Accompagnati dal primo vero freddo milanese e dal traffico della tangeziale, arriviamo ai Magazzini Generali, che si presentano in forma più che mai per l’evento che risulta sold-out.

Neanche il tempo di salutare qualche amico e dare un’occhiata al banchetto del merchandise, arrivano puntuali come le tasse le note dell’intro di “Whole Lotta Sabbath“.
Complice la buona resa sonora del locale, veniamo travolti dal muro sonoro di “Long Way To Go“, i The Dead Daisies – come si dice da queste parti – sembrano “presi bene” e giù dal palco, la sensazione si avverte ancora di più con le successive “Mexico” e “Make Some Noise“.
A fianco del barbutissimo John Corabi si trovano i chitarristi David Lowy e Doug Aldrich (quest’ultimo sembra suonare nella band da sempre), il simpaticissimo Marco Mendoza e quel Brian Tichy che picchia più duro di Mike Tyson dei tempi d’oro e a fine serata mi chiedo come quella batteria non sia caduta a pezzi.

La set-list scivola via tra cover (troppe a mio giudizio, da fan avrei preferito sentire qualche pezzo dei loro vecchi repertori) e brani tratti dall’ultimo disco, tra cui spicca “Last Time I Saw The Sun” che sembra un’outtakes degli The Scream.
Chiudono lo show “We’re an American Band” dei Grand Funk Railroad e “Midnight Moses” dei The Sensational Alex Harvey Band… la fila di gente post concerto per gli autografi, mette ben in chiaro chi fosse il vero headliner della serata.

Il tempo di constatare che al merchandise non è rimasto più nulla che partono i The Answer. Ogni volta che li vedo mi lasciano sempre la sensazione di band incompiuta a cui manca quel non-so-che per esplodere. I quattro britannici ce la mettono comunque tutta per coivolgere il pubblico, soprattutto il frontman Cormac Neeson, che tra una richiesta di Grappa e pose a-là Chris Robinsons oscura i suoi compagni on stage… Forse è proprio qui il loro problema: pur bravi che siano, il resto del gruppo pecca di presenza scenica, o di quella cosa tanto cara a noi rockers che si chiama attitudine.
Un’audience quasi dimezzata e suonare dopo l’uragano The Dead Daisies non deve di certo aiutato i nord irlandesi, che si fanno comunque apprezzare quando portano sul palco i brani del “vecchio catalogo”, perché quelli estratti dall’ultimo “Solas” hanno il gusto di una camomilla con gli acidi.

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