Sunset Strip e che avrebbe sfruttato meglio l’opportunità: si trattava dei futuri glamsters miliardari Poison, del cantante Bret Michaels.
Nell’estate 1987 la band subì un duro colpo: il cantante Jones ed il batterista St. Johns, scontenti dell’andamento della loro carriera, se ne andarono per unirsi ai Pal Joey, una formazione con un sound AOR molto più appetibile rispetto a quello dei Sweet Savage e che avrebbe potuto avere maggior appeal commerciale.
I Pal Joey, invece, non ottennero risultati apprezzabili anche se sfiorarono il contratto discografico con la Warner, che alla fine fece un passo indietro.
Jones, resosi conto di aver commesso un errore, decise di ritornare sui suoi passi e bussò alla porta dei suoi vecchi amici che nel frattempo avevano reclutato alla batteria l’ex Shark Island Walt Woodward.
Per un anno ancora gli Sweet Savage provarono invano ad inseguire il contratto discografico; purtroppo per loro, più passava il tempo e più le offerte diminuivano, soprattutto per via delle crescente inflazione di band dal look e dal sound similari che popolavano, all’epoca, la scena hard rock americana.
Per la seconda ed ultima volta, nell’agosto del 1988 il recidivo Jones lasciò la band e questa partenza rappresentò un duro colpo per la fiducia dei restanti membri del gruppo che decisero, nonostante tutto, di andare avanti reclutando il nuovo cantante Rick Clark.
I Sweet Savage non avrebbero fatto molta strada con questa nuova formazione e, purtroppo, si sarebbero sciolti nel 1989.
Ancora oggi, a distanza di 24 anni da quegli eventi, Chris Sheridan non riesce a spiegarsi l’improvviso, ulteriore dietrofront del suo ex amico, cui attribuisce, senza mezzi termini, le cause del fallimento del progetto:
…as far as the band breaking up, that one is 100% on our singer, Joey C. Jones. He quit. Twice. Both times when he quit the band was doing fine and putting on big shows and attracting the attention of record companies. Now, over 20 years later, it still is a mistery. My guess is that he was somewhat afraid of success. Unfortunately, when Joey decided to pull the plug, he ruined the career of other 3 people. (….) It was impossible to replace him.
La versione di Joey è ovviamente differente: il cantante ha giustificato la sua fuoriuscita dalla band col bisogno realizzare una crescita personale che difficilmente sarebbe riuscito ad ottenere se fosse rimasto assieme ai Sweet Savage, band troppo orientata all’immagine e ad un sound con pochi margini di evoluzione (analisi condivisibile, NdA).
Joey fondò gli Shock TU con cui andò in tour per il sud degli Stati Uniti, senza tuttavia ottenere molto successo.
Nel 1991, l’irrequieto cantante ricevette una offerta dall’altrettanto vivace chitarrista dei Poison, CC DeVille, stufo di vivere all’ombra di Bret Michaels e desideroso di formare una nuova band che, però, non vide mai la luce.
Joey inizialmente accettò l’invito, salvo ripensarci poco dopo e lasciare CC DeVille al suo destino per dar vita all’ennesimo progetto artistico: i Joey C. Jones and the Gloryhounds, con cui girerà in lungo ed in largo gli Stati Uniti raccogliendo scarsi risultati.
Nel 2000, Joey riuscirà ancora a pubblicare con una nuova formazione, gli Orange Helicopter, un omonimo album per la Cherry Blossom Clinic Records che mescolava inusuali sonorità power pop al bubblegum rock degli anni ’70.
Tornando ai Sweet Savage, nel 2004, un irriducibile e nostalgico Chris Sheridan decide di fare un regalo a se stesso ed a tutti quei fans che ancora si ricordavano della sua band.
Chris ottenne i master tape del primo EP assieme a delle registrazioni in buono stato di alcuni bootlegs messi a disposizione dai fans, che aderirono ben volentieri alla sua richiesta di collaborazione.
Il risultato si chiama “Archives: 1984-1989“.
Si tratta di 13 pezzi che riassumono 5 anni di duro lavoro on the road e che contengono anche brani mai pubblicati tra cui Love you hate you, del 1989 con Clark alla voce.
I Sweet Savage, da un punto di vista musicale non hanno di certo inventato nulla, come d’altra parte quasi tutti i loro colleghi (alla fine, come hanno sempre detto i Rolling Stones, era solo rock n’ roll), ma sono stati lo specchio di un periodo di euforia artistica ed il loro glam metal semplice, potente ed orecchiabile avrebbe sicuramente meritato maggiori chances, soprattutto se si considera il potenziale commerciale che aveva la band.
Attualmente, Chris Sheridan suona la chitarra negli Spiders & Snakes, band dove milita un’altra vecchia gloria del circuito glam losangelino degli anni ’80: quel Lizzy Grey, ex chitarrista dei London, popolarissima band di glamsters del Sunset Strip.
Franco Brovelli